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Questione di chimica (sociale): odori corporei simili avvicinano le persone

Secondo uno studio di un gruppo di ricercatori Weizmann Institute of Science di Rehovot, Israele, abbiamo profumi simili a quelli dei nostri amici. Parimenti, due estranei con un odore corporeo simile avrebbero più facilità a fare amicizia rispetto a due persone dall’odore molto diverso. Che i mammiferi sfruttassero gli odori per distinguere gli amici dai nemici ne avevamo già cognizione da tempo, tuttavia il senso dell’olfatto degli esseri umani ha ancora molti lati tutti da svelare, perché dei 5 sensi è quello dei meno studiati. Ma dallo scoppio della pandemia di Covid-19, e viste le conseguenze che ha provocato proprio sulla sfera sensoriale dei malati, le cose stanno cambiando.

Qual è stato il metodo adottato dai ricercatori di questo studio? Prima hanno “testato” gli odori di 20 coppie di amici dello stesso sesso; hanno utilizzato due gruppi di “annusatori” umani arruolati appositamente; infine, hanno impiegato un “naso elettronico”. Al primo gruppo è stato chiesto di valutare le eventuali somiglianze olfattive tra due magliette appartenenti alla stessa coppia di amici. Questi avevano indossato la propria t-shirt senza spruzzarsi addosso profumi o deodoranti per non alterare i risultati dello studio. Al secondo gruppo è stato chiesto di valutare gli odori delle singole magliette in base a 5 criteri soggettivi: piacevolezza, intensità, attrattiva sessuale, competenza, temperamento.

Il naso elettronico, invece, grazie ai suoi dieci dispositivi sensibili ad alcuni elementi volatili, ha permesso di identificare le analogie tra tutte le magliette oggetto di studio.

Il risultato è stato il medesimo sul totale dei casi analizzati: gli odori dei vestiti erano più simili tra amici che non tra estranei. Inoltre, con una precisione del 71% dei casi, i ricercatori hanno ipotizzato che la relazione tra due persone sarebbe stata buona esclusivamente basandosi sulla somiglianza olfattiva dei due soggetti. Ciò non significa che l’analogia degli odori corporei sia il cuore di un’amicizia forte e duratura, senza contare che le relazioni interpersonali sono particolarmente complesse e il fattore olfattivo è insufficiente a spiegarne il successo/l’insuccesso e, in ogni caso, a determinarle.

A latere dei risultati di questo studio si aggiunge il fatto che i meccanismi genetici potrebbero fare la loro parte in termini di gusti olfattivi e odori corporei. “Tra amici, i geni legati ai recettori olfattivi mostrano più somiglianze rispetto alla media”, specifica Bettina Pause, a capo del gruppo di ricerca in psicologia biologica e psicologia sociale presso l’Università Heinrich Heine di Düsseldorf. “Due amici avranno quindi più cose in comune nella loro percezione olfattiva del mondo di due persone senza alcun legame amichevole.”

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Reazioni avverse ai farmaci, le modalità per segnalarle alle autorità

La farmacovigilanza è l’attività che consente di monitorare nel tempo gli effetti di farmaci e vaccini, in modo da tenere costantemente sotto controllo eventuali rischi e verificare la sicurezza dei medicinali nel tempo. Qualsiasi reazione nociva, sia essa grave, non grave, accertata o sospetta, deve essere segnalata, sia dagli operatori sanitari sia dai cittadini, attraverso una procedura stabilita dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Le modalità disponibili per effettuare la segnalazione sono tre. È possibile anzitutto compilare l’apposita scheda https://www.aifa.gov.it/moduli-segnalazione-reazioni-avverse inviandola al Responsabile di farmacovigilanza https://www.aifa.gov.it/responsabili-farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza via e-mail o fax, oppure al titolare dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) del medicinale che si sospetta abbia causato la reazione avversa. La terza opzione disponibile è l’utilizzo del format online https://servizionline.aifa.gov.it/schedasegnalazioni/# dell’Aifa, selezionando l’area degli operatori sanitari o dei cittadini.

Segnalazioni anche per usi impropri.

In merito alla tipologia di effetti indesiderati da segnalare, va precisato che all’espressione “reazione avversa” viene attribuito un significato che include anche le reazioni del medicinale assunto in modo improprio. La definizione ufficiale è infatti “effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale”. A tale proposito l’Aifa precisa che «con tale definizione, che è indipendente dal tipo di uso del medicinale, sono oggetto di segnalazione le reazioni avverse, incluse anche quelle derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Pertanto si avrà un incremento delle segnalazioni a cui corrisponderà una maggiore attività di monitoraggio». Le segnalazioni raccolte in ogni paese della rete di farmacovigilanza europea confluiscono nel database Eudravigilance con tempistiche diversificate a seconda della gravità della reazione. Le reazioni gravi pervengono entro 15 giorni, mentre le non gravi entro 90 giorni. I dati sono accessibili al pubblico.

La normativa europea.

La farmacovigilanza è soggetta a livello europeo al Regolamento UE 1235/2010 e alla Direttiva 2010/84/UE. Come spiega l’Aifa, queste norme mirano a «rafforzare i sistemi di farmacovigilanza, (ruoli e responsabilità chiaramente definiti per tutte le parti), razionalizzare le attività tra gli Stati Membri ad esempio attraverso una ripartizione delle stesse attività con condivisione del lavoro svolto evitando duplicazioni, incrementare la partecipazione dei pazienti e degli operatori sanitari, migliorare i sistemi di comunicazione delle decisioni prese e darne adeguata motivazione, aumentare la trasparenza».

Il monitoraggio dei dati raccolti nel database Eudravigilance è gestito dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) in cooperazione con gli Stati Membri. «Queste attività – sottolinea l’Aifa – sono finalizzate all’identificazione di cambiamenti di rischi o di nuovi rischi attraverso l’analisi dei segnali, intendendo con questo termine “un’informazione proveniente da una o più fonti, osservazioni ed esperimenti compresi, che lascia supporre l’esistenza di una nuova associazione potenzialmente causale, o di un nuovo aspetto di un’associazione nota, tra un intervento e un evento o una serie di eventi collegati, avversi o benefici, ritenuta sufficientemente probabile da giustificare una verifica”».

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Come far piacere le verdure ai bambini?

Problema comune a molti genitori, riuscire a introdurre regolarmente delle verdure nei piatti dei figli più piccoli spesso si rivela una delle imprese più ardue della giornata. Dalla spesa fatta insieme ai bambini per scegliere insieme frutta e verdura alla preparazione di ricette coloratissime a prova di broncio fino agli impiattamenti fiabeschi e sorridenti, la creatività di mamma e papà supera se stessa ogni giorno che passa. Con effetti, purtroppo, non sempre gratificanti. Forse vale la pena tentare un’altra strada: quella della ricompensa.

Secondo un recente studio olandese condotto dai ricercatori dell’Institute for Food, Health & Safety by Design, Maastricht University Campus Venlo, la ricompensa è la giusta chiave per invogliare i bambini a mangiare le verdure. Britt van Belkom, una delle ricercatrici coinvolte nello studio: “È importante iniziare a mangiare verdura fin dalla giovane età. Sappiamo da ricerche precedenti che i bambini piccoli in genere devono provare un nuovo ortaggio da otto a dieci volte prima che gli piaccia e così con questa ricerca abbiamo esaminato se chiedere ripetutamente ai bambini di provare alcune verdure li avrebbe resi più disposti a mangiarle. Ci interessava anche sapere se fornire una ricompensa divertente avrebbe fatto la differenza”. Visti i risultati ottenuti… pare proprio di sì.

Sono stati testati 598 bambini di età compresa fra 1 e 4 anni negli asili nido del Limburgo, Paesi Bassi. Ad alcuni di loro sono state date delle ricompense simpatiche, divertenti, ludiche (ad esempio un adesivo, un giocattolo) ogni volta che provavano delle verdure. Lo studio ha inoltre verificato la conoscenza e il riconoscimento delle verdure proposte nonché la disponibilità dei bambini ad assaggiarle. Se all’inizio dello studio tutti i bambini hanno provato al massimo 5 verdure, al termine, coloro ai quali era stata offerta una ricompensa, hanno assaggiato 7 verdure. Le 14 verdure disponibili nel menu erano: pomodori, lattuga, cetrioli, carote, peperoni, cipolle, broccoli, piselli, cavolfiori, funghi, fagiolini, cicoria, asparagi, zucca.

Il gruppo di bambini ai quali era stato chiesto di provare delle verdure dietro gratificazione ha aumentato sia la disponibilità ad assaggiarne di più sia la conoscenza della varietà di vegetali indicati in lista. Tuttavia i ricercatori ci tengono a sottolineare come la tipologia di gratificazione offerta sia fondamentale circa l’esito della prova. Ciò che conta è che la ricompensa sia divertente per un bambino e che, soprattutto, non si tratti di cibo. Altrettanto indispensabile è la presenza e la varietà di verdure disponibili nelle mense di asili nido e scuole primarie: in questo modo, fin dai primi anni di vita, i bambini si abituano ad alimentarsi in modo corretto e salutare. Anche, perché no?, dietro una piccola ricompensa.

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Alzheimer: esame della retina per predirne il rischio

È ciò che stanno studiando i ricercatori dell’Università di Otago, Nuova Zelanda. Una foto della retina di una persona di mezza età (45 anni) potrebbe suggerire se il soggetto in futuro soffrirà della forma di demenza senile più diffusa. “Nei prossimi anni – ha spiegato la responsabile del progetto Ashleigh Barrett-Young – si spera che con l’uso dell’intelligenza artificiale saremo capaci di leggere un’immagine della retina di un individuo e determinare se questa persona è a rischio di Alzheimer molto tempo prima che i sintomi della demenza compaiano. E quindi quando vi sia ancora la possibilità di una terapia per mitigare la demenza o rallentarne l’insorgenza”. Ricerche precedenti hanno già dimostrato come lo stato di salute dell’occhio, in particolare della retina, testimoni della situazione clinica del cervello.

È facile che nel corso della terza età il cervello umano abbia già subito diversi scompensi e la demenza, o la fragilità cognitiva, potrebbero essere ormai processi irreversibili. Di qui il test oculare su persone più giovani per individuare eventuali segnali di futuri deficit cerebrali. I ricercatori hanno studiato le condizioni cognitive di 865 persone di 45 anni di età ponendoli in relazione con la retina dei loro occhi, più precisamente con la base della retina, l’elemento collegato alle terminazioni nervose dell’occhio. Ciò che hanno rilevato è che il buono stato di salute della retina è direttamente proporzionale ad una migliore performance cognitiva. Viceversa, un assottigliamento della retina si associa a peggiori prestazioni cognitive già all’età di 45 anni. Saranno necessari ulteriori prove scientifiche per determinare un collegamento incontrovertibile tra riduzione della retina e Alzheimer in età avanzata.

Le malattie della vecchiaia, come l’Alzheimer, di solito vengono diagnosticate quando le persone iniziano a dimenticare le cose o ad agire in modo diverso da quello abituale. “Attualmente la diagnosi precoce è possibile attraverso la risonanza magnetica o altre immagini del cervello, ma si tratta di esami costosi e poco pratici per la maggior parte dei pazienti. In futuro – ha precisato Barrett-Young – grazie all’uso dell’intelligenza artificiale si potrà interpretare una tomografia ottica fatta da un oculista insieme ad altri dati clinici del paziente per determinarne il rischio di sviluppare l’Alzheimer”. E tutto questo molto tempo prima del manifestarsi della malattia. “Dato che non siamo stati in grado di curare l’Alzheimer avanzato e che la prevalenza globale della malattia è in aumento, poter identificare futuri malati di Alzheimer già in fase preclinica, quando potremmo ancora avere la possibilità di intervenire, è davvero importante”, ha aggiunto la dott.ssa Barrett-Young.

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Controllo del peso, tanti modi per fare movimento d’estate

L’estate è spesso la stagione dei controsensi. C’è più tempo a disposizione ma, complici il caldo e il clima vacanziero, è molto facile abbandonarsi alla pigrizia. Benchè non ci sia niente di male nel riposarsi quando possibile, è importante non trascurare l’attività fisica che giova a molti aspetti della salute e contribuisce a mantenere il peso forma. Nella bella stagione, infatti, diversi fattori possono portare a un aumento di peso. Si tende per esempio a dormire di più e a consumare pasti fuori casa, dove è più difficile controllare l’introito calorico. Molte formule di accoglienza turistica all inclusive propongono la possibilità di mangiare ricchi menu ogni giorno, merende e fuori pasto, che diventano spesso difficili da smaltire se non si fa un po’ di movimento. Anche se le temperature elevate non invogliano a dedicarsi all’attività fisica, l’estate e le vacanze offrono diversi vantaggi per evitare di trascorrere le giornate in modo troppo sedentario.

Ci si può muovere in tanti modi diversi.

Cercando sempre di limitare le attività più intense alle ore più fresche della giornata, d’estate ci sono molti modi per tenersi sempre in movimento. E questo è un vantaggio tipico della bella stagione, di cui approfittare perché offre la possibilità di fare attività diverse senza annoiarsi. Chi si trova al mare potrà ovviamente beneficiare del nuoto, ma anche fare lunghe passeggiate in spiaggia al tramonto o camminare la sera dopo cena. Nelle località turistiche, poi, vengono spesso organizzate anche attività motorie, delle quali si può approfittare con molta più praticità di quanto non si riesca a fare d’inverno, nella frenesia quotidiana. Anche la montagna offre l’occasione di fare camminate salutari, spesso con temperature contenute anche d’estate. Chi invece resta in città, può approfittare del traffico ridotto per muoversi in bicicletta o optare per una corsa al parco in prima mattinata o in serata. Anche chi non è abituato a fare movimento, può iniziare proprio durante l’estate a creare l’abitudine di praticare attività fisica con regolarità.

Accorgimenti da non dimenticare.

Affinché l’attività fisica sia piacevole e non crei problemi alla salute, è sempre bene ribadire le regole per affrontare il calore estivo senza rischi. Facendo movimento la sudorazione aumenta ed è quindi fondamentale bere spesso per mantenere un’idratazione ottimale, oltre a mangiare molta frutta e verdura per reintegrare vitamine e sali minerali. Occorre poi scegliere con cura l’abbigliamento, perché sia traspirante e leggero. Particolare attenzione per chi corre o cammina va data alle calzature e alla cura dei piedi, che con caldo e sfregamenti potrebbero formare vesciche o calli. In tutti i casi, anche all’ombra, è inoltre opportuno usare una protezione solare per i raggi ultravioletti, in modo da evitare scottature e danni alla pelle. Non va infine dimenticato di usare un cappello per proteggere la testa dal sole o, per chi nuota, di bagnare la testa frequentemente.