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Conservazione dei farmaci, attenzione a freddo e sbalzi di temperatura

Quando l’inverno si fa rigido, spesso le temperature scendono al di sotto dello zero ed è bene prestare attenzione alla conservazione dei farmaci. Se infatti non ci sono particolari problemi nelle abitazioni riscaldate, potrebbero esserci se si fa un viaggio o si rimane all’aperto per diverso tempo con un medicinale in borsa. «Il freddo eccessivo – dichiara l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) – può causare alterazioni dei farmaci. L’insulina, ad esempio, così come i farmaci in sospensione, possono perdere la loro efficacia se congelati. Non vanno conservati a temperature inferiori ai 2° C». È sempre bene, inoltre, leggere le modalità di conservazione specifiche, indicate nelle informazioni relative ai prodotti farmaceutici. Ci sono infatti medicinali che richiedono espressamente la conservazione in frigorifero. Va poi ricordato che alcuni farmaci, specie quelli che contengono ormoni, sono molto sensibili alle variazioni di temperatura, quindi è bene cercare di tenerli a temperatura costante.

Le regole sempre valide.

Oltre alla temperatura, altri fattori potrebbero alterare alcuni farmaci e modificarne l’efficacia. È sempre opportuno, pertanto, scegliere un luogo di conservazione appropriato. «Agenti atmosferici come eccessiva luce e/o sbalzi di temperatura – specifica l’Aifa – possono deteriorare i medicinali. Evitare sempre, comunque, di esporli a fonti di calore e a irradiazione solare diretta». Attenzione inoltre anche all’umidità che, se eccessiva, può alterare per esempio le strisce diagnostiche. «Qualsiasi tipo di striscia per test diagnostici – spiega l’Aifa – come ad esempio quelle utilizzate per verificare i livelli di zucchero nel sangue, la gravidanza o l’ovulazione, è estremamente sensibile all’umidità, che potrebbe causarne l’alterazione e dare una lettura non corretta. Evitare pertanto di conservarle in luoghi umidi».

Nel dubbio consultare il farmacista o il medico.

Non sempre i farmaci e gli integratori riportano tutte le informazioni utili a chiarire i dubbi sulla loro conservazione. È auspicabile quindi esporre sempre eventuali perplessità o domande direttamente al farmacista o al medico, soprattutto se si riscontra un’alterazione dell’aspetto o dell’odore di un farmaco. «Qualora l’aspetto del medicinale che si utilizza abitualmente appaia diverso dal solito o presenti dei difetti (presenza di particelle solide in sospensione o sul fondo, cambio di colore o odore, modifica di consistenza) – afferma l’Aifa – consultare il medico o il farmacista prima di assumerlo. Non sempre l’aspetto, l’odore o il colore del medicinale rivelano se si è verificata un’alterazione. Pertanto è bene non assumerlo se si hanno dubbi sull’integrità del prodotto».

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Difendersi dal freddo, coprirsi all’aperto e regolare il microclima di casa

Come le ondate di caldo, anche le ondate di freddo intenso possono avere conseguenze sulla salute. È quindi sempre bene non sottovalutare le condizioni climatiche severe e adottare precauzioni adeguate soprattutto per i soggetti più deboli, come neonati e anziani, o più a rischio, come varie categorie di malati cronici. «Gli effetti del freddo – spiega il ministero della Salute in un opuscolo dedicato a questo argomento – includono irritazioni cutanee, disturbi muscolo-scheletrici, geloni, congelamento degli arti, ipotermia, lesioni e traumatismi. Si può inoltre verificare un aggravamento di alcune patologie preesistenti. Per le persone con malattie cardiovascolari aumenta il rischio di ictus, angina e infarto miocardico per l’aumento della pressione arteriosa e della vasocostrizione, mentre i soggetti con broncopatie croniche vedono aumentare il pericolo di infezioni respiratorie e aggravamento o insorgenza di asma e broncospasmo. La riduzione della termoregolazione e della sensibilità al freddo è invece tipica di pazienti con diabete e altri disordini endocrini».

Accorgimenti per ridurre i rischi del freddo inteso.

Quando le temperature scendono eccessivamente è bene anzitutto proteggere i soggetti più a rischio, evitando per esempio di portare all’aperto neonati e bambini piccoli se il clima è troppo rigido. Per chi soffre di malattie cardiovascolari è poi raccomandato tenere sotto controllo la pressione sanguigna, coprire molto bene viso e mani ed evitare sforzi fisici. Ai soggetti affetti da malattie respiratorie croniche, il Ministero suggerisce di prevenire eventuali malanni stagionali, valutando con il medico i benefici della vaccinazione antinfluenzale. A queste persone è inoltre consigliato coprire naso e bocca, evitare sforzi fisici e frequentare aree molto trafficate, in quanto il freddo è in grado di potenziare l’effetto nocivo dell’inquinamento. Oltre alle raccomandazioni valide per le altre categorie a rischio, ai diabetici è suggerita una maggior attenzione alla dieta. In tutti i casi di patologia cronica, infine, il Ministero raccomanda di consultare il medico curante per eventuali aggiustamenti delle terapie.

Il clima ideale in casa.

Il microclima ideale in ambienti domestici prevede una temperatura compresa tra i 18 e 22 gradi con un’umidità relativa del 40-50%. «Se si utilizzano riscaldamenti a combustione – raccomanda il Ministero – è necessario far circolare l’aria nella stanza per evitare intossicazioni da monossido di carbonio. Il ricambio d’aria è comunque sempre necessario per evitare la trasmissione delle infezioni. Naturalmente è molto importante effettuare la corretta manutenzione degli impianti termici, pulendo periodicamente le canne fumarie È fondamentale, inoltre, coprire adeguatamente le persone non autosufficienti, come anziani e bambini».

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Emorroidi, attenzione a cibi piccanti e sedentarietà

«Le emorroidi sono vene dilatate e tortuose che si trovano nella parete inferiore del retto e dell’ano. Il gonfiore delle vene è causato da un aumento della pressione. Si formano così dei noduli all’interno o all’esterno dell’ano, provocando dolore o sanguinamento». Così vengono definite le emorroidi nel manuale Msd, un disturbo fastidioso, che può essere prevenuto con uno stile di vita adeguato che, come per molti altri disturbi, inizia dalla tavola. Tra gli alimenti incriminati in questo caso troviamo anzitutto i cibi piccanti e speziati. «Cibi speziati, tipici degli happy hour e delle cucine etniche oggi di moda e dall’alto potere irritante, come pepe, peperoncino, curry, ma anche un’elevata dose di alcolici e caffè, possono provocare sorprese non gradite – spiegano gli esperti della Fondazione Veronesi -. Come la comparsa di disturbi alle emorroidi che insorgono quando queste si infiammano. Le cause delle emorroidi possono essere di diversa natura, come l’alimentazione, una predisposizione soggettiva, familiarità, sedentarietà, postura, assunzione di determinati farmaci, età, gravidanza e ciclo mestruale nelle donne».

Prevenire cambiando alimentazione.

I sintomi di emorroidi infiammate vanno da «un iniziale prurito o un bruciore – riferiscono gli specialisti della Fondazione Veronesi -, un senso di pesantezza, dolore nelle zone critiche e un sanguinamento, dapprima contenuto e poi sempre più abbondante a seconda dell’intensità delle manifestazioni, specie durante l’evacuazione ma anche in condizioni di ‘riposo’. Chi è soggetto a questo disturbo in genere ha una vita sedentaria, che non aiuta la motilità intestinale, beve poco e assume poche fibre con l’alimentazione. È quindi utile, oltre a fare più movimento, evitare «tutti i cibi a basso contenuto di fibre – aggiungono gli esperti – perché non favoriscono il transito intestinale e causano costipazione e stitichezza, deleteria per le emorroidi. Vanno dunque eliminati dalla dieta o limitati al massimo pasta e pane bianco, prodotti da forno non integrali, insaccati, crostacei e formaggi troppo stagionati, cibi troppo piccanti come il peperoncino o irritanti per la mucosa anale (caffè, alcool, cioccolato) che rischiano di provocare attacchi di diarrea, aggravando la situazione generale».

Le cure disponibili.

«La maggior parte dei sintomi legati alle emorroidi scompare senza trattamento – sostiene il Manuale Msd – ma il consumo di fibre, l’uso di emollienti delle feci e semicupi possono essere utili ad attenuarli. Alcune emorroidi sono trattate mediante legatura elastica, scleroterapia iniettiva o fotocoagulazione a raggi infrarossi oppure, talvolta, con un approccio chirurgico. Spesso però le emorroidi non richiedono trattamento a meno che non causino sintomi. Assumere emollienti delle feci o ammassare le feci con integratori di fibre (come lo psillio) può alleviare lo sforzo durante i movimenti intestinali. Talvolta, i sintomi delle emorroidi si riducono immergendo l’ano in acqua tepida, il cosiddetto semicupio. Il semicupio consiste nel sedersi per 10-15 minuti in una vasca riempita parzialmente oppure utilizzando un contenitore pieno di acqua tiepida (non calda) posizionato sul water o sul bidet».

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Gel igienizzanti e lavaggi frequenti, in che modo proteggere le mani dalle irritazioni?

Il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità ci rammentano costantemente che uno degli strumenti più efficaci per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2 sia la corretta e frequente igiene delle mani, mezzo di interazione con l’ambiente esterno tramite cui veniamo a contatto con persone, animali, telefoni, maniglie, chiavi, monete e banconote, per citare soltanto alcune delle possibili fonti di contaminazione. Tenendo conto che non solo il coronavirus ma anche altri microrganismi patogeni possono essere trasmessi attraverso le mani, toccando bocca, naso e occhi, è importante più che mai lavarle accuratamente oppure, in assenza di acqua e sapone, igienizzarle con appositi prodotti in forma di gel, soluzioni spray, salviette impregnate di disinfettanti a base di alcol o cloro. Sia i saponi usati ripetutamente che gli agenti virucidi sono però particolarmente aggressivi nei confronti della cute delle mani, che nei prossimi mesi sarà esposta anche all’attacco di freddo e vento, senza dimenticare l’inquinamento sempre presente nelle città.

Il dorso delle mani appare quindi secco, ruvido al tatto, con la pelle desquamata e dal colorito spento. Il palmo e la cute che circonda le unghie sono invece più facilmente colpiti dalle fastidiose ragadi. Va ricordato che la pelle delle mani è priva di ghiandole sebacee ed è protetta da un sottile film idrolipidico. Questa pellicola viene meno con l’impiego di sostanze sgrassanti, che facilitano irritazioni e screpolature. Per la detersione sono da preferire i saponi a pH neutro, meglio se arricchiti con oli nutrienti, come quelli di mandorle dolci, argan, cocco, jojoba, ricino. Occorre risciacquare le mani con cura con acqua non troppo calda per eliminare ogni residuo di sapone. Si consiglia l’utilizzo di asciugamani in fibre naturali, evitando gli strofinamenti e facendo attenzione a non lasciare tracce di umidità tra le dita per prevenire macerazioni. Quando si maneggiano detersivi per la pulizia della casa si suggerisce di usare sempre dei guanti protettivi.

Non bisogna dimenticare di portare con sé i guanti quando si esce nella stagione invernale e, durante tutto l’anno, di applicare un filtro solare adeguato al proprio fototipo per scongiurare la formazione di macchie cutanee.

Per trattare la secchezza esistono diverse formulazioni in crema dall’azione idratante e, per chi svolge lavori manuali, le cosiddette paste barriera idrorepellenti. Per il giorno sono più adatte emulsioni leggere dalla texture non untuosa, arricchite con glicerina, urea, acido ialuronico, pantenolo, vitamine E ed A. Se la pelle risultasse particolarmente infiammata, possono essere d’aiuto pomate a base di calendula, dall’azione lenitiva. Per attenuare il dolore e il bruciore provocati dalle ragadi risultano utili prodotti specifici in forma di spray, gel, cerotti, che proteggono i piccoli taglietti dal contatto con sostanze irritanti e promuovono la rimarginazione della cute. Per la notte sono disponibili cosmetici più corposi e maschere da applicare prima di coricarsi e da risciacquare al risveglio dopo aver indossato guanti in filo di cotone o al termine del tempo di posa indicato sulla confezione.

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Allattamento, latte materno più completo e protettivo per il bebè

L’allattamento materno è ritenuto dall’ Organizzazione mondiale della sanità (Oms) uno degli obiettivi prioritari per la salute pubblica e raccomanda di nutrire i neonati al seno in via esclusiva almeno fino al sesto mese di vita, ma anche oltre. A sottolineare i benefici dell’allattamento, l’Oms e l’Unicef ricordano che questo primo alimento «rafforza e consolida il legame del neonato con la mamma, fornisce al bambino un’alimentazione completa, lo protegge dalle infezioni e porta comprovati benefici alla salute della mamma». Vi sono anche vantaggi non direttamente collegati all’alimentazione che scaturiscono dal contatto tra mamma e figlio. «L’allattamento è la prosecuzione fisiologica del rapporto che si è creato tra madre e figlio durante la gravidanza – si legge nell’opuscolo del Ministero “Allattare al seno, un investimento per la vita” -. È un momento ricco di emozioni, che crea un legame intenso, aiutando la mamma e il suo piccolo a conoscersi e a crescere. Il latte materno è l’alimento naturale per il bambino, l’unico che gli permetta di raggiungere il suo massimo potenziale biologico, lo nutre in modo completo e lo protegge da molte malattie e infezioni che sono più frequenti nei bambini alimentati con le formule artificiali».

Consigli per un allattamento sereno.

Il ministero della Salute fornisce alcuni consigli pratici su come gestire l’allattamento, suggerendo alle neo-mamme di «allattare il bambino “a richiesta”, senza seguire orari rigidi. In media, nei primi mesi i bambini mangiano 8-14 volte al giorno, ma c’è una grande variabilità tra un bimbo e l’altro. Questo tipo di richiesta è normale e richiede di trovare modalità per far fronte alle esigenze del piccolo tenendo conto dei bisogni di mamma e papà». Il Ministero sconsiglia di offrire al bambino alimenti diversi dal latte materno, evitando anche l’acqua. «In questa fase della vita – spiegano gli esperti – quando il piccolo avverte la sete si attacca al seno prendendo quello che viene definito il “primo latte”, meno grasso e più ricco di acqua e zuccheri. L’uso di tettarelle artificiali, biberon e ciucci, soprattutto nei primi mesi di vita può interferire con l’allattamento». In merito alla durata della poppata, è bene evitare di staccare il piccolo prima che abbia finito di mangiare. Non è più considerata valida la raccomandazione di un tempo di attaccare il bambino dieci minuti per parte. «È bene lasciare che il bambino succhi da un lato finché ne ha voglia – esortano gli specialisti -, in questo modo riceverà anche la parte più grassa di latte che è proprio alla fine della poppata. Se avvertirà ancora fame, gli si offrirà la seconda mammella».

In aiuto delle mamme in difficoltà.

Generalmente le prime problematiche relative all’allattamento vengono affrontate direttamente in ospedale dopo il parto. Una volta tornata a casa, però, la mamma che avesse bisogno di supporto per continuare ad allattare, può contare su varie figure di riferimento. È utile informarsi prima di essere dimessa dall’ospedale in merito alle strutture più vicine al proprio domicilio, alle quali rivolgersi per farsi aiutare in caso di difficoltà con il proseguimento dell’allattamento. In genere si può far riferimento a operatori sanitari specificamente formati, come pediatri, ostetriche o infermiere, ma esistono anche ambulatori per l’allattamento all’interno di consultori familiari o in ospedale. Il Ministero segnala poi i consulenti professionali in allattamento (International board certified lactation consultants) e i consulenti della Lega per l’allattamento materno (Leche league).