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Holter cardiaco 24 ore, i dettagli funzionamento e le potenzialità

L’holter cardiaco è un dispositivo portatile alimentato a batteria che  registra l’attività cardiaca (Ecg) continuamente per 24-48 ore o più a seconda del tipo di monitoraggio utilizzato. Il dispositivo ha le dimensioni di una piccola fotocamera. Ha fili con elettrodi d’argento delle piccole dimensioni che si attaccano alla pelle. L’holter, come gli altri dispositivi portatili che registrano l’ECG mentre svolgi le tue attività quotidiane sono chiamati “elettrocardiogrammi ambulatoriali”, che possono essere dunque svolti al domicilio del paziente.

Proprio grazie a questo strumento i pazienti possono effettuare un monitoraggi periodicoo. Ciò per valutare l’attività cardiaca, sulla base dell’intenzione di un medico, ma anche per valutare il funzionamento e l’efficacia dei farmaci anti-aritmici. In altri casi, il medico può utilizzare un Holter cardiaco per scoprire se il pacemaker funziona correttamente. I risultati di indossare un monitor Holter aiuteranno te e il tuo medico a decidere se hai bisogno di più test o medicinali per il tuo cuore, o se hai bisogno di un pacemaker o di una procedura di cardioversione per ripristinare un ritmo cardiaco regolare.

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Infezioni da vermi e farmaci antielmintici: cosa sapere?

Gli elminti o vermi sono parassiti che possono infettare l’uomo e gli animali causando malattie anche gravi, in particolare nelle aree del mondo con precarie condizioni igienico-sanitarie. La maggior parte degli elminti colonizza l’apparato digerente e il contagio avviene tramite ingestione di acqua o alimenti infetti. Esistono altre modalità di trasmissione, tra cui la penetrazione del verme attraverso lesioni della cute, le punture di insetti, l’immersione in acque infette o il contatto con terreni contaminati.

Nel tratto gastroenterico sono comuni anche in Europa Taenia saginata e Taenia solium, nel linguaggio comune “verme solitario”. Gli esseri umani vanno incontro all’infezione cibandosi di carne bovina o suina poco cotta contenente le larve.

Tra i vermi che vivono in tessuti dell’ospite diversi dal tubo digerente si ricordano gli agenti causali delle schistosomiasi e i nematodi extraintestinali, che comprendono le filarie. Questi parassiti provocano l’ostruzione dei vasi del sistema linfatico con conseguente rigonfiamento a carico soprattutto degli arti inferiori per ristagno della linfa, condizione chiamata elefantiasi.

I meccanismi d’azione dei farmaci antielmintici si basano sulla paralisi del parassita, sul danneggiamento della sua struttura che attiva il sistema immunitario dell’ospite oppure sull’alterazione del metabolismo del verme. Tra i medicinali ad ampio spettro, attivi cioè su diverse tipologie di elminti, vi sono il mebendazolo, l’albendazolo e il tiabendazolo, che interferiscono con i processi metabolici dei patogeni.

Mentre gli effetti collaterali dei primi due farmaci sono piuttosto rari e consistono prevalentemente in disturbi gastrointestinali, quelli del tiabendazolo sono più frequenti. Oltre ai disturbi che interessano l’apparato digerente, questo medicinale può provocare cefalea, vertigini, sonnolenza, febbre ed eruzioni cutanee.

Il praziquantel è il farmaco di scelta per le schistosomiasi e porta alla morte del parassita per paralisi come conseguenza del blocco della contrazione muscolare. Danneggia inoltre la cuticola esterna del verme, permettendone il riconoscimento da parte del sistema immune dell’ospite.

Gli effetti indesiderati non sono frequenti; tra i più comuni si segnalano disturbi gastrointestinali, vertigini, artralgie e mialgie, febbricola, eruzioni cutanee.

Il praziquantel presenta il vantaggio di poter essere somministrato nel corso della gravidanza e durante l’allattamento, ma l’impiego diffuso ha determinato lo sviluppo di resistenza nei suoi confronti e, di conseguenza, il possibile fallimento della terapia.

La piperazina inibisce la trasmissione neuromuscolare del verme che, paralizzato vivo, è espulso dall’ospite tramite i movimenti di peristalsi intestinale. Può causare disturbi gastroenterici, eruzioni cutanee, broncospasmo, vertigini, parestesie, vale a dire alterazioni della sensibilità con formicolii, prurito, percezione di punture di spillo.

La niclosamide è spesso usata in associazione con il praziquantel nelle infestazioni da tenia e danneggia in modo irreversibile la testa del verme, che in questo modo si stacca dalle pareti dell’intestino. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea e vomito.

L’ivermectina, nata come farmaco veterinario, ha successivamente dimostrato la sua efficacia nell’uomo, in primo luogo nelle infezioni da filaria. Il medicinale, ben tollerato, include tra gli effetti avversi mal di testa, vertigini, febbre, eruzioni cutanee, dolori muscolari, articolari e linfonodali.

Tutti i farmaci citati necessitano di prescrizione medica. Per ulteriori informazioni in caso di sospetta infezione da elminti si consiglia di consultare il proprio medico curante o il farmacista.

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Farmaci a pagamento con ricetta, possono essere prescritti elettronicamente

I farmaci con ricetta medica ripetibile e non ripetibile potranno essere prescritti, a partire dal 30 gennaio 2021, con le stesse modalità previste per i farmaci convenzionati Ssn. È stato infatti pubblicato un decreto in Gazzetta ufficiale che consentirà, ai medici di medicina generale o specialisti, di poter inviare le prescrizioni in forma digitale. «Il medico prescrittore – si legge nel decreto – procede alla generazione in formato elettronico delle prescrizioni di farmaci non a carico del Ssn, secondo le medesime modalità di cui al decreto 2 novembre 2011», ciò «riportando almeno i dati relativi al codice fiscale del paziente, la prestazione e la data della prescrizione, nonché le informazioni necessarie per la verifica della ripetibilità e non ripetibilità dell’erogazione dei farmaci prescritti».

Inoltre «la ricetta elettronica di cui al comma 1 è individuata univocamente dal Numero di ricetta bianca elettronico (NRBE), assegnato dal SAC in fase di compilazione della ricetta da parte del medico prescrittore». Le prescrizioni potranno così a loro volta essere inviate alla farmacia e il farmacista di fiducia potrà scaricare digitalmente i farmaci prescritti e consegnarli al paziente. Ciò sia nel caso di ricetta ripetibile, che consente l’erogazione di più farmaci, sia di non ripetibile, che va ritirata dal farmacista.

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Epilessia, condizione neurologica dalle cause molteplici e spesso sconosciute

L’epilessia è una patologia per la quale di frequente non è nota la causa. Può manifestarsi come conseguenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale, come un trauma cranico, neoplasie, infezioni, malattie neurologiche ereditarie. Nei differenti tipi di epilessia si assiste a scariche anomale da parte di alcune popolazioni neuronali che risiedono nella corteccia cerebrale.

Nelle forme più lievi l’attacco epilettico origina solitamente da una singola zona situata in uno dei due emisferi cerebrali, mentre nelle forme più severe sono coinvolte anche aree al di fuori della corteccia.

Nelle epilessie parziali la sintomatologia, che dipende dalla regione cerebrale interessata, può variare da disturbi motori a fenomeni sensitivi come intorpidimento, vegetativi, ad esempio vampate di calore con aumento della sudorazione, e psichici, con confusione e allucinazioni.

Nelle epilessie generalizzate possono verificarsi crisi convulsive. Ci si riferisce a questa condizione con l’espressione di grande male: il soggetto che ne soffre perde coscienza e diversi gruppi muscolari vanno incontro ad una contrazione simultanea.

Nelle forme epilettiche generalizzate non convulsive hanno luogo le cosiddette assenze e si parla di piccolo male, in cui l’individuo manifesta distaccamento dall’ambiente che lo circonda. Questa epilessia è tipica dell’infanzia e con la crescita tende a scomparire o ad evolvere verso forme più gravi.

Generalmente l’attacco convulsivo ha un inizio, una durata di secondi o pochi minuti e una fine. Nello stato epilettico l’attacco non si risolve in maniera spontanea e può avere conseguenze letali, per cui si rende necessario un intervento farmacologico d’urgenza.

I farmaci antiepilettici o anticonvulsivanti, che non curano l’origine della patologia ma sono tutti sintomatici, sono depressori del sistema nervoso centrale utilizzati per prevenire l’insorgenza dell’attacco epilettico o per fare cessare lo stato epilettico. In quest’ultimo caso si interviene direttamente per via endovenosa, mentre in prevenzione i farmaci vengono assunti per bocca.

I barbiturici erano utilizzati soprattutto in passato per prevenire le convulsioni; l’unico principio attivo appartenente a questa classe ancora in commercio è il fenobarbitale. È caratterizzato da una lunga durata d’azione, ma l’uso è accompagnato da un’importante sedazione e dal rischio di interazioni con altri farmaci. Le idantoine, tra cui si ricorda la fenitoina, condividono con i barbiturici l’indicazione terapeutica. I derivati succinimidici, in particolare l’etosuccimide, sono farmaci di elezione nel trattamento del piccolo male.

Per trattare alcune forme convulsive è impiegato il diazepam, una benzodiazepina, per via endovenosa o rettale. Altri farmaci benzodiazepinici utilizzati per controllare tutte le tipologie di epilessia sono clonazepam e clobazam. L’effetto anticonvulsivante della carbamazepina è stato scoperto per caso: inizialmente era assunta per contrastare la nevralgia del trigemino. Largamente impiegato è anche un suo derivato, chiamato oxcarbazepina.

L’acido valproico è di prima scelta nelle assenze. Agisce con diversi meccanismi e per questo trova impiego in molte forme di epilessia. Per i farmaci più recenti, quali levetiracetam, topiramato, lamotrigina, restano da chiarire i meccanismi con cui agiscono.

I farmaci anticonvulsivanti trovano applicazione pure nel trattamento o nella prevenzione di altre patologie neurologiche. Possono essere somministrati dopo interventi di neurochirurgia, nei tumori cerebrali, a seguito di ictus, nelle sindromi bipolari, nel dolore neuropatico, come nel caso di gabapentin e pregabalin.

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Emicrania, una forma di mal di testa assai diffusa e fortemente invalidante

Le cause dell’emicrania, condizione frequente e invalidante, non sono ancora note, così come sono sconosciuti i meccanismi biochimici alla base della predisposizione individuale. Gli attacchi di emicrania in alcuni pazienti vengono preannunciati dall’aura, un disturbo della vista caratterizzato da abbagliamenti e dalla comparsa di una macchia scura che annebbia oppure oscura del tutto parte del campo visivo.

Dopo circa mezz’ora dalla comparsa di questo sintomo si presenta una forma di cefalea pulsante e dolorosa che interessa solitamente un solo lato del capo. Il mal di testa può essere accompagnato da nausea, vomito, sensibilità alla luce, ai rumori e agli odori. La sensazione di stanchezza tipica delle crisi emicraniche può perdurare anche per ore.

Talvolta le crisi di emicrania sono scatenate dall’assunzione di determinati alimenti o da stimoli visivi, ma il più delle volte compaiono senza un apparente motivo. Allo stato attuale delle conoscenze esistono tre spiegazioni per il meccanismo fisiologico che provoca questa condizione.

La teoria vascolare considera come causa dell’emicrania un’iniziale vasocostrizione intracerebrale che determinerebbe l’aura visiva, a cui farebbe seguito una vasodilatazione extracerebrale che cagionerebbe la successiva cefalea. Questa interpretazione spiega però soltanto il 20% delle manifestazioni di emicrania; inoltre, non sono mai state osservate variazioni rilevanti del flusso sanguigno durante la fase dolorosa.

L’ipotesi cerebrale suggerisce un aumento della concentrazione extracellulare di ioni potassio e una riduzione del flusso sanguigno nell’area colpita, senza identificare la causa scatenante.

L’ipotesi dei nervi sensoriali collega l’attacco di emicrania all’attivazione delle terminazioni nervose del trigemino e dei vasi extracranici, che provocherebbe, oltre al dolore, uno stato infiammatorio innescato dal rilascio di mediatori dalle terminazioni nervose.

Al di là di ciò che resta ancora da mettere in luce, è stato dimostrato il coinvolgimento del neurotrasmettitore 5-idrossitriptamina o serotonina nella patogenesi dell’emicrania. Durante le crisi si nota un forte incremento dell’escrezione urinaria del principale metabolita della serotonina, a fronte di una drastica riduzione dei livelli ematici del neurotrasmettitore. In aggiunta, molti farmaci attivi sui recettori della serotonina risultano efficaci nel trattamento dell’emicrania.

La farmacoterapia prevede l’impiego di principi attivi dall’azione analgesica nell’attacco acuto. Paracetamolo, acido acetilsalicilico e oppiacei possono essere assunti insieme alla metoclopramide, molecola che stimola la motilità dello stomaco accelerandone lo svuotamento, usata per trattare nausea, vomito, reflusso gastroesofageo. Il suo utilizzo, oltre a contrastare eventuali sintomi gastrici associati agli attacchi di emicrania, facilita l’assorbimento degli antinfiammatori-antidolorifici.

Farmaci che si legano ai recettori della serotonina mimandone l’azione sono ergotamina, efficace ma scarsamente utilizzata per i suoi effetti collaterali, sumatriptan, efficace nella maggior parte dei casi ma con lo svantaggio di una breve durata d’azione, almotriptan, zolmitriptan ed eletriptan.

Se gli attacchi sono frequenti possono risultare necessari farmaci dall’azione profilattica, i cui meccanismi d’azione sono ignoti. Si ricordano gli antagonisti dei recettori della serotonina, quali il pizotifene; farmaci di solito utilizzati in caso di angina, ipertensione e aritmie cardiache, per esempio metoprololo, propranololo, clonidina; antidepressivi come l’amitriptilina; calcio-antagonisti come il verapamil, farmaco antiaritmico che tra gli effetti collaterali presenta la cefalea, ma che paradossalmente contribuisce a diminuire la frequenza degli attacchi di emicrania.