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L’impatto dei pesticidi (anche) sulla salute dei lavoratori agricoli

L’agricoltura moderna ha subito profonde trasformazioni negli ultimi decenni, caratterizzate dall’impiego diffuso e sistematico di sostanze chimiche sintetiche come fungicidi, erbicidi, insetticidi e fertilizzanti. Tali pratiche hanno portato a una perdita significativa di terreni fertili a livello globale, stimata intorno al 25% secondo le stime di Faostat. L’utilizzo di prodotti chimici inorganici per aumentare la produttività del suolo tende, nel giro di pochi anni, a inaridirlo. Un terreno coltivabile è un organismo vivente e come tale deve essere trattato, evitando forzature violente con la concimazione chimica e l’uso eccessivo di pesticidi sulle piante coltivate. A far luce su tali aspetti, un articolo di Fiorella Belpoggi, emerita direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini di Bologna, dal titolo “Pesticidi e salute dei lavoratori del settore agricolo”, pubblicato sulla rivista “Il Cesalpino”, numero 61/2024.

Esposizione ai pesticidi: effetti acuti e cronici sulla salute

L’esposizione umana alle sostanze chimiche impiegate in agricoltura può provocare sia effetti acuti (intossicazione) che cronici sui sistemi cardiovascolare, nervoso, respiratorio, endocrino e riproduttivo, nonché sull’apparato digerente, incluso il fegato. Come spiegato dalla ricercatrice, è stato osservato che molte formulazioni contengono composti cancerogeni, mutageni e teratogeni. Gli effetti a lungo termine dovuti all’esposizione cronica, anche a basse dosi, possono manifestarsi molto tempo dopo l’esposizione e possono persino essere trasmessi di generazione in generazione. L’insorgenza di gravi patologie associate all’esposizione cronica dei lavoratori agricoli è stata evidenziata da numerosi studi. Si rimanda all’articolo integrale per la lettura completa del testo. È utile ricordare che il consiglio del farmacista non intende sostituire il consulto con il medico curante, qualora la problematica presentata dovesse perdurare. In tal caso, è necessario contattare il medico di famiglia o lo specialista di riferimento.

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Fisioterapia del pavimento pelvico, gli esperti: «Fondamentale per le disfunzioni pelvi-perineali»

Si è conclusa a Bologna la seconda Conference del Gruppo di interesse specialistico in Fisioterapia e riabilitazione del pavimento pelvico (Gis Frpp) dell’Associazione italiana di fisioterapia (Aifi), intitolata “Bridging the gap of pelvic skills”. L’evento, che ha visto la partecipazione di oltre 150 persone tra fisioterapisti, studenti di fisioterapia e medici, è stata occasione di confronto su tematiche di grande rilevanza per la fisioterapia del pavimento pelvico.

Riabilitazione neurologica, aspetti legali e prolasso degli organi pelvici

Alla conferenza sono state affrontate diverse tematiche, tra cui la riabilitazione pelvi-perineale in ambito neurologico, con interventi di fisiatre e fisioterapiste su vescica e intestino neurogeni e sessualità nel paziente mieloleso. Una sessione è stata dedicata agli aspetti giuridici e professionali, con la presentazione di due documenti ufficiali del Gis Frpp: il “Position statement sulla Fisioterapia Pelvi-perineale” e il modulo per il consenso informato specifico per questo ambito. Altre sessioni hanno riguardato la nutraceutica, la gestione del prolasso degli organi pelvici e il dolore pelvico cronico.

Utilizzo dell’ecografo nella riabilitazione pelvi-perineale

Dalle relazioni è emersa l’importanza di un approccio bio-psicosociale nella gestione del paziente con dolore cronico pelvico, considerando fattori come l’effetto placebo-nocebo e la fisioterapia psicologicamente informata. Il congresso si è concluso con un workshop pratico tenuto dalla fisioterapista spagnola Paula Igualada Martinez, la quale ha illustrato l’utilizzo dell’ecografo come strumento prezioso per assistere il fisioterapista nella riabilitazione delle disfunzioni pelvi-perineali, sia nella fase pre-parto che post-parto. Si ricorda che il consiglio del fisioterapista o del farmacista non sostituisce in nessun modo il consulto con il medico. In caso di problematiche persistenti, è necessario contattare il proprio medico curante o il medico specialista.

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Ridurre il consumo di sale: i consigli per la settimana mondiale 2024

La Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale, che si tiene dal 13 al 19 maggio 2024, è un’occasione per richiamare l’attenzione sui potenziali rischi per la salute associati a un eccessivo apporto di sale nella dieta quotidiana. L’iniziativa, promossa a livello internazionale, mira a sensibilizzare la popolazione sull’importanza di adottare abitudini alimentari più sane e consapevoli, e ridurre l’assunzione di sale.

Insorgenza di patologie cardiovascolari

L’eccessivo consumo di sale è stato associato a un aumentato rischio di sviluppare ipertensione arteriosa, condizione che può favorire l’insorgenza di patologie cardiovascolari come infarto e ictus. L’apporto elevato di sale favorisce la ritenzione idrica, causando gonfiore e aumento di peso. Gli esperti raccomandano di limitare l’assunzione giornaliera di sale a non più di 5 grammi, corrispondenti a circa un cucchiaino da tè.

Accorgimenti quotidiani per ridurre l’apporto di sale

Per ridurre il consumo di sale, si possono adottare alcune strategie nella preparazione dei pasti. Gli esperti consigliano di preferire alimenti freschi o minimamente processati, limitando il consumo di cibi confezionati e precotti, spesso ricchi di sale. L’utilizzo di erbe aromatiche e spezie può insaporire i piatti senza ricorrere al sale. In aggiunta a ciò, è sempre bene leggere le etichette nutrizionali degli alimenti confezionati può aiutare a identificare quelli con un minor contenuto di sale. È utile ricordare che il consiglio del farmacista non intende sostituire il consulto con il medico curante, ove la problematica presentata dovesse perdurare. In caso di dubbi o persistenza dei sintomi, è necessario contattare il medico curante o il medico specialista di riferimento.

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Nuove funzionalità per il Sistema Tessera Sanitaria: più opzioni per i contribuenti

Il Sistema Tessera Sanitaria (Ts) è stato oggetto di un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 106 dell’8 maggio 2024. Il provvedimento ha apportato modifiche al precedente decreto del Mef del 19 ottobre 2020 e al relativo allegato B, con l’obiettivo di integrare nuove funzionalità al sistema.

Messa a disposizione dei dati fiscali all’Agenzia delle Entrate

Le modifiche introdotte dal nuovo decreto hanno riguardato, in primo luogo, l’articolo 9, comma 1 del decreto Mef del 19 ottobre 2020, che demandava genericamente a un decreto le modalità con cui il Sistema Ts avrebbe messo i dati fiscali delle fatture per prestazioni sanitarie a disposizione dell’Agenzia delle Entrate in via esclusiva. La modifica ha consentito di indicare correttamente il decreto che ha definito tali modalità, ovvero il decreto del ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il ministro della Salute e il ministro per la Pubblica amministrazione del 1° febbraio 2024.

Allegato B del decreto del 19 ottobre 2020 è stato rivisto e sostituito

Anche l’allegato B al decreto del 19 ottobre 2020 è stato oggetto di revisione, a seguito dell’introduzione di una nuova funzionalità che consente l’inserimento di ulteriori documenti di spesa. In particolare, la modifica permette al contribuente di inserire un nuovo documento fiscale di spesa emesso da un soggetto non obbligato all’invio dei dati al Sistema Ts ai fini della dichiarazione precompilata. Inoltre, è stato previsto che le spese dei familiari a carico siano attribuite sulla base del prospetto elaborato con le informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate. L’allegato B del decreto 19 ottobre 2020 è stato quindi sostituito con un nuovo allegato B, definito dal decreto in esame.

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Emulsionanti alimentari collegati a un maggior rischio di diabete di tipo 2

Secondo un’analisi condotta nell’ambito dello studio prospettico di coorte Nutrinet Santé, una famiglia di additivi alimentari ampiamente utilizzata nell’industria alimentare, gli emulsionanti, sarebbe associata a un aumentato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Tali additivi, impiegati per migliorare la consistenza, il colore e il gusto dei cibi processati, si trovano in numerosi prodotti ultra-processati come cioccolato, prodotti da forno, biscotti, gelati, maionese, salse e olii.

Emulsionanti sotto accusa, nonostante siano considerati sicuri dalle autorità sanitarie

Lo studio, pubblicato su The Lancet Diabete & Endocrinology, ha analizzato i dati di oltre 104 mila adulti arruolati dal 2009 al 2023, ai quali è stato chiesto di compilare registri dietetici di 24 ore ogni 6 mesi, con l’obiettivo di valutare l’esposizione agli emulsionanti. Durante il follow up di 6-8 anni, l’1% del campione ha sviluppato il diabete di tipo 2. Tra i 61 additivi identificati, sette emulsionanti sono stati associati all’aumento del rischio di diabete: E407 (carragenine totali), E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo), E472e (esteri di acidi grassi), E331 (citrato di sodio), E412 (gomma di guar), E414 (gomma arabica), E415 (gomma di xantano), oltre a un gruppo chiamato “carragenine”.

Consumo di cibi ultra-processati e livelli di assunzione giornaliera

Angelo Avogaro, docente e presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), ha sottolineato l’importanza dello studio per i diabetologi, evidenziando la necessità di limitare il consumo di cibi ultra-processati, prestare maggiore attenzione alle etichette e richiedere una regolamentazione più stringente per proteggere i consumatori. Raffaella Buzzetti, docente e presidente eletto Sid, suggerisce che potrebbe essere necessario rivedere i livelli giornalieri di assunzione (Ada) degli emulsionanti, considerando le alterazioni del microbiota intestinale e il preoccupante aumento del diabete di tipo 2 anche tra bambini e adolescenti. Il meccanismo alla base dell’associazione sembra coinvolgere l’infiammazione intestinale e l’alterazione del microbiota, che porterebbero a infiammazione cronica, sindrome metabolica, alterazione della segnalazione dell’insulina e, infine, allo sviluppo del diabete di tipo 2.