Categorie
Notizie

Strofinacci e intossicazioni alimentari: quando il nemico è invisibile

I comuni, banali, utilizzatissimi strofinacci che tutti abbiamo in cucina, in realtà rappresentano una delle potenziali cause di intossicazioni alimentari. È quanto emerge da una ricerca dell’Università di Mauritius che è stata presentata ad Asm microbe, l’incontro annuale dell’American Society for Microbiology. Dallo studio è emerso che il 49% degli asciugamani da cucina che sono stati analizzati ha avuto una crescita batterica che è aumentata in relazione a diversi fattori, dal numero dei componenti della famiglia agli eventuali bambini. Gli strofinacci che vengono utilizzati per asciugare le stoviglie, mani e alimenti, oppure pulire le superfici, avevano un numero di batteri maggiore rispetto agli asciugamani monouso. Inoltre, quelli umidi avevano una quantità di batteri superiore a quelli asciutti.Dei campioni risultati positivi per la crescita batterica, il 36,7% ha sviluppato coliformi, il 36,7% gli enterococchi e il 14,3% gli stafilococchi aurei. Il rischio di avere i coliformi (genere di cui fa parte anche l’Escherichia coli, normale flora dell’intestino rilasciata nelle feci) era più alto negli asciugamani umidi rispetto a quelli asciutti, negli asciugamani multiuso rispetto a quelli monouso e nelle famiglie che avevano una dieta non vegetariana. La presenza di Escherichia coli è il segno di possibili contaminazioni fecali e della mancanza di condotte igieniche. La presenza di questi potenziali agenti patogeni negli asciugamani da cucina indica, secondo gli studiosi, che potrebbero essere responsabili di contaminazioni che causano intossicazioni alimentari. Evitare le intossicazioni di questo tipo però è semplice, sottolineano i ricercatori, che consigliano di non usare lo stesso strofinaccio per asciugare le mani, i piatti e piani da lavoro che sono più facilmente contaminati. Serve, inoltre, cambiare spesso lo strofinaccio e le spugne da cucina e lasciarle asciugare dopo ogni utilizzo. Una buona opzione è rappresentata dalla carta monouso.

Categorie
Notizie

Ricerca italiana svela i benefici delle mele: belle, buone e anche sane

Una ricerca, tutta italiana, ha dimostrato come i polifenoli, molecole naturali anti-infiammatorie, anti-diabete e anti-cancro, contenuti nella polpa e nella buccia delle mele, siano fondamentali per “togliere il medico di torno”. E mai adagio fu più indovinato. La scoperta è della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria (CREA) ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica Food Research International. I ricercatori del Dipartimento Qualità alimentare e Nutrizione FEM e del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA hanno seguito un gruppo di 12 volontari sani, che in due diverse occasioni hanno consumato una spremuta di mela di alta qualità, oppure arricchita in polifenoli della mela, con l’obiettivo di valutare come queste sostanze fossero metabolizzate. La ricerca ha dimostrato che nessuno dei composti fenolici presenti nel succo di mela si ritrova nell’organismo nella sua forma originale (cioè quella presente nella mela). Infatti, questi composti vengono variamente metabolizzati nell’uomo in 110 diverse forme chimiche che compaiono nel circolo sanguigno prima, e nelle urine poi. Utilizzando tecniche “metabolomiche”, che permettono lo studio contemporaneo di un numero molto elevato di composti, i ricercatori hanno potuto descrivere la cinetica di metaboliti di particolare interesse. Tutti composti fenolici particolarmente abbondanti nella mela, specie se consumata con la buccia. “La quantità e la persistenza di ognuna di queste molecole nei fluidi biologici, è risultata molto variabile tra un individuo e l’altro¬ – spiegano i ricercatori –   non solo a causa di differenze genetiche, ma anche a causa di differenze nella composizione del microbiota intestinale”. Infatti, i ricercatori hanno potuto appurare che mentre il 40% dei metaboliti originava dai processi metabolici umani, il restante 60% richiedeva l’intervento dell’azione dei batteri intestinali per poter entrare in circolo. I metaboliti derivanti dal metabolismo microbico sono risultati più persistenti, cioè capaci di rimanere in circolo per periodi molto più lunghi. Inoltre, è stata osservata un’interessante correlazione tra la composizione dei batteri intestinali e la quantità di metaboliti circolanti. L’esperimento ha permesso di dimostrare che all’aumentare della ricchezza in polifenoli, aumentano le quantità dei loro metaboliti circolanti che dipendono dalla dose assunta. Mentre una parte limitata dei composti bioattivi della mela transitano rapidamente nell’organismo umano, la maggioranza persiste nelle urine anche a 24 ore dal consumo, in concentrazioni molto variabili e modulate dal microbiota individuale.

Categorie
Notizie

Coldiretti e la dieta “salva esami”: sì alla frutta fresca, no al caffè

Giornate interminabili trascorse sui libri, notti passate a ripetere le lezioni e picchi di tensione mai provati. Chi non ricorda le sensazioni legate ai fantomatici esami di maturità? Chi si prepara ad affrontarli adesso, ovviamente, che – più che ricordarle– le vive per la prima volta. Coldiretti, anche quest’anno è intervenuta con i consigli pratici relativi agli errori alimentari più comuni compiuti dagli studenti in questo periodo, per aiutarli ad affrontare una delle prove più significative della vita. Coldiretti ha stilato una vera e propria lista degli alimenti “promossi e bocciati” nella dieta per gli esami di maturità, che interessano in questi giorni circa 500.000 studenti. L’abuso di caffè è lo sbaglio in cui si inciampa più frequentemente: provoca eccitazione, ansia ed insonnia e fa perdere concentrazione e serenità, mentre il consumo di frutta fresca è un valido alleato per combattere il grande caldo che disturba in questi giorni gli studi. Un aiuto per vincere la preoccupazione viene dagli alimenti come pane, pasta o riso, lattuga, radicchio, cipolla, formaggi freschi, yogurt, uova bollite, latte caldo, frutta dolce e infusi al miele, che favoriscono il sonno e aiutano l’organismo a rilassarsi.  Banditi invece, perché possono provocare insonnia e agitazione, sono, oltre al caffè anche patatine in sacchetto, salatini e cioccolata, spesso presenti come consolatorio ristoro. È necessario – consiglia la Coldiretti – cercare di riposare adeguatamente facendo attenzione all’alimentazione, evitando sia il digiuno che gli eccessi, in particolare con cibi pesanti o con sostanze eccitanti. Da evitare, oltre agli alimenti in scatola, vengono segnalati i cibi con sodio in eccesso, come curry, pepe, paprika e sale in abbondanza, ma anche piatti nei quali sia stato utilizzato dado da cucina. Esistono invece cibi che – evidenzia la Coldiretti – aiutano a rilassarsi per la presenza di un aminoacido, il triptofano, che favorisce la sintesi della serotonina, il neuromediatore del benessere e il neurotrasmettitore cerebrale che stimola il rilassamento. La serotonina aumenta con il consumo di alimenti con zuccheri semplici come la frutta dolce di stagione, ma effetti positivi nella dieta serale si hanno con legumi, uova bollite, carne, pesce, formaggi freschi. Tra le verdure – ricorda ancora la Coldiretti – al primo posto la lattuga, seguita da cipolla e aglio, perché le loro spiccate proprietà sedative conciliano il sonno. Bene anche un bicchiere di latte caldo, prima di andare a letto, che oltre a diminuire l’acidità gastrica che può interrompere il sonno, fa entrare in circolo durante la digestione elementi che favoriscono una buona dormita per via di sostanze, presenti anche in formaggi freschi e yogurt, che sono in grado di attenuare insonnia e nervosismo. Infine – conclude la Coldiretti – infusi e tisane dolcificati con miele creano un’atmosfera di relax che distende la mente e la rende più pronta a rispondere alle sollecitazioni. Strizzando l’occhio al gusto e addolcendo l’attesa.

Categorie
Notizie

Il sollevamento pesi può aiutare a prevenire o uscire dalla depressione

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica “Jama Psychiatry” ha evidenziato che sollevare pesi può anche sollevare l’umore. E’ stato visto infatti che gli esercizi basati sulla resistenza spesso riducono la tristezza delle persone che li praticano, indipendentemente dalla frequenza di allenamento.
Non è una novità quella che praticare esercizio fisico può allontanare e trattare la depressione. Già nel 2016 uno studio di larga scala che ha coinvolto milioni di persone, ha evidenziato che essere allenati riduce il rischio clinico di sviluppare depressione. Cosi’ come anche altri studi hanno evidenziato che praticare esercizio può ridurre i sintomi della depressione nelle persone a cui è già stata diagnosticata.
Tuttavia, in gran parte degli studi analizzati in passato, ci si è focalizzati sull’analisi degli effetti dell’attività “aerobica”, come camminare o fare jogging.
Nello studio in questione, invece, i ricercatori hanno puntato l’attenzione sull’attenuazione della depressione. e su come il sollevamento pesi poteva avere ripercussioni positive.
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che l’allenamento “anaerobico”, tar cui il sollevamento pesi, riduce decisamente i sintomi della depressione, per le persone depresse, mentre, allontana l’insorgenza della depressione per le non depresse.
I ricercatori hanno evidenziato che i benefici si ottengono praticando sollevamento pesi cinque volte a settimana, ma anche due volte a settimana.

Categorie
Notizie

L’Oms sulla dipendenza da videogames: è malattia mentale

I tempi cambiano, le patologie anche. E così, entra nella International Classification of Diseases (ICD), l’elenco ufficiale delle malattie appena aggiornato, la dipendenza da videogames. Nell’epoca dei social network e dell’alienazione sempre più esasperata, soprattutto quella giovanile, è molto facile imbattersi in soggetti che preferiscono rifugiarsi nella realtà virtuale, piuttosto che affrontare la vita vera. E così, a colpi di smartphone e di joystick, si consumano tragedie molto spesso nascoste, che lasciano le famiglie in condizioni di impotenza nella gestione della criticità. Al pari con l’alcolismo e la ludopatia, questo tipo di dipendenza, può comportare problematiche sociali anche a livello estremamente elevato. Fino a poco tempo fa, era considerata al pari di un fastidioso vizio, e solo recentemente è stata riconosciuta come un problema sociale, soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone. Il disturbo di gioco  è dunque una delle “new entry”, segnalate dalla stessa Oms nella nota in cui presenta l’Icd-11: la voce ‘gaming disorder’ si riferisce a “un modello di comportamento di gioco persistente o ricorrente (gioco digitale o videogame), che può essere online su Internet, o offline. È un disturbo che si manifesta con 3 particolari condizioni: la perdita di controllo sul gioco (inizio, frequenza, intensità, durata, risoluzione, contesto); la crescente priorità che viene data a questa attività e che porta a una situazione in cui il gioco ha la precedenza su altri interessi della vita e delle attività quotidiane; e la continuazione o escalation della condotta di gioco nonostante il verificarsi di conseguenze negative”.Secondo la nuova classificazione, il modello comportamentale del ‘gaming disorder’ è di gravità sufficiente a causare una compromissione significativa nelle aree di funzionamento personali, familiari, sociali, educative, professionali o di altro tipo. Lo schema del comportamento di gioco può essere continuo o episodico e ricorrente e deve essere evidente nell’arco di un periodo di almeno 12 mesi per poter assegnare una diagnosi, sebbene la durata possa essere abbreviata se tutti i requisiti diagnostici sono soddisfatti e i sintomi siano gravi.Fra le novità dell’Icd-11, l’Oms elenca anche alcuni miglioramenti rispetto alle versioni precedenti: per la prima volta il manuale è completamente elettronico e ha un formato molto più ‘user-friendly’. E c’è stato un “coinvolgimento senza precedenti” degli operatori sanitari, si sottolinea. Il team che si è occupato della nuova stesura nel quartier generale dell’Oms ha ricevuto oltre 10mila proposte di revisione.Il sistema di classificazione delle patologie, che ad oggi conta 55mila malattie e cause di morte, “ci consente di capire in modo migliore che cosa conduca le persone alla malattia o alla morte, così da agire in tempo per prevenire la sofferenza e salvare vite umane”, ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. La nuova edizione verrà presentata agli stati membri dell’Oms in occasione dell’Assemblea mondiale della sanità, in programma a maggio del prossimo anno, mentre per la sua adozione, dice in una nota l’Oms, bisognerà aspettare gennaio 2022.