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Allergie di primavera: un problema crescente tra gli italiani

Le allergie respiratorie sono un problema in continua crescita tra gli italiani, con una stima che prevede oltre il 50% della popolazione affetta entro la metà del secolo. Secondo il Dott. Lorenzo Cecchi, presidente dell’Aaiito, il cambiamento climatico gioca un ruolo fondamentale in questo aumento. L’inquinamento atmosferico e l’aumento delle temperature influiscono sulla fioritura delle piante, causando un aumento degli allergeni in circolazione. Non solo la predisposizione genetica, ma anche l’ambiente circostante può far diventare una persona allergica. La prevenzione, soprattutto tra i bambini, è fondamentale: mantenere un equilibrio tra l’ambiente e il sistema immunitario può aiutare a ridurre il rischio di allergie. Progetti come quello avviato in Finlandia, che prevede attività all’aria aperta per i bambini, hanno dimostrato miglioramenti nella riduzione delle allergie e dell’asma. Per gli adulti, è importante adottare uno stile di vita sano e informarsi sui sistemi di previsione e monitoraggio ambientale per pollini e inquinanti.

I consigli per affrontare le allergie.

È cruciale seguire alcuni consigli, tra cui ottenere una corretta diagnosi, rivolgendosi a uno specialista se i sintomi persistono, conoscere i propri allergeni e le proprie allergie per ridurre l’esposizione, utilizzare consapevolmente le terapie farmacologiche e di immunoterapia specifica, sotto la supervisione di uno specialista, sfruttare le informazioni disponibili da fonti attendibili, evitando fake news, e infine godersi l’aria aperta e condurre una vita “normale”, senza limitazioni. Con la giusta terapia, è possibile svolgere qualsiasi attività, ma è importante essere prudenti evitando i momenti più critici della giornata legati all’innalzamento dei pollini. Le allergie di primavera sono un problema in crescita tra gli italiani, con il cambiamento climatico come uno dei principali fattori. La prevenzione e un approccio attento alla gestione delle allergie possono aiutare a ridurre l’impatto di queste condizioni sulla qualità della vita dei pazienti.

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Sedentarietà, quali rischi per la salute?

Secondo un nuovo studio scientifico statunitense una breve passeggiata ogni 30 minuti può aiutare ad annullare i danni alla salute associati a periodi prolungati di sedentarietà. Nuovi riscontri scientifici hanno suggerito infatti che stare seduti per lunghi periodi di tempo – fatto inevitabile nella vita lavorativa di molti – nuoce alla salute anche di coloro che fanno regolare esercizio fisico.

Camminare 5 minuti ogni mezz’ora.

In questo recente esperimento scientifico pubblicato sulla rivista Medicine & Science in Sports & Excercise i volontari che si alzavano e camminavano per 5 minuti ogni mezz’ora registravano livelli di glicemia e di pressione arteriosa più bassi rispetto a chi restava seduto. I ricercatori hanno scoperto che camminare per un minuto ogni ora può alleggerire la pressione sanguigna ma non è sufficiente ad abbassare i livelli di glicemia. “Se fai un lavoro che richiede di stare seduto per la maggior parte della giornata o hai uno stile di vita prevalentemente sedentario, questa è una strategia che potrebbe migliorare la tua salute e compensare i danni derivanti dalla sedentarietà”, ha affermato l’autore principale dello studio, Keith Diaz, professore associato di medicina comportamentale presso il Vagelos College of Physicians and Surgeons della Columbia University.

Perché la sedentarietà fa male?.

Come mai lo stare seduti per ore può essere un problema per il normale funzionamento del nostro organismo? Diaz ritiene che almeno in parte ciò sia dovuto al mancato uso dei muscoli delle gambe. “I muscoli fungono da importanti regolatori dei livelli di zucchero nel sangue. Se non li usiamo, le cose non funzionano bene”. Quando si tratta di pressione del sangue, il movimento aiuta a migliorare la circolazione. “Quando sei seduto, il sangue si accumula nelle gambe. Mentre quando attivi regolarmente i muscoli degli arti inferiori si ripristina la regolarità del flusso sanguigno”.

“Pause attive” ogni mezz’ora.

Come contrastare gli effetti negativi della sedentarietà? Diaz e il suo gruppo di ricercatori hanno testato quattro diverse “pause attive” su 11 volontari: 1 minuto di camminata ogni 30 minuti trascorsi da seduti e 5 minuti di passeggiata dopo un’ora passata in posizione sedentaria. Gli effetti di ciascuna di queste strategie sono stati confrontati con quelli dello stare seduti senza interruzioni. Ognuno degli 11 volontari è rimasto seduto su una sedia ergonomica per 8 ore all’interno del laboratorio di ricerca, salvo alzarsi per andare un bagno o fare una pausa concordata preventivamente.

Camminare 5 minuti ogni mezz’ora: benefici.

Il miglior risultato è stato ottenuto con una pausa di 5 minuti di camminata ogni 30 minuti di sedentarietà. Ai benefici sulla pressione e sulla glicemia si sono sommati quelli sull’umore e sui livelli di affaticamento fisico. Tuttavia, un intervallo di cinque minuti ogni mezz’ora sul posto di lavoro potrebbe risultare cosa sgradita ai titolari dell’azienda. “Il prossimo grande passo importante per noi è cambiare la cultura del posto di lavoro”, ha affermato Diaz. Per ovviare a questo problema, si potrebbe scegliere di alzarsi e andare alla scrivania di un collega invece di inviargli un’e-mail. Oppure, se si riceve o si fa una telefonata via cellulare, si potrebbe parlare camminando invece di restare seduti. Ancora, ci si potrebbe portare in ufficio una bottiglia d’acqua di piccole dimensioni (250 ml, per esempio) così da doversi alzare più spesso per andare a riempirla. Questi sono solo alcuni esempi di quelle piccole strategie quotidiane utili a preservare uno stile di vita sano e a combattere la sedentarietà.

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Dall’Aifa una app per consultare informazioni e ricevere notifiche sui farmaci

L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha lanciato lo scorso dicembre una nuova applicazione mobile, disponibile gratuitamente per iOS e Android, che consente ai cittadini di accedere alle informazioni sui farmaci autorizzati in Italia, alle loro caratteristiche, alle indicazioni terapeutiche, alle controindicazioni e ai possibili effetti indesiderati. L’applicazione, chiamata “Aifa Farmaci”, è stata progettata per essere un’importante fonte di informazioni per i pazienti, ma anche per i professionisti sanitari, i farmacisti e i ricercatori. Grazie alla sua interfaccia semplice e intuitiva, gli utenti possono facilmente cercare i farmaci di loro interesse, visualizzare le informazioni relative alla confezione e alle modalità di somministrazione, e accedere alle schede tecniche dettagliate. L’applicazione offre la possibilità di impostare notifiche personalizzate per i farmaci che si stanno assumendo, in modo da ricevere avvisi su eventuali aggiornamenti o modifiche alle informazioni disponibili. Questo può essere particolarmente utile per i pazienti con malattie croniche che richiedono un trattamento farmacologico continuo, e per i quali è importante essere sempre aggiornati sulle ultime novità relative ai farmaci che assumono. Aifa Farmaci è stata sviluppata in collaborazione con il ministero della Salute e la Società Italiana di Farmacologia, e rappresenta un importante passo avanti nell’ambito della comunicazione e dell’informazione sui farmaci in Italia. Grazie a questa applicazione, i cittadini possono avere accesso a informazioni complete, aggiornate e affidabili sui farmaci, contribuendo così a una maggiore consapevolezza e sicurezza nell’uso dei medicinali.

Come informarsi sui farmaci autorizzati in Italia e sulle loro caratteristiche.

Aifa Farmaci rappresenta un’importante risorsa per tutti coloro che vogliono informarsi sui farmaci autorizzati in Italia e sulle loro caratteristiche, e per i pazienti che vogliono essere sempre aggiornati sulle ultime novità riguardanti il loro trattamento farmacologico. Grazie a questa applicazione, l’Aifa conferma il proprio impegno nel garantire la sicurezza e la qualità dei farmaci in Italia, e nel promuovere una maggiore consapevolezza sui temi della salute e della medicina. Ulteriori informazioni sui farmaci e la loro sicurezza sono sempre disponibili presso il medico di fiducia o la farmacia di riferimento: i professionisti della salute sapranno sempre fornire informazioni puntuali e aggiornate.

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Omocisteina in gravidanza: attenzione ai rischi per la mamma e il bambino

L’omocisteina è un aminoacido presente nell’organismo in piccole quantità, la cui formazione è legata al ciclo metabolico della metionina, un aminoacido essenziale. Un eccesso di omocisteina, chiamato iperomocisteinemia, può essere causato da vari fattori, tra cui carenza di vitamine B6, B12 e acido folico. Questa condizione è particolarmente dannosa durante la gravidanza, poiché valori superiori a 12 microMoli per litro sono stati associati a complicazioni come aborto spontaneo, restrizione di crescita fetale, distacco di placenta e pre-eclampsia. Inoltre, l’iperomocisteinemia può influire negativamente sullo sviluppo dell’embrione, aumentando il rischio di difetti di chiusura del tubo neurale come la spina bifida.

Identificazione delle donne a rischio e monitoraggio dei livelli di omocisteina.

Secondo Anna Maria Marconi, Professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano, non è necessario monitorare i livelli di omocisteina in tutte le gravidanze, se non in casi specifici. La misurazione dell’omocisteina è indicata per donne che hanno avuto gravidanze complicate in passato, ma anche per quelle in stato di malnutrizione, fumatrici abituali, tossicodipendenti o che soffrono di malassorbimento, come ad esempio chi ha effettuato un bypass gastrico per l’obesità. L’iperomocisteinemia non presenta sintomi evidenti, rendendo il monitoraggio dei livelli particolarmente importante in questi casi.

Prevenzione e intervento per gestire i livelli di omocisteina.

La prevenzione si basa sulla valutazione dei valori di omocisteina nelle donne a rischio. La terapia consiste nell’integrazione con vitamine del gruppo B, in particolare con la forma attiva dell’acido folico, il 5-metiltetraidrofolato. Se i livelli di omocisteina non vengono individuati e corretti, i possibili rischi includono non solo le patologie della gravidanza menzionate, ma anche l’insorgenza di difetti di chiusura del tubo neurale fetale o altre malformazioni , come quelle cardiache. Inoltre, la carenza delle vitamine del gruppo B associata all’iperomocisteinemia può influire sullo sviluppo di patologie neurologiche come l’autismo o la schizofrenia, manifestandosi anche a distanza di tempo dalla nascita. Una review del 2021 condotta dall’Università di Oxford e dall’Università di Oslo evidenzia oltre un centinaio di malattie associate a livelli anomali di omocisteina, molte delle quali riguardano lo sviluppo e la crescita del feto. È fondamentale, alla luce di quanto evidenziato, prestare attenzione ai livelli di omocisteina nelle donne a rischio durante la gravidanza, per prevenire complicazioni sia per la madre che per il bambino. L’integrazione con vitamine del gruppo B e acido folico rappresenta un’efficace strategia per gestire i livelli di omocisteina e garantire una gravidanza più sicura.

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Cancro alla prostata: come si sviluppa?

I ricercatori dell’Università dell’East Anglia nel Regno Unito hanno fatto un’importante scoperta nello studio del cancro alla prostata. Concentrandosi su come si sviluppa questa specifica forma di tumore hanno osservato che la ghiandola prostatica nel suo insieme, comprese le cellule ancora sane, appare differente negli uomini colpiti da cancro alla prostata rispetto a coloro che non lo sono. L’ipotesi, confermata dai risultati di questo studio, è che tutte le cellule prostatiche sarebbero potenzialmente pronte a trasformarsi in cancerogene. Pertanto il trattamento antitumorale dovrebbe coinvolgere la prostata nella sua totalità e non soltanto le aree colpite dal carcinoma.

Cancro alla prostata: il più diffuso tra gli uomini.

Il ricercatore a capo di questo progetto di ricerca, il Prof. Daniel Brewer della Norwich Medical School dell’UEA, ha dichiarato: “Il cancro alla prostata è il cancro più comune negli uomini e uccide un uomo ogni 45 minuti nel Regno Unito. Spesso, quando agli uomini viene diagnosticato un cancro alla prostata, gruppi di cellule tumorali possono essere trovati in più di una posizione all’interno della prostata. Obiettivo del nostro studio era verificare se ciò è dovuto a cambiamenti nelle cellule prostatiche di tutta la ghiandola”.

Lo studio sulle mutazioni delle cellule prostatiche.

Il cancro è determinato da cambiamenti nel DNA di ogni cellula. Il gruppo di ricercatori dell’East Anglia ha studiato il DNA di 121 campioni di tessuto di 36 uomini con e senza cancro alla prostata. Prof. Brewer: “I campioni che abbiamo studiato includevano tessuto già malato di cancro e tessuto proveniente da altre parti della prostata, che al microscopio sembrava ancora sano. Abbiamo scoperto che le cellule apparentemente immutate negli uomini che avevano il cancro alla prostata in realtà presentavano più mutazioni (cambiamenti nel DNA) rispetto alle cellule “normali” della prostata degli uomini senza cancro alla prostata. Mappando la genetica dei tessuti analizzati per capire dove si verificassero le diverse mutazioni siamo giunti a una importante conclusione”.

Le cellule sane possono mutare in cellule tumorali.

“Le “normali” cellule della ghiandola prostatica negli uomini ammalati di cancro alla prostata sembrano fornire un ambiente benefico per lo sviluppo e la crescita delle cellule tumorali” ha affermato Brewer. “In altre parole, l’intera prostata è pronta a sviluppare il cancro guidato da un processo biologico, purtroppo ancora sconosciuto. Questo studio scientifico ha migliorato la nostra conoscenza di come il cancro alla prostata inizia a svilupparsi e potrebbe un giorno darci indizi su come prevenirlo o curarlo. Senza dubbio dimostra che potrebbe essere più utile curare l’intera prostata piuttosto che solo le aree della ghiandola già ammalate” ha aggiunto. Hayley Luxton, Senior Research Impact Manager presso il centro di ricerca Prostate Cancer UK: “Questa nuova entusiasmante ricerca mostra per la prima volta come le cellule sane nella prostata possano facilitare la crescita e la diffusione del cancro e ci dà nuove importanti informazioni sullo sviluppo iniziale del tumore alla ghiandola prostatica e sull’opportunità di prevenirlo in futuro”.