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Nutrizione, pesce fonte privilegiata di omega 3

Nelle raccomandazioni alimentari, gli esperti sottolineano sempre l’importanza di consumare spesso il pesce. Da questo alimento, infatti, derivano alcune sostanze fondamentali per la salute, tra cui gli omega 3. Come spiegano gli specialisti della Società italiana di nutrizione umana (Sinu), «gli omega 3 sono acidi grassi polinsaturi, tra i quali rientrano l’acido alfa linolenico (Ala), l’acido eicosapentaenoico (Epa) e l’acido docosaesaenoico (Dha). L’organismo umano non è in grado di sintetizzare l’Ala, che deve quindi essere ottenuto dagli alimenti che lo contengono quali noci, semi oleosi (lino e colza) e oli vegetali (colza e soia). Inoltre, l’Ala può essere parzialmente convertito in Epa e Dha, i quali si trovano naturalmente nei pesci grassi, come salmone, sardine e sgombri, e negli oli di pesce come l’olio di fegato di merluzzo. Il Dha si trova inoltre in prodotti di origine algale (derivati cioè dalle alghe)».

I benefici degli omega 3.

Secondo il manuale Msd, l’Epa e il Dha «sono acidi grassi essenziali per lo sviluppo del cervello. Possono essere sintetizzati a partire dall’acido linolenico. Tuttavia, sono presenti anche in determinati oli di pesce di mare, che costituiscono una fonte più efficace. Una dieta ricca di acidi grassi omega 3 può ridurre il rischio di aterosclerosi (coronaropatia inclusa)». Tra i benefici degli omega 3, troviamo la regolazione dello sviluppo e della crescita dell’organismo e del funzionamento di organi e tessuti. «Essi inoltre modulano meccanismi biologici associati ad alcune patologie cronico-degenerative come quelle cardiovascolari, diminuendone il rischio di insorgenza nella popolazione sana (prevenzione primaria) o riducendo gli eventi in pazienti con documentato rischio aterosclerotico o con malattia cardiovascolare documentata (prevenzione secondaria)» – aggiunge la Società italiana di nutrizione umana.

Quanto pesce mangiare? Le linee guida per una sana alimentazione elaborate dal Centro di ricerca alimenti e nutrizione del Crea raccomandano di consumare pesce e prodotti ittici, sia freschi sia surgelati, almeno 2-3 volte a settimana, prediligendo il pesce azzurro italiano. «Il grasso del pesce – si legge nelle linee guida – si trova soprattutto sotto la pelle quindi, scegliere pesci piccoli che si mangiano con la pelle è utile anche per il loro apporto di grassi. Un consumo di pesce e prodotti ittici 2-3 volte a settimana consente di assumere le quantità necessarie di omega 3». Un quantitativo su cui concorda anche la Sinu, che aggiunge che «la quantità suggerita nella prevenzione secondaria è circa il doppio ed è quindi più difficilmente raggiungibile senza il consumo di integratori od olio di pesce».

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Vecchiaia e perdita di memoria: quando c’è da preoccuparsi?

Capita a tutti di dimenticare dove si è riposto un oggetto, per esempio un paio di chiavi, una password, il nome di un vecchio compagno di scuola, e così via. I vuoti di memoria temporanei sono del tutto normali e umani. Tuttavia, con l’avanzare dell’età, il cervello cambia e queste piccole amnesie sembrano diventare più frequenti. È vero che perdere la memoria fa parte del processo di invecchiamento? In realtà impiegare più tempo a imparare nuove abilità e dimenticare qualche dettaglio di un oggetto, di una persona o di un’esperienza di solito non sono gravi mancanze dovute all’avanzare dell’età.

Qual è la differenza tra dimenticanza e problema di memoria?.

Se, a mano a mano che si invecchia, è normale scordare qualcosa di tanto in tanto, non lo è affatto dimenticare di saper fare azioni quotidiane come guidare, usare il telefono, trovare la strada di casa. Al contrario, dimenticare le chiavi di casa, una data, un anniversario sono tutti episodi che fanno parte del normale processo di invecchiamento. La memoria funziona attraverso diversi meccanismi: l’apprendimento di nuove informazioni, il richiamo di informazioni già acquisite, il riconoscimento di informazioni familiari. Ciascuno di questi meccanismi può interrompersi generando oblio. Ma è la perdita di memoria che interferisce con la gestione della propria quotidianità a rappresentare una complicazione problema più grave.

Problemi di memoria e decadimento cognitivo.

Le persone con decadimento cognitivo lieve (difficoltà di linguaggio, attenzione, o, in questo caso, di memoria) potrebbero dimenticare gli eventi recenti, ripetere le stesse domande, raccontare più volte le stesse storie, aneddoti, episodi della propria vita. Ma potrebbero altresì scordare il contenuto di conversazioni appena intercorse o appuntamenti già programmati da tempo. Chi soffre di una forma lieve di decadimento cognitivo potrebbe avere difficoltà a trovale le parole per esprimersi, a comprendere parole scritte o parlate, a concentrarsi. Seppur lentamente e con qualche intoppo potrebbe comunque portare a termine compiti complessi come pagare le bollette, assumere farmaci, fare la spesa, cucinare, pulire casa, guidare. In tali casi i disturbi di memoria si fanno sentire ma la persona che ne è affetta conserva ancora un buon grado di indipendenza.

Come mantenere attiva la memoria nella terza età?.

Innanzitutto, avendo cura della propria salute fisica: un regolare esercizio aerobico, una dieta sana ricca di frutta e verdura fresca, dormire la giusta quantità di ore per garantire al proprio corpo un buon riposo, socializzare. Inoltre, sono da evitare situazioni stressanti mentre vanno monitorate dal medico di base patologie come l’ipertensione e il diabete. Un aiuto in più lo possono offrire gli integratori: un recente studio scientifico ha evidenziato come la vitamina D sia molto utile nel preservare le funzioni cognitive, memoria compresa.

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Unghie e capelli, le abitudini per mantenerli sani e forti

Unghie e capelli sono spesso sotto stress. Il loro aspetto e la loro salute sono influenzati dal nostro stile di vita, non di rado frenetico, sregolato e caratterizzato da un’alimentazione scorretta. Questi fattori sono già di per sé sufficienti a renderli fragili e con poca vitalità. Il primo passo per migliorare la situazione, quindi, è quello di nutrirli dall’interno, con una dieta ricca di vitamine e sali minerali, che abbondi di vegetali, legumi e cereali integrali. Una carenza di principi nutritivi, infatti, porta a indebolire gli organi periferici e non essenziali, riservando il nutrimento per quelli nobili. È chiaro quindi che un’alimentazione povera non potrà che ripercuotersi sia sui capelli sia sulle unghie. Lo si vede molto bene in caso di carenze importanti, come quella di ferro che, se molto marcata, genera anemia. Le persone anemiche hanno visibilmente capelli spenti, facili a cadere e sfibrati oltre che unghie che si spezzano molto facilmente.

Cure e accorgimenti quotidiani.

Quando le unghie sono fragili si rompono e si scheggiano con una certa facilità, ma possono anche presentare righe verticali, fessure e sfaldamento degli strati. Per prevenire o risolvere queste problematiche, gli esperti dell’Irccs Humanitas sostengono che «l’uso di pomate e lozioni a base di oli vegetali naturali rendono più morbide e idratate le unghie contribuendo a favorire la guarigione». Quanto alle abitudini quotidiane, affermano invece che «può essere utile indossare guanti prima di immergere le mani nell’acqua o smalti speciali per chi si trova frequentemente a contatto con prodotti chimici aggressivi. È bene poi evitare di tenere le unghie troppo tempo in acqua o di applicare smalti e solventi». Quanto ai capelli, è importante proteggerli dallo smog, detergendoli con prodotti adeguati, in grado di rimuovere le polveri e ripristinare il nutrimento naturale della chioma. Ci sono poi trattamenti specifici per rallentare la caduta eccessiva e fortificare i capelli.

Integratori per unghie e capelli.

Se nonostante cure adeguate e una dieta sana, unghie e capelli continuano a mostrare segni di sofferenza, si può ricorrere all’ausilio di integratori alimentari specifici. Ne esistono di diversi tipi in commercio, per cui è sempre bene consultare il proprio farmacista di fiducia per scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze. Tra le sostanze più comunemente usate per gli integratori formulati a migliorare l’aspetto di unghie e capelli troviamo anzitutto la biotina, che supporta dall’interno la crescita fin dal bulbo e dalle radici. Il rame accelera invece la crescita dei capelli, mentre zinco e selenio, aumentano lo spessore e la resistenza delle unghie. Infine, per supportare la sintesi della cheratina, sono molto utili le vitamine del gruppo B, mentre il ferro permette l’ossigenazione dei tessuti. Per massimizzarne l’efficacia queste sostanze si trovano spesso già combinate nei giusti quantitativi in prodotti specifici.

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Cisti al seno e rischio di tumore, i risultati di uno studio

Un recente studio scientifico condotto in Spagna e pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health ha evidenziato come l’eventuale presenza di cisti ed escrescenze al seno diagnosticate tramite screening mammografico possa anticipare l’insorgenza di un tumore. I ricercatori hanno esaminato i dati di oltre 778 mila donne fra i 50 e i 69 anni che hanno effettuato almeno una mammografia presso un centro di screening del cancro al seno in Spagna tra il 1996 e il 2015. Nel complesso circa 25 donne su 1.000 con noduli non cancerosi al seno hanno sviluppato un tumore alla mammella rispetto a 15 donne su 1.000 che non li avevano.

Noduli benigni e probabilità di cancro al seno.

Questa ricerca ha seguito alcune delle partecipanti all’esperimento per un massimo di 20 anni, durante i quali hanno manifestato circa il doppio delle probabilità di sviluppare un cancro al seno dopo la diagnosi di cisti mammaria benigna. Marta Román, ricercatrice all’Hospital del Mar di Barcellona e autrice principale dello studio, ha affermato che “I risultati di questa ricerca sono importanti perché suggeriscono che i noduli mammari benigni sono indicativi di un rischio più elevato di cancro al seno. Con ciò s’intende non solo la possibilità che la cisti non cancerogena si trasformi in tumore, ma che il cancro si formi comunque spontaneamente: per esempio, il nodulo benigno si sviluppa in un seno, quello maligno nell’altro”.

Quali cisti benigne favoriscono il cancro al seno?.

Alcuni tipi di malattia benigna della mammella sono associabili più frequentemente di altre a un futuro cancro: i gruppi di cellule proliferanti noti come iperplasia e una serie di lesioni benigne interne alla ghiandola mammaria, il papilloma intraduttale, difficile da percepire sia alla vista che al tatto. Secondo uno studio della Cleveland Clinic in Ohio, altri tipi di formazioni mammarie benigne, come cisti mammarie contenenti liquido e noduli composti da tessuto cicatriziale, non preannunciano alcuna eventuale malformazione maligna.

Quando fare la mammografia.

Le donne fra i 30 e i 40 anni dovrebbero fare ecografie mammarie periodiche, meglio se associate a una consulenza senologica nel caso di specifici rischi individuali. Le donne di età superiore ai 40 anni dovrebbero sottoporsi regolarmente a una mammografia: il rischio di mortalità per cancro al seno si ridurrebbe rispettivamente del 20% e del 40%. I controlli andrebbero fatti annualmente per le donne tra i 40 e i 50 anni, ogni due anni per quelle tra i 50 e i 70. “Se a una donna viene diagnosticata una malattia mammaria benigna e presenta altri fattori di rischio elevato, come una storia familiare di cancro al seno, potrebbe beneficiare di uno screening più frequente”, ha affermato la dott.ssa Román.

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Resistenza agli antibiotici in Italia, presentate diverse iniziative dell’Aifa

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno sulla base del quale uno specifico batterio può essere “resistente” all’attività di un farmaco con azione antimicrobica. Il problema è esacerbato dall’uso non mirato di terapie antibiotiche. Lo stesso ministero della Salute ha specificato che «l’antibiotico-resistenza è in aumento in molti Paesi, rendendo problematica la terapia di molte infezioni, ed è aggravata anche dalla mancanza di nuovi antibiotici in commercio o in fase di sperimentazione, che risultano efficaci nel trattamento di infezioni altrimenti incurabili». Il fenomeno per quanto monitorato richiede sempre l’attenzione da parte del paziente che può in ogni caso sentire il proprio medico curante o il farmacista di fiducia.

Manuale antibiotici AWaRe.

In tale ottica, l’Agenzia italiana del farmaco ha presentato le più recenti iniziative del gruppo di lavoro Cts Aifa-Opera per ridurre la resistenza agli antibiotici in Italia. In occasione della giornata di presentazione – nella quale sono intervenuti il direttore generale Nicola Magrini, Evelina Tacconelli (Università di Verona), Patrizia Popoli (presidente della Commissione Tecnico Scientifica, Cts) e Federico Marchetti (U.O. Pediatria e Neonatologia di Ravenna) – l’Aifa ha fatto sapere che «è stato pubblicato il “Manuale antibiotici AWaRe”, edizione italiana del volume presentato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a dicembre 2022 (“The Who AWaRe Antibiotic Book”)».

Le pubblicazioni presentate.

La stessa agenzia inoltre ha sottolineato che «dalle raccomandazioni globali dell’Oms sono state inoltre selezionate, calibrate e adattate al contesto epidemiologico e alla disponibilità dei farmaci in Italia le dieci sindromi di più facile osservazione nell’adulto e nel bambino». Ciò dando vita a due differenti tomi: «I contenuti sono confluiti in due pubblicazioni “Trattamento delle infezioni batteriche comunitarie più frequenti nell’adulto/nel bambino secondo i princìpi del The Who AWaRe Antibiotic Book” (presto disponibili) e saranno liberamente accessibili sul sito dell’Agenzia, anche tramite App».