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Tagli alle mani causati dal freddo: come prevenirli e curarli

Il freddo è senza dubbio la prima causa delle ragadi alle mani: secca la cute, la disidrata, ne compromette l’elasticità facilitandone la rottura. Vento, contatto frequente con l’acqua, detergenti aggressivi possono agevolare l’insorgenza di queste piccole ferite della pelle chiamate ragadi, sia sul dorso che sul palmo delle mani. Microlesioni che purtroppo si rivelano molto fastidiose, in alcuni casi più profonde di quel che ci si potrebbe aspettare. Ferme restando condizioni climatiche avverse, le ragadi delle mani possono manifestarsi in concomitanza ad altre patologie cutanee, come la psoriasi, la dermatite atopica e la dermatite da contatto.

Come prevenire le ragadi delle mani.

La cura delle mani o, più in generale, della pelle del nostro corpo, dovrebbe avvenire costantemente durante tutto l’anno. Così facendo l’epidermide sarebbe in grado di fronteggiare con successo agenti esterni come il freddo invernale ma anche il cado estivo, che parimenti disidrata la superficie cutanea. Prendersi cura della pelle significa farlo sia dall’interno, assumendo integratori a base di Omega-3, acidi grassi che rafforzano la barriera naturale della pelle, sia dall’esterno, utilizzando creme nutrienti e protettive. Per non correre ai ripari e dover intervenire sulla pelle delle mani quando ormai le ragadi si sono già formate, una buona abitudine è quella di iniziare ad usare la crema mani già nei mesi autunnali. Ciò permetterà alla cute di rimanere idratata ed elastica giorno dopo giorno, al di là dell’abbassamento delle temperature invernali.

Come curare le ragadi delle mani.

Nella maggior parte dei casi le ragadi delle mani migliorano e guariscono applicando quotidianamente creme idratanti, lenitive e cicatrizzanti. In genere questo tipo di pomate è a base di glicerina, urea, vitamina E, pantenolo, ceramidi, che rigenerano, riparano, nutrono e idratano la pelle. In alternativa, in farmacia si possono trovare anche cerotti o medicamenti in formato liquido da spennellare sui tagli delle ragadi, creando una pellicola protettiva che ne acceleri la guarigione. Se nell’arco della giornata ci si troverà a lavarsi le mani spesso, è bene non dimenticarsi di spalmare la crema lenitiva e idratante prima di coricarsi, così da lasciarla agire tranquillamente tutta la notte. Nei casi più difficili, invece, potrebbe essere necessario il ricorso ad antibiotici, a farmaci antinfiammatori e, talvolta, a piccoli interventi chirurgici. I tempi di guarigione delle ragadi alle mani si aggirano in media intorno alle due settimane o venti giorni.

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Digestione, gli alimenti corretti e le buone abitudini per non rallentarla

Digerire è un processo fisiologico che può variare notevolmente in base a diversi fattori quali l’età della persona, gli alimenti ingeriti e le abitudini dopo i pasti. Con il termine “digestione” si fa riferimento all’intera sequenza di passaggi che il cibo ingerito compie dalla bocca fino all’intestino. Si tratta quindi di un processo lungo, che coinvolge organi diversi in tempi diversi. Se si consuma un pasto leggero, soltanto per la prima fase, ovvero il passaggio attraverso lo stomaco, occorrono circa 3 ore. Per pasti elaborati e abbondanti, invece, possono servire anche 6-8 ore. Bisogna sempre ricordare che questo articolato processo fisiologico ci permette di svolgere ognuna delle funzioni vitali, permettendo la crescita e la riparazione delle cellule e ricavando dagli alimenti l’energia necessaria allo svolgimento delle azioni quotidiane. È quindi importante che la digestione avvenga nel migliore dei modi ed è fondamentale, laddove possibile, agevolarla. Anche nel corso delle festività natalizie, caratterizzate da grande abbondanza di cibo, è bene quindi avere qualche attenzione in più.

Scelte alimentari e abitudini che favoriscono la digestione.

Ci sono cibi più digeribili e cibi meno facili da scomporre. A livello generale, più gli alimenti vengono modificati e le pietanze elaborate più si appesantiscono i processi digestivi. Lo stesso vale per le quantità: pasti eccessivamente abbondanti affaticano lo stomaco e rendono la gestione molto più lunga. Le conseguenze vanno dal gonfiore addominale al senso di nausea, dal reflusso al bruciore di stomaco, fino a problemi intestinali come stipsi o diarrea. Secondo la dott.ssa Chiara Circosta, nutrizionista presso il centro Humanitas Medical Care Domodossola a Milano, esistono diversi alimenti che possono aiutare le fasi della digestione, come finocchi e carciofi e cibi ricchi di fibre. Alimenti fermentati, poi, come yogurt, miso, quinoa, crauti, contengono probiotici, batteri vivi e lieviti che possono avere benefici per il sistema digestivo. È infine fondamentale bere tanto e mantenersi idratati. Quanto alle abitudini, è opportuno masticare tanto e lentamente ed evitare di sdraiarsi subito dopo aver mangiato o, viceversa, di fare attività troppo intense.

Altri consigli utili.

Per favorire la digestione si può ricorrere alle tisane digestive. «In erboristeria o in farmacia – spiega la dott.ssa Circosta – si possono trovare varie tisane digestive miscelate con piante dalle proprietà carminative. Tra queste troviamo i semi di finocchio, che aiutano a digerire e combattere i gonfiori addominali (non adatti però per chi soffre di gastrite o ulcere gastriche); la cicoria con azione disintossicante; l’anice, utile in caso di gonfiore addominale; il cumino, il coriandolo o il cardamomo, semi simili all’anice da mettere in infusione o masticare a fine pasto e la liquirizia». Secondo la dottoressa, inoltre, «la digestione lenta può essere dovuta a una carente produzione di enzimi digestivi da parte dell’organismo. In questo caso può essere utile cercare in farmacia un integratore adatto alle diverse esigenze. Gli enzimi contenuti in questi prodotti possono essere di origine animale, come pepsina, tripsina e pancreatina (simili a quelli prodotti dal nostro corpo), oppure di origine naturale, ovvero vegetale, come bromelina, papaina e ficina. Questi enzimi scindono i nutrienti nei loro componenti fondamentali in modo da renderli assorbibili e assimilabili. Spesso sono associati a probiotici o fermenti lattici per riequilibrare la flora batterica intestinale».

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Arresto cardiaco: più letale nelle donne che negli uomini

Le donne hanno un tasso di sopravvivenza inferiore agli uomini se subiscono un arresto cardiaco improvviso. Secondo uno studio condotto dalla Società Europea di Cardiologia ciò è dovuto mancata pronto intervento di rianimazione frequente più tra le donne che tra gli uomini. I ricercatori hanno anche evidenziato come tendenzialmente aumentino le visite di assistenza primaria da parte dei soggetti che di lì a poco, ovvero qualche settimana, incorreranno in un arresto cardiaco. Ciò dimostrerebbe la presenza di indizi premonitori di un possibile arresto cardiaco imminente.

Segni premonitori di un arresto cardiaco.

I ricercatori della Società Europea di Cardiologia hanno evidenziato come segnali premonitori di questo tipo – aumento delle visite mediche di base concentrate in breve tempo – potrebbero aiutare i medici stessi a identificare le persone a rischio. “Potrebbero esserci segni e sintomi di peggioramento della malattia coronarica prima di un arresto cardiaco, che quindi richiederebbero più visite mediche di assistenza primaria”, ha affermato il Dott. Salvatore Savona, elettrofisiologo presso il Wexner Medical Center della Ohio State University. “L’arresto cardiaco è tipicamente causato da aritmia ventricolare o da un ritmo irregolare della cavità inferiore del cuore. La fibrillazione ventricolare può essere causata proprio dalla malattia coronarica”.

Lo studio europeo sull’arresto cardiaco.

I ricercatori hanno raccolto un database di oltre 100.000 persone vittime di arresto cardiaco improvviso e una biobanca di circa 10.000 campioni di DNA. “L’arresto cardiaco improvviso è un urgente problema di salute pubblica che finora è stato estremamente difficile da risolvere, in gran parte a causa del difficile reperimento di dati clinici dettagliati e campioni biologici”, ha affermato il Dott. Hanno Tan, punto di riferimento della Società Europea di Cardiologia e cardiologo presso il Centro Medico AMC dell’Università di Amsterdam. “La Società Europea di Cardiologia ha compiuto passi importanti creando un database, una biobanca e una base di conoscenza che potrebbero essere utilizzati in studi futuri per risolvere questo problema. Ciò dovrebbe accelerare la raccolta di conoscenze su questa condizione e, in ultima analisi, ridurre l’onere sociale dell’arresto cardiaco improvviso”, ha aggiunto Tan.

Cos’è l’arresto cardiaco improvviso.

L’arresto cardiaco improvviso è un’aritmia nel normale battito cardiaco che, inaspettatamente, lo fa smettere di pulsare. “La causa più comune di un arresto cardiaco è la malattia coronarica”, ha detto Savona. “I classici sintomi tipici includono dolore toracico o pressione toracica che peggiora con lo sforzo e migliora con il riposo. In genere dura almeno alcuni minuti. Tuttavia, ci sono anche sintomi atipici, come nausea, stanchezza o mancanza di respiro”, ha aggiunto Savona. “Gli uomini di solito presentano sintomi tipici. Le donne possono presentare sintomi più atipici, che potrebbero comportare un ritardo nel riconoscere un possibile imminente arresto cardiaco”.

Arresto cardiaco improvviso: fattori di rischio per le donne.

Le donne sono a rischio di arresto cardiaco improvviso qualora presentino una o più delle seguenti condizioni: malattia coronarica, depressione, cardiomiopatia dilatativa, storia familiare di arresto cardiaco improvviso o alcuni ritmi cardiaci anormali, cardiomiopatia ipertrofica, precedente infarto. A ciò si aggiunge il fatto che molte persone vedono ancora le malattie cardiache, gli attacchi di cuore e gli arresti cardiaci improvvisi come malattie tipicamente maschili, nonostante il 40% degli arresti cardiaci si verifichi nelle donne.

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Igiene orale, fondamentale non solo per il sorriso

La corretta igiene orale, intesa a trecentosessanta gradi come pulizia e cura dei denti e della bocca, è fondamentale non solo per la masticazione o l’estetica del sorriso, ma anche per altri aspetti. Il ministero della Salute precisa infatti che «per salute orale non si vuole intendere solamente assenza di malattia, ma molto di più. Si tratta di una condizione che influenza fortemente lo stato di salute e di benessere della persona. Esistono, ad esempio, correlazioni tra malocclusione dentale e alterazioni della postura corporea e tra parodontopatie e patologie dell’apparato cardiovascolare e diabete». Non ultimo, preservare i denti in salute è essenziale anche per l’articolazione della parola, che viene emessa correttamente se ogni dente è sano e al suo posto. Trascurane l’igiene può portare alla formazione di carie, che a loro volta possono determinare la perdita di uno o più denti, con conseguenze fisiche e psicologiche da non sottovalutare.

Carie, parodontite e malocclusioni.

È molto importante sottolineare che, quando si parla di patologie del cavo orale, le cause (almeno per quanto riguarda le popolazioni occidentali) sono quasi sempre riconducibili a errori personali, a stili di vita poco corretti, all’alimentazione sbilanciata e a scarsa igiene. «Le malattie del cavo orale – spiegano gli esperti del Ministero – colpiscono la stragrande maggioranza della popolazione italiana, sono strettamente legate agli stili di vita (igienici e alimentari) e sono provocate in larga misura da batteri contenuti nella placca dentaria. Le principali malattie dei denti e dei loro tessuti di sostegno sono determinate da condizioni ben individuate e controllabili». Nemica numero uno della salute dei denti è la carie, seguita dalla malattia parodontale, entrambe provocate prevalentemente dalla placca batterica. Un capitolo a parte spetta poi alla malocclusione, secondo gli specialisti frequentemente determinata, o comunque aggravata, dall’abitudine dei bambini protratta nel tempo di succhiare il dito o il ciuccio.

La prevenzione quotidiana.

Igiene, alimentazione e visite periodiche dal dentista sono i tre pilastri essenziali per non incorrere in problemi del cavo orale. Per mantenere la bocca in salute è imprescindibile spazzolare i denti almeno tre volte al giorno, dopo i pasti principali, utilizzando uno spazzolino in perfette condizioni, un dentifricio adeguato alle proprie esigenze e il filo interdentale. In particolare, il ministero della Salute consiglia di «spazzolare i denti dopo ogni pasto per un tempo di almeno 2-3 minuti, usare uno spazzolino dalla testina medio-piccola in modo da arrivare in tutte le zone della bocca, preferibilmente dotato di setole artificiali di durezza media». Quanto al dentifricio, è consigliato quello a base di fluoro. «Il fluoro – spiegano gli esperti – rappresenta un altro valido aiuto nella prevenzione della carie poichè rende lo smalto più resistente e lo protegge dall’azione demineralizzante degli acidi della placca batterica».

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Uso dei farmaci, i rischi dell’abuso e di un’assunzione non corretta

La facilità con la quale oggi si reperiscono e maneggiano i medicinali può indurre i pazienti ad abusarne o a usarli in modo non corretto. Il consiglio del medico o del farmacista è sempre fondamentale quando si pensa di assumere un farmaco o un parafarmaco, anche se si tratta di un prodotto usato in altre occasioni o consigliato da chiunque non sia un operatore sanitario. Le conseguenze non ricadono solo sulla salute di chi li assume. Oltre al rischio di sviluppare effetti indesiderati o danni alla salute che si sarebbero potuti evitare, è bene ricordare che una terapia sbagliata o inefficace grava su tutto il sistema sanitario, o per risolvere eventuali effetti collaterali o perché il paziente non guarisce e deve quindi essere curato con altra terapia. Inoltre, l’uso non necessario di farmaci come gli antibiotici sta creando una grave antibiotico-resistenza, ovvero la capacità dei batteri di resistere ai farmaci, rendendoli inefficaci. Il che significa avere sempre meno opzioni terapeutiche per guarire determinate infezioni.

Tanti motivi per chiedere sempre un parere esperto.

Un uso improprio o superficiale di un principio attivo è sempre svantaggioso. Il principale motivo è che moltissimi disturbi e patologie si presentano con gli stessi sintomi e solo un esperto può capire a quale malattia corrisponde un determinato sintomo. In molti casi, quindi, l’uso di un medicinale potrebbe non essere efficace, mentre il medico avrebbe saputo consigliare quello corretto per la guarigione. Proprio in questi anni di pandemia, si è assistito a pazienti della stessa famiglia, affetti da febbre, ma non tutti con Covid-19. I sintomi che spesso si riconducono genericamente all’influenza possono avere diverse cause (virali, batteriche, infiammatorie), per le quali i rimedi sono differenti. Ciò dimostra che nemmeno con sintomi identici tra membri della stessa famiglia è opportuno usare lo stesso farmaco senza aver consultato il medico. Va inoltre sottolineato che gli operatori sanitari seguono tutta la comunità di un territorio e sono quindi gli unici a conoscenza delle patologie contagiose che si stanno diffondendo in quella zona in un determinato momento.

Il consiglio del farmacista.

Federfarma ha stilato un elenco di consigli utili per ricordare ai pazienti come usare correttamente i medicinali. I farmacisti, principali esperti in materia, raccomandano di «rispettare la posologia (dose, modalità e tempo di somministrazione) indicata dal medico, non assumere più farmaci contemporaneamente senza il consiglio del medico o del farmacista, non interrompere arbitrariamente una terapia, controllare sempre la data di scadenza prima di utilizzare il farmaco (ricordando che colliri, sciroppi, gocce e spray, una volta aperti, scadono prima della data indicata sulla confezione), conservare integra la confezione senza gettare l’astuccio contenitore e il foglietto illustrativo, riporre i farmaci in luogo fresco e asciutto (non in bagno, non in cucina, in frigo se espressamente specificato).