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Omocisteina in gravidanza: attenzione ai rischi per la mamma e il bambino

L’omocisteina è un aminoacido presente nell’organismo in piccole quantità, la cui formazione è legata al ciclo metabolico della metionina, un aminoacido essenziale. Un eccesso di omocisteina, chiamato iperomocisteinemia, può essere causato da vari fattori, tra cui carenza di vitamine B6, B12 e acido folico. Questa condizione è particolarmente dannosa durante la gravidanza, poiché valori superiori a 12 microMoli per litro sono stati associati a complicazioni come aborto spontaneo, restrizione di crescita fetale, distacco di placenta e pre-eclampsia. Inoltre, l’iperomocisteinemia può influire negativamente sullo sviluppo dell’embrione, aumentando il rischio di difetti di chiusura del tubo neurale come la spina bifida.

Identificazione delle donne a rischio e monitoraggio dei livelli di omocisteina.

Secondo Anna Maria Marconi, Professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano, non è necessario monitorare i livelli di omocisteina in tutte le gravidanze, se non in casi specifici. La misurazione dell’omocisteina è indicata per donne che hanno avuto gravidanze complicate in passato, ma anche per quelle in stato di malnutrizione, fumatrici abituali, tossicodipendenti o che soffrono di malassorbimento, come ad esempio chi ha effettuato un bypass gastrico per l’obesità. L’iperomocisteinemia non presenta sintomi evidenti, rendendo il monitoraggio dei livelli particolarmente importante in questi casi.

Prevenzione e intervento per gestire i livelli di omocisteina.

La prevenzione si basa sulla valutazione dei valori di omocisteina nelle donne a rischio. La terapia consiste nell’integrazione con vitamine del gruppo B, in particolare con la forma attiva dell’acido folico, il 5-metiltetraidrofolato. Se i livelli di omocisteina non vengono individuati e corretti, i possibili rischi includono non solo le patologie della gravidanza menzionate, ma anche l’insorgenza di difetti di chiusura del tubo neurale fetale o altre malformazioni , come quelle cardiache. Inoltre, la carenza delle vitamine del gruppo B associata all’iperomocisteinemia può influire sullo sviluppo di patologie neurologiche come l’autismo o la schizofrenia, manifestandosi anche a distanza di tempo dalla nascita. Una review del 2021 condotta dall’Università di Oxford e dall’Università di Oslo evidenzia oltre un centinaio di malattie associate a livelli anomali di omocisteina, molte delle quali riguardano lo sviluppo e la crescita del feto. È fondamentale, alla luce di quanto evidenziato, prestare attenzione ai livelli di omocisteina nelle donne a rischio durante la gravidanza, per prevenire complicazioni sia per la madre che per il bambino. L’integrazione con vitamine del gruppo B e acido folico rappresenta un’efficace strategia per gestire i livelli di omocisteina e garantire una gravidanza più sicura.

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Cancro alla prostata: come si sviluppa?

I ricercatori dell’Università dell’East Anglia nel Regno Unito hanno fatto un’importante scoperta nello studio del cancro alla prostata. Concentrandosi su come si sviluppa questa specifica forma di tumore hanno osservato che la ghiandola prostatica nel suo insieme, comprese le cellule ancora sane, appare differente negli uomini colpiti da cancro alla prostata rispetto a coloro che non lo sono. L’ipotesi, confermata dai risultati di questo studio, è che tutte le cellule prostatiche sarebbero potenzialmente pronte a trasformarsi in cancerogene. Pertanto il trattamento antitumorale dovrebbe coinvolgere la prostata nella sua totalità e non soltanto le aree colpite dal carcinoma.

Cancro alla prostata: il più diffuso tra gli uomini.

Il ricercatore a capo di questo progetto di ricerca, il Prof. Daniel Brewer della Norwich Medical School dell’UEA, ha dichiarato: “Il cancro alla prostata è il cancro più comune negli uomini e uccide un uomo ogni 45 minuti nel Regno Unito. Spesso, quando agli uomini viene diagnosticato un cancro alla prostata, gruppi di cellule tumorali possono essere trovati in più di una posizione all’interno della prostata. Obiettivo del nostro studio era verificare se ciò è dovuto a cambiamenti nelle cellule prostatiche di tutta la ghiandola”.

Lo studio sulle mutazioni delle cellule prostatiche.

Il cancro è determinato da cambiamenti nel DNA di ogni cellula. Il gruppo di ricercatori dell’East Anglia ha studiato il DNA di 121 campioni di tessuto di 36 uomini con e senza cancro alla prostata. Prof. Brewer: “I campioni che abbiamo studiato includevano tessuto già malato di cancro e tessuto proveniente da altre parti della prostata, che al microscopio sembrava ancora sano. Abbiamo scoperto che le cellule apparentemente immutate negli uomini che avevano il cancro alla prostata in realtà presentavano più mutazioni (cambiamenti nel DNA) rispetto alle cellule “normali” della prostata degli uomini senza cancro alla prostata. Mappando la genetica dei tessuti analizzati per capire dove si verificassero le diverse mutazioni siamo giunti a una importante conclusione”.

Le cellule sane possono mutare in cellule tumorali.

“Le “normali” cellule della ghiandola prostatica negli uomini ammalati di cancro alla prostata sembrano fornire un ambiente benefico per lo sviluppo e la crescita delle cellule tumorali” ha affermato Brewer. “In altre parole, l’intera prostata è pronta a sviluppare il cancro guidato da un processo biologico, purtroppo ancora sconosciuto. Questo studio scientifico ha migliorato la nostra conoscenza di come il cancro alla prostata inizia a svilupparsi e potrebbe un giorno darci indizi su come prevenirlo o curarlo. Senza dubbio dimostra che potrebbe essere più utile curare l’intera prostata piuttosto che solo le aree della ghiandola già ammalate” ha aggiunto. Hayley Luxton, Senior Research Impact Manager presso il centro di ricerca Prostate Cancer UK: “Questa nuova entusiasmante ricerca mostra per la prima volta come le cellule sane nella prostata possano facilitare la crescita e la diffusione del cancro e ci dà nuove importanti informazioni sullo sviluppo iniziale del tumore alla ghiandola prostatica e sull’opportunità di prevenirlo in futuro”.

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Streptococco A nei bambini: cosa sapere su sintomi e infezione

Lo streptococco del gruppo A (GAS) è un batterio molto comune che causa infezioni nella gola e sulla pelle dei bambini. Poiché queste infezioni possono essere sia lievi che gravi, è importante conoscere i segni e i sintomi e quando consultare un medico. In questo articolo, esploreremo i sintomi dello streptococco A nei bambini, come viene diagnosticato e quali sono le opzioni di trattamento disponibili. Le infezioni da streptococco A si manifestano comunemente come faringite streptococcica (mal di gola) o infezioni cutanee come impetigine e cellulite. I sintomi della faringite streptococcica possono includere un mal di gola improvviso e intenso, difficoltà a deglutire, febbre, mal di testa e ingrossamento dei linfonodi del collo. I bambini possono anche avvertire nausea, vomito e dolori addominali. Le infezioni cutanee causate dallo streptococco A possono presentarsi come eruzioni cutanee rosse, piaghe o bolle piene di pus.

Diagnosi dello Streptococco A: quali procedure.

Se sospetti che tuo figlio possa avere un’infezione da streptococco A, è importante consultare un medico il prima possibile. Il medico esaminerà il bambino e, se necessario, eseguirà un test rapido per lo Streptococco A (test rapido dell’antigene) utilizzando un tampone della gola. Questo test – che può essere effettuato anche nelle farmacie territoriali che erogano questo servizio – può fornire risultati in pochi minuti, ma può anche produrre falsi negativi. Se il test rapido è negativo e il medico sospetta comunque un’infezione da streptococco A, potrebbe essere eseguito un esame colturale della gola per confermare la diagnosi. I risultati di un esame colturale sono generalmente disponibili entro 24-48 ore.

Trattamento delle infezioni da Streptococco A.

Il trattamento delle infezioni da streptococco A nei bambini dipende dalla gravità dell’infezione e dai sintomi specifici. Per le infezioni lievi, potrebbe essere sufficiente il riposo a letto e l’aumento dell’assunzione di liquidi. Tuttavia, le infezioni più gravi richiedono l’uso di antibiotici per eliminare il batterio e prevenire complicanze come la febbre reumatica e la glomerulonefrite post-streptococcica. È fondamentale seguire le istruzioni del medico curante e completare l’intero ciclo di antibiotici, anche se i sintomi migliorano prima della fine del trattamento. Questo aiuta a garantire che l’infezione sia completamente debellata e riduce il rischio di resistenza agli antibiotici. Oltre agli antibiotici, il medico può consigliare farmaci da banco per alleviare i sintomi, come antidolorifici o antipiretici per ridurre il dolore e la febbre. È importante evitare l’uso di aspirina nei bambini a causa del rischio di sindrome di Reye, una malattia rara ma potenzialmente fatale. È importante consultare il medico per una diagnosi accurata e seguire attentamente le raccomandazioni di trattamento. Il farmacista può fornire importanti consigli sull’uso dei farmaci: è sempre possibile visitare, infatti, la propria farmacia di fiducia e avere un contatto con i farmacisti sempre disponibili.

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Giornata mondiale della salute orale: l’importanza della corretta routine quotidiana

Problemi come la carie nei più piccoli, la parodontite negli adulti e la perdita di denti negli anziani possono influenzare la nostra salute orale in diverse fasi della vita. Se non trattate adeguatamente, queste problematiche possono causare complicazioni anche in altre parti e funzioni del corpo. La campagna “Be Proud of Your Mouth”, promossa dalla FDI – World Dental Federation in occasione del World Oral Health Day il 20 marzo, intende sensibilizzare le persone sull’importanza di preservare la salute della bocca in ogni fase della vita.

Nel 2003, l’OMS affermava che la salute orale è un fattore cruciale nel mantenimento del benessere generale, riconoscendo per la prima volta l’influenza che il sistema masticatorio può avere sul resto del corpo. Nonostante ciò, la salute orale è ancora uno degli aspetti della cura personale che gli italiani tendono a trascurare. Una recente ricerca di Key-Stone ha rilevato che solo il 45% degli italiani ha visitato un dentista nell’ultimo anno, una percentuale inferiore alla media europea del 55%, con valori inferiori al 30% nel Sud Italia.

La fase pediatrica è un momento delicato in cui è importante stabilire abitudini corrette per garantire una duratura salute orale. È fondamentale familiarizzare con il dentista e iniziare a effettuare visite di controllo, pulizia di placca e tartaro e ricevere consigli su come migliorare l’igiene orale. La carie è uno dei disturbi più diffusi, soprattutto tra i bambini, ed è importante non trascurare la cura dei denti decidui. Correggere le malocclusioni durante l’adolescenza è essenziale per garantire una corretta masticazione e una corretta conformazione delle mascelle in via di sviluppo.

Nell’età adulta, la carie rimane una delle principali ragioni per rivolgersi al dentista. In questa fase, può essere necessario ricorrere a trattamenti più invasivi come la devitalizzazione e l’estrazione del dente, che deve poi essere sostituito con impianti e protesi. Gli adulti devono affrontare anche problemi come parodontite e malocclusioni, che se non trattati, possono causare patologie non direttamente associate alla salute orale.

Nella terza età, le cure odontoiatriche sono spesso trascurate a causa di altre patologie più gravi. Tuttavia, una bocca sana può contribuire a contrastare la malnutrizione e il declino cognitivo, molto comuni tra gli anziani. Avere tutti i denti è importante per garantire una corretta masticazione, digestione e nutrizione. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che la cattiva salute parodontale e la perdita dei denti possano aumentare il rischio di declino cognitivo e demenza

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Studio: «La natura fa bene alla salute, riduce l’uso di farmaci»

Uno studio finlandese, condotto da Anu Turunen dell’Istituto finlandese di Salute e Welfare a Kuopio, ha dimostrato che vivere la natura apporta, fra gli innumerevoli benefici, anche quello di diminuire l’uso di una serie di farmaci. Non basta però guardare da lontano o costeggiare ambienti naturali. Occorre proprio entrarci dentro e farne esperienza: ad esempio, passeggiando in un parco, lungo un lago o uno spazio alberato.

Vivere la natura e la malattia.

I ricercatori finlandesi hanno testato 16.000 persone di almeno 25 anni di età, residenti a Helsinki, Espoo e Vantaa. Hanno raccolto informazioni su come vivono gli spazi verdi e gli spazi blu (laghi, mari, fiumi) ad una distanza massima di 1 Km da casa. Inoltre, ai volontari è stato chiesto di indicare se facessero uso di farmaci per combattere ansia, depressione, insonnia, ma anche di psicofarmaci o di medicinali per l’asma e l’ipertensione. Altre domande riguardavano l’esercizio fisico, l’abitudine a farlo e, nel caso, se il contesto dell’attività svolta fosse un luogo chiuso o aperto (un parco pubblico, per esempio). Infine, avrebbero dovuto affermare o meno se dalle finestre di casa riuscivano a vedere spazi verdi oppure blu. Qualora li vedessero, dovevano specificare se si soffermavano a guardarli, più o meno spesso, nell’arco della giornata.

Risultati della ricerca finlandese.

Lo studio ha dimostrato che solo l’esperienza diretta della natura, ovvero la frequentazione di spazi verdi/blu, aveva avuto effetti positivi sui partecipanti, riducendo la prescrizione di farmaci per le patologie segnalate. I ricercatori finlandesi hanno rilevato che se lo spazio naturale viene frequentato dalle 3 alle 4 volte a settimana la probabilità di usare psicofarmaci diminuisce del 33%, quella di usare farmaci per la pressione alta del 36% e quella di fare uso di farmaci per l’asma del 26%. “Si ritiene che l’attività fisica sia il fattore di mediazione chiave nei benefici per la salute quando si considera l’uso attivo degli spazi verdi”, ha dichiarato il coautore dello studio Anu Turunen.

La ricerca sul tema natura e salute.

Studi precedenti hanno scoperto che le persone che vivono nei pressi di spazi verdi ottengono importanti vantaggi per la salute. Una ricerca del 2016 ha confrontato la quantità di piante e vegetazione vicino alle case di quasi 100 mila donne. Dopo otto anni, i ricercatori hanno evidenziato che accedere ad ambienti naturali ha ridotto il tasso di mortalità delle donne del 12% e migliorato la loro salute mentale. Un altro studio del 2019 sugli spazi verdi disponibili in tutto il pianeta ha rilevato che le persone che ci vivono nelle vicinanze hanno minori probabilità di morire prematuramente. Ancora, un altro studio giapponese del 2019 ha evidenziato che prendersi cura delle piante sul posto di lavoro ha ridotto lo stress dei lavoratori coinvolti nell’esperimento. A fronte di simili evidenze scientifiche, alcuni specialisti stanno cominciando a prescrivere esperienze in mezzo alla natura come parte della cura per la salute mentale.