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Controllo del peso, le strategie per compensare gli eccessi delle Feste

Natale è alle porte e la tradizione impone tavole imbandite a non finire. Trattenersi è quasi impossibile, considerato il clima di festa, la convivialità e le pietanze ricercate che non si mangiano ogni giorno. Per non rovinare un momento gioviale con le preoccupazioni alimentari, è bene elaborare qualche strategia prima di iniziare le feste, così da arrivare preparati per godersi i pranzi e le cene in allegria, senza pentirsi troppo dopo. Le regole fondamentali sono tre: conoscere quello che c’è in tavola, alternare i pasti ricchi con quelli più leggeri e, naturalmente, fare un po’ di movimento tra un pasto e l’altro. Alla fine delle feste, poi, è sempre utile una dieta disintossicante.

Mangiare consapevolmente.

Darsi delle limitazioni in vista dei pasti natalizi non significa stare a dieta. Bisogna solo godersi le portate più sfiziose, rinunciando per esempio ad accompagnarle con grandi quantità di pane o fiumi di alcolici, che contribuiscono da soli a innalzare non poco il conteggio finale delle calorie di un pasto. Altra regola fondamentale è quella di assaggiare tutto, ma in quantità moderata. Solitamente le portate delle feste sono numerose e non ha senso fare il bis di antipasti, sapendo che seguiranno molti altri piatti. Se poi siamo in grado di fare qualche distinzione anche tra le pietanze, evitando quelle troppo ricche a favore di quelle più light, riusciremo senza dubbio ad alzarci da tavola ragionevolmente sazi ma non troppo appesantiti.

Più attenzione tra un pasto e l’altro.

Se proprio non si riesce a trattenersi durante i pasti delle feste, è molto importante impegnarsi a mangiare in modo sano, depurativo e moderato nei giorni che intervallano i pranzi e le cene più importanti. In tal modo si andranno a smaltire gli eccessi senza aggiungere ulteriori calorie. È inoltre sempre raccomandato fare movimento ogni giorno. Passeggiare, correre, fare esercizi o, vista la stagione, sciare per chi ama questo sport e si trova vicino alle piste. Ogni forma di attività contribuisce non solo ad aiutare le lente digestioni dei pasti abbondanti ma anche a bruciare i grassi accumulati, velocizzando il metabolismo anche a favore dei pasti delle feste successive.

Disintossicarsi dopo le Feste.

Quando si riprende la routine quotidiana è utile fare qualche giorno di dieta disintossicante. Mai però compensare le abbuffate con digiuni o diete drastiche. Come spiega la dottoressa Chiara Boscaro, biologa nutrizionista all’Istituto Clinico San Siro, agli Istituti Clinici Zucchi di Monza e alla Smart Clinic di Cesano Boscone (Mi) – saltare i pasti, per compensare il fatto di aver esagerato con le calorie durante le Feste, comporta il rischio di un aumento della fame e di un rallentamento del metabolismo, che va in modalità risparmio energetico. I pasti vanno consumati tutti, a partire dalla prima colazione, importante perché fornisce almeno il 20% delle calorie giornaliere. Non dimentichiamo gli spuntini da consumare poco e spesso nell’arco della giornata come, ad esempio qualche galletta di riso integrale, frutta fresca, yogurt magro, verdura cruda, frutta secca». Tra gli alimenti da preferite per i pasti principali, la dottoressa Boscaro suggerisce pesce azzurro, legumi, frutta e verdura di stagione, alimenti ricchi di potassio come legumi, frutta secca, patate, banane; avocado, in grado di fronteggiare la ritenzione idrica; uova, da consumare 1-2 volte a settimana per il contenuto di vitamina B12. Tassativo poi bere due litri di acqua al giorno.

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Stress da lavoro: che cos’è e quali sono i rischi

Lo stress generato da un’attività lavorativa è la risposta che il nostro organismo esprime quando si presentano richieste e pressioni operative non corrispondenti alle nostre capacità o conoscenze, testando così la nostra abilità ad affrontarle. Eppure questa è solo una delle possibilità in cui lo stress da lavoro può manifestarsi, spesso confondendosi con la pressione o la sfida esercitata da superiori e colleghi nei nostri confronti.

Quando la pressione diventa stress sul posto di lavoro.

La pressione sul posto di lavoro è pressoché inevitabile, dati i ritmi e le dinamiche in essere in qualsiasi luogo di lavoro ci si trovi ad operare. La pressione percepita come accettabile può perfino agire come leva incentivante e motivante a fare sempre meglio, a fare di più. Tuttavia, quando quella pressione diventa un peso eccessivo, soffocante o ingestibile, degenera in stress da lavoro. Forma di stress, quello da lavoro, che, se non arginato in tempo, può danneggiare la salute al pari delle prestazioni lavorative dell’individuo.

Cause dello stress da lavoro.

Lo stress da lavoro può dipendere da una cattiva organizzazione del lavoro, da un’inefficace gestione dei processi aziendali, da condizioni lavorative insoddisfacenti, da una mancanza di supporto da parte di colleghi e figure manageriali, dalla scarsa possibilità di scelta, ecc. Al contrario, è meno probabile che i lavoratori soffrano di stress lavorativo se le richieste e le pressioni esercitate nei loro confronti sono adeguate alle loro conoscenze e capacità, se hanno un margine di controllo sul loro operato e sul modo in cui lavorano, se ricevono sostegno da parte degli altri e se possono partecipare alle decisioni che riguardano la loro mansione.

Stress da lavoro: fattori di rischio connessi alla mansione.

I rischi correlati allo stress da lavoro si possono suddividere tra quelli connessi all’attività svolta e quelli collegati al contesto in cui si opera. I primi concernono aspetti come la monotonia, la sotto-stimolazione, la mancanza di significato dei compiti svolti, e così via. Sono rischi che comprendono anche il carico di lavoro e il ritmo con cui lo si svolge (troppo o troppo poco da fare, lavoro sotto pressione,…). Altri fattori di rischio possono interessare gli orari (turni severi o poco flessibili, turni troppo lunghi, turni imprevedibili, turni male organizzati).

Stress da lavoro: fattori di rischio connessi al contesto.

Il contesto lavorativo nel quale si è inseriti può produrre stress se, a lungo andare per esempio, sfumano le opportunità di crescita professionale, di sviluppo della propria carriera, di un miglioramento del proprio status e della retribuzione. Se, ancora, si manifestano chiari segnali di incertezza del proprio posto di lavoro, di impossibilità di essere promossi o di ricevere un premio produzione, oppure di ricevere riconoscimenti adeguati. Il contesto lavorativo generatore di stress può riguardare anche il valore sociale della professione svolta, il regime di pagamento (a cottimo, per esempio), un sistema di valutazione delle prestazioni poco chiaro o iniquo, l’essere poco o eccessivamente qualificati per svolgere una certa mansione.

Rapporti interpersonali e stress da lavoro.

Nel ventaglio delle cause all’origine di una condizione di stress da lavoro rientrano altresì i rapporti interpersonali (supervisione inadeguata, sconsiderata o poco solidale, cattivi rapporti con i colleghi, bullismo, molestie, violenze, isolamento forzato, ecc.). Talvolta a ciò si aggiunge una pessima comunicazione interna aziendale, l’assenza o la scarsità di leadership, un certo autoritarismo delle figure quadro, l’assenza di regole comportamentali, la mancanza di obiettivi e strategie chiari. Infine, ma non meno importante, nell’insorgere di stress da lavoro può pesare il difficile bilanciamento tra vita privata e vita professionale, laddove emergano situazioni di forte disequilibrio tra le due sfere, ignorate o mal supportate dall’azienda.

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Cura delle mani, come proteggere la pelle dal freddo

La pelle delle mani è spesso esposta alle intemperie, soprattutto nella stagione fredda. Per quanto ci si imponga di usare i guanti, è molto frequente nell’arco della giornata doverli togliere per questioni di praticità, facendo passare diverse volte le mani dal caldo al freddo, condizione che non fa che indebolire la cute. Per molti poi anche l’uso dei guanti stessi, specie se di lana, è fonte di irritazione dell’epidermide con conseguente maggior rischio di generare prurito e, grattandosi spesso anche escoriazioni, screpolature e piccoli tagli. Cura e prevenzione sono quindi di primaria importanza per evitare di arrivare alle giornate più fredde dell’anno con mani già duramente provate. Rafforzando gli strati cutanei e le unghie, è infatti molto meno probabile subire le conseguenze dell’aggressione delle intemperie.

Lavaggio delicato e nutrimento.

L’igiene delle mani è imprescindibile per prevenire contagi e infezioni di molte malattie tipiche della stagione fredda. Non si può quindi evitare di lavarle spesso, ma per chi ha una pelle sottile e delicata questo può significare togliere gli strati superficiali protettivi e irritare l’epidermide, soprattutto se si utilizza acqua troppo calda e detergenti aggressivi. Meglio procedere con acqua tiepida e un sapone delicato ma anche nutriente. Dopo ogni lavaggio è molto utile applicare uno strato di crema specifica per ricostruire la barriera cutanea ed emolliente se le mani sono già irritate. Ripetere questi passaggi con costanza permette di mantenere sempre la pelle sana e compatta, aiutandola a resistere alle aggressioni esterne. In caso di mani screpolate e con piccoli tagli, è bene farsi consigliare dal farmacista una crema con azione intensiva, che riesca a rigenerare la pelle, e portala con sé anche quando si è fuori casa per applicarla più volte al giorno.

Vitamine per nutrire la pelle dall’interno.

Una dieta ricca di vitamine è di grande aiuto per la pelle di tutto il corpo e, senza dubbio, anche per mani e unghie. Forse non tutti sanno che un’epidermide che si arrossa o si lacera con facilità può essere indice di carenze nutrizionali. Non a caso anche i prodotti dermatologici e le creme per le mani sono spesso ricchi di questi elementi. Tra le vitamine più utili a mantenere la pelle sana e resistente troviamo la vitamina A, che rallenta l’invecchiamento, preservando l’elasticità della cute, mentre il gruppo B ha un potere protettivo e contribuisce a riparare la pelle danneggiata. Molto usata nei cosmetici di ultima generazione, anche la vitamina C è una grande alleata della pelle perché antiossidante e in grado di favorire la formazione di collagene. La vitamina D, invece, ha un ruolo rilevante nel potenziare le difese naturali della cute, mentre la vitamina E contrasta secchezza e arrossamenti ed è molto usata nelle creme per le mani.

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Casa fredda: qual è l’impatto sulla nostra salute?

Se viviamo in ambienti domestici in cui la temperatura non supera i 10°C, cosa succede al nostro corpo? L’aria fredda ha un impatto non trascurabile su cuore, polmoni e cervello. A certificarlo sono diversi esperimenti scientifici condotti in laboratorio e che studiano il rapporto tra organismo umano e temperatura ambientale.

Temperatura corporea e temperatura esterna.

Affinché gli organi vitali possano funzionare bene e regolarmente l’ideale è mantenere una temperatura corporea media di 37°C. Se la temperatura esterna comincia a scendere sotto i 18°C, il nostro corpo lavora per “difendere” i 37°C che gli permettono di funzionare al meglio. A causa degli ormoni estrogeni le donne tendono a sentire il freddo più degli uomini. I loro vasi sanguigni nelle mani e nei piedi hanno maggiori probabilità di restringersi, aumentando di conseguenza la sensibilità femminile alle basse temperature. Da 21°C a 10°C: come reagisce il nostro corpo. In un esperimento di laboratorio guidato dal prof. Damian Bailey, Università del Galles del Sud, i partecipanti, posizionati all’interno di una stanza, sono stati sottoposti a un abbassamento della temperatura ambientale da 21°C a 10°C in 30 minuti. Abbigliati volutamente con indumenti leggeri e pressoché estivi, hanno cominciato ad avvertire “freddo”, e quindi a tremare per generare calore, quando la temperatura è scesa intorno agli 11-10°C.

Stare al freddo in una stanza: ecco cosa succede.

In base ai dati registrati in questo esperimento, i ricercatori hanno rilevato che Il flusso sanguigno al cervello diminuisce del 20%. Ciò significa che a rallentare sono anche le nostre performance cognitive, perfino quelle necessarie per risolvere banali esercizi di associazione (come dimostrato dall’esperimento di Bailey). Cresce il ritmo della respirazione e la pressione arteriosa media, che passa da 99 a 110 mmHg. Il battito cardiaco si intensifica, aumentando da 55 a 65 battiti al minuto. La temperatura media delle estremità (testa, gambe, braccia comprese) scende di 2°C.

Basse temperature e pressione arteriosa.

A fronte di un abbassamento della temperatura esterna e della conseguente sensazione di freddo, il nostro organismo reagisce aumentando battiti cardiaci e pressione sanguigna pur di conservare una temperatura corporea interna di 37°C. Tuttavia è proprio questo “superlavoro” del sistema cardiocircolatorio a rappresentare un fattore di rischio per l’insorgere di ictus e infarti. Inoltre, più la temperatura esterna al nostro corpo scende, più il flusso sanguigno tende a densificarsi, favorendo la formazione di eventuali coaguli arteriosi nei soggetti più predisposti (anziani e cardiopatici).

Come difendersi dal freddo in casa.

Se non possiamo mantenere una temperatura domestica di 18°C, allora bisogna riscaldarsi in altro modo, adottando altre strategie. Per esempio, è sempre bene indossare capi che garantiscono un buon isolamento termico, come gli indumenti in lana. Guanti e calze sono più importanti di un berretto, nonostante un cappello in lana aiuti a sua volta a proteggersi dal freddo (anche quello percepito all’interno di una stanza). Introdurre una maggiore quantità di carboidrati nella dieta e fare più movimento in casa sono tutte misure che contribuiscono a difendersi, almeno in parte, dal freddo casalingo.

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Controllo del peso, attenzione all’apporto eccessivo di grassi

Una dieta troppo ricca di grassi (o lipidi) è una delle cause principali dell’aumento di peso. Il motivo è molto semplice. I grassi hanno più del doppio delle calorie di carboidrati e proteine e un loro abuso porta più facilmente al sovrappeso. Se infatti ogni grammo di carboidrati o di proteine apporta 4 calorie, un grammo di grassi equivale a ben 9 calorie. Ciò significa che a parità di peso, un alimento molto ricco di grassi, porta all’assunzione di molte più calorie di un cibo proteico o a base di carboidrati. Pertanto una piccola porzione di cibo ad alto contenuto di grassi sarà molto calorica, meno saziante ma più ingrassante, inducendo chi la consuma ad aumentare le dosi per raggiungere il senso di sazietà. Bisogna quindi conoscere bene il contenuto di ogni alimento, leggendo le etichette se confezionato, e ridurre i condimenti che si aggiungono quando si cucina o si è a tavola. Il contenuto di lipidi è generalmente molto basso nella maggior parte della frutta e della verdura, della carne bianca e del pesce magro, mentre si alza nei formaggi, nella carne rossa e trasformata e nella frutta secca in guscio. Gli alimenti più ricchi di lipidi sono i grassi da condimento, come olio, burro e salse.

Limitare i lipidi senza bandirli.

Se come visto è fondamentale mantenere un consumo di grassi entro certi limiti, ciò non significa che i lipidi vadano eliminati dall’alimentazione. Niente di più sbagliato, perché si tratta di sostanze che svolgono funzioni fisiologiche molto importanti come gli altri nutrienti. Secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss) sono tre le funzioni principali che i lipidi assolvono nell’organismo. «I lipidi – spiegano gli esperti dell’Iss – hanno un ruolo energetico essendo un’importante riserva di energia per il corpo e un ruolo strutturale, in quanto componenti fondamentali delle membrane cellulari in tutti i tessuti. Hanno poi un’azione funzionale e regolatoria, perché sono indispensabili alla cellula per il suo normale funzionamento e sono precursori di molte sostanze che svolgono una funzione regolatoria in diversi apparati del corpo». Vanno quindi integrati nella dieta in modo razionale e consapevole.

Le linee guida alimentari.

L’Istituto superiore di sanità precisa che «secondo le linee guida per una corretta alimentazione, il 20-35% delle calorie giornaliere dovrebbe provenire dai grassi, di cui non più del 10% da grassi saturi. È stato dimostrato, infatti, che maggiori assunzioni di grassi saturi possono portare a un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue, incrementando il rischio di malattia cardiovascolare. Eccedere nella quantità di grassi, al di fuori delle raccomandazioni fornite dalle linee guida, significa eccedere anche con le calorie. Tuttavia, avere un buon apporto di grassi nella dieta è di fondamentale importanza per le funzioni che essi svolgono e perché, senza di essi, non sarebbe possibile assorbire alcune vitamine liposolubili, come la A, D e E, e introdurre alcuni acidi grassi essenziali, come quelli della serie omega-3 e omega-6 che non possono essere prodotti dall’organismo e devono, quindi, essere introdotti attraverso la dieta».