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Anziani e farmaci: il Decalogo per un uso corretto e sicuro

L’utilizzo di farmaci in modo sicuro ed efficace è importante per tutti i pazienti, ma per gli anziani, questo diventa ancora più critico. Gli anziani sono spesso più vulnerabili agli effetti collaterali dei farmaci, e sono più inclini a complicazioni e interazioni tra farmaci. Qui di seguito è il Decalogo per gli anziani che vogliono usare i farmaci in modo corretto e sicuro. Mantieni un registro dei tuoi farmaci: Inizia a tenere un registro dei farmaci che assumi, incluso il nome del farmaco, il dosaggio e il momento in cui lo assumi. Questo può essere utile per il medico in caso di emergenza o per verificare eventuali interazioni tra i farmaci. Segui sempre le istruzioni: Segui sempre le istruzioni del medico o del farmacista e non assumere mai farmaci in dosi superiori o inferiori a quelle prescritte.

Non interrompere mai un farmaco senza consultare il medico: Anche se ti senti meglio, non interrompere mai un farmaco senza prima consultare il medico. Alcuni farmaci richiedono una graduale riduzione del dosaggio per evitare effetti collaterali. Informa il medico di tutti i farmaci e integratori che assumi: Assicurati di informare il medico di tutti i farmaci e gli integratori che assumi, compresi quelli senza prescrizione medica. Evita l’alcol: Evita di bere alcolici mentre assumi farmaci, poiché questo può aumentare il rischio di effetti collaterali o di interazioni tra farmaci. Non condividere i farmaci: Non condividere mai i tuoi farmaci con altre persone, poiché i farmaci possono essere pericolosi se presi senza prescrizione medica o in dosi sbagliate.

Conserva i farmaci correttamente: Conserva i tuoi farmaci in un luogo fresco e asciutto e seguendo le istruzioni sulla conservazione specifiche riportate sull’etichetta del farmaco. Non assumere farmaci scaduti: Non assumere mai farmaci scaduti, poiché potrebbero non essere efficaci o addirittura dannosi. Controlla sempre l’etichetta del farmaco: Controlla sempre l’etichetta del farmaco per verificare il dosaggio e le istruzioni per l’uso corretto. Chiedi aiuto: Se hai dubbi o preoccupazioni sui tuoi farmaci, chiedi sempre aiuto al medico o al farmacista. Medico e farmacista sono sempre disponibili a chiarire i dubbi sull’uso dei farmaci.

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Quale musica aiuta a prendere sonno più facilmente?

Ascoltare musica per addormentarsi è una pratica piuttosto comune. Tuttavia non è così scontato che la musica che ascoltiamo sia quella giusta per agevolare il sonno. I ricercatori dello studio pubblicato su Plos One hanno esaminato circa un migliaio di playlist musicali su Spotify proposte appositamente dai loro autori per conciliare il riposo notturno.

Quali sono le musiche più ascoltate per addormentarsi?.

In base alla loro analisi delle playlist di Spotify i ricercatori hanno evidenziato che quelle più ascoltate per addormentarsi erano le musiche ambientali. Tuttavia altrettanto abbondantemente ascoltate erano tracce pop e brani indie o rap. Come mai? Sembrerebbero brani troppo vivaci per poterci cullare e invitarci al sonno. La spiegazione sta, secondo gli studiosi, nei meccanismi di funzionamento del nostro cervello. Esso infatti lavora, non solo ma anche, attraverso il riconoscimento di schemi.

Canzoni pop vs ninna nanne.

Se per esempio le canzoni pop che ascoltiamo sono strutturare in modo simmetrico e prevedibile, senza particolari o improvvisi cambiamenti di ritmo e/o melodia, potrebbero fungere da ninna nanna, proprio come quelle che ci canticchiavano mamma e papà da bambini. Un altro elemento che favorisce il sonno è la familiarità con il pezzo in ascolto, al di là del suo genere musicale. Qualsiasi novità, qualunque canzone nuova o poco conosciuta, non sortirebbe lo stesso effetto. Tutto ciò che in qualche modo risulta “sconosciuto” manterrà sveglio il cervello.

Perché ascoltiamo musica per addormentarci.

La musica che ascoltiamo la sera per favorire il sonno ha un effetto rilassante, calmante, talvolta meditativo e contemplativo dentro noi stessi. Può essere ascoltata anche al buio o con poca luce diffusa, per esempio quella di un abat-jour, il che aiuta ulteriormente a chiudere gli occhi e a riposare. Se abbiamo bisogno di ascoltare musica una vota coricati molto probabilmente è proprio perché ci aiuta a chiudere gli occhi e lasciarci andare al riposo notturno.

I consigli degli esperti.

Meglio ascoltare musica senza cuffie prima di addormentarsi o ricordarsi di rimuoverle. È preferibile utilizzare uno sleep timer per spegnere automaticamente la riproduzione sonora e, in linea di massima, seguire le buone pratiche per dormire bene, evitando di guardare schermi digitali (TV, pc, tablet, smartphone). Possibilmente, andare a letto sempre alla stessa ora. La prima regola di un buon riposo notturno è un rigido programma sonno-veglia. Sembra semplice da rispettare ma nella pratica non lo è affatto. Un trucco per abituarsi a una sana routine del sonno è quello di individuare un segnale che regolarmente la faccia scattare: in altre parole, un alert riconoscibile dal nostro cervello, come potrebbe essere, ad esempio, proprio la musica che ascoltiamo.

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Dna, farmaci e loro effetti collaterali: uno studio europeo

I risultati di un progetto di ricerca pluriennale in farmacogenetica messo a punto al CRO – Centro di Riferimento Oncologico di Aviano sono stati pubblicati in questi giorni dalla rivista scientifica The Lancet. Si è trattato uno studio di respiro europeo che ha coinvolto circa 7.000 pazienti in sette Paesi UE. Scopo della ricerca è stato quello di dimostrare che le peculiarità genetiche di ciascun paziente interagiscono con i farmaci somministrati e con conseguenti variazioni negli eventuali effetti collaterali.

Genetica e reazioni ai farmaci.

I ricercatori di Aviano hanno mappato il Dna di 1.232 pazienti ed esaminato 12 geni direttamente coinvolti negli effetti avversi ai farmaci. Quello che hanno scoperto è che i pazienti ai quali è stata somministrata una terapia farmacologica compatibile con le loro caratteristiche genetiche hanno manifestato una notevole riduzione degli effetti collaterali dei farmaci, a differenza dei pazienti ai quali era stata prescritta una terapia standard.

Farmaci oncologici ed effetti collaterali.

Questo studio, finanziato dal programma Horizon 2020, ha analizzato in particolare le reazioni avverse ai farmaci utilizzati nelle terapie oncologiche con l’obiettivo di prevenirle attraverso un attento esame genetico dei pazienti. In base alla mappa genetica del paziente, la scelta del farmaco da somministrare e il suo relativo dosaggio possono abbassare significativamente il rischio di effetti collaterali.

L’importanza dei test genetici.

I test del Dna per delineare una terapia farmacologica a misura di paziente diventano pertanto fondamentali. E non solo per migliorare le strategie di cura e la salute dei pazienti, ma anche per le ripercussioni economiche collegate ai costi sociali che le reazioni avverse ai farmaci possono causare. A ciò si aggiungono i promettenti sviluppi futuri della farmacogenetica e delle raffinate tecnologie analitiche che richiede. Basti pensa che, per esempio, nel 2010 presso il Polo Tecnologico di Pordenone è stata fondata la prima start-up dedicata alla farmacogenetica, alla medicina personalizzata basata sul Dna e all’avanzamento tecnologico di queste discipline.

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Disponibile la guida Aifa «Cosa fare quando “manca” un farmaco?»

Le carenze di farmaci sono un problema che colpisce il sistema sanitario italiano e che richiede una gestione attenta e puntuale. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha adottato una serie di procedure per affrontare le carenze di approvvigionamento di farmaci e garantire la disponibilità di farmaci essenziali per i pazienti. Il primo passo nella gestione delle carenze di farmaci è la segnalazione tempestiva all’Aifa da parte dei produttori di farmaci. Questa segnalazione deve contenere informazioni dettagliate sulla carenza, inclusi i motivi, la durata prevista, la quantità di prodotto disponibile e le misure adottate per mitigare l’impatto della carenza sui pazienti.

Garantire la continuità della cura per i pazienti.

L’Aifa, dopo aver ricevuto la segnalazione, valuta la situazione e adotta una serie di misure per garantire la continuità della cura per i pazienti. In primo luogo, l’Aifa può cercare di reperire il prodotto mancante da altri fornitori nazionali o internazionali. In caso contrario, può autorizzare l’importazione di farmaci equivalenti da altri paesi dell’Unione Europea o di altre parti del mondo. In alternativa, l’Aifa può autorizzare l’uso di farmaci alternativi o la modifica delle modalità di somministrazione del farmaco per garantire la continuità della cura per i pazienti. In ogni caso, l’Aifa lavora in collaborazione con le autorità sanitarie regionali per garantire che i pazienti ricevano la terapia adeguata.

Comunicazione efficace sulle carenze di farmaci.

Per garantire la trasparenza e la comunicazione efficace sulle carenze di farmaci, l’Aifa pubblica sul suo sito web un elenco aggiornato dei farmaci che sono soggetti a carenze di approvvigionamento. L’elenco include informazioni sulla durata prevista della carenza, le misure adottate dall’Aifa e le modalità di gestione della carenza. La gestione delle carenze di farmaci è una priorità per l’Aifa e per tutto il sistema sanitario italiano. Le procedure adottate dall’Aifa garantiscono la continuità della cura per i pazienti, anche in situazioni di carenza di approvvigionamento di farmaci. La collaborazione tra l’Aifa e le autorità sanitarie regionali è fondamentale per garantire la disponibilità di farmaci essenziali per tutti i pazienti che ne hanno bisogno. Si rimanda alla sezione “Documenti allegati” per le istruzioni operative.

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Parkinson: sperimentata la terapia a ultrasuoni

La terapia a ultrasuoni potrebbe rivelarsi molto utile nel diminuire alcuni sintomi tipici della malattia di Parkinson, legati soprattutto ai movimenti degli arti. A dimostrarlo un gruppo di ricercatori della School of Medicine dell’Università del Maryland, il cui lavoro è stato recentemente pubblicato sul Journal of Medicine dell’Università del Maryland.

L’esperimento scientifico con ultrasuoni.

I ricercatori hanno esaminato 94 pazienti malati di Parkinson. Hanno somministrato loro in modo casuale ultrasuoni focalizzati in una specifica area del cervello oppure un trattamento del tutto neutro privo di benefici. Dai dati raccolti è emerso che circa il 70% dei pazienti trattati con ultrasuoni ha ottenuto esiti positivi tre mesi dopo la terapia sperimentale.

Vantaggi e svantaggi degli ultrasuoni.

L’intervento con ultrasuoni sperimentato dai ricercatori dell’Università del Maryland ha sortito tre ordini di vantaggi nella maggioranza dei pazienti: nella capacità di deambulazione, nel livello dei tremori, nella rigidità degli arti. Tuttavia, va detto che la terapia a ultrasuoni comporta anche dei lievi effetti collaterali: mal di testa, vertigini, nausea che, tuttavia, nel caso dei pazienti in oggetto, sono scomparsi nel giro di un paio di giorni. In alcuni pazienti, invece, sono stati diagnosticati ulteriori effetti negativi: perdita del gusto, problemi di deambulazione, stato confusionale, tutti svaniti nell’arco di qualche settimana.

Quanto durano gli effetti positivi degli ultrasuoni?.

Rebecca Lalchan, neurologa e specialista in disturbi del movimento presso il NYU Langone Hospital di Brooklyn: “L’utilizzo degli ultrasuoni ad alta frequenza per irradiare calore a una parte del cervello coinvolta nel morbo di Parkinson crea una lesione permanente che interrompe la segnalazione e migliora il movimento nei pazienti con malattia di Parkinson”. Tuttavia “Non è chiaro per quanto tempo i benefici potrebbero durare dopo il completamento del trattamento”, ha affermato il dottor Jean-Philippe Langevin, neurochirurgo presso il Providence Saint John’s Health Center in California. “Questo è un nuovo modo di trattare la malattia di Parkinson, quindi non è del tutto certo se i pazienti continuino a beneficiare del trattamento diversi anni dopo averlo completato. Questi dati sono ancora in fase di raccolta e studio”.

Gli ultrasuoni non sono la cura definitiva per il Parkinson.

“È importante notare che si tratta di un trattamento avanzato che non ha lo scopo di trattare la malattia di Parkinson precoce e non è una cura”, precisa il Dottor Alessandro Di Rocco, neurologo del Lennox Hill Hospital di New York. “Gli ultrasuoni mirati possono essere presi in considerazione quando altri trattamenti, come i farmaci e le terapie sullo stile di vita, non funzionano più”. Senza contare che non tutti i pazienti sono adatti a ricevere questa tipologia di trattamento. Ad esempio, coloro che hanno avuto un ictus o un danno cerebrale probabilmente non saranno i candidati ideali per la somministrazione di un trattamento a ultrasuoni contro il Parkinson.