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Scoperto un ulteriore legame tra sistema immunitario e ipertensione

Una ricerca condotta dall’Unità di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’Irccs Neuromed di Pozzilli ha identificato un meccanismo attraverso cui il sistema immunitario può contribuire all’ipertensione arteriosa. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha messo in luce il ruolo chiave di un enzima intracellulare, Pi3kγ, nell’attivazione e nella migrazione dei linfociti T Cd8 verso organi come i reni e il sistema vascolare.

Attivazione dell’enzima può portare allo sviluppo di ipertensione

Gli esperimenti condotti hanno dimostrato che l’attivazione continua dell’enzima Pi3kγ può causare l’insorgenza di ipertensione, indipendentemente dalla presenza di fattori di rischio tradizionali. Ciò avviene perché le cellule T Cd8, una volta attivate, si spostano dalla milza verso i tessuti periferici, entrando in contatto diretto con le pareti delle arterie. L’interazione tra sistema immunitario e sistema cardiovascolare si traduce in un aumento della rigidità dei vasi sanguigni e in un’alterazione del controllo della pressione arteriosa.

Infiltrazione dei linfociti nei tessuti

I ricercatori hanno scoperto che l’enzima Pi3kγ conferisce ai linfociti Cd8 la capacità di produrre una molecola infiammatoria che facilita l’infiltrazione delle cellule immunitarie nei tessuti e la formazione di un’interfaccia con le cellule vascolari. Bloccando la molecola infiammatoria, l’effetto ipertensivo scompare, evidenziando il suo ruolo nel processo. L’importanza della scoperta risiede anche nel fatto che lo stesso tipo di attivazione è stato osservato nei linfociti Cd8 presenti nei reni di pazienti ipertesi, suggerendo che tale meccanismo potrebbe avere una rilevanza clinica nell’uomo. I risultati ottenuti aprono nuove prospettive per la protezione dei tessuti bersaglio dell’ipertensione, in particolare i reni, attraverso l’intervento farmacologico sul segnale Pi3kγ o sulla molecola Rantes prodotta dai linfociti.

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Iva al 4% per le riparazioni di protesi acustiche: il parere dell’Agenzia delle entrate

La questione relativa all’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 4% per le riparazioni di protesi acustiche è stata esaminata dall’Agenzia delle entrate che ha fornito risposta nell’interpello n.8 del 2025. Un’associazione di categoria aveva sollevato il quesito, sostenendo che tali interventi dovrebbero beneficiare della riduzione fiscale, in analogia con quanto previsto per la fornitura di protesi e ausili per disabili. Le norme di riferimento, tuttavia, secondo l’Agenzia non includono esplicitamente le riparazioni tra le operazioni soggette all’aliquota agevolata.

Le basi normative e le richieste dell’associazione

Il responso si è concentrato sulla corretta interpretazione del Dpr n. 633 del 1972, che stabilisce l’applicazione dell’Iva agevolata al 4% per la cessione di protesi e ausili destinati a persone con disabilità. L’associazione ha evidenziato come la riparazione di una protesi acustica non costituisca una nuova fornitura, ma un intervento necessario per ripristinare la funzionalità di un dispositivo già in uso. Tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che la normativa vigente non prevede esenzioni o agevolazioni per le prestazioni di riparazione, considerate servizi soggetti all’aliquota ordinaria del 22%.

La posizione definitiva dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia ha chiarito che le disposizioni fiscali attuali non consentono di estendere l’aliquota ridotta alle riparazioni, in quanto queste non rientrano tra le operazioni di “produzione” o “cessione” di beni. Pertanto, rimane confermata l’applicazione dell’Iva al 22%, come stabilito dalla circolare n. 87 del 1987. Tale orientamento è in linea con precedenti interpretazioni, che escludono tassativamente le riparazioni dai benefici fiscali previsti per gli ausili destinati ai disabili. Le informazioni fornite hanno scopo divulgativo e non sostituiscono il parere del medico curante o dello specialista. In caso di dubbi o necessità, è sempre opportuno consultare un professionista sanitario.

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Bonus psicologo 2025: le istruzioni per la domanda

L’Istituto nazionale della previdenza sociale ha reso nota la circolare operativa con le regole per accedere al contributo denominato Bonus psicologo per il 2025. La misura, divenuta strutturale, ha l’obiettivo di fornire supporto per le spese relative a sessioni di psicoterapia. L’iniziativa è riservata a coloro che versano in condizioni di depressione, ansia, stress o fragilità psicologica. La domanda per ottenere il beneficio può essere inoltrata attraverso i canali telematici dell’Ente previdenziale a partire dal 15 settembre e fino al 14 novembre 2025.

Requisiti e importi del contributo

Per la richiesta è necessario essere residenti in Italia e possedere un indicatore Isee ordinario o corrente, valido al momento della domanda, il cui valore non superi la soglia di 50mila euro. L’entità del contributo è stabilita in base alla situazione economica del richiedente. Il beneficio riconosce un importo massimo di 50 euro per ogni seduta effettuata, con un plafond complessivo che varia a seconda della fascia Isee. Per un Isee inferiore a 15mila euro è previsto un contributo totale massimo di 1.500 euro. Per un Isee compreso tra 15mila e 30mila euro l’importo massimo è di 1.000 euro. Per un Isee tra 30mila e 50mila euro il contributo totale non può superare i 500 euro.

Presentazione della domanda

La richiesta deve essere compilata online sul portale dell’Inps, accedendo con le proprie credenziali digitali, oppure tramite il contact center multicanale. I beneficiari che risulteranno idonei avranno a disposizione 270 giorni, a decorrere dalla pubblicazione delle graduatorie, per utilizzare il contributo mediante un codice univoco che verrà assegnato. Una novità introdotta per il 2025 prevede che i beneficiari che non effettueranno almeno una seduta di psicoterapia entro 60 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda decadranno automaticamente dal diritto al beneficio. Il contributo viene erogato direttamente al professionista che ha effettuato la seduta e non al cittadino beneficiario. Si segnala che la procedura di domanda non è disponibile per i residenti nella Provincia autonoma di Trento.

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Fermenti lattici, quando sono utili e come agiscono

L’uso di antibiotici potrebbe portare a disturbi gastrointestinali, come diarrea o gonfiore. Si tratta di effetti dovuti dall’alterazione della flora batterica intestinale, che viene compromessa dall’azione del farmaco. Gli antibiotici, infatti, non distinguono tra batteri nocivi e quelli benefici, riducendo la diversità microbica nell’intestino. Per tale motivo, l’assunzione di fermenti lattici potrebbe essere utile durante o dopo la terapia antibiotica prescritta dal medico o dallo specialista.

Quando i fermenti lattici possono essere utili

Non sempre è necessario assumere fermenti lattici dopo un ciclo di antibiotici. La decisione dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di antibiotico utilizzato, la durata della terapia e le condizioni individuali del paziente. Alcuni studi indicano che i probiotici possono ridurre il rischio di diarrea associata agli antibiotici, ma non tutti i ceppi batterici hanno la stessa efficacia. L’intestino, d’altro canto, è in grado di ripristinare autonomamente il proprio equilibrio nel giro di alcune settimane.

Come scegliere il fermento lattico giusto

Se si decide di assumere fermenti lattici, è importante optare per ceppi batterici specifici, come Lactobacillus rhamnosus o Saccharomyces boulardii, che hanno dimostrato una certa efficacia in studi clinici. In alcuni casi, l’assunzione di probiotici potrebbe non essere raccomandata, ad esempio in pazienti con sistema immunitario compromesso. Dunque, è sempre consigliabile chiedere un parere al farmacista o al medico prima di iniziare qualsiasi integrazione. Le informazioni fornite non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di sintomi persistenti o dubbi, è necessario rivolgersi a un professionista sanitario.

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Misure di sicurezza aggiornate per finasteride e dutasteride

Le autorità sanitarie regolatorie europee, in collaborazione con l’Agenzia italiana del farmaco, hanno concluso la revisione dei profili di sicurezza dei medicinali contenenti finasteride e dutasteride che ha esaminato i dati disponibili in merito alla possibile associazione tra l’uso di tali principi attivi e l’insorgenza di ideazione suicidaria. L’esito ha portato all’introduzione di ulteriori misure precauzionali e informative, con specifico riferimento alle diverse formulazioni e indicazioni terapeutiche.

Aggiornamenti specifici per le diverse formulazioni

La revisione ha evidenziato come il rischio di ideazione suicidaria sia considerato una reazione avversa di frequenza non nota per la finasteride orale. L’effetto è stato riportato principalmente in pazienti sottoposti a terapia per il trattamento dell’alopecia androgenetica. È stato osservato che in alcuni soggetti le disfunzioni sessuali, note reazioni avverse ai farmaci, possono portare all’insorgenza di alterazioni dell’umore. Per le formulazioni a basso dosaggio di finasteride, indicate per la calvizie comune, sarà inclusa nella confezione una scheda informativa dedicata al paziente, con lo scopo di illustrare i potenziali rischi e le azioni da intraprendere. Le informazioni sul prodotto saranno integrate con la raccomandazione di contattare un medico in caso di comparsa di disfunzioni sessuali e di valutare la sospensione della terapia.

Raccomandazioni per i pazienti e dovere di segnalazione

Per quanto concerne il dutasteride, utilizzato per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna, le evidenze attuali non sono ritenute sufficienti a stabilire un nesso causale definitivo con l’ideazione suicidaria. Tuttavia, in via precauzionale e considerando il meccanismo d’azione comune alla classe terapeutica, anche le informazioni sul farmaco saranno aggiornate. Sarà inserita una raccomandazione che invita i pazienti a consultare immediatamente un medico qualora manifestino sintomi riconducibili a variazioni dell’umore. La formulazione topica di finasteride, invece, non richiede al momento aggiornamenti, poiché non sussistono prove a supporto di un rischio analogo. Si ricorda infine l’importanza della segnalazione di ogni sospetta reazione avversa attraverso i canali ufficiali, al fine di garantire una continua vigilanza sulla sicurezza dei medicinali. Il presente articolo ha scopo puramente informativo e non sostituisce il parere del medico curante. In caso di dubbi sulla terapia o di persistenza di sintomi, è necessario rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista di riferimento.