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Il ruolo degli antidepressivi nella gestione della depressione

Sul mensile statunitense Psychiatric Times lo scorso mese è stato pubblicato un articolo intitolato “Serotonin or Not, Antidepressants Work”, scritto a quattro mani da Ronald W. Pie e George Dawson, dottori in psichiatria e professori in psicofarmacologia in diverse università USA. I due autori ribattono a un recente studio britannico in cui viene messa in discussione l’utilità degli antidepressivi, se non quella di “intorpidire le emozioni”. Da qui si è aperto un dibattito in Rete sull’origine della depressione stessa, sul ruolo della serotonina e sui farmaci utilizzati per curarla.

Non esiste una “teoria della serotonina”.

Pie e Dawson ricordano che non è mai esistita una teoria della serotonina in base alla quale un suo squilibrio geneticamente/costituzionalmente inteso porti in tutti i casi alla depressione. È ugualmente concepibile che le prime esperienze del neonato o del bambino possano causare cambiamenti biochimici e che questi possano esporre alcuni individui a depressione in età adulta. A fronte di una diagnosi di disturbo depressivo non possono mai essere esclusi fattori biochimici, fisiologici e psicologici concomitanti.

Serotonina e casi di depressione.

Da anni ormai gli psichiatri sono consapevoli che l’eziologia della depressione e di altri disturbi dell’umore non può essere spiegata esclusivamente in base a un unico neurotrasmettitore: serotonina, noradrenalina o qualche altra ammina biogenica. Basti pensare che il cervello contiene da 50 a 100 neurotrasmettitori: uno solo di questi non può spiegare una malattia così complessa come la depressione (né ci sono elementi scientifici che lo dimostrino). Le ipotesi e gli studi sui disturbi dell’umore si sono estesi ben al di là della serotonina, così come la ricerca e la produzione farmacologica di antidepressivi. Per più di 40 anni il paradigma operativo adottato in psichiatria è stato di tipo biopsicosociale, vale a dire che le cause della depressione possono essere molteplici e di varia natura. Michael Bloomfield, ricercatore all’University College London: “Non credo di aver incontrato scienziati o psichiatri seri che pensino che tutti i casi di depressione siano causati da un semplice squilibrio chimico della serotonina. Ciò che resta possibile è che per alcune persone con determinati tipi di depressione i cambiamenti nel sistema della serotonina possano contribuire ai loro sintomi”.

L’efficacia degli antidepressivi.

Gli antidepressivi servono? Migliorano le condizioni di un malato? L’efficacia degli antidepressivi è confermata da studi clinici randomizzati e controllati. Quindi la risposta è sì, sono utili e ha senso impiegarli nel trattamento acuto degli episodi depressivi maggiori da moderati a gravi. Un trattamento antidepressivo dovrebbe essere intrapreso in modo conservativo, monitorato da vicino e considerato solo come una singola componente di un approccio biopsicosociale completo nei confronti della depressione, che generalmente include la terapia della parola. Pertanto, i pazienti dovrebbero essere istruiti su tutte e tre le componenti dei disturbi dell’umore: biologico, psicologico e socioculturale.

Uso prolungato di antidepressivi.

Sull’uso a lungo termine di antidepressivi (ad esempio per diversi anni consecutivi) il quadro si fa più complicato poiché al momento si hanno molte meno prove scientifiche sulla loro efficacia in trattamenti prolungati anche per decenni. Allo stesso modo risulta essere altrettanto delicata la questione della sospensione dell’uso a lungo termine di questi farmaci. Ciò detto, sostengono i due psichiatri su Psychiatric Times, la discussione rischio/beneficio riguardante gli antidepressivi (e altri trattamenti biologici in psichiatria) dovrebbe essere affrontata nello stesso modo in cui il medico affronterebbe qualsiasi altro intervento medico serio.

Depressione: un disturbo complesso ed eterogeneo.

La depressione è un disturbo complesso ed eterogeneo con cause e fattori di rischio biologici, psicologici e socioculturali. Storicamente gli psichiatri non hanno mai spiegato la depressione clinica esclusivamente in termini di riduzione della serotonina o di un altro neurotrasmettitore specifico. Molti farmaci nella medicina clinica funzionano attraverso meccanismi sconosciuti o multipli, come fanno gli antidepressivi, e questo non ne pregiudica la sicurezza, l’efficacia o l’approvazione per l’uso medico. I risultati di studi controllati con placebo offrono ampie prove che gli antidepressivi serotoninergici sono sicuri ed efficaci nel trattamento degli episodi di depressione maggiore acuti.

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Stili di vita salutari, costruire una vita sana giorno per giorno

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità». Per stare bene e prevenire molte delle patologie più diffuse, è fondamentale curare ognuno di questi aspetti, che sono anche strettamente connessi tra loro. La prima raccomandazione è quindi quella di bilanciarne la propria alimentazione, evitando sia eccessi sia carenze. Nel vademecum “Alimentazione 11 e lode”, il ministero della Salute indica una serie di regole base da seguire per mantenere una dieta corretta. Il documento sollecita a «osservare un’alimentazione varia ed equilibrata sia sul piano qualitativo che quantitativo, non saltare la prima colazione, consumare giornalmente quattro-cinque porzioni di frutta e verdura, bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, variare gli alimenti anche nei colori, non eccedere nei condimenti, limitare il consumo di sale, l’assunzione di dolci, bevande zuccherate e alcoliche, leggere le etichette degli alimenti».

L’attività fisica allunga la vita.

Un altro pilastro che non può mancare in uno stile di vita sano è l’attività fisica. Basti pensare che secondo l’Oms, l’inattività è responsabile di milioni di morti ogni anno, circa il 10% dei decessi totali. Per l’Organizzazione, fare attività fisica significa «interagire con il proprio ambiente attraverso le varie forme di movimento, a tutte le età». L’Oms ricorda inoltre che «esiste un legame diretto tra la quantità di attività fisica e la speranza di vita, ragione per cui le popolazioni fisicamente più attive tendono a essere più longeve di quelle inattive. Il concetto di attività fisica è molto ampio e comprende tutte le forme di movimento che vengono realizzate nei vari ambiti di vita, lavorativa e non lavorativa (cura del giardino, lavori domestici, ecc.), gli spostamenti, l’attività di tipo ricreazionale (svolta per divertimento, per socializzare, per allenarsi). Per attività fisica s’intende qualunque movimento determinato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello delle condizioni di riposo».

Curare la mente.

Senza dubbio mangiare sano e praticare un’attività fisica costante è già un ottimo punto di partenza per assicurarsi anche benessere psicologico. Diverse carenze nutrizionali, anche a livello di vitamine e sali minerali, hanno un grande impatto sulla sfera mentale, per cui accertarsi di assumere correttamente tutti i principi nutritivi è fondamentale. Fare movimento, poi, è un modo ottimale di produrre endorfine, sostanze che inducono uno stato di benessere e serenità. Al benessere psicologico concorrono poi altri fattori. L’Oms lo definisce infatti come «una condizione in cui l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni». Lavorare ogni giorno per migliorare ognuna di queste aree, anche chiedendo il supporto degli specialisti se si è in difficoltà, garantisce il raggiungimento di un buon livello di benessere mentale ed emotivo.

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Paura di fallire: l’atychifobia

La paura del fallimento può manifestarsi come una vera e propria fobia: l’atychifobia, dal greco “atyches” ovvero “sfortunato”. Coloro che soffrono di atychifobia tendono a evitare qualsiasi situazione o scenario in cui intravedono un possibile fallimento, per esempio un esame o un colloquio di lavoro. Può anche mostrarsi come paura di fallire in una relazione affettiva, nel lavoro o di essere considerati un fallimento agli occhi degli altri.

Atychifobia: una paura che si autoavvera.

Spesso l’atychifobia è una paura che si autoavvera. Avere molta paura di sostenere un esame all’università, per esempio, può portare a rinunciare a sostenere anche gli esami successivi, fino a rinunciare del tutto a laurearsi. Avere paura di fallire può sfociare in diversi problemi emotivi e psicologici tra cui la vergogna, la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico o bassi livelli di autostima. In linea generale, può influenzare negativamente il rendimento scolastico, lavorativo o le relazioni sociali.

L’atychifobia non è la paura dell’imperfezione.

L’atychifobia è cosa diversa dall’atelofobia, la paura delle imperfezioni. Hanno degli aspetti in comune ma si tratta di condizioni psicologiche differenti. L’atelofobia porta al perfezionismo estremo, senza compromessi, in una ricerca continua e ossessiva del successo in qualsiasi ambito della vita (studio, lavoro, sport, relazioni personali, società,…). Chi ha paura di fallire si concentra sul fallimento e si trova ad affrontare attacchi di panico e forti preoccupazioni per quel che potrebbe accadere qualora dovesse fallire.

Le cause dell’atychifobia.

Alcune delle cause che possono scatenare questa fobia sono: Storia familiare: se in famiglia sono presenti disturbi di salute mentale come fobie, ansia o depressione, è più probabile soffrire di queste condizioni. Comportamento appreso: se da bambini e/o da ragazzi si cresce in un ambiente in cui il fallimento viene giudicato come qualcosa di inaccettabile così come sbagliare, l’atychifobia trova terreno fertile per sedimentarsi in giovane età ed esplodere da adulti. Altre fobie: a volte più fobie si verificano contemporaneamente. Ad esempio, un bambino con scolionofobia (paura della scuola) può anche soffrire di atychifobia. Oppure qualcuno affetto da rupofobia (paura dello sporco e dei germi) può sviluppare atychifobia se non riesce a sentirsi costantemente pulito. Esperienze traumatiche: chi ha subito abusi o punizioni severe a causa di un fallimento, potrebbe temere di subirne ancora in futuro in situazioni simili. Oppure potrebbe interpretare un fallimento passato come la causa di un evento tragico, per esempio la morte di un familiare o di un amico.

Sintomi dell’atychifobia.

Paura di svolgere compiti semplici al lavoro, a casa o a scuola. Rabbia, irritabilità. Ansia di essere giudicati dagli altri. Depressione, tristezza. Pessimismo (visione negativa della vita). Tendenza a procrastinare compiti considerati impegnativi. Inclinazione a rompere le relazioni affettive (famigliari, amicali, amorose). Riluttanza ad accettare critiche o aiuti costruttivi. Gli attacchi di panico collegati all’atychifobia possono determinare anche: brividi, vertigini, stordimento, iperidrosi, nausea, tachicardia, dispnea, mal di stomaco, tremolio.

Come si cura l’atychifobia.

Terapia cognitivo comportamentale: la terapia cognitivo comportamentale è una forma di psicoterapia che aiuta a cambiare il proprio pensiero negativo sul fallimento. Uno specialista può aiutare a vedere ciò che si considerano “fallimenti” come opportunità positive per imparare qualcosa di nuovo e crescere. Inoltre, può suggerire strategie utili ad affrontare la paura e l’ansia attraverso specifiche tecniche di respirazione o la meditazione. Terapia dell’esposizione: esporsi gradualmente alla fonte della propria paura può aiutare a superarla. Ad esempio, lo psicoterapeuta potrebbe chiedere al paziente affetto da atychifobia di ricreare uno scenario in cui, in passato, sentiva di aver fallito. Reimmaginando e rivivendo quella situazione, ma questa volte nella cornice di un ambiente sicuro e di supporto, aiuta a vederla da un altro punto di vista (assenza di una reale minaccia o di un eventuale pericolo di fallimento presente e futuro). Farmaci: se l’atychifobia porta a soffrire di depressione o gravi stati d’ansia, una terapia farmacologica può agevolarne la gestione dei sintomi. Tuttavia, i farmaci non sono una terapia sempre indispensabile per guarire dalle fobie.

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I cani fiutano lo stress

È ormai assodato che i cani abbiano delle abilità eccezionali e siano molto di più che degli “amici a 4 zampe”. Sono in grado di fiutare alcune malattie come il diabete, l’ipoglicemia, l’emicrania e una serie di tumori (al seno, alla prostata, ai polmoni). Ma un recente studio della Queen’s University di Belfast pubblicato su PloS One ha dimostrato che percepiscono anche lo stress negli esseri umani, annusandone respiro e sudore.

Cani e disturbi psicologici nell’uomo.

Dato il notevole senso dell’olfatto dei cani domestici e la loro stretta storia di addomesticamento con gli esseri umani, è possibile che rilevino odori associati a cambiamenti all’interno del corpo umano. L’uso dei cani per supportare condizioni psicologiche umane come ansia, attacchi di panico e Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) sta crescendo, con liste di attesa per i cani di servizio da PTSD in alcuni casi lunghe mesi o anni. È stato segnalato che i cani migliorano la qualità della vita di un individuo, le connessioni sociali e riducono il numero di attacchi di panico o sintomi di PTSD: riescono a “calmare” questi pazienti, e a interromperne gli stati d’ansia. Tuttavia, attualmente mancano prove empiriche su quali meccanismi potrebbero essere utilizzati dai cani per rispondere all’esperienza psicologica del loro proprietario.

L’esperimento: come i cani riconoscono lo stress.

Obiettivo della ricerca è stato quello di verificare se i cani siano in grado di distinguere tra odori di base di un individuo in condizioni di rilassatezza e gli odori di quello stesso individuo sottoposto a una situazione stressante. All’esperimento hanno partecipato 36 persone e 4 cani. I ricercatori hanno ottenuto campioni di odori e di respiro dei partecipanti prima e dopo un compito stressante (risoluzione di esercizi matematici). Ai cani, addestrati a reagire a determinati comandi, è stato chiesto di identificare il campione di odore/respiro “stressato” adottando un comportamento di allerta. I cani eseguivano il comportamento di allerta di fronte ai campioni di stress, distinguendoli quindi dagli altri odori, con prestazioni che variavano dal 90,00% al 96,88% di precisione.

Risultati dell’esperimento.

Gli esiti di questo esperimento suggeriscono che i processi fisiologici associati a una risposta allo stress psicologico acuto producono cambiamenti nei composti organici volatili (emanati dal respiro e/o dal sudore) e che i cani sono in grado di avvertirli. Tali risultati si aggiungono alla nostra comprensione delle relazioni uomo-cane e potrebbero avere applicazioni ai cani guida per il supporto emotivo e il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD). Inoltre, corroborano le conclusioni di studi precedenti, secondo i quali i cani sono capaci di notare i cambiamenti fisiologici umani associati a stati psicologici. Infine, evidenziano l’importanza di considerare le capacità dell’olfatto canino sia nelle relazioni umane con i cani da compagnia che nell’addestramento dei cani di servizio.

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Tenersi in forma, tutti i benefici dell’autunno per fare movimento

Ogni stagione dell’anno presenta diversi vantaggi per praticare sport e attività motorie nel migliore dei modi. Magari in autunno può essere più difficile trovare le motivazioni, il clima spesso non è dei migliori e la stanchezza del cambio di stagione può indurre a essere più pigri e sedentari. Tuttavia bisogna contrastare questa sensazione, comune e naturale, pensando ai diversi vantaggi che offre questo periodo dell’anno per tenersi in forma. Per chi ama lo sport all’aria all’aperta, o semplicemente fare qualche camminata, il primo vantaggio è la possibilità di uscire a qualsiasi ora. D’estate le temperature non permettono una grande scelta per praticare movimento fuori casa, il che può essere limitante. In autunno, invece, si può optare per una passeggiata anche in pausa pranzo, ottimizzando così i tempi e smaltendo magari qualche chilo di troppo accumulato durante le vacanze. Inoltre, impostare un’attività regolare in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico o lavorativo è un buon metodo per non differire troppo questa scelta, più difficile da mettere in pratica via via che ci si avvicina all’inverno.

Tante attività per ogni esigenza.

Da settembre in poi ripartono tutte le attività organizzate e la scelta, per chi volesse iniziare uno sport, è molto ampia. Iscriversi in palestra o a un corso è un modo per assumere formalmente un impegno che potrebbe stimolarci di più, anche nei giorni in cui non si trova la motivazione e la voglia di fare movimento. In concomitanza con l’inizio dei corsi, inoltre, è possibile fruire di molta più scelta e provare anche qualche nuova disciplina. Il clima autunnale, ancora poco rigido, rende meno gravoso spostarsi da casa e dedicarsi anche ad attività come il nuoto, sicuramente meno invitante nella stagione più fredda. Per chi non teme la pioggia o il fresco, invece, è ancora comunque piacevole anche stare all’aria aperta, sfruttando anche i benefici degli ultimi raggi solari (che permettono di sintetizzare la vitamina D) e respirando aria che spesso dopo la pioggia è più pulita.

Il movimento è sempre benefico.

A prescindere dalla stagione è sempre opportuno ricordare i numerosi benefici dell’attività fisica per la salute. E prima di elencare quelli per il corpo, sottolineiamo quelli per la mente, visto che spesso i disturbi psicologici si acuiscono proprio in autunno. Il movimento stimola la produzione di endorfine, ormoni del buon umore, dando un grande contributo al benessere psicologico. Permette inoltre di rilassare corpo e mente, migliora la qualità del sonno e aiuta a mantenere il peso forma. A livello fisico, poi, porta grandi benefici all’apparato locomotorio, tonificando i muscoli e migliorando la mobilità. Di grande importanza, infine, sono i benefici per l’apparato cardio-vascolare, per la circolazione sanguigna e la regolarizzazione della pressione arteriosa. Un’attività motoria costante riduce il rischio di contrarre patologie croniche come diabete e ipertensione ed è quindi sempre fondamentale fare il possibile per praticarla abitualmente, in qualsiasi stagione dell’anno.