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Arresto cardiaco: più letale nelle donne che negli uomini

Le donne hanno un tasso di sopravvivenza inferiore agli uomini se subiscono un arresto cardiaco improvviso. Secondo uno studio condotto dalla Società Europea di Cardiologia ciò è dovuto mancata pronto intervento di rianimazione frequente più tra le donne che tra gli uomini. I ricercatori hanno anche evidenziato come tendenzialmente aumentino le visite di assistenza primaria da parte dei soggetti che di lì a poco, ovvero qualche settimana, incorreranno in un arresto cardiaco. Ciò dimostrerebbe la presenza di indizi premonitori di un possibile arresto cardiaco imminente.

Segni premonitori di un arresto cardiaco.

I ricercatori della Società Europea di Cardiologia hanno evidenziato come segnali premonitori di questo tipo – aumento delle visite mediche di base concentrate in breve tempo – potrebbero aiutare i medici stessi a identificare le persone a rischio. “Potrebbero esserci segni e sintomi di peggioramento della malattia coronarica prima di un arresto cardiaco, che quindi richiederebbero più visite mediche di assistenza primaria”, ha affermato il Dott. Salvatore Savona, elettrofisiologo presso il Wexner Medical Center della Ohio State University. “L’arresto cardiaco è tipicamente causato da aritmia ventricolare o da un ritmo irregolare della cavità inferiore del cuore. La fibrillazione ventricolare può essere causata proprio dalla malattia coronarica”.

Lo studio europeo sull’arresto cardiaco.

I ricercatori hanno raccolto un database di oltre 100.000 persone vittime di arresto cardiaco improvviso e una biobanca di circa 10.000 campioni di DNA. “L’arresto cardiaco improvviso è un urgente problema di salute pubblica che finora è stato estremamente difficile da risolvere, in gran parte a causa del difficile reperimento di dati clinici dettagliati e campioni biologici”, ha affermato il Dott. Hanno Tan, punto di riferimento della Società Europea di Cardiologia e cardiologo presso il Centro Medico AMC dell’Università di Amsterdam. “La Società Europea di Cardiologia ha compiuto passi importanti creando un database, una biobanca e una base di conoscenza che potrebbero essere utilizzati in studi futuri per risolvere questo problema. Ciò dovrebbe accelerare la raccolta di conoscenze su questa condizione e, in ultima analisi, ridurre l’onere sociale dell’arresto cardiaco improvviso”, ha aggiunto Tan.

Cos’è l’arresto cardiaco improvviso.

L’arresto cardiaco improvviso è un’aritmia nel normale battito cardiaco che, inaspettatamente, lo fa smettere di pulsare. “La causa più comune di un arresto cardiaco è la malattia coronarica”, ha detto Savona. “I classici sintomi tipici includono dolore toracico o pressione toracica che peggiora con lo sforzo e migliora con il riposo. In genere dura almeno alcuni minuti. Tuttavia, ci sono anche sintomi atipici, come nausea, stanchezza o mancanza di respiro”, ha aggiunto Savona. “Gli uomini di solito presentano sintomi tipici. Le donne possono presentare sintomi più atipici, che potrebbero comportare un ritardo nel riconoscere un possibile imminente arresto cardiaco”.

Arresto cardiaco improvviso: fattori di rischio per le donne.

Le donne sono a rischio di arresto cardiaco improvviso qualora presentino una o più delle seguenti condizioni: malattia coronarica, depressione, cardiomiopatia dilatativa, storia familiare di arresto cardiaco improvviso o alcuni ritmi cardiaci anormali, cardiomiopatia ipertrofica, precedente infarto. A ciò si aggiunge il fatto che molte persone vedono ancora le malattie cardiache, gli attacchi di cuore e gli arresti cardiaci improvvisi come malattie tipicamente maschili, nonostante il 40% degli arresti cardiaci si verifichi nelle donne.

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Igiene orale, fondamentale non solo per il sorriso

La corretta igiene orale, intesa a trecentosessanta gradi come pulizia e cura dei denti e della bocca, è fondamentale non solo per la masticazione o l’estetica del sorriso, ma anche per altri aspetti. Il ministero della Salute precisa infatti che «per salute orale non si vuole intendere solamente assenza di malattia, ma molto di più. Si tratta di una condizione che influenza fortemente lo stato di salute e di benessere della persona. Esistono, ad esempio, correlazioni tra malocclusione dentale e alterazioni della postura corporea e tra parodontopatie e patologie dell’apparato cardiovascolare e diabete». Non ultimo, preservare i denti in salute è essenziale anche per l’articolazione della parola, che viene emessa correttamente se ogni dente è sano e al suo posto. Trascurane l’igiene può portare alla formazione di carie, che a loro volta possono determinare la perdita di uno o più denti, con conseguenze fisiche e psicologiche da non sottovalutare.

Carie, parodontite e malocclusioni.

È molto importante sottolineare che, quando si parla di patologie del cavo orale, le cause (almeno per quanto riguarda le popolazioni occidentali) sono quasi sempre riconducibili a errori personali, a stili di vita poco corretti, all’alimentazione sbilanciata e a scarsa igiene. «Le malattie del cavo orale – spiegano gli esperti del Ministero – colpiscono la stragrande maggioranza della popolazione italiana, sono strettamente legate agli stili di vita (igienici e alimentari) e sono provocate in larga misura da batteri contenuti nella placca dentaria. Le principali malattie dei denti e dei loro tessuti di sostegno sono determinate da condizioni ben individuate e controllabili». Nemica numero uno della salute dei denti è la carie, seguita dalla malattia parodontale, entrambe provocate prevalentemente dalla placca batterica. Un capitolo a parte spetta poi alla malocclusione, secondo gli specialisti frequentemente determinata, o comunque aggravata, dall’abitudine dei bambini protratta nel tempo di succhiare il dito o il ciuccio.

La prevenzione quotidiana.

Igiene, alimentazione e visite periodiche dal dentista sono i tre pilastri essenziali per non incorrere in problemi del cavo orale. Per mantenere la bocca in salute è imprescindibile spazzolare i denti almeno tre volte al giorno, dopo i pasti principali, utilizzando uno spazzolino in perfette condizioni, un dentifricio adeguato alle proprie esigenze e il filo interdentale. In particolare, il ministero della Salute consiglia di «spazzolare i denti dopo ogni pasto per un tempo di almeno 2-3 minuti, usare uno spazzolino dalla testina medio-piccola in modo da arrivare in tutte le zone della bocca, preferibilmente dotato di setole artificiali di durezza media». Quanto al dentifricio, è consigliato quello a base di fluoro. «Il fluoro – spiegano gli esperti – rappresenta un altro valido aiuto nella prevenzione della carie poichè rende lo smalto più resistente e lo protegge dall’azione demineralizzante degli acidi della placca batterica».

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Uso dei farmaci, i rischi dell’abuso e di un’assunzione non corretta

La facilità con la quale oggi si reperiscono e maneggiano i medicinali può indurre i pazienti ad abusarne o a usarli in modo non corretto. Il consiglio del medico o del farmacista è sempre fondamentale quando si pensa di assumere un farmaco o un parafarmaco, anche se si tratta di un prodotto usato in altre occasioni o consigliato da chiunque non sia un operatore sanitario. Le conseguenze non ricadono solo sulla salute di chi li assume. Oltre al rischio di sviluppare effetti indesiderati o danni alla salute che si sarebbero potuti evitare, è bene ricordare che una terapia sbagliata o inefficace grava su tutto il sistema sanitario, o per risolvere eventuali effetti collaterali o perché il paziente non guarisce e deve quindi essere curato con altra terapia. Inoltre, l’uso non necessario di farmaci come gli antibiotici sta creando una grave antibiotico-resistenza, ovvero la capacità dei batteri di resistere ai farmaci, rendendoli inefficaci. Il che significa avere sempre meno opzioni terapeutiche per guarire determinate infezioni.

Tanti motivi per chiedere sempre un parere esperto.

Un uso improprio o superficiale di un principio attivo è sempre svantaggioso. Il principale motivo è che moltissimi disturbi e patologie si presentano con gli stessi sintomi e solo un esperto può capire a quale malattia corrisponde un determinato sintomo. In molti casi, quindi, l’uso di un medicinale potrebbe non essere efficace, mentre il medico avrebbe saputo consigliare quello corretto per la guarigione. Proprio in questi anni di pandemia, si è assistito a pazienti della stessa famiglia, affetti da febbre, ma non tutti con Covid-19. I sintomi che spesso si riconducono genericamente all’influenza possono avere diverse cause (virali, batteriche, infiammatorie), per le quali i rimedi sono differenti. Ciò dimostra che nemmeno con sintomi identici tra membri della stessa famiglia è opportuno usare lo stesso farmaco senza aver consultato il medico. Va inoltre sottolineato che gli operatori sanitari seguono tutta la comunità di un territorio e sono quindi gli unici a conoscenza delle patologie contagiose che si stanno diffondendo in quella zona in un determinato momento.

Il consiglio del farmacista.

Federfarma ha stilato un elenco di consigli utili per ricordare ai pazienti come usare correttamente i medicinali. I farmacisti, principali esperti in materia, raccomandano di «rispettare la posologia (dose, modalità e tempo di somministrazione) indicata dal medico, non assumere più farmaci contemporaneamente senza il consiglio del medico o del farmacista, non interrompere arbitrariamente una terapia, controllare sempre la data di scadenza prima di utilizzare il farmaco (ricordando che colliri, sciroppi, gocce e spray, una volta aperti, scadono prima della data indicata sulla confezione), conservare integra la confezione senza gettare l’astuccio contenitore e il foglietto illustrativo, riporre i farmaci in luogo fresco e asciutto (non in bagno, non in cucina, in frigo se espressamente specificato).

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Lo stress riduce le probabilità di rimanere incinta

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università Southeast di Jiangsu in Cina, pubblicato su Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica, ha analizzato l’impatto dello stress sulle possibilità di concepimento delle donne. Il fattore essenziale che è stato preso in considerazione si chiama “carico allostatico”, vale a dire tutto ciò che l’organismo è chiamato a “sopportare” per adattarsi e affrontare le più diverse circostanze della vita.

L’esperimento sul “carico allostatico”.

I ricercatori cinesi hanno esaminato 444 donne orientate a concepire un figlio. 9 gli indicatori di stress (pressione del sangue, livelli di zuccheri, cortisolo, noradrenalina, colesterolo) attraverso i quali hanno analizzato i livelli di stress raggiunti da ciascuna di loro. Il team di ricercatori ha così suddiviso il campione in 4 gruppi: dal gruppo A, con un carico allostatico minimo, al gruppo D con un carico allostatico notevole.

Cosa succede alle aspiranti mamme stressate.

Le 444 donne campionate sono state monitorate per 12 mesi durante i quali hanno tentato di concepire un bambino. Le percentuali di gravidanza di ciascuno dei quattro gruppi sono state: gruppo A 55,4%, gruppo B 44,5%, gruppo C 50,9%, gruppo D 26,9%. Escludendo altre possibili cause di una mancata gravidanza, il gruppo D, ovvero quello con il più alto carico allostatico, ha rivelato una diminuzione del 59% delle probabilità di aspettare un figlio rispetto al gruppo A.

Possibili cause dello stress pre-gravidanza.

In linea generale, lo stress può derivare da eventi o circostanze percepiti come un pericolo o una minaccia. Può trattarsi di un singolo evento, di preoccupazioni collegate a fatti già accaduti oppure a eventi possibili in futuro, a una serie di situazioni quotidiane che sommate tra loro producono stress. La stessa paura di non riuscire a concepire un figlio può generare stress che, a sua volta, riduce le probabilità di una gravidanza. La forma acuta di stress, quella dovuta a un singolo evento, aumenta la tachicardia e i livelli di pressione sanguigna, affanna il respiro, raffredda e inumidisce la pelle. Lo stress cronico può portare a stati depressivi e disturbi del sonno, nonché a un indebolimento delle difese immunitarie dell’organismo.

Cosa fare per abbassare lo stress.

Se è vero, come è stato dimostrato, che lo stress incide sulle possibilità di rimanere incinta, quali strategie dovrebbe adottare una donna per alleggerire il cosiddetto carico allostatico? Ce ne sono diverse, tutte utili ad abbassare i livelli di stress (e non solo in funzione di un eventuale concepimento): esercizio fisico, tecniche di rilassamento, meditazione, un’alimentazione equilibrata, rapporto sonno-veglia bilanciato, sedute di psicoterapia tramite il supporto di un professionista.

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Diabete e parodontite: che relazione c’è?

Diabete e parodontite sono malattie fra loro collegate? Chi è affetto da una delle due può verosimilmente sviluppare l’altra? Il diabete è una malattia che provoca un aumento di glicemia (ovvero dei livelli di zucchero) nel sangue. Spesso è chiamato “diabete mellito” (dal latino mellitus: “dolce come il miele”) poiché le urine di un paziente diabetico “si addolciscono” a causa dell’eccesso di zuccheri nel sangue ed eliminati dai reni. La parodontite è un’infiammazione del parodonto, il sistema di supporto dentale che mantiene le radici dei denti ancorate alle ossa mascellari. A lungo andare la parodontite, se non curata in tempo, può portare alla perdita dei denti.

L’associazione tra diabete e parodontite. Da anni il rapporto tra diabete e parodontite è oggetto di studi che dimostrano come il diabete si associ a un aumento dei casi di parodontite nei soggetti diabetici. Si stima che il rischio di sviluppare la malattia parodontale nei pazienti diabetici sia pari al doppio o al triplo di quello di una persona non diabetica. In un soggetto diabetico l’iperglicemia e alterazioni del metabolismo accrescono non soltanto il rischio di insorgenza ma anche la gravità di una parodontite, nonché peggiori risultati clinici nella sua cura. Ulteriori studi sul tema sembrano indicare che l’associazione tra diabete e parodontite sia bidirezionale (chi sviluppa la parodontite è più probabile che diventi diabetico e vicevera). L’infiammazione del parodonto aumenterebbe il carico infiammatorio globale dell’organismo e quindi, nel corso del tempo, una progressiva resistenza all’insulina. Ciò significa che chi soffre di parodontite ha una maggiore probabilità (o tendenza) ad ammalarsi di diabete rispetto a chi non ne è affetto.

Prevenire il diabete dal dentista.

Il dentista di fiducia che diagnostica la parodontite è in grado, dialogando con il paziente, di rilevare segnali e sintomi di un sospetto diabete (ad esempio: polidipsia, poliuria, calo ponderale ed astenia, infezioni genito-urinarie ricorrenti). A quel punto gli consiglierà alcuni esami del sangue e una visita dal dabietologo. Il ruolo del dentista è quindi molto importante sia per una diagnosi precoce della malattia diabetica sia per un processo di cura più articolato e mirato nei pazienti diabetici-parodontici. La terapia parodontale antinfiammatoria contribuisce infatti a mantenere i livelli di glicemia sotto controllo, inserendosi di fatto nel percorso curativo di un paziente affetto da diabete mellito. Viceversa, anche un diabetologo può individuare una sintomatologia parodontica nei propri pazienti, come ad esempio sanguinamento delle gengive, alterazione del senso del gusto, ringofiamento gengivale, instabilità di alcuni denti, ecc. In tali casi indirizzerà il paziente diabetico dall’odontoiatra per una visita più approfondita.