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Perdere il sonno e la voglia di aiutare gli altri

L’aiuto reciproco è un tratto distintivo dell’homo sapiens. Ha contribuito a plasmare le civiltà moderne sulla base di una spinta evolutiva, di motivazioni culturali, di fattori socioeconomici e di tratti individuali della personalità di singoli. La scelta di aiutare il prossimo coinvolge le regioni cerebrali legate all’altruismo, note come rete cerebrale della cognizione sociale. La privazione del sonno compromette la funzionalità di quest’area del cervello e interrompe l’elaborazione emotiva.

La perdita di sonno influisce sulla disponibilità ad aiutare?.

Alcuni ricercatori dell’Università della California, Berkley, hanno esaminato questa eventualità attraverso tre studi paralleli (aiuto da individuo a individuo; aiuto tra gruppi di individui; aiuto tra società) e hanno scoperto che i partecipanti privati del sonno mostravano meno desiderio di aiutare estranei ma anche di sostenere amici, nonché meno attività nella rete cerebrale della cognizione sociale, a differenza dei partecipanti che avevano dormito. Fino ad oggi la perdita del sonno non era stata riconosciuta come fattore determinante nella scelta degli individui di aiutarsi a vicenda.

Risultati degli studi su perdita del sonno e aiuto reciproco.

A livello individuale, una notte senza sonno contribuisce a rinunciare ad aiutare l’altro. A livello di gruppo, la riduzione del sonno per più notti si traduce nella scelta di ridurre gli aiuti offerti agli altri nel corso delle interazioni quotidiane. A livello nazionale su larga scala, un’ora di sonno perso, dovuta al passaggio all’ora legale, diminuisce l’aiuto altruistico attraverso le donazioni, dato verificato dai ricercatori analizzando oltre 3 milioni di donazioni per beneficenza negli Stati Uniti. Astenersi dall’aiutare gli altri è un comportamento associato alla disattivazione dei nodi cerebrali chiave attivatori della prosocialità.

Sonno insufficiente, reazioni emotive, comportamento antisociale.

Una carenza di riposo notturno compromette l’elaborazione emotiva, compresi i deficit nel riconoscimento e nell’espressione delle emozioni. Viceversa, il mancato sonno aumenta la reattività emotiva di base, collegata al comportamento antisociale (ne sono esempio: la moltiplicazione dei conflitti interpersonali e l’abbassamento del livello di fiducia negli altri). Il sonno insufficiente riduce l’attività e interrompe la connettività funzionale tra numerose regioni all’interno della rete cerebrale cognitiva sociale. Pertanto, il sonno inadeguato rappresenta un fattore influente, significativo, scientificamente determinante nella scelta degli esseri umani di aiutarsi a vicenda oppure no, il tutto osservabile a livelli micro e macroscopici di interazione umana. Le implicazioni di questo effetto possono essere notevoli, se si considera l’importanza fondamentale dell’aiuto umano nel mantenimento di una società civile, solidale e cooperante.

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Salute dei capelli, gli accorgimenti per prepararsi alla stagione fredda

Se alla fine dell’estate caldo, salsedine e acconciature frequenti hanno messo a dura prova la capigliatura, bisogna correre ai ripari, perché l’autunno è una stagione che mette i capelli ulteriormente sotto stress. Il cambio delle temperature e lo sbalzo tra luoghi esterni e interni riscaldati indebolisce il capello, che si secca più facilmente, assumendo un aspetto sciupato. Come noto, poi, ogni cambio di stagione aumenta la caduta naturale. «Nelle stagioni di transizione (autunno-primavera) – spiegano gli specialisti della Società italiana di tricologia (Sitri) – la caduta spesso aumenta perché l’uomo conserva una manifestazione ancestrale propria di altri mammiferi pelosi, la muta. Nei periodi aprile-maggio e settembre-novembre alcuni ormoni, informati soprattutto dalle ore di luce, attivano un processo sincronizzato di caduta con un aumento del numero dei capelli che cadono. Si tratta di un fatto fisiologico che non è causa di calvizie definitiva».

Attenzione alle carenze nutrizionali.

Diversi studi hanno dimostrato un significativo legame tra carenze di sostanze nutrienti e indebolimento dei capelli. A tale proposito va sottolineato che la cattiva salute della chioma inizia a manifestarsi ancora prima che tali carenze siano evidenti nel sangue. «È importante notare – spiegano gli specialisti della Sitri – che le alterazioni del bulbo e poi dello stelo del capello si verificano quando ancora non sono evidenti segni ematici di carenza». Questo aspetto è particolarmente evidente nella carenza di proteine, che porta la chiama ad atrofia e riduzione dei diametri dei bulbi. Oltre alle proteine, per la salute della chioma si ritengono di grande importanza aminoacidi quali la cistina, la metionina, l’istidina, la glicina, la fenilalanina, la tirosina e gli altri aminoacidi della gelatina di collagene. Un ruolo chiave poi è svolto dalle vitamine. «Alcune vitamine (A, E, B5, B6, PP, H) – spiega il dottor Andrea Marliani della Sitri – sono sicuramente coinvolte nell’attività follicolare. La presenza di anomalie dei capelli e dei peli può in certi casi essere ricondotta a carenze vitaminiche, imputabili spesso a drastici regimi dietetici perseguiti con troppa disinvoltura». Ultimi, ma non per importanza, ricordiamo i sali minerali, fondamentali per il benessere dell’organismo e anche per i capelli.

Integratori e cosmetici.

Diversi integratori alimentari disponibili in farmacia sono appositamente formulati per massimizzare la salute dei capelli, per rafforzarli, per arginarne la caduta e per integrare principi nutritivi eventualmente carenti nella dieta. Molti principi attivi si trovano anche in soluzioni cosmetiche, che possono essere di tipo curativo e specifiche per determinate problematiche, o per l’igiene e la cura regolare del capello. Prodotti come shampoo, lozioni, creme, fiale o tinture devono essere scelte accuratamente, in base alla tipologia del capello o a eventuali problemi da risolvere anche in via preventiva, per evitare di ritrovarsi nel cuore dell’inverno con una chioma spenta e indebolita.

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Dieta sana, l’importanza di variare gli alimenti a tavola

«Alla base di una vita in salute c’è un’alimentazione varia ed equilibrata. Un regime alimentare non corretto, infatti, oltre a incidere sul benessere psico-fisico, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose malattie croniche». Così esordisce un opuscolo del ministero della Salute destinato all’educazione alimentare nelle scuole. Questo per ribadire che la prima condizione per nutrirsi correttamente è quella di variare la tipologia dei cibi consumati perché, come prosegue il testo del Ministero «nessun alimento in natura contiene da solo tutte le sostanze nutritive indispensabili, per questo risulta fondamentale variare la dieta il più possibile». Per rendere più semplice la gestione del regime alimentare, vengono individuati sette gruppi di alimenti, ognuno dei quali contiene determinati principi nutritivi e solo insieme li contengono tutti. È quindi fondamentale farli ruotare ed essere certi di assumerli tutti regolarmente per non incorrere in carenze o eccessi.

I sette gruppi di alimenti.

Le categorie di alimenti che devono ruotare sulla tavola sono sette. La prima è rappresentata da carne, pesce e uova, la seconda da latte e derivati, la terza da cereali e tuberi, la quarta dai legumi, la quinta dai grassi da condimento, la sesta da ortaggi e frutta fonti di vitamina A (di colore giallo, verde e arancione), la settima da ortaggi e frutta fonti di vitamina C (broccoli, cavolo, lattuga, agrumi). Anche frutta e verdura, quindi, devono variare e si raccomanda di non consumarne sempre gli stessi tipi di ortaggi. «Dagli alimenti l’organismo umano ricava tutte le sostanze che gli servono per svolgere le attività quotidiane – spiegano gli esperti del Ministero -. In particolare, il cibo ingerito viene scisso nella bocca attraverso la masticazione, digerito parzialmente nello stomaco e completamente nell’intestino. Questi processi permettono di poter assimilare i nutrienti che sono utilizzati dalle cellule del nostro organismo per essere bruciati e ricavare l’energia necessaria a svolgere tutte le attività vitali».

Fondamentale un consumo abbondante di acqua.

Un discorso a sé va dedicato all’acqua, un alimento fondamentale per tutte le specie viventi. Come sottolineato nell’opuscolo del Ministero, l’acqua «costituisce l’80% del peso di un bambino, il 70% di quello dell’adulto e il 60% nell’anziano. Nel corpo umano la maggior parte dell’acqua si trova all’interno delle cellule (67%). Ogni giorno perdiamo un gran quantitativo di acqua che abbiamo necessità di reintrodurre attraverso i cibi e i liquidi. L’acqua svolge tante funzioni, presiede alla regolazione della temperatura corporea, allo svolgimento di tutte le reazioni metaboliche cellulari, allo scioglimento e alla diffusione dei gas, al trasposto di sostanze come gli ormoni e i nutrienti e all’eliminazione dei prodotti di rifiuto. Lubrifica gli occhi e le articolazioni, protegge il bambino nella cavità uterina e il cervello nella scatola cranica. La disidratazione, cioè la carenza di acqua nell’organismo, si manifesta soprattutto con la sensazione di sete che bambini e anziani tendono ad avvertire poco. Generalmente si consiglia di berne due litri al giorno, anche se il reale fabbisogno può variare dall’attività fisica e dalla temperatura esterna».

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Capelli e unghie, le strategie per rinforzarli e mantenerli in salute

L’aspetto dei capelli e delle unghie gioca un ruolo importante nell’immagine estetica di ogni persona, ma è spesso anche specchio del suo stato di salute. Sono diversi i fattori che influiscono sul benessere di queste due parti del corpo. Talvolta, chioma spenta, capelli che cadono e unghie che si sfaldano sono la conseguenza di patologie o di disfunzioni organiche. Altre volte, invece, dipendono da una dieta squilibrata e da carenze nutrizionali. Esistono poi componenti ambientali e climatiche, che possono danneggiare capelli e unghie con una certa facilità, come sole, vento e freddo intenso. Per mantenerli in salute, quindi, è opportune sostenerne l’equilibrio fisiologico e adottare strategie per rinforzarli.

La base è sempre una corretta alimentazione.

Qualsiasi carenza nutrizionale o squilibrio alimentare si riflette inevitabilmente sia sulla capigliatura sia sulle unghie. Ciò accade anzitutto perché si tratta di parti del corpo periferiche e non essenziali che, in mancanza di nutrienti, riceveranno vitamine e sali minerali in quantità scarse e insufficienti per mantenersi in salute. Per questo bisogna sempre alimentarsi con le quantità e le qualità di alimenti raccomandate per una buona salute generale, permettendo così a tutto l’organismo di assorbire quanto necessita in modo adeguato. In particolare, per il benessere delle unghie, occorre un’abbondanza di vitamine del gruppo B, presenti sia nelle carni, nelle uova e nei latticini, ma anche in molti ortaggi e nella frutta secca. Un altro elemento fondamentale è il ferro, la cui carenza si ripercuote in modo molto negativo sia sullo stato di salute generale sia sull’aspetto di chioma e unghie. Lo si può attingere da carne, spinaci e legumi. Molto utili sono poi gli alimenti ricchi di omega3, che contribuiscono sia a rinforzare i capelli e le unghie, ma che a renderli più lucenti. Tra le fonti più ricche di questo acido grasso troviamo senza dubbio il pesce. Non ultimo, come spesso si legge sulle etichette di molti prodotti cosmetici, la vitamina C è uno dei migliori antiossidanti, che a tavola non deve mancare.

L’aiuto della scienza.

L’integrazione alimentare e la cosmetica farmaceutica sono sempre più all’avanguardia nella ricerca mirata di soluzioni specifiche per la salute di determinate parti del corpo. Si può quindi ricorrere a prodotti espressamente formulati per rinforzare sia le unghie sia i capelli. Come spiega il professor Leonardo Celleno, dermatologo e presidente dell’Associazione italiana dermatologia e cosmetologia (Aideco), questi prodotti contengono «precursori di sostanze che vanno a costituire le fibre stesse della cheratina, come amminoacidi solforati (cistina, cisteina…), ma anche vitamine e particolari principi funzionali, in genere di derivazione vegetale. Polifenoli, flavini, betacaroteni vengono poi utilizzati negli integratori per contrastare la formazione dei radicali liberi derivante dai raggi UV e diminuirne la dannosità».

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Accarezzare un cane fa bene al cervello

Accarezzare un cane produce degli effetti sull’attività cerebrale umana: un recente studio svizzero condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Basilea ne ha misurato l’entità e la portata. Gli studiosi hanno reclutato 19 persone adulte sane (9 donne, 10 uomini) per misurare la loro attività cerebrale in diverse sessioni, sia in assenza sia in presenza di un cane. Quindi sono stati posizionati due elettrodi sulla fronte dei partecipanti per misurare l’attività della loro corteccia prefrontale, area del cervello che svolge un ruolo importane nell’elaborazione cognitiva sociale.

L’esperimento In principio i partecipanti sono stati monitorati in una condizione neutra, posti di fronte a un muro bianco e in assenza di cani. Poi sono state effettuate delle misurazioni man mano che entravano in contatto con un cane. Il primo approccio consisteva nel contatto visivo, poi si sarebbero seduti accanto al cane e infine lo avrebbero accarezzato. Dopo di che sarebbero tornati alla condizione iniziale di neutralità. Nessuno dei partecipanti era allergico al pelo dei cani o aveva una specifica fobia nei confronti di questi animali. Questi rilevamenti sono stati fatti in 6 sessioni per ciascun partecipante: tre in presenza di un cane e tre con un peluche contente al suo interno una borsa dell’acqua calda per renderlo più pesante e tiepido al contatto. Sono stati utilizzati tre cani reali: un Jack Russel, un Goldendoodle e un Golden Retriever, tutte femmine di età compresa tra i 4 e i 6 anni.

Risultati dell’esperimento.

I risultati hanno mostrato che l’attività cerebrale è aumentata durante le fasi di avvicinamento ai cani e i livelli di emoglobina sono rimasti elevati (indicando pertanto un aumento dell’attività cerebrale) anche dopo che il cane se n’era andato. Il peluche ha avuto effetti simili a quelli riscontrati in presenza di un cane reale ma solo inizialmente. I ricercatori hanno affermato che quando i partecipanti sono tornati dopo la prima sessione, la differenza nell’attività cerebrale tra le sessioni con cani veri e le sessioni con cani di peluche è aumentata notevolmente.

Questo esperimento è stato utile?.

Sì, lo è stato perché offre una visione del cervello basata sull’ossigenazione del sangue senza la necessità di analizzarlo tramite uno scanner. In futuro questo stesso esperimento potrebbe essere effettuato con soggetti affetti da determinate patologie (ad esempio anemia, malattie autoimmuni, emoglobina bassa,…) allo scopo di verificare se, anche in questi casi, aumenta o meno la loro attività cerebrale frontale una volta entrati in contatto con dei cani.