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Musica in palestra: ecco come si riduce la fatica durante l’allenamento

Che la musica faccia bene, è un dato di fatto. Tira su l’umore, aiuta il movimento e produce una sensazione di benessere diffuso. La novità è che aiuta anche a sentire meno la fatica.

C’è un vero e proprio studio che lo dimostra. La musica è un toccasana anche durante le estenuanti sessioni sul tapis roulant o nel corso di una faticosa lezione di “total body gym”. Nel corso dell’esperimento, condotto dai ricercatori della Brunel University di Londra e pubblicato sulla rivista International Journal of Psychophysiology, sono state analizzate le aree del cervello che si attivavano durante l’esecuzione di determinati esercizi ginnici, in presenza di musica di diversa intensità. Lo studio ha riguardato 19 adulti, che sono stati seguiti nell’esecuzione di determinate attività sportive in presenza o assenza di musica. Ogni sessione è durata 10 minuti e ai partecipanti è stato richiesto di eseguire 30 prove di esercizio. L’assegnazione dell’attenzione, le risposte da sforzo e i cambiamenti affettivi sono stati valutati immediatamente dopo ogni fase. Gli esercizi legati alla musica hanno moderato la salienza degli stimoli legati alla fatica e resa l’attività più piacevole rispetto alle condizioni di controllo non musicale, potendo  anche modulare, secondo gli autori,  le attività cardiache, respiratorie e muscolari. Ma non solo. «I molteplici effetti della musica sull’attività cerebrale comprendono un’aumentata attivazione nel lobo temporale, nella corteccia insulare, nel sistema limbico e nelle regioni frontali del cervello. Ciò è principalmente attribuito al fatto che ogni regione del cervello riguarda l’elaborazione di componenti specifici della musica (ad es. Melodia e armonia) e/o le successive risposte emotive suscitate dalla musica (Levitin, 2008)». Ovviamente, è chiaro che il tipo di musica possa avere effetti diversi a seconda dell’effetto che si desideri ottenere, pertanto, brani energici e ritmati si prestano ad ottenere risultati migliori in attività che richiedono sforzo fisico, mentre, al contrario, melodie rilassanti e a bassa frequenza, sono particolarmente adatte ad attività che richiedono distensione muscolare e rilassamento. Secondo il ricercatore Marcelo Bigliassi, è possibile incorrere, però, in un “effetto collaterale”, come nel caso dei farmaci, ovvero il rischio di sviluppare una sorta di dipendenza dallo stimolo musicale. «Negli ultimi vent’anni – ha spiegato l’esperto intervistato da Repbublica – abbiamo imparato tanto sugli effetti psicofisici, psicologici e psicofisiologici della musica che le persone stanno quasi sviluppando una forma particolare di dipendenza dallo stimolo musicale. Perciò, se continuiamo a promuovere, anche quando non è strettamente necessario, l’uso della stimolazione uditiva e visiva, la prossima generazione potrebbe non essere più in grado di tollerare l’affaticamento dell’esercizio fisico in assenza di musica». Probabilmente, questo è un allarme infondato e poco significativo, rispetto a tante altre dipendenze, reali e nocive, che creano problematiche ben più gravi, che assumono le dimensioni della vera patologia. Ma questo ce lo potrà dire soltanto il tempo.

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