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Elettrosmog: un problema ancora sottovalutato e sconosciuto. Come difenderci?

Il mondo moderno agevola ogni forma di comunicazione, rendendola fruibile, leggera e a portata di mano. Ma cosa succede al giorno d’oggi, nel momento in cui si accelera troppo, rendendola addirittura pericolosa per la salute?

Uno dei problemi degli ultimi decenni, e non ancora noto ai più, è quello relativo all’elettrosmog. La criticità nasce dal fatto che non è una minaccia immediatamente percepibile con i sensi normali, e allora, per molti, è “come se non esistesse”. Eppure c’è e crea disagi importanti a una crescente fetta della popolazione mondiale.I sintomi da inquinamento elettromagnetico possono iniziare con un semplice ronzio o formicolio alle orecchie, fino ad arrivare all’impossibilità di stazionamento nelle vicinanze di un’area all’interno della quale si trovi un ripetitore. Ci sono persone che addirittura hanno dovuto rinunciare ad una vita “normale”, lasciando tutto per trasferirsi in aree rurali non contaminate da questa nuova forma di inquinamento. Sì, perché per alcuni soggetti elettrosensibili, la situazione può diventare talmente insostenibile, da creare danni permanenti al corpo e alla mente. E se queste persone fossero semplicemente più sensibili, individui che hanno scoperto sulla propria pelle la reale pericolosità dell’elettromagnetismo? Se il loro fisico fosse semplicemente più allenato a riconoscere e rigettare qualcosa che fa male e che potrebbe trasformarsi in un allarme senza possibilità di ritorno?Gli interessi in gioco sono tanti, in quanto questa nuova forma di inquinamento riguarda interessi molto importanti all’interno di lobbies industriali legate alle telecomunicazioni, settore questo che rappresenta ormai il business del secolo (a partire dagli ultimi decenni dello scorso). Gli studi effettuati a livello indipendente dai ricercatori indicano una pericolosità crescente rappresentata dall’elettrosmog, caratteristica questa che suggerisce la necessità, da parte della popolazione, di tutelarsi a fronte della sovraesposizione alla quale tutti siamo sottoposti giornalmente (pensiamo soltanto a un router wifi domestico o a un telefono cellulare), spesso per ore e, nel caso di permanenza nei grandi agglomerati urbani, che prevedono la presenza di antenne e ripetitori addirittura sui tetti dei palazzi, continua. Va da sé che i grandi gruppi industriali non solo non siano interessati a divulgare tesi che ne dichiarino la nocività, quanto piuttosto supportino studi contrari, volti a dimostrare l’impossibilità di misurare reazioni pericolose dovute alla sovraesposizione elettromagnetica. Eppure, sono ben noti i casi che hanno affollato le pagine di cronaca degli ultimi tempi, che hanno associato, ad esempio, un’incidenza di patologie tumorali concentrate in aree in cui erano posti ripetitori e antenne. il problema è stato riconosciuto come tale anche dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha definito le onde elettromagnetiche come “potenzialmente cancerogene”. Molte sono le associazioni che vanno avanti, in maniera indipendente, che pubblicano studi a supporto delle tesi a sostegno della pericolosità di questa forma di inquinamento senza scorie visibili e che informano la popolazione sui reali pericoli e le petizioni in corso. Per citarne una, possiamo fare riferimento a A.M.I.C.A., Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale (www.infoamica.it), che, appena si è insediato il nuovo Governo, si è attivata chiedendo a tutti i parlamentari nuovi limiti di legge che rendano sicure per la salute le esposizioni elettromagnetiche emesse da cellulari, Wi-Fi e per chiedere il blocco immediato della sperimentazione della tecnologia 5G. L’associazione ricorda, inoltre, che lo scorso 13 Settembre, 180 scienziati hanno lanciato un appello alla Commissione Europea per chiedere il blocco della sperimentazione delle frequenze 5G per i pericoli che queste possono comportare in aggiunta ai rischi prodotti dalle attuali tecnologie 2G, 3G, 4G e Wi-Fi.L’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa già nel 2011 con la Risoluzione 1815, approvata all’unanimità, impegnava i paesi membri a ridurre le fonti di esposizione alla radiofrequenza di cellulari e Wi-Fi a favore di forme di connessioni via cavo che sono le uniche davvero innocue e per giunta le più efficaci in termini di capacità di trasmissione.Eppure, l’informazione procede a rilento rispetto alla forza delle lobbies, e il mondo va avanti, seguendo sempre la stessa direzione, ignorando quasi sempre i richiami e le grida d’allarme lanciate dagli esperti che, consigliano alla popolazione di trovare comunque il modo di proteggersi.Ma come tutelarsi, dunque, a fronte di una mancanza di protezione da parte delle istituzioni stesse? Il giornalista Maurizio Martucci ha scritto un libro inchiesta, intitolato “Manuale di difesa per elettrosensibili, come sopravvivere all’elettrosmog di cellulari, Wi-Fi e antenne di telefonia mobile, mentre arrivano 5G e Wi-Fi dallo spazio”, nel quale spiega a livello tecnico in cosa consistano le onde elettromagnetiche e quali siano problemi pratici a cui si va incontro nel corso di una sovraesposizione. Sono riportate numerose testimonianze da parte di cittadini elettrosensibili e vengono analizzate le opinioni di medici ed esperti, che raccontano, dal punto di vista di “addetti ai lavori” quali siano le conseguenze sul corpo umano e cosa fare per limitare l’assorbimento delle onde elettromagnetiche nell’organismo. Il primo passo? Il diritto di essere informati.

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