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Esposizione ai pesticidi, studio: «Se prenatale, influenza attività cerebrale»

Un recente studio ha evidenziato che l’esposizione prenatale ai pesticidi è legata a cambiamenti dell’attività cerebrale negli adolescenti.

Un recente lavoro portato a termine dai ricercatori dell’università della California riaccende i riflettori sulla correlazione tra esposizione ai pesticidi e salute nell’uomo. Nello specifico, il nuovo studio è uno dei primi a utilizzare l’imaging cerebrale avanzato per rivelare come l’esposizione a sostanze chimiche cambia il cervello. Gli organofosfati sono tra le classi di pesticidi più comunemente utilizzate negli Stati Uniti. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of National Academy of Sciences, ha utilizzato l’imaging funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS) per monitorare il flusso sanguigno nel cervello di 95 adolescenti nati e cresciuti nella Salinas Valley in California, dove l’irrorazione agricola dei pesticidi è comune.
Ebbene, rispetto ai loro coetanei, lo studio ha rilevato che gli adolescenti hanno livelli più elevati di esposizione prenatale agli organofosfati hanno mostrato un’alterata attività cerebrale durante l’esecuzione di compiti che richiedono il controllo esecutivo. I ricercatori hanno scoperto a tal proposito che gli adolescenti con una maggiore esposizione prenatale agli organofosfati avevano meno flusso sanguigno verso la corteccia frontale quando erano impegnati in compiti che testano la flessibilità cognitiva e la memoria visiva di lavoro e che avevano più flusso sanguigno verso i lobi parietali e temporali durante i test della memoria di lavoro linguistica.
Si sa poco sulla correlazione tra esposizione ai pesticidi e cervello, quindi non è chiaro perché l’esposizione agli organofosfati sia associata a un’attività cerebrale più bassa per alcuni compiti e attività cerebrale più alta per altri. Tuttavia, modelli simili sono stati osservati in altre condizioni che colpiscono il cervello, incluso il diabete di tipo 1, il Parkinson e l’Alzheimer. «Questi risultati sono convincenti – spiega Sharon Sagiv, professore associato associato di epidemiologia presso l’UC Berkeley e autore principale dello studio -, perché supportano ciò che abbiamo visto con i nostri test neuropsicologici, ovvero che gli organofosfati hanno un impatto sul cervello».

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