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Tumore al seno: un esame del sangue per testare l’efficacia delle cure

In una ricerca scientifica italiana è stato utilizzato un test del sangue per verificare l’efficacia della cura per il tumore al seno.

In uno studio tutto italiano è stato utilizzato un test del sangue per verificare l’efficacia della cura antitumorale adottata nelle 287 pazienti esaminate affette da cancro al seno metastatico ormonosensibile Her2 negativo. Lo studio, presentato nei giorni scorsi all’annuale Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) di Chicago, ha coinvolto 47 centri oncologici ospedalieri distribuiti su tutto il territorio nazionale senza mai ricorrere a una TAC di controllo. Questo studio di medicina di precisione “va a individuare nel sangue specifiche informazioni” – spiega il responsabile della ricerca Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toracico-polmonare dell’Istituto Pascale di Napoli – “ovvero tracce del DNA tumorale circolante e un parametro biochimico (tirosinochinasi A)”.

Prima di iniziare la terapia standard, le pazienti partecipanti all’esperimento sono state sottoposte a un prelievo del sangue, ripetuto 15 giorni dopo. Verificando la presenza di due biomarcatori, cioè di due elementi che testimoniano la presenza della neoplasia nell’organismo, “al 15° giorno ci siamo resi conto che eravamo già in grado di suddividere le pazienti tra quelle altamente rispondenti alla terapia e quelle scarsamente rispondenti” sostiene De Laurentiis. “Il vantaggio, se questi dati saranno confermati, è innanzitutto che la cura non sarà più portata avanti per alcuni mesi per poi fare la TAC di controllo per comprenderne l’esito, ma già dopo15 giorni si potrà valutare se la terapia funziona e se non è così le pazienti possono essere indirizzate subito verso una cura alternativa”. Di conseguenza alla paziente “possono inoltre essere risparmiati tossicità ed effetti collaterali inutili.

Se i dati fossero confermati, con la biopsia liquida potremmo dunque sapere in netto anticipo quali tumori sono resistenti al trattamento”. Da questa nuova metodologia clinica trarrebbe vantaggio anche il Sistema Sanitario Nazionale, dato che non è invasiva e certamente rientra fra quelle a basso costo. De Laurentiis: “Ci concentreremo sulle pazienti risultate resistenti alla cura standard per capire se ci sono mutazioni particolari, per poter poi personalizzare la terapia proprio sulla base dei meccanismi di resistenza della paziente. Si va cioè, sempre di più, verso un’oncologia di precisione”. Pe il momento “siamo di fronte a dati preliminari – sottolinea Grazia Arpino, docente di Oncologia Medica all’Università Federico II di Napoli – e sono necessari ulteriori studi clinici. La loro utilità però potrebbe essere cruciale”. Nel 2020 in Italia sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di tumore al seno, mentre sono oltre 37.000 le donne malate di neoplasia al seno.

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