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Attività fisica negli anziani: riduce la mortalità fino al 30%

Gli anziani che praticano regolare attività fisica riducono il rischio mortalità, specie quella cardiovascolare, fino al 30%.

Il 27 e il 28 ottobre scorsi si è svolto a Roma il XV Congresso Nazionale di Cardiogeriatria, presieduto dai professori Lorenzo Palleschi, direttore dell’Unità Operativa Complesso di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, e Francesco Vetta, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia e Aritmologia di IDI-IRCSS. Fra le tematiche affrontate, quella del fondamentale rapporto tra attività fisica, condizioni di salute e speranza di vita negli anziani.

Movimento, prevenzione, salute.

Sul legame tra movimento e riduzione del rischio di mortalità nelle persone in età avanzata il prof. Palleschi ha spiegato: “Il movimento non solo previene la maggior parte delle malattie cardiovascolari e cronico-degenerative (anche la demenza di Alzheimer, definita per la sua altissima prevalenza la vera epidemia del terzo millennio), ma permette una miglior conservazione dell’efficienza fisica, garantendo così di vivere a lungo in forma e in piena autonomia. Il declino della massa, forza muscolare e capacità motorie che è stato a lungo considerato un corollario ineluttabile dell’invecchiamento, non si osserva, o è molto meno evidente, in chi continua a praticare esercizio fisico anche in età matura-anziana. Gli anziani over 80 che praticano esercizi di resistenza hanno performance motorie equivalenti alla classe di età 50-54 anni”.

Degenza ospedaliera e movimento delle persone anziane.

Il prof. Palleschi ha poi sottolineato come l’attività fisica negli anziani faccia la differenza anche quando sono ricoverati in ospedale o in altre strutture sanitarie (se le condizioni fisiche glielo consentono, naturalmente). La scarsa mobilità causa un aumento del rischio di perdita dell’autonomia personale e altre complicazioni. “L’ipomobilità durante il ricovero può aumentare il rischio di morte di 30 volte rispetto ai soggetti ad alta mobilità. Data la pervasività di questo problema, la scarsità di movimento durante il ricovero in ospedale è stato definito per la prima volta “pericoloso” nel 1947, e successivamente descritto come un’epidemia. Gli ospedali hanno compiuto notevoli progressi nell’ultimo mezzo secolo e negli ultimi due decenni in particolare”.

COVID-19 e attività fisica degli anziani.

Nella cornice del XV Congresso Nazionale di Cardiogeriatria Palleschi ha infine ricordato che “La pandemia Covid-19 presenta nuove e gravi sfide che minacciano di compromettere i recenti sforzi e i progressi verso una cultura della mobilità. Le rigide misure di distanziamento sociale dentro le strutture sanitarie, le carenze di personale riallocate ad aree ad alto fabbisogno come il pronto soccorso o le terapie intensive, la mancanza di dispositivi di protezione, la diffidenza dei pazienti nei confronti della mobilità stanno minacciando la promozione dell’attività fisica all’interno delle strutture sanitarie. Un recente studio pubblicato quest’anno sulla prestigiosa rivista British Medical Journal ha dimostrato che un programma di esercizi condotto su una popolazione di persone anziane fragili con riduzione della massa muscolare (sarcopenia) è in grado di diminuire il rischio di disabilità motoria, nello specifico di percorrere a piedi 400 metri in autonomia”.

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