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Alimentazione e patologie: il lato oscuro del cibo. Come nutrirci senza ammalarci?

Sono molte le insidie che si nascondono all’interno delle confezioni dei prodotti industriali, ma anche sui banchi del mercato.

Siamo quello che mangiamo? Sembra di sì e questa non è quella che si può definire una buona notizia. Il problema è subdolo, perché è proprio dentro a ciò che mangiamo e beviamo che si nascondono le minacce più pericolose. Al giorno d’oggi c’è una particolare attenzione all’alimentazione. Prodotti biologici, filiera corta, chilometro zero: queste ed altre espressioni hanno decretato, nell’ultimo decennio, il ritorno alla necessità di riscoprire una naturalità perduta a causa dell’avvento della grande distribuzione. E così, dopo il boom del cibo in scatola, carne e uova provenienti da allevamenti intensivi, insalata in busta e cibi pronti, una bella fetta della popolazione ha deciso di riscoprire un’alimentazione che sia più sana possibile.Ma siamo sicuri che tutti gli accorgimenti che prendiamo ci aiutino davvero a scegliere bene e a nutrirci nel modo corretto? Oppure, è preferibile consumare cibi prodotti su scala industriale, che prevedono una serie di controlli routinari, a garanzia della salubrità degli stessi? Probabilmente nulla di tutto ciò è davvero sufficiente. Se pensiamo, infatti, al contesto all’interno del quale i cibi, anche quelli definiti più sani, vengono prodotti, possiamo facilmente renderci conto che molte cose non sono esattamente come dovrebbero essere. Eppure le etichette, le informazioni nutrizionali presenti sulle confezioni, le rassicurazioni dell’agricoltore che conosciamo e la dieta sempre più attenta, dovrebbero tranquillizzarci sul fatto che, sì, ci alimentiamo nel modo più corretto. Ma da dove arriva il grano con cui viene fatta la pasta che mangiamo? Dove vengono raccolti i pomodori con cui facciamo il sugo? Con quale acqua viene impastata la farina del pane che è presente sulla nostra tavola? L’inquinamento della nostra terra, violata con rifiuti che non riusciamo più a gestire, scorie tossiche interrate, falde acquifere avvelenate, materiali che non vengono riciclati correttamente, torna esattamente – come da manuale – nel ciclo naturale della produzione. È il principio del “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, che però, purtroppo, vede questa trasformazione come un mostro che mina la salute di coloro che dovrebbe preservare. Pertanto, siamo sicuri che l’albero da cui raccogliamo le mele ospita davvero frutti sani, solo perché non irradiati da diserbanti?L’analisi che dovremmo fare è molto lunga, complessa e minuziosa e riguarda in primis una silenziosa e consapevole presa di coscienza su ciò che  ciascuno di noi dovrebbe fare. Perché se nell’acqua minerale che beviamo sono presenti particelle microplastiche e nanoplastiche avvelenate, se siamo sempre più soggetti all’insorgenza di patologie tumorali, se la modalità di cottura domestica dei cibi può produrre scorie pericolose, che si accumulano nell’organismo, un po’ è anche colpa nostra.Da dove cominciare, dunque? Sicuramente dalla consapevolezza di quello che possiamo fare per migliorare il nostro pezzettino di mondo, attraverso l’apprendimento di comportamenti che possono aiutare a salvare il pianeta e a cambiare radicalmente abitudini. Paolo Cioffi, farmacista che ha vinto una terribile malattia, ha deciso di mettere a disposizione degli altri la sua esperienza e le conoscenze apprese nel corso dei propri studi, per mettere in guardia le persone dai pericoli che possono nascondersi proprio nei cibi, in particolar modo le particelle plastiche che ingeriamo in maniera assolutamente inconsapevole e che contribuiscono a farci ammalare. Nel testo “La dieta della plastica: conosci, riduci e previeni i veleni nascosti in plastiche, microplastiche e nanoplastiche di alimenti, bevande e non solo”, Cioffi, dunque, non solo descrive i principi della buona educazione e della sicurezza alimentare, ma insegna anche, attraverso l’applicazione di oltre cento semplici accorgimenti basati su solide evidenze scientifiche, la modalità migliore per nutrirsi con attenzione, riducendo drasticamente la percentuale di elementi contaminanti da cibi e acqua.  Se è vero, dunque, che “l’appetito vien mangiando”, possiamo anche fare in modo di compiere un passo in più: quello che “la salute arrivi imparando”. A mangiare.

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