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Sole, benefici ma anche rischi per la salute

Il sole è una fonte di energia e benessere per l’organismo in quanto la luce solare stimola la produzione di vitamina D, utile alla salute delle ossa e del sistema immunitario. L’esposizione moderata al sole può migliorare l’umore e ridurre sintomi legati a stress e ansia. Nonostante i benefici, è bene evitare l’esposizione eccessiva e non protetta, che può causare danni alla pelle e agli occhi.

Come proteggersi dai rischi del sole

I raggi ultravioletti (Uv) emessi dal sole possono avere effetti negativi sulla pelle: scottature, invecchiamento precoce. Nei casi più gravi, possono aumentare il rischio di sviluppare tumori cutanei. Per prevenire questi problemi, è bene utilizzare creme solari con un fattore di protezione adeguato al proprio fototipo, applicandole più volte durante la giornata. È altrettanto importante indossare occhiali da sole con filtri Uv e coprire la testa con cappelli per proteggersi dai colpi di calore.

Quando e come esporsi al sole in sicurezza

Il momento migliore per esporsi al sole è durante le prime ore del mattino o nel tardo pomeriggio, quando i raggi Uv sono meno intensi. Evitare l’esposizione nelle ore centrali della giornata, tra le 11 e le 16, riduce il rischio di danni cutanei. È fondamentale idratarsi correttamente, bevendo acqua regolarmente per compensare la perdita di liquidi dovuta al calore. Per chi assume farmaci fotosensibilizzanti, è necessario consultare il medico o il farmacista per valutare eventuali precauzioni aggiuntive. È utile ricordare che i consigli forniti dai farmacisti non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di problematiche persistenti o dubbi, è sempre necessario rivolgersi a un professionista sanitario di riferimento.

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Azitromicina: le indicazioni per ridurre la resistenza agli antibiotici

L’azitromicina è un antibiotico utilizzato da decenni per il trattamento di diverse infezioni batteriche, sia negli adulti che nei bambini. Inserito tra i farmaci essenziali dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il principio attivo riveste un ruolo importante nella salute pubblica. Negli ultimi anni si è osservato un aumento della resistenza batterica nei suoi confronti, fenomeno che ne riduce l’efficacia. Dunque, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha ritenuto necessario rivederne le indicazioni terapeutiche.

Razionalizzazione delle indicazioni terapeutiche

Il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) ha analizzato i dati disponibili sull’azitromicina, inclusi studi clinici e informazioni sulla resistenza batterica. Sulla base della valutazione, sono state modificate le indicazioni autorizzate per l’uso orale e endovenoso del farmaco, al fine di renderle più precise e allineate alle evidenze scientifiche attuali. Tra le infezioni per cui l’azitromicina rimane indicata vi sono quelle delle vie respiratorie superiori e inferiori, alcune malattie sessualmente trasmissibili e infezioni del sistema riproduttivo femminile. Sono state inoltre armonizzate le dosi raccomandate e le controindicazioni tra i diversi prodotti disponibili.

Rimozione di alcune indicazioni e nuovi avvertimenti

Il Chmp ha stabilito che l’azitromicina non deve più essere utilizzata per il trattamento dell’acne moderata, per l’eradicazione dell’Helicobacter pylori e per la prevenzione delle riacutizzazioni dell’asma. In tali casi, i benefici non sono risultati sufficienti a giustificarne l’impiego. È stata inoltre introdotta una nuova avvertenza sul rischio di sviluppo di resistenza batterica, sottolineando la necessità di valutare attentamente il rapporto beneficio-rischio prima della prescrizione. Le modifiche approvate saranno ora trasmesse alla Commissione europea per l’adozione di una decisione definitiva. Le informazioni fornite non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di dubbi o persistenza dei sintomi, è necessario consultare un professionista sanitario.

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Segnali “insoliti” che rivelano carenza di vitamine

Il corpo invia segnali quando qualcosa non funziona correttamente. Alcuni fastidi insoliti possono essere legati a carenze vitaminiche. Ad esempio, la sensazione di stanchezza persistente, non giustificata da sforzi particolari, potrebbe essere associata a mancanza di vitamina D o del gruppo B. Problemi alla pelle, come secchezza o desquamazione, potrebbero derivare da un deficit di vitamina A o E.

Fragilità di unghie e capelli

Un altro segnale meno noto è la fragilità delle unghie o la caduta eccessiva dei capelli, spesso collegata a carenze di biotina o ferro. Formicolii agli arti o difficoltà nella cicatrizzazione delle ferite potrebbero indicare carenza di vitamine del complesso B o vitamina C.

Compensare le carenze vitaminiche

Identificati i possibili segni di carenza, è importante agire in modo mirato. L’alimentazione è fondamentale: varia ed equilibrata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre, può ripristinare i livelli vitaminici necessari. Ad esempio, la vitamina D si trova in pesci grassi come il salmone, mentre la vitamina C è abbondante negli agrumi e nei kiwi.

Integratori alimentari se consigliati dal medico o dal farmacista

Nei casi in cui l’alimentazione non sia sufficiente, può essere utile ricorrere a integratori alimentari, previo consiglio del farmacista o del medico. È importante evitare il fai-da-te, poiché un eccesso di alcune vitamine può essere dannoso. Gli integratori vanno assunti seguendo le dosi indicate e, se possibile, sotto controllo specialistico.

Quando rivolgersi a un medico

Se i sintomi persistono nonostante i cambiamenti nello stile di vita o l’assunzione di integratori, è necessario consultare un medico. Alcune carenze vitaminiche potrebbero nascondere condizioni più complesse, come malassorbimento intestinale o patologie croniche. Un professionista potrà valutare la situazione attraverso esami specifici e indicare la terapia più adatta.

Ricorrere tempestivamente al medico quando necessario

In presenza di segnali come affaticamento estremo, vertigini o alterazioni dell’umore, è consigliabile evitare ritardi nella ricerca di un parere medico. La tempestività può prevenire complicazioni e garantire un recupero più rapido ed efficace. Il consiglio dei farmacisti non intende sostituire il consulto con i medici curanti. Se i sintomi persistono, è necessario rivolgersi a un medico o a uno specialista di riferimento.

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Perché la pelle si irrita? I detersivi possono essere la causa

La pelle è un organo sensibile che può reagire negativamente a sostanze presenti nei prodotti per la pulizia. Molti detersivi contengono ingredienti chimici che, a lungo andare, possono alterare il film idrolipidico cutaneo, causando secchezza, arrossamenti o prurito. Le mani sono particolarmente esposte agli effetti, poiché entrano spesso in contatto con detergenti durante le attività domestiche.

Riconoscere i segnali di un’irritazione da detersivo

I segnali più comuni comprendono una sensazione di tensione, desquamazione o piccole fissurazioni. Talvolta, possono comparire vere e proprie dermatiti da contatto, soprattutto in soggetti con predisposizione allergica. È importante osservare se i disturbi peggiorano dopo l’uso di determinati prodotti, poiché alcuni componenti come tensioattivi, profumi o conservanti sono noti per essere potenzialmente irritanti.

Prevenire e proteggere la pelle dai danni dei detergenti

Per limitare il rischio di irritazioni è consigliabile optare per detersivi con formulazioni delicate, privi di sostanze aggressive. L’uso di guanti protettivi durante le pulizie può limitare il contatto diretto con i prodotti. In caso di pelle già sensibile, è utile applicare creme idratanti o emollienti dopo il lavaggio, per ripristinare la barriera cutanea. Se i sintomi persistono, è necessario valutare con un professionista la possibilità di allergie o intolleranze specifiche. I consigli forniti dai farmacisti non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di disturbi persistenti o aggravamento dei sintomi, è opportuno rivolgersi a un medico specialista.

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Fumo, aumento del “policonsumo” tra giovani e adulti: i dati dell’Istituto superiore di sanità

L’introduzione di sigarette elettroniche e dispositivi a tabacco riscaldato ha modificato le abitudini legate al fumo. Secondo i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità in occasione del No Tobacco Day, il calo storico dei fumatori tradizionali si è arrestato, mentre è aumentato il ricorso a più prodotti contemporaneamente, soprattutto tra i giovani. Circa il 40% degli studenti delle superiori utilizza almeno un prodotto contenente nicotina, con un incremento del cosiddetto “policonsumo”.

Il fenomeno del policonsumo tra gli adolescenti

Le ricerche condotte su oltre 8mila giovani tra gli 11 e i 17 anni hanno mostrato che il 7,5% degli studenti delle medie e il 37,4% delle superiori ha fumato o svapato negli ultimi 30 giorni. Tra i 14-17enni, le ragazze consumano più dei coetanei maschi, con una percentuale del 42,1% contro il 32,2%. Preoccupa l’abitudine al policonsumo, passata dal 38,7% nel 2022 al 70,7% nel 2025 tra gli studenti più grandi. Anche l’uso di bustine di nicotina è in aumento, con l’8,2% dei 14-17enni che le ha provate. I dati hanno rivelato che molti giovani utilizzano questi prodotti in modo abituale: tra gli 11-13enni, il 16% ha fumato sigarette elettroniche per oltre 20 giorni al mese, percentuale che sale al 35,9% tra i 14-17enni. L’acquisto avviene spesso tramite amici o, nonostante i divieti, direttamente dai rivenditori. La scuola rimane un ambiente in cui il fumo è visibile, soprattutto tra gli studenti delle superiori.

La situazione tra gli adulti e le tendenze

Tra gli adulti, il 24% della popolazione fuma abitualmente, con una leggera riduzione dei consumatori esclusivi di sigarette tradizionali. Tuttavia, cresce l’uso combinato di più prodotti, passato dall’1,5% nel 2014 al 4,8% nel 2024. Anche chi non ha mai fumato inizia a utilizzare sigarette elettroniche o dispositivi a tabacco riscaldato, esponendosi ai rischi della nicotina. Le differenze socioeconomiche influenzano i consumi: il fumo tradizionale è più diffuso tra chi ha difficoltà economiche o bassa istruzione, mentre i nuovi dispositivi sono preferiti dai giovani e dai diplomati. L’uso di tabacco riscaldato, seppur limitato al 4% della popolazione, è in rapida crescita, specialmente tra le donne under 24.

I tentativi di smettere e l’esposizione al fumo passivo.

Un terzo dei fumatori adulti ha cercato di smettere nell’ultimo anno, ma solo il 12% ci è riuscito. La maggioranza ha tentato senza supporto medico. Intanto, il rispetto del divieto di fumo nei luoghi di lavoro è migliorato, raggiungendo l’84%, ma permangono differenze regionali, con minore adesione al Sud. L’11% delle famiglie ammette ancora il fumo in casa, nonostante i rischi per la salute. È utile osservare che informazioni fornite non sostituiscono il parere del medico. In caso di problematiche persistenti, è necessario consultare uno specialista.