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Cambiamento climatico e salute: aumento delle temperature e resilienza climatica

Tale probabilità cresce con il passare del tempo, secondo il più recente aggiornamento sull’andamento delle temperature globali pubblicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO). Parimenti, esiste una probabilità del 93% che un anno tra il 2022 e il 2026 diventi il più caldo mai registrato, scalzando il 2016 dalla prima posizione. È dal 2015 che la possibilità di varcare la famigerata soglia di +1,5°C è aumentata in modo costante. Basti pensare che fra il 2017 e il 2021 una simile eventualità era pari al 10%; nel periodo 2022-2026 è aumentata di quasi il 50%.

“Questo studio mostra – con un alto livello di competenza scientifica – che ci stiamo avvicinando notevolmente al raggiungimento temporaneo dell’obiettivo più basso dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. La cifra di 1,5°C non è una statistica casuale. È piuttosto un indicatore del punto in cui gli impatti climatici diventeranno sempre più dannosi per le persone e in effetti per l’intero pianeta “, ha dichiarato il segretario generale del WMO, il professor Petteri Taalas. “Finché continueremo a emettere gas serra, le temperature continueranno a salire. E insieme a ciò, i nostri oceani continueranno a diventare più caldi e più acidi, il ghiaccio marino e i ghiacciai continueranno a sciogliersi, il livello del mare continuerà a salire e il nostro clima diventerà più estremo. Il riscaldamento dell’Artico è sproporzionatamente elevato e ciò che accade nell’Artico colpisce tutti noi”, ha aggiunto Taalas.

“Entro i prossimi cinque anni, tutti sulla Terra dovrebbero essere protetti da sistemi di allerta precoce contro condizioni meteorologiche e cambiamenti climatici sempre più estremi” ha dichiarato recentemente il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. “Dobbiamo aumentare il potere di previsione per tutti e costruire la loro capacità di agire. Gli allarmi precoci e l’azione tempestiva sono strumenti critici per ridurre il rischio di catastrofi e supportare l’adattamento climatico”. Ma che cos’è un “allarme precoce”? Un sistema di allerta precoce per inondazioni, siccità, ondate di calore o tempeste è un impianto integrato di dati e procedure che informa i cittadini sul prossimo verificarsi di eventi meteo/climatici pericolosi. Quindi prepara governi, comunità e singoli individui su come possono agire per ridurne al minimo gli impatti imminenti. Questo sistema consente di monitorare eventi atmosferici violenti in tempo reale sia sulla terraferma sia in mare, facendo anche delle previsioni su fenomeni futuri grazie all’utilizzo di modelli numerici computerizzati avanzati.

A febbraio l’EEA, l’Agenzia Europea dell’Ambiente, ha pubblicato i dati sulle conseguenze degli eventi climatici estremi negli ultimi 40 anni (1981-2020) in Europa: 140 mila morti, 520 miliardi di danni economici. Ondate di calore, ondate di gelo, tempeste, siccità, inondazioni, incendi…: più dell’85% delle vittime è stata colpita da un’ondata di calore. In Italia, gli eventi estremi degli ultimi 40 anni hanno causato la morte di 21 mila persone e 90 milioni di euro di danni. Ecco perché i sistemi di allerta precoce devono includere piani di intervento e reazione a simili eventi, concordati tra governi, comunità e persone, allo scopo ridurne al minimo gli effetti. Un sistema di allerta precoce completo deve includere anche le lezioni apprese dal passato, al fine di migliorare continuamente le risposte, allenando singoli e comunità alla resilienza climatica, in vista del futuro che ci aspetta.

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Bactrim, l’Aifa informa della sostituzione con Bactrimel

«L’attuale formulazione di Bactrim 80 MG/5 ML + 400 MG/5 ML sospensione orale non può più essere prodotta a causa dell’indisponibilità a lungo termine di uno dei suoi componenti», per questo motivo «Una nuova formulazione è ora disponibile: Bactrimel 40 MG/ML + 8 MG/ML sospensione orale». È quanto ha fatto sapere l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in una nota pubblicata il 12 maggio 2022. La stessa Aifa puntualizza che «il dosaggio del principio attivo della nuova formulazione è dimezzato rispetto alla formulazione precedente. Si dovrà prestare particolare attenzione alla concentrazione del nuovo medicinale in modo che il paziente riceva sempre il regime appropriato».

Nella stessa nota si legge che «Bactrimel sospensione orale è indicato negli adulti, negli adolescenti, nei bambini e nei lattanti di età superiore alle 6 settimane per le seguenti indicazioni : infezioni delle vie urinarie superiori, infezioni complicate delle vie urinarie inferiori, prostatite, infezioni gravi che hanno origine nelle vie urinarie, riacutizzazione di bronchite cronica, shigellosi, febbre tifoide e paratifoide, trattamento delle infezioni causate da Pneumocystis jirovecii; profilassi delle infezioni causate da Pneumocystis jirovecii, in particolare in pazienti immunocompromessi». Per ulteriori chiarimenti è bene rivolgersi al proprio medico di famiglia o al farmacista di fiducia.

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Una settimana senza Social Network: migliorano benessere, ansia e depressione

Lo dimostra uno studio condotto dall’Università di Bath e appena pubblicato sulla rivista accademica Cyberpsychology, Behavior and Social Networking. L’esperimento ha coinvolto un gruppo di 154 persone fra i 18 e i 72 anni. Ad alcuni di loro è stato chiesto di sospendere la propria attività sui Social Network per sette giorni. Agli altri, il cosiddetto gruppo di controllo, di continuarla normalmente come ogni giorno. Fra coloro i quali hanno sospeso la propria presenza sui Social c’è chi ha “risparmiato” fino a 8-9 ore a settimana. Tempo utile da dedicare a se stessi anziché a Facebook, Twitter, TikTok, Instagram. Dopo una settimana di “digiuno” dai Social Network, i ricercatori hanno riscontrato differenze sostanziali nei punteggi assegnati ai partecipanti intorno ai livelli di benessere, depressione e ansia dei partecipanti: tutti decisamente migliorati.

Studi precedenti confermano quanto evidenziato dai ricercatori dell’Università di Bath guidati dal prof. Jeffrey Lambert. Ad esempio, una ricerca trasversale compiuta su 1.787 adulti statunitensi, fra i 19 e i 32 anni di età, ha esaminato l’uso quotidiano dichiarato dei Social Network. Coloro che li utilizzavano di più erano anche più soggetti a stati depressivi. In altre parole, alti livelli di utilizzo dei Social Media prefigurano una diminuzione del benessere quotidiano. In alcuni casi, l’utilizzo eccessivo dei canali Social può generare problemi di salute mentale, specie tra i più giovani. Uno studio effettuato su 12.866 giovani fra i 13 e i 16 anni nel Regno Unito ha rilevato che l’uso compulsivo (più volte al giorno) dei Social Network nella fascia di età fra i 13 e i 14 anni preludeva criticità nei livelli di salute mentale due anni dopo.

L’indagine pubblicata sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking affronta anche diverse lacune della letteratura scientifica su questa materia, esplorando il modo in cui i vari Social Network possono impattare su differenti aspetti della salute mentale. In altri termini, piattaforme diverse portano a risultati psicologici differenziati in base alle peculiari caratteristiche del singolo canale utilizzato. Ad esempio, questo studio mostra come la diminuzione del tempo trascorso su Twitter e TikTok può mediare l’effetto che l’astensione ha sulla riduzione dei sintomi della depressione. Il solo uso di TikTok, invece, media solamente la riduzione dell’ansia.

Fra i punti di forza di questa ricerca emerge senza dubbio l’indagine randomizzata, la quale ha permesso di evidenziare un rapporto di causa-effetto tra uso dei Social Network, loro sospensione temporanea e miglioramento delle condizioni psicofisiche dei soggetti analizzati. Altro punto a suo favore è l’analisi di più piattaforme Social anziché di una sola, come era stato fatto negli studi precedenti sullo stesso argomento. Invece fra i punti di debolezza riconosciuti dai ricercatori vi è la scelta del campione da sottoporre all’esperimento: chi ha aderito al progetto lo ha fatto perché seriamente motivato, dunque i risultati potrebbero aver risentito di questa forte motivazione.

D’altro canto, alcuni partecipanti hanno inizialmente aderito all’esperimento per poi abbandonarlo in corso d’opera. Inoltre un periodo di sospensione delle attività sui Social Network potrebbe non bastare a determinare gli effetti a lungo termine preconizzati. Infine, le conseguenze della pandemia di COVID-19 potrebbero aver influenzato i risultati (per esempio, l’uso dei Social Media durante la pandemia potrebbe non essere lo stesso che si fa in un periodo non pandemico). Infine, i partecipanti erano soprattutto giovani donne bianche con un’istruzione superiore: questo dato potrebbe avere avuto un impatto specifico sulla generalizzazione dei risultati finali, estesi ad una popolazione più ampia.

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Aumentano nel mondo i casi di morbillo in età infantile

Queste le cifre: da gennaio a febbraio 2022 i contagi registrati sono stati quasi 17.338; 9.665 nei primi due mesi del 2021. Così si rischia il diffondersi di malattie prevenibili con il vaccino, avvertono le due organizzazioni internazionali impegnate in campagne vaccinali in tutto il pianeta. I periodi di lockdown legati alla pandemia da COVID-19, le disuguaglianze nell’accesso ai vaccini e la dispersione delle risorse destinate all’immunizzazione di massa stanno privando troppi bambini del vaccino anti-morbillo e altre malattie coperte da vaccini. Negli ultimi mesi il pericolo che scoppino focolai di morbillo è gravemente aumentato poiché si sono allentate le misure restrittive, come il distanziamento sociale, previste per contenere la diffusione del COVID-19. A ciò si aggiungono le crisi e i conflitti internazionali in Ucraina, Etiopia, Somalia, Afghanistan con la conseguente interruzione delle vaccinazioni, la mancanza di acqua potabile e di servizi igienici essenziali, il sovraffollamento. Tutte condizioni che favoriscono la diffusione di malattie virali altrimenti prevenibili.

Il virus del morbillo, molto contagioso e con effetti anche letali sull’organismo, indebolisce fortemente il sistema immunitario, rendendo il bambino più esposto ad altre infezioni virali come la polmonite. “Il morbillo è più di una malattia pericolosa e potenzialmente mortale. È anche una prima indicazione che esistono lacune nella nostra copertura vaccinale globale, lacune che i bambini vulnerabili non possono permettersi”, ha affermato Catherine Russell, Direttore Esecutivo dell’UNICEF. “È incoraggiante che le persone in molte comunità inizino a sentirsi sufficientemente protette dal COVID-19 per tornare ad attività più sociali. Ma farlo in luoghi in cui i bambini non ricevono la vaccinazione di base crea la tempesta perfetta per la diffusione di una malattia come il morbillo”.

Nel 2020, 23 milioni di bambini non hanno ricevuto i vaccini di base per l’infanzia, il numero più alto dal 2009. Ad aprile di quest’anno i focolai di morbillo segnalati all’OMS sono stati 21, la maggior parte dei quali in Africa e nell’area del Mediterraneo orientale. Probabilmente sono molti di più, dato che la pandemia ha interrotto i sistemi di sorveglianza di molte altre malattie a livello globale. La causa principale della propagazione del morbillo in queste regioni è l’insufficiente copertura vaccinale.

“La pandemia di COVID-19 ha interrotto i servizi di immunizzazione, i sistemi sanitari sono stati sovraccaricati e ora stiamo assistendo a una recrudescenza di malattie mortali, incluso il morbillo. Per molte altre malattie, l’impatto di queste interruzioni dei servizi di immunizzazione si farà sentire per i decenni a venire”, ha affermato il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Ora è il momento di rimettere in sesto l’immunizzazione essenziale e lanciare campagne di recupero in modo che tutti possano avere accesso a questi vaccini salvavita”.

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Sognare durante e dopo il lockdown: analogie e differenze

Diversi studi scientifici dimostrano come la pandemia da COVID-19 abbia profondamente inciso sia sul nostro rapporto con il sonno sia sui nostri sogni notturni, in termini di frequenza, contenuti e capacità di ricordarli. In uno studio da poco pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health è stata studiata l’attività onirica durante e dopo il lockdown da COVID-19 nel corso del 2020.

Hanno partecipato alla sperimentazione 108 persone, nelle quali sono stati esaminati la qualità del sonno, le abitudini giornaliere, i livelli di ansia e depressione durante e dopo il lockdown. I risultati di questo studio mostrano che la scarsa qualità del riposo notturno, stati d’ansia e atteggiamenti depressivi riscontrati nel corso del primo lockdown sono rimasti invariati anche nel periodo post-lockdown. In questa seconda fase, caratterizzata da una riduzione delle misure restrittive, sono diminuiti il periodo di latenza del sonno, i comportamenti notturni correlati a disturbi da stress post-traumatico, il tempo dedicato ai media digitali.

Ancora, dopo la fase di lockdown totale, l’attività onirica dei soggetti analizzati diminuisce, così come l’intensità emotiva legata ai sogni, la loro vividezza, la lunghezza e la loro originalità o eccentricità. L’emozione più diffusa nei sogni dei partecipanti, rimasta invariata durante e dopo il lockdown, è la paura. Ciò che cambia tra una fase e l’altra (lockdown/post-lockdown) è invece la frequenza dei sogni in qualche misura collegati al blocco fisico-sociale da lockdown. Il superamento delle chiusure e dei confinamenti domiciliari e sociali ha impattato fortemente sui nostri sogni notturni, a questo punto progressivamente affrancati da emozioni e contenuti pertinenti il periodo di isolamento appena vissuto.

Inoltre, rimangono stabili nell’attività onirica durante e post lockdown anche la bassa qualità del sonno e gli stati emotivi negativi (ansia, depressione,…). Probabilmente perché permangono, e si trascinano oltre la fase di lockdown, numerosi effetti avversi della pandemia, evidentemente incancellabili nonostante l’evaporare delle restrizioni sociali. Il fatto che l’isolamento emergenziale abbia influenzato i sogni notturni può essere interpretato nell’ottica dell’ipotesi della continuità, secondo la quale esiste un continuum tra esperienze/emozioni diurne e attività onirica notturna. In altri termini, in base a questa teoria, i sogni non fanno altro che riverberare inquietudini, preoccupazioni, eccitazioni e pensieri che il sognatore vive nel periodo di veglia.