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Alcool, d’estate attenzione a non esagerare

Assumere alcool in grandi quantità ha sempre effetti molto dannosi per la salute. La moderazione è quindi fondamentale quando si parla di bevande alcooliche. «Al contrario di quanto si ritiene comunemente – affermano gli esperti del ministero della Salute – l’alcool non è un nutriente e il suo consumo non è utile all’organismo o alle sue funzioni. Causa invece danni diretti alle cellule di molti organi, soprattutto fegato e sistema nervoso centrale, e in particolare alle cellule del cervello». Limitare il consumo di alcoolici è quindi sempre importante e lo è a maggior ragione d’estate, stagione nella quale non è raro concedersi più occasioni per sgarrare. Talvolta si ritiene erroneamente che le bevande alcooliche abbiano un maggior potere dissetante di altre bevande, ma non è così. Diversi effetti dell’alcool sono nocivi se associati a elevate temperature ed è quindi raccomandato evitare il consumo di alcoolici quando fa molto caldo.

Gli effetti del mix alcool-caldo.

Sono diversi i motivi per i quali è sconsigliato bere troppi alcoolici d’estate. L’apparente effetto dissetante porta anzitutto a un maggior rischio di esagerare con le quantità, al quale bisogna stare particolarmente attenti. Un consumo troppo elevato di sostanze alcooliche con temperature alte provoca infatti diversi problemi. Tra questi c’è il rischio di disidratazione, perché l’alcool ha un forte effetto diuretico e porta a eliminare troppi liquidi che, con l’afa, vanno a sommarsi a quelli persi con il sudore. L’effetto rinfrescante della bevanda viene inoltre vanificato dall’azione vasodilatante dell’alcool che porta ad avvertire ancora più calore. Non per altro c’è la credenza comune che bere alcool d’inverno riscaldi. Ciò rende più esposti ai colpi di calore e contribuisce ad aumentare la confusione mentale provocata dal caldo intenso. Se a ciò si sommano gli effetti mentali dell’ebbrezza alcoolica aumenta anche il pericolo di comportamenti pericolosi.

I danni di un abuso di alcool.

Un consumo eccessivo e prolungato di sostanze alcooliche può portare a crisi di astinenza, con effetti di intensità e durata soggettive, direttamente proporzionali al periodo di assunzione, al tipo e alla quantità di bevande assunte. «L’uso continuativo di alcol in quantità eccessive – spiegano gli esperti del ministero della Salute – produce effetti simili a quelli di altre sostanze psicotrope anche illegali, quali induzione della dipendenza psichica e fisica, assuefazione, craving, compulsività e altri disturbi del comportamento. La crisi di astinenza è caratterizzata da tremori, nausea, vomito, cefalea, sudorazione, ansia, disturbi dell’umore, talvolta crisi epilettiche e può evolvere in certi casi fino al delirium tremens». Un’altra grave conseguenza dell’abuso di alcool è il coma etilico, causato da eccesso di alcool etilico nel sangue. «Questa condizione – proseguono gli esperti – non deve mai essere sottovalutata, potendo il coma provocare danni irreversibili al sistema nervoso o la morte del soggetto». Ci sono poi non poche patologie organiche collegate a un eccessivo consumo di alcoolici che coinvolgono diversi sistemi e apparati. Non ultimo, l’alcool è anche causa concomitante di alcuni tumori maligni.

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Uso degli zuccheri: meglio limitare quelli raffinati

In base alla loro struttura chimica, i carboidrati (o glucidi) possono essere classificati in semplici e complessi. Quelli semplici, comunemente definiti “zuccheri”, includono sostanze quali il glucosio, il fruttosio e il galattosio. I carboidrati complessi sono invece glucidi costituiti da carbonio e acqua, come i cereali. L’Istituto superiore di sanità (Iss) sottolinea il ruolo fondamentale nell’alimentazione umana dei carboidrati, che rappresentano la principale fonte di energia per l’organismo. «Negli alimenti – spiega l’Iss – si possono riconoscere tre categorie principali di carboidrati. Una sono gli zuccheri, carboidrati semplici che si trovano naturalmente in frutta, verdura, latte e latticini, come lo zucchero della frutta (fruttosio), lo zucchero da tavola (saccarosio) e lo zucchero del latte (lattosio). L’amido, invece, un carboidrato complesso costituito da molte unità di zucchero legate insieme, si trova naturalmente in cereali, patate e legumi. La terza categoria è rappresentata dalle fibre, carboidrati complessi che il nostro organismo non è in grado di utilizzare a scopo energetico, ma la cui fermentazione a livello intestinale da parte della flora batterica è essenziale per regolare l’assorbimento e il passaggio dei nutrienti e per proteggere il nostro organismo da numerose patologie. Esse sono presenti naturalmente in frutta, verdura, cereali integrali e legumi».

Il processo metabolico.

I processi digestivi permettono a zuccheri e amidi contenuti negli alimenti di essere scomposti in glucosio che viene prima assorbito dall’intestino per poi riversarsi nel flusso sanguigno. «Da qui – proseguono gli esperti dell’Iss – grazie all’azione dell’insulina prodotta dal pancreas, il glucosio entra nelle cellule del corpo dove viene utilizzato per produrre energia. Il glucosio eccedente viene immagazzinato sotto forma di glicogeno, nel fegato e nei muscoli, per un uso successivo o, se in eccesso, convertito in grasso. Il contenuto di zuccheri nel sangue è detto glicemia. Carboidrati diversi hanno una diversa capacità di determinare l’aumento della glicemia quando consumati, questa proprietà si esprime con l’indice glicemico». Affinchè la glicemia non salga troppo rapidamente nel sangue, è raccomandato un consumo moderato di alimenti ad alto indice glicemico come gli zuccheri e i carboidrati raffinati. Questi sono quelli trattati industrialmente al fine di togliere la parte esterna dello zucchero, che diviene così molto bianco e dal sapore meno grezzo, ma più povero di proteine e fibre a livello nutrizionale.

Perché limitare gli zuccheri raffinati?.

Le raccomandazioni alimentari dei nutrizionisti insistono da anni sull’importanza di prediligere zuccheri integrali rispetto a quelli raffinati. Il motivo risiede sempre nel metabolismo di queste sostanze. Se l’indice glicemico è elevato, come nel caso dei carboidrati raffinati, la glicemia nel sangue si alza repentinamente, scatenando un’immediata reazione da parte dell’insulina, che la farà riabbassare altrettanto in fretta. Questo processo crea un circolo vizioso perché, non appena la glicemia nel sangue si abbassa, l’organismo percepirà un intenso senso di fame e sentirà il bisogno di introdurre altri zuccheri, riattivando il medesimo meccanismo che per molte persone diviene un’abitudine quotidiana. Nel tempo, da un lato s’impoverisce l’introito di sostanze nutritive primarie, come vitamine, sali minerali e fibre, di cui gli zuccheri raffinati sono molto carenti se non privi. Dall’altro aumenta l’assunzione di calorie con conseguente aumento di peso e tutti i rischi che questo comporta per la salute. I carboidrati integrali, invece, sono molto più ricchi di sostanze nutritive e mantengono la glicemia a livelli costanti, evitando picchi duranti il giorno.

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Occhi e sole: proteggersi sempre dalle radiazioni ultraviolette

Secondo l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-Iapb Italia onlus, «l’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti del sole, in assenza di adeguata protezione, è alquanto dannosa a livello oculare, così come lo è per la pelle. Uno dei problemi più comuni è legato ai luoghi in cui è presente molto riverbero (spiaggia o piste da sci)». In questi casi il rischio è quello di sviluppare cheratocongiuntivite attinica, un’infiammazione acuta della congiuntiva e della cornea. L’Agenzia spiega che tra i sintomi di questa patologia possono insorgere «lacrimazione, dolore, gonfiore alle palpebre, sensazione di sabbia negli occhi, vista annebbiata o ridotta». È sempre bene, poi, ricordare che il sole non va mai fissato direttamente, perché si rischia una maculopatia fototraumatica, un danno che potrebbe essere permanente e causare una cicatrice sulla retina nella zona maculare con perdita temporanea o permanente della visione centrale. Infine, negli anni l’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti può anche portare a formazioni tumorali.

Le norme da seguire per proteggersi.

La protezione più immediata e sicura sono gli occhiali scuri, dotati di filtri a norma di legge. «In particolare – afferma Iapb Italia – gli occhiali da sole avvolgenti sono quelli che proteggono meglio gli occhi perché bloccano i raggi nocivi provenienti anche lateralmente. Inoltre, un cappello a tesa larga offre un certo grado di protezione. Bisogna ricorrere a tali protezioni in tutte le situazioni in cui ci sia una forte esposizione ai raggi ultravioletti (mare, montagna o lampade e lettini abbronzanti). Qualora compaiano fastidi, quali bruciore, rossore e fotofobia (intolleranza alla luce), visione offuscata, macchie scure sulla parte bianca del bulbo (simili a nei), è consigliabile recarsi dall’oculista che, una volta formulata l’esatta diagnosi, quando necessario prescriverà la terapia idonea».

Rimedi in caso di disturbi oculari.

Per recare sollievo agli occhi arrossati e secchi, è possibile usare le lacrime artificiali come automedicazione. Questo rimedio è particolarmente consigliato a chi indossa lenti a contatto, in quanto il rischio di irritazione e secchezza è ancora più forte. In caso però, a seguito di esposizione al sole, si avvertano disturbi più seri, è bene consultare l’oculista e farsi prescrivere rimedi mirati. Come infatti sottolinea Iapb Italia, «in presenza di una cheratocongiuntivite (congiuntivite associata a una cheratite), l’uso di un collirio errato potrebbe persino peggiorare il quadro clinico».

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Lenti a contatto al mare: si rischiano danni alla cornea

In estate chi va al mare o in piscina dovrebbe fare ancora più attenzione all’igiene delle proprie lenti e alla salute dei propri occhi. Come mai proprio in estate? Perché sulle lenti a contatto, in particolare su quelle morbide, possono facilmente proliferare germi come l’Acanthamoeba, patogeno diffuso soprattutto in acqua e responsabile di gravi cheratiti. In Italia si stima che sia causa di oltre 400 cheratiti all’anno, in continuo aumento per la maggiore aggressività del parassita e per l’utilizzo ormai diffusissimo delle lenti a contatto. Della pericolosità dei parassiti d’acqua a danno degli occhi ne hanno parlato diversi esperti, riuniti nei giorni scorsi a Firenze in occasione del XX Congresso dell’International Society of Cornea, Stem Cells and Ocular Science (SICSSO). Il loro messaggio è chiaro: l’acqua di piscine, mari, fiumi, laghi e anche della doccia del bagno potrebbe essere contaminata da parassiti molto dannosi per i nostri occhi.

“In Italia si stima che si verifichi oltre un caso al giorno di queste cheratiti – afferma Vincenzo Sarnicola, presidente Siccso -. Purtroppo le terapie mediche non riescono sempre a eradicare l’infezione che non risponde agli antiamebici, difficili anche da reperire nelle farmacie italiane. Il microrganismo ha così il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla al punto di richiedere un trapianto nel 12-50% dei casi. Il trapianto di cornea classico fallisce in oltre la metà dei casi e nel 40% dei pazienti si sviluppa un glaucoma, i rigetti sono frequenti e in alcuni casi si arriva perfino a dover enucleare l’occhio.

Risultati migliori sono possibili con un trapianto di cornea lamellare anteriore, in cui non viene sostituita tutta la cornea ma solo lo strato intermedio. Ma la migliore terapia è la prevenzione”. Suggerimenti per chi porta lenti a contatto: meglio utilizzare le monouso che riducono il rischio di infezione da Acanthamoeba. Se si usano contenitori portalenti, mantenerli puliti e sostituirli regolarmente.

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Questione di chimica (sociale): odori corporei simili avvicinano le persone

Secondo uno studio di un gruppo di ricercatori Weizmann Institute of Science di Rehovot, Israele, abbiamo profumi simili a quelli dei nostri amici. Parimenti, due estranei con un odore corporeo simile avrebbero più facilità a fare amicizia rispetto a due persone dall’odore molto diverso. Che i mammiferi sfruttassero gli odori per distinguere gli amici dai nemici ne avevamo già cognizione da tempo, tuttavia il senso dell’olfatto degli esseri umani ha ancora molti lati tutti da svelare, perché dei 5 sensi è quello dei meno studiati. Ma dallo scoppio della pandemia di Covid-19, e viste le conseguenze che ha provocato proprio sulla sfera sensoriale dei malati, le cose stanno cambiando.

Qual è stato il metodo adottato dai ricercatori di questo studio? Prima hanno “testato” gli odori di 20 coppie di amici dello stesso sesso; hanno utilizzato due gruppi di “annusatori” umani arruolati appositamente; infine, hanno impiegato un “naso elettronico”. Al primo gruppo è stato chiesto di valutare le eventuali somiglianze olfattive tra due magliette appartenenti alla stessa coppia di amici. Questi avevano indossato la propria t-shirt senza spruzzarsi addosso profumi o deodoranti per non alterare i risultati dello studio. Al secondo gruppo è stato chiesto di valutare gli odori delle singole magliette in base a 5 criteri soggettivi: piacevolezza, intensità, attrattiva sessuale, competenza, temperamento.

Il naso elettronico, invece, grazie ai suoi dieci dispositivi sensibili ad alcuni elementi volatili, ha permesso di identificare le analogie tra tutte le magliette oggetto di studio.

Il risultato è stato il medesimo sul totale dei casi analizzati: gli odori dei vestiti erano più simili tra amici che non tra estranei. Inoltre, con una precisione del 71% dei casi, i ricercatori hanno ipotizzato che la relazione tra due persone sarebbe stata buona esclusivamente basandosi sulla somiglianza olfattiva dei due soggetti. Ciò non significa che l’analogia degli odori corporei sia il cuore di un’amicizia forte e duratura, senza contare che le relazioni interpersonali sono particolarmente complesse e il fattore olfattivo è insufficiente a spiegarne il successo/l’insuccesso e, in ogni caso, a determinarle.

A latere dei risultati di questo studio si aggiunge il fatto che i meccanismi genetici potrebbero fare la loro parte in termini di gusti olfattivi e odori corporei. “Tra amici, i geni legati ai recettori olfattivi mostrano più somiglianze rispetto alla media”, specifica Bettina Pause, a capo del gruppo di ricerca in psicologia biologica e psicologia sociale presso l’Università Heinrich Heine di Düsseldorf. “Due amici avranno quindi più cose in comune nella loro percezione olfattiva del mondo di due persone senza alcun legame amichevole.”