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Uso degli antibiotici: vanno assunti solo se prescritti dal medico

Il rapporto “The European Union Summary Report on Antimicrobial Resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2018/2019”, pubblicato lo scorso aprile 2021 e diffuso in Italia dall’Istituto superiore di sanità (Iss) ha mostrato che, sebbene l’uso di antibiotici sia in riduzione, è necessario mantenere alta l’attenzione sul fenomeno dell’abuso anche al fine di prevenire l’antibiotico-resistenza. Quest’ultimo è un fenomeno in base al quale la limitata capacità degli antibiotici nello sconfiggere delle infezioni da batteri viene esacerbata con l’aumento dell’assunzione di tali farmaci, soprattutto nei casi in cui essi non sono stati prescritti dal medico di famiglia o specialista.

Spesso, infatti, per mancanza di tempo o di conoscenza della patologia da trattare, si è portati ad assumere antibiotici anche al fine di prevenire delle patologie di cui non si ha esatta conoscenza. Ciò riutilizzando medicinali presenti nell’armadio dei medicinali di casa e, un pò per mancanza di tempo, un pò per superficialità, procedere all’assunzione senza un’adeguata visita e una prescrizione del medico. Per prevenire l’antibiotico-resistenza, che rende vane tante terapie essenziali, occorre ricordare innanzitutto che spesso l’organismo possiede la capacità di superare un’infezione provocata da batteri senza la necessità di ricorrere all’utilizzo di farmaci antibatterici. Vi sono stati patologici, come la comune influenza stagionale, che sono causati da virus e pertanto non sono ricettivi nei confronti di questa tipologia di medicinali. È assolutamente da evitare il fai-da-te: la decisione di assumere autonomamente un antibiotico per via sistemica non è mai una buona idea. Ciò che ha funzionato in passato per risolvere sintomi che sembrano analoghi a quelli di cui soffriamo oggi può non essere indicato. Ogni caso è a sé stante e la scelta di un’eventuale terapia antibiotica deve essere effettuata dal medico di volta in volta, dopo una visita accurata e un’attenta analisi della sintomatologia, meglio ancora se suffragata da un antibiogramma.

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Piccole ustioni: come comportarsi nel caso di questi incidenti domestici?  

Le ustioni sono lesioni di cute e mucose dovute al contatto con agenti fisici, come liquidi, vapore e oggetti vari a temperatura elevata, con sostanze chimiche, quali acidi e basi forti, con il calore generato dalla corrente elettrica oppure con le radiazioni solari o i raggi ultravioletti emessi dalle lampade abbronzanti. Mentre si svolgono alcune faccende domestiche, come cucinare o stirare, può capitare di ustionarsi venendo a contatto con l’acqua bollente, l’olio che frigge, il forno caldo o il ferro da stiro.

La gravità di un’ustione domestica, strettamente legata alla sintomatologia che la accompagna,  varia  a seconda della sorgente che l’ha causata e della profondità ed estensione della lesione, oltre che da fattori associati al soggetto ustionato, tra cui età, condizioni generali di salute e sede della lesione. Nel caso delle ustioni di primo grado la pelle risulta arrossata e gonfia e il dolore è di tipo bruciante. La cute, in caso di ustioni di secondo grado superficiali, assume un colore violaceo, con bolle giallognole, mentre nelle ustioni di secondo grado profonde la pelle è rossa-grigiastra e secerne molto liquido. Nelle ustioni di terzo grado la pelle appare scura, secca e ruvida al tatto.

Oltre a irritazione, dolore urente, vesciche, prurito, secchezza e desquamazione superficiali, possono comparire febbre, brividi, sensazione di debolezza, nausea, cefalea. Se si presentassero questi sintomi sistemici, e comunque qualora l’ustione fosse particolarmente estesa, si consiglia di rivolgersi al pronto soccorso. Nei casi meno gravi, si può intervenire abbassando la temperatura con acqua corrente o immergendo la zona interessata in acqua fresca, non ghiacciata, così da alleviare il dolore. Un’alternativa valida è l’uso di una borsa del ghiaccio avvolta da un involucro in cotone.

Dopo aver raffreddato l’area ustionata, questa va coperta con una garza sterile umidificata con soluzione fisiologica o, meglio ancora, con una garza grassa, per impedire che la medicazione si attacchi al tessuto in fase di guarigione. Le eventuali vesciche presenti non vanno bucate né grattate, in quanto proteggono la superficie ustionata dal rischio di sovrainfezioni batteriche. L’esposizione alla luce solare è da evitare finché la pelle non si sarà completamente rigenerata.

Prurito e arrossamento possono essere alleviati con l’applicazione di prodotti specifici ad azione emolliente, idratante e lenitiva, conservandoli in frigorifero per un maggiore sollievo. Per attenuare l’infiammazione sono indicate le creme che contengono idrocortisone. Possono essere utili impacchi con creme o gel a base di aloe, malva, camomilla, dall’effetto calmante, oppure contenenti acido ialuronico, per facilitare la riparazione della cute. Per scongiurare le infezioni batteriche, finché la pelle non si è rimarginata la terapia può essere completata impiegando antimicrobici per uso topico.

Dopo la doccia si raccomanda di tamponare delicatamente la parte lesa per asciugarla. Se il dolore fosse molto intenso, si possono associare preparati analgesici per uso locale o assumere per via orale farmaci antinfiammatori non steroide, che il farmacista saprà consigliare al meglio.

 

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Corsa, d’estate orari giusti e tanta idratazione

Alla domanda se proseguire o meno le attività sportive e motorie durante le giornate più calde dell’anno, gli esperti rispondono richiamando anzitutto il buon senso: ci si può allenare negli orari in cui le temperature sono meno elevate, quindi prima delle 11.00 del mattino e dopo le 18.00 di sera. «Spostate i vostri abituali orari alla mattina molto presto – suggeriscono gli esperti dell’associazione sportiva Urbanrunners -, potrà sembrare faticoso all’inizio, ma il silenzio e la tranquillità dell’alba non ha pari». In ogni caso, la prima cosa di cui non dimenticarsi mai è bere spesso. L’aumento notevole della sudorazione durante una corsa fatta al caldo comporta una notevole perdita di liquidi, che vanno reintrodotti nell’organismo onde evitare di disidratarsi. «Fattore fondamentale è l’idratazione – conferma l’allenatore di Urbanrunners Andrea Gornati -. Prima di qualsiasi allenamento, bisogna bere, senza affogarsi di acqua, importante è farlo poco ma spesso, anche durante la corsa, studiando il percorso dove ci sono fontanelle. In aiuto viene poi l’alimentazione di frutta e verdura di stagione, che contengono molta acqua (pomodori, zucchine, frutta in genere) che il nostro corpo immagazzina durante la giornata e sfrutta poi quando ne ha più bisogno». Tra gli altri rischi di cui tener conto, occorre ricordare i colpi di calore, l’abbassamento della pressione e le scottature. Quindi è bene fare il possibile per cercare ombra, bagnare la testa e ricordarsi la protezione solare.

Mai superare i limiti.

Tra le raccomandazioni degli allenatori più esperti, spicca la prudenza. Talvolta la passione per lo sport e la tenacia fanno mettere da parte i doverosi accorgimenti per proteggere la salute. «Non sfidate i vostri limiti – ci tiene a precisare Gornati -, se avvertite vampate di calore freddo, vertigini o smettete di sudare, potrebbero essere i sintomi di un colpo di calore. Fermatevi, mettetevi al fresco e bevete liquidi. Se vi affaticate, diminuite la velocità di corsa, ma non la durata del singolo allenamento. Nel caso, alternate corsa e camminata, per defatigarvi. In questo periodo tra i lavori più allenanti preferite ripetute brevi e fartlek, piuttosto che allenamenti lunghi, o medi, di corsa continua. I lavori intervallati sono più facili da fare in questo periodo perché tra una corsa e l’altra c’è tempo di recuperare, e quindi si riescono a fare anche allenamenti più lunghi».

Le esigenze alimentari da rispettare.

Anche la dieta è un fattore da considerare per fare allenamento nella stagione calda. «Importanti per l’alimentazione di uno sportivo – precisa la dottoressa Elena Ariosto, biologa nutrizionista del Centro nutrizione e psicologia Dna di Milano – sono vitamine e antiossidanti, che possiamo trovare nella frutta fresca (purchè sia di stagione, maturata sotto il sole e colta poco prima di essere consumata), nella verdura (fresca o congelata, cruda o cotta il meno possibile), nei cereali “integri” (cioè non privati del materiale fibroso) e nei semi oleosi, nei quali sono presenti anche acidi grassi essenziali (omega 3,6,9), detti così perché essenziali per numerosi processi metabolici e derivanti solo dall’alimentazione. È bene ricordare che i fabbisogni di uno sportivo sono superiori a quelli di un soggetto non sportivo/sedentario». Per tale motivo è raccomandato di non rinunciare ai carboidrati né alle proteine «Mentre i primi vanno assunti in fase pre-allenamento e durante (ma solo con attività che durano dai 45 minuti in su) – prosegue la dottoressa Ariosto – le proteine sono più indicate per il pasto (o spuntino) post-esercizio, quando il metabolismo muscolare lavora con la massima efficienza per riparare i danni muscolari. In entrambi i casi il fabbisogno dipende da numerosi fattori, tra cui il tipo di esercizio (intensità, durata) e la tolleranza individuale».

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Dieta mediterranea, patrimonio culturale Unesco ed elisir di salute

Il 16 novembre 2010 a Nairobi, il Comitato intergovernativo della convenzione Unesco ha approvato l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale. A tale riconoscimento, che va a sottolineare il valore culturale della dieta, se ne sono aggiunti altri, come quelli della Fao e dell’Oms, che hanno voluto enfatizzare altri aspetti meritevoli della dieta mediterranea dal punto di vista dell’eco-sostenibilità e della salute. Tante sono infatti le ricerche e le evidenze scientifiche che hanno comprovato negli anni la capacità di questo regime di mantenere il fisico in salute e prevenire diverse patologie.

La famosa piramide.

Quando si parla di dieta mediterranea la mente va automaticamente alla celebre raffigurazione della piramide alimentare, usata dai nutrizionisti per spiegare a colpo d’occhio gli alimenti inclusi dalla dieta e i quantitativi adeguati da assumere affinché questo regime possa avere il massimo degli effetti benefici. La base della piramide, quindi la parte più ampia, mostra gli alimenti che possono essere consumati in maggior quantità: si comincia dall’acqua, quale bevanda di prima scelta da bere tutto il giorno. Gli alimenti principali, da consumare nell’ordine di 1-2 porzioni al giorno, sono invece frutta, verdura e cereali preferibilmente integrali. Viene poi suggerito un consumo quotidiano di latticini a ridotto contenuto di grassi (2-3 porzioni al giorno) e piccole quantità di olio di oliva e frutta in guscio. Gli altri cibi della piramide prevedono un’assunzione non giornaliera, ma più volte a settimana: pesce e legumi (2 o più volte a settimana), pollame (1-2 volte) e uova (da 1 a 4 a settimana). Sulla punta della piramide compaiono, infine, gli alimenti che vanno consumati non più di 1-2 volte a settimana, ovvero le carni rosse, i salumi (1 sola volta) e i dolci.

Le evidenze scientifiche dimostrano la salubrità della dieta mediterranea.

«Negli ultimi anni – dichiara la Fondazione dieta mediterranea – sono state pubblicate ampie e significative ricerche che danno importanti segnali dell’esistenza di un rapporto tra la dieta mediterranea e la riduzione dell’incidenza di malattie cardiovascolari, tumori e altre patologie gravi». Secondo la Fondazione, il regime previene la demenza, perché ricco di alimenti che svolgono un ruolo protettivo per il cervello. Il contenuto di grassi insaturi, fibre, vitamine e oligoelementi, con azione anti-radicali liberi, ha invece un importante potere anti-infiammatorio e anti-ossidante, che riduce l’incidenza del cancro. La dieta mediterranea è inoltre un importante alleato contro la sindrome metabolica, che include patologie a elevato rischio cardiovascolare, come obesità, diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemie. «L’aumento di consumo di cibi mediterranei – conclude la Fondazione – ha inoltre diminuito sensibilmente il rischio di morte precoce in pazienti colpiti da infarto del miocardio, questo indipendentemente da qualsiasi trattamento farmaceutico».

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Capelli e unghie, in che modo mantenerli in salute?

Unghie e capelli condividono il fatto di essere alle estremità del nostro corpo, cosa che li espone particolarmente alle aggressioni esterne. Per tali motivi avrebbero bisogno di ricevere qualche cura in più rispetto alle zone del corpo più protette dagli abiti e meno sottoposte a usura. Come sempre, che si parli di salute o di bellezza, l’alimentazione resta l’alleata numero uno. Anzi, i medici concordano sul fatto che lo stato delle unghie e dei capelli riflette diverse condizioni patologiche, dal momento che molte delle più comuni carenze di nutrienti determina fenomeni altrettanto comuni come perdita di capelli e unghie deboli, che si spezzano o che assumono colorazioni innaturali. «Ormai da decenni è dimostrato ciò che da sempre si era intuito – sostiene la Società italiana di tricologia (Sitri) -, cioè che esiste un diretto rapporto fra stato nutrizionale e sintesi delle cheratine dure dei peli e delle unghie». Non a caso, esistono integratori alimentari specificatamente formulati per migliorare lo stato di chioma e unghie, bisognosi di vitamine e sali minerali sia per crescere in forza e salute sia per ritardare l’invecchiamento naturale. Fonti di calcio, ferro, zinco, vitamina A ed E non devono quindi mai mancare nella dieta, che deve essere bilanciata.

Capelli, i miti da sfatare.

Il buono stato dei capelli inizia con abitudini corrette a partire dal lavaggio. Un tema su cui nel tempo sono emerse opinioni contrastanti. «Fino a qualche anno fa – spiega la Sitri – una corrente di pensiero trasmetteva il messaggio che più i capelli si lavano e più questi “reagiscono” producendo maggiori quantità di sebo. Invece, soprattutto a coloro che hanno un’evidente produzione di sebo, si raccomanda di lavarli spesso (a giorni alterni oppure ogni giorno nel caso se ne avvertisse la necessità e comunque ogni volta che si pratichi sport), con detersioni uniche (senza cioè ripetere l’applicazione di shampoo) e utilizzando un detergente delicato». Il lavaggio va effettuato massaggiando il cuoio capelluto ed evitando di eseguire l’acconciatura con spazzola e phon subito dopo. Questa pratica, così come l’uso di gel, spume e lacche è sconsigliata. «Sappiamo, infatti – prosegue la Sitri – che il capello fuoriesce dal follicolo non diritto, ma inclinato di circa 120°, la ghiandola sebacea e il muscolo pilo erettore si trovano rispetto a questa angolazione sempre in una posizione ben precisa. Si ipotizza che, sovvertendo questa disposizione spaziale, si procuri ai capelli un microtrauma meccanico che comporta un’irritazione del follicolo». Oltre a quanto già detto in merito al lavaggio, un’altra credenza da sfatare è il fatto che il taglio rinforzi la chioma. Oggi si ritiene non sia possibile, dal momento che a essere recisa è una parte di fusto formato da cellule ormai prive di ogni attività vitale.

Proteggere le unghie dall’usura.

Per quanto riguarda la cura delle unghie, occorre sempre ricordare che, specie quelle delle mani, sono in continuo movimento ed entrano spesso in contatto con sostanze chimiche e impurità. Per questo, soprattutto se non sono particolarmente forti, è bene proteggerle spesso con l’uso di guanti. La salute dell’unghia è poi strettamente legata a quella della pelle che la circonda. È quindi raccomandato di non comprometterne lo stato strappando o mordendo le pellicine attorno alle unghie delle mani e indossando calzature strette o inadeguate, che possono creare traumi e micosi a quelle dei piedi, con il rischio di farle annerire o cadere. Le donne che usano smalti, infine, dovrebbero aver cura di selezionare prodotti delicati e far passare qualche giorno tra un’applicazione e l’altra.