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Pelle, idratazione fuori e dentro

Pelle desquamata, che tira e appare spenta e ruvida. Sono gli effetti di una mancanza di idratazione, un fattore essenziale per preservare salute e bellezza dell’epidermide e per rallentare l’invecchiamento. «La cute normale ha un aspetto morbido ed elastico grazie al suo contenuto di acqua – si legge sul Manuale Msd -. Come protezione contro la perdita dell’acqua, lo strato esterno della cute contiene oli (lipidi) che rallentano l’evaporazione e trattengono l’umidità negli strati più profondi. In caso di carenza di oli, la cute diviene secca». L’acqua arriva alla pelle in diversi modi. La parte più cospicua deriva dall’alimentazione, bevendo liquidi e ingerendo frutta e verdura. Questi vanno a depositarsi nello strato centrale della pelle, il derma, che fa da serbatoio e conferisce idratazione alla parte superficiale della pelle, l’epidermide. Assumere adeguati quantitativi di acqua e vegetali è dunque di grande aiuto per mantenere la pelle in buona salute e di bell’aspetto. Talvolta, però, può servire qualche aiuto in più, perché anche una pelle ben idratata può essere esposta a tanti agenti esterni che possono seccarla e aggredirla. Vale quindi la pena, soprattutto in particolari periodi dell’anno, come estate e inverno, scegliere creme e prodotti in grado di ripristinarne l’equilibrio.

Contrastare intemperie e prodotti aggressivi.

Anche una pelle splendente e luminosa può subire dei danni a causa di vari agenti esterni, non sempre prevenibili. Il primo è naturalmente il clima. L’esposizione al sole, al vento o al gelo va ad attaccare lo strato superficiale della pelle, che può facilmente irritarsi e desquamarsi. Cosa che accade di frequente anche con l’uso o il contatto con detergenti e prodotti chimici aggressivi. In tutti questi casi è importante correre ai ripari, con rimedi che vanno a ripristinare il corretto livello lipidico e idrico dell’epidermide. «La chiave per trattare la secchezza cutanea – proseguono gli esperti di Msd – consiste nel mantenere idratata la cute. Bagni meno frequenti e impiego di acqua tiepida anziché bollente permettono di mantenere il film lipidico cutaneo. Anche creme idratanti o creme con vaselina, olio minerale o glicerina possono trattenere i liquidi cutanei e vanno applicate subito dopo la doccia. Possono essere utilizzati anche creme idratanti che contengono sostanze come acido lattico o acido acetilsalicilico. Saponi aggressivi, detergenti e i profumi contenuti in alcune creme idratanti irritano la pelle e possono seccarla in misura maggiore».

Idratazione non solo per il viso.

Molto spesso si presta grande attenzione alla pelle del viso, trascurando invece quella di mani e corpo. Anche se il viso è la parte del corpo che rimane sempre scoperta, non significa che il resto dell’epidermide non necessiti cure specifiche e idratazione. Le mani, anzitutto, sono quelle più soggette a lavaggi continui e per questo è essenziale ripristinare la barriera lipidica e l’idratazione, considerato che molti detergenti in commercio tendono a seccare l’epidermide. Una crema idratante va quindi applicata con una certa frequenza se si avverte la pelle che tira o prude. Il resto del corpo, invece, oltre a subire a sua volta l’aggressione di saponi non sempre delicati durante la detersione, può incorrere in secchezza e disidratazione anche a causa di abiti non traspiranti o permanenza in ambienti con clima secco o molto freddo. Le precauzioni sopra descritte vanno quindi prese in considerazione, a seconda delle specifiche necessità, per la pelle di tutto il corpo.

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Salute, in farmacia competenza e assistenza professionali sul farmaco

Chiedere consiglio a un farmacista è un privilegio che non va dato per scontato. La disponibilità di farmacie e farmacisti non è ovunque la stessa e anche in Italia ci sono luoghi in cui i presidi non sono sempre semplici da trovare o da raggiungere. Chi ha una farmacia di prossimità, o di la trova facilmente nei luoghi che frequenta, deve quindi ritenersi fortunato perché il presidio farmaceutico è un luogo in cui è d’obbligo la presenza di uno o più laureati in farmacia, professionisti sanitari preparati e competenti, in grado di assistere i cittadini in diversi ambiti legati alla salute. A molti è capitato, almeno una volta nella vita, di avvertire un qualsiasi malessere fuori casa e di alzare lo sguardo in cerca della croce verde illuminata che segnala la presenza di una farmacia. E quante volte, di domenica, non potendo contare sulla presenza del medico o pediatra, in caso di problemi di salute, ci è venuto spontaneo cercare una farmacia di turno per ricevere il consiglio di un farmacista? Questi casi ordinari dimostrano il valore di questo professionista che, oltre a essere un esperto di salute, è anche l’operatore sanitario più semplice da raggiungere e da contattare.

Farmacista, l’operatore sanitario più vicino al cittadinoSono numerose le situazioni nelle quali poter consultare un farmacista è di grande aiuto. La principale è quando ci si trova ad avere un problema di salute di lieve entità da non necessitare subito di un consulto medico. Un leggero dolore, una piccola contusione, una puntura d’insetto, un bruciore agli occhi o i primi sintomi influenzali sono solo alcuni esempi di problematiche che si possono sottoporre al farmacista per un primo parere. Chi lavora in farmacia, infatti, è sempre aggiornato sulle varie tipologie di medicinali e rimedi disponibili e sarà in grado di consigliare la soluzione più appropriata, magari mostrando al paziente un rimedio che non conosceva. Andare in farmacia significa infatti anche ricevere aggiornamenti sui passi avanti della farmacologia, conoscere le novità introdotte e ricevere dai farmacisti tutte le informazioni a riguardo. Oltre alla dispensazione dei farmaci, negli ultimi anni, molti farmacisti si sono abilitati anche per erogare vari tipi di servizi sanitari, permettendo ai pazienti di effettuare monitoraggi e test (come la misurazione della pressione e della glicemia, solo per fare un esempio) in una sede a loro comoda e con l’assistenza di un professionista.

Il principale esperto di farmaciL’aggiornamento professionale costante sull’uso dei farmaci e sui nuovi principi attivi, rendono il farmacista, l’esperto più affidabile per ricevere indicazioni su come assumere un medicinale, come si legge nell’Atlante delle professioni, un osservatorio permanente costituito nel 2009 e promosso dal ministero del Welfare: «Con il suo lavoro, il farmacista, tutela la salute delle persone attraverso l’informazione e la sensibilizzazione sull’uso appropriato dei medicinali. Deve essere in grado di spiegare al paziente le interazioni tra farmaci, tra farmaci e alimenti, le eventuali controindicazioni e i possibili effetti collaterali. Fornisce informazioni sanitarie sull’utilizzo dei medicinali, permettendo di evitare l’uso improprio, il dosaggio incongruo, l’assunzione di farmaci antagonisti, la sospensione anticipata o il prolungamento non necessario della terapia. Consiglia sull’uso dei medicinali Sop (senza obbligo di prescrizione) e Otc (cioè medicinali da banco o di automedicazione), dei prodotti parafarmaceutici, dei prodotti dietetici e cosmetici. Osserva scrupolosamente il codice deontologico e gli indirizzi di natura professionale anche al di fuori dell’esercizio della professione».

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Umidità, i rischi di un clima troppo umido o troppo secco

Tra i diversi fattori che rendono aria e ambienti più o meno salubri, l’umidità ha un ruolo di grande rilievo. La sua percentuale ha infatti diverse conseguenze, sia quando è troppo elevata sia quando è troppo bassa, e ciò vale tanto negli ambienti esterni quanto negli interni. Si parla spesso di qualità dell’aria riferendosi a quella esterna, ma quella degli ambienti interni non è meno importante. Anzi, nei paesi industrializzati lo è ancora di più, dato il gran numero di ore che si trascorrono al chiuso, tra uffici, scuole, abitazioni, centri commerciali e mezzi di trasporto. «Gli agenti biologici inquinanti negli spazi indoor – riporta l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in un rapporto sulla qualità dell’aria – sono molto eterogenei e comprendono pollini e spore delle piante, batteri, funghi, alghe e alcuni protozoi. La loro presenza è ricollegabile a un eccesso di umidità e a una ventilazione inadeguata. L’eccesso di umidità porta alla proliferazione di funghi e batteri che rilasciano nell’aria spore, cellule, composti organici in frammenti o volatili. È per questo motivo che l’umidità è considerata un fattore di rischio per asma e altri problemi respiratori».

Ventilare gli edifici per migliorare l’aria.

Per disperdere gli inquinanti e ripristinare un corretto livello di umidità, la prima azione da non trascurare è arieggiare ogni giorno le stanze degli edifici, sia d’inverno sia d’estate. «La ventilazione – spiega l’Oms – riduce la concentrazione degli inquinanti e permette di controllare la temperatura e l’umidità all’interno degli edifici. Sono numerosi gli studi che hanno individuato una relazione tra la ventilazione delle case e le condizioni di salute delle persone che le abitano (…). Nei paesi industrializzati si calcola che circa il 13% delle asme croniche nei bambini è determinato da un eccesso di umidità negli edifici. Al fine di ridimensionare questi effetti, è necessario ridurre al minimo l’umidità persistente e la crescita di microrganismi sulle pareti interne degli edifici». Come ricorda l’Oms nel suo rapporto, diverse indicazioni per prevenire l’eccesso di umidità negli interni vengono date dagli esperti già in fase di costruzione degli edifici, in quanto scelte edilizie accorte possono fare molto. «I problemi legati all’umidità – dichiara l’Organizzazione – possono essere evitati già nelle prime fasi di costruzione degli edifici attraverso sistemi di controllo dell’acqua, dell’umidità indoor e della condensazione, attraverso la selezione dei materiali di costruzione e attraverso un design igroscopico che, tendendo ad assorbire vapore acqueo, riduca la crescita di muffe». Tra le principali raccomandazioni date alla popolazione, invece, l’Oms ricorda di rimuovere la muffa in caso compaia sulle superfici, aprire le finestre due-tre volte al giorno, installare ventole nei bagni e nelle cucine, riparare eventuali crepe e buchi.

Alta e bassa umidità, è comunque un problema.

Sia che si parli di clima indoor sia di clima outdoor, la percentuale di umidità dell’aria non deve mai essere né in eccesso né in difetto, ma prossima al 50%. L’elevata umidità, se associata ad alte temperature, può compromettere l’effetto raffreddante della sudorazione, portando a uno stato di surriscaldamento del corpo con eccessiva dispersione di acqua e sali minerali. Un eccesso di umidità invernale, invece, favorisce l’acuirsi di dolori articolari e muscolari, portando a un generale malessere per gli individui più sensibili. Ma anche l’aria secca, con un basso livello di umidità, porta a varie problematiche per l’organismo, tra cui secchezza delle mucose di naso e gola, difficoltà respiratorie, irritazioni oculari e dell’epidermide.

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Pediculosi, controllo costante come prima prevenzione

La pediculosi è la diffusione lungo i capelli di pidocchi, piccolissimi parassiti in grado di mimetizzarsi molto bene tra la chioma e di spargervi numerose uova. «La pediculosi – spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss) – è un’infestazione molto comune provocata dai pidocchi, piccoli parassiti di colore bianco-grigiastro che vivono solo sull’uomo e ne succhiano il sangue. Sono di dimensioni ridotte (da uno a tre millimetri) e depongono le uova attaccandole al fusto dei capelli o dei peli, sui quali si muovono facilmente grazie agli uncini posti sulle zampe». Un tempo si associava la presenza di questi parassiti a mancanza di igiene personale, ma oggi si sa che i pidocchi resistono facilmente sia all’acqua sia al sapone, quindi un normale e costante lavaggio dei capelli, in presenza di un’infestazione in corso, non basterebbe a eliminarla. L’unica prevenzione utile è verificare la presenza di pidocchi o uova sulla testa, soprattutto se la cute prude spesso senza motivo. Se nel controllo si scopre un’infestazione in corso, questa va rimossa con appositi trattamenti e pettini a denti stretti.

Un problema ricorrente tra i bambini.

A diffondere i pidocchi in un gruppo di persone è il contatto diretto tra i soggetti o lo scambio di indumenti, pettini e accessori per capelli. Non sorprende dunque che tra le categorie più colpite da pediculosi si trovino i bambini, che trascorrono molte ore in comunità, giocando tra loro e scambiandosi spesso giochi e altri oggetti. «La trasmissione avviene per contatto diretto con persone già infestate – conferma l’Iss – oppure attraverso lo scambio di indumenti o effetti personali, come cuscini, cappelli, sciarpe o pettini. I pidocchi, al di fuori del corpo umano, non possono vivere a lungo. I più colpiti dalla pediculosi sono i bambini in età prescolare e scolare (3-11 anni) e le loro famiglie, perché hanno più occasioni per contatti stretti. Le bambine sono più colpite dei maschi, probabilmente a causa dei capelli lunghi».

Prevenzione e rimedi.

«In commercio esistono prodotti che vengono definiti preventivi nei confronti della pediculosi – afferma l’Iss -, in realtà, a parte gli insetticidi, non esistono prodotti repellenti in grado di impedire al pidocchio di infestare una persona. È quindi inutile usare questi prodotti prima dell’infestazione. In genere la prevenzione della pediculosi viene fatta insegnando le corrette pratiche igieniche, suggerendo di evitare la condivisione di pettini, spazzole, cappelli, sciarpe e indumenti. Il pidocchio del capo si diffonde facilmente nell’ambito di un nucleo familiare, specialmente se numeroso, o nelle comunità infantili tra i bambini. È buona norma, dunque, controllare spesso i bambini». Il controllo può essere effettuato osservando attentamente le ciocche dei capelli sotto la luce per vedere se ci sono parassiti o uova. Queste ultime, chiamate lendini, si trovano spesso sui capelli vicino alla nuca e alle orecchie, sono di colore chiaro, misurano circa 1 mm in lunghezza e hanno la forma simile a un piccolissimo pinolo. Per eliminare lendini e pidocchi dalla testa, esistono trattamenti specifici, acquistabili in farmacia e nella grande distribuzione, venduti in abbinamento con specifici pettini a denti molto fitti, necessari per sfilare manualmente uova e parassiti dai capelli.

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Aderenza terapeutica, rispetto della prescrizione per buon esito della terapia

L’aderenza terapeutica, ovvero il rispetto da parte di un paziente delle indicazioni terapeutiche prescritte da un operatore sanitario, è un fattore che determina il buon esito di ogni cura farmacologica. Ciononostante, spesso le raccomandazioni del medico o del farmacista non vengono rispettate per diversi motivi. «Per aderenza alla terapia – spiega l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) – si intende il conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo ai tempi, alle dosi e alla frequenza nell’assunzione del farmaco per l’intero ciclo di terapia. La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità, rappresentando un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario e per la società. Maggior aderenza significa infatti minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie».

Cosa porta alla mancata aderenza

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Joseph S. Alpert, dell’Università dell’Arizona Health science network, elenca in un editoriale pubblicato su The American journal of medicine diverse motivazioni che determinano la mancata aderenza terapeutica. «Sono state proposte una serie di ragioni per la mancata osservanza delle prescrizioni di un farmaco – scrive Alpert – dimenticanza, costo dei medicinali, mancata comprensione del regime farmacologico, che a volte è dovuta a insufficiente spiegazione da parte del medico, ansia creata da un eccesso di enfasi sulle potenziali reazioni avverse di un farmaco, mancanza di fiducia nel giudizio del medico. Certo, in alcuni casi, concorrono molteplici fattori. In più, l’eccessivo carico di impegni cui sono sottoposti i medici prescrittori nella pratica clinica può portare a una spiegazione breve e forse inadeguata della logica che sta alla base di una determinata prescrizione di un farmaco». Alla luce di queste considerazioni, è sempre consigliabile, in caso di perplessità, rivolgere al prescrittore tutte le domande che si ritengono necessarie sui farmaci prescritti, cercando di chiarire tutti i dubbi su efficacia, modalità e tempi di assunzione, possibili effetti collaterali.

Strategie per migliorare l’aderenza

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I sistemi sanitari effettuano studi e monitoraggi costanti per migliorare il più possibile l’aderenza terapeutica attraverso strategie di vario tipo. In primis l’industria farmaceutica cerca di formulare farmaci sempre più efficaci, facili da assumere e con un numero sempre minore di effetti collaterali, che sono una delle cause più frequenti di abbandono delle terapie o di mancato rispetto delle posologie prescritte. In secondo luogo, il settore cerca da sempre di aiutare i pazienti, specie i più anziani, a non dimenticare l’assunzione dei farmaci e a rispettarne gli orari quando richiesti. A questo scopo sono state realizzate per diverse categorie di medicinali confezioni pro-memoria con indicazioni dei giorni di assunzione di ogni dose. «Le strategie che sembrano migliorare l’utilizzo dei farmaci – osserva Alpert – comprendono i programmi di auto-monitoraggio e auto-gestione dei medicinali, mentre sembrano promettenti i regimi semplificati di dosaggio e il coinvolgimento diretto dei farmacisti nella gestione dei farmaci».