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Rimedi naturali e farmaci per migliorare il tono dell’umore

La mancanza di progettualità, l’impossibilità di prevedere gli eventi del futuro anche vicino, la paura del contagio, la riduzione della socialità sono condizioni legate all’attuale emergenza sanitaria che, in individui sensibili e predisposti, possono scatenare una depressione latente o aggravare una sindrome depressiva già esistente. La depressione è uno stato psichico caratterizzato da sconforto e abbattimento che rappresenta il più diffuso disturbo dell’umore e che comprende forme lievi, compatibili con lo svolgimento delle normali attività quotidiane, ma anche stati depressivi gravi accompagnati da allucinazioni e deliri.

Il soggetto depresso perde autostima, capacità di reagire, interesse nei confronti del mondo esterno, è triste e spesso ansioso. Talvolta ad apatia e pessimismo si aggiungono sintomi fisici, come disturbi del sonno, inappetenza, difficoltà digestive. La depressione, oltre a presentarsi in momenti difficili della vita, ad esempio in concomitanza con lutti, licenziamenti, divorzi, malattie, può anche essere la conseguenza dell’uso di alcuni farmaci o di squilibri ormonali.

Nelle forme depressive meno severe si può intervenire con rimedi vegetali, come l’iperico, dagli effetti collaterali limitati se confrontati con quelli degli antidepressivi di sintesi. In caso di contemporanee terapie farmacologiche occorre sentire il parere del medico o chiedere consiglio al farmacista per la sua assunzione, in quanto l’iperforina, la sostanza attiva contenuta nelle sommità fiorite della pianta, aumenta il metabolismo di molti medicinali, determinando una riduzione della loro efficacia. Per la depressione accompagnata da insonnia risultano utili melatonina, valeriana, melissa, passiflora, biancospino, luppolo.

Per trattare una depressione più grave esistono numerose classi di farmaci. Gli antidepressivi triciclici, nonostante ad oggi non siano la terapia di scelta dal momento che l’uso può essere seguito da effetti collaterali importanti, sono ancora piuttosto diffusi. Sono antidepressivi triciclici l’amitriptilina, l’imipramina e la clomipramina, utilizzati soprattutto nelle forme di depressione ove siano presenti insonnia e mancanza di appetito. Gli effetti collaterali principali sono sedazione, ipotensione, secchezza delle fauci, stipsi, aritmie. Degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, abbreviati con la sigla Ssri, fanno parte fluoxetina, paroxetina, citalopram, sertralina. Sono gli antidepressivi maggiormente prescritti, impiegati in particolare per il trattamento della depressione di grado moderato. Tra gli effetti indesiderati si segnalano nausea, perdita dell’appetito, insonnia, calo della libido.

Gli inibitori selettivi della noradrenalina includono la reboxetina, quelli non selettivi la venlafaxina e la duloxetina, simili agli antidepressivi triciclici ma con minori effetti collaterali. Trazodone, mirtazapina e bupropione appartengono ad un gruppo eterogeneo di farmaci dall’azione antidepressiva con effetti indesiderati inferiori rispetto ai triciclici. Per le sindromi maniaco-depressive o bipolari sono prescritti gli stabilizzanti dell’umore, principalmente il litio.

Farmaci antiepilettici come carbamazepina, acido valproico e gabapentin, più sicuri del litio, trovano impiego nei soggetti che non rispondono alla terapia di elezione. Se vi sono differenze anche rilevanti per quanto concerne la tossicità, l’efficacia delle varie classi di farmaci sembra simile. I singoli pazienti possono rispondere in maniera differente ad una terapia piuttosto che a un’altra, ma le ragioni di queste diverse reazioni non sono note. Tutti gli antidepressivi richiedono 2-4 settimane di tempo prima che si instauri l’effetto terapeutico e possono essere acquistati esclusivamente dietro presentazione di ricetta medica.

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Fare un bagno di 90 minuti prima di coricarsi può aiutare a dormire meglio

I ricercatori della Cockrell School of Engineering, presso l’Università del Texas, ad Austin, negli Stati Uniti, hanno scoperto che fare un bagno in acqua a circa 40-41 gradi, una o due ore prima di coricarsi, può migliorare significativamente il sonno. Nel dettaglio, gli studiosi hanno scoperto che la tempistica ottimale del bagno per il raffreddamento della temperatura corporea al fine di migliorare la qualità del sonno è di circa 90 minuti prima di andare a letto. Bagni caldi e docce stimolano il sistema termoregolatore del corpo, causando un marcato aumento della circolazione del sangue dal nucleo interno del corpo ai siti periferici delle mani e dei piedi, con conseguente efficace rimozione del calore corporeo e riduzione della temperatura corporea.

Pertanto, se i bagni sono fatti al momento biologico giusto, vale a dire una o due ore prima di coricarsi, aiuteranno il naturale processo circadiano e aumenteranno le possibilità non solo di addormentarsi rapidamente ma anche di sperimentare un sonno di qualità migliore. «Quando abbiamo esaminato tutti gli studi noti – evidenzia Shahab Haghayegh, del dipartimento di ingegneria biomedica e autore principale del documento – abbiamo notato notevoli disparità in termini di approcci e risultati. L’unico modo – prosegue – per determinare con precisione se il sonno può effettivamente essere migliorato era combinare tutti i dati passati e guardarli attraverso una nuova lente».

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Influenza stagionale o Covid: in che modo distinguerli?

Febbre, tosse secca e, talvolta, vomito e diarrea sono sintomi comuni alle infezioni causate sia da Covid-19 che dai virus dell’influenza stagionale. Nell’influenza la febbre di solito supera i 38°C e i sintomi respiratori come tosse, mal di gola, raffreddore sono accompagnati da dolori a muscoli e ossa. Anche negli individui affetti da Covid segni caratteristici della malattia sono l’innalzamento della temperatura corporea oltre i 37.5°C e la tosse secca con difficoltà respiratorie più o meno gravi, mentre la perdita o la riduzione del senso dell’olfatto, in termini medici definiti anosmia e iposmia, così come la perdita o l’alterazione del gusto, chiamati ageusia e disgeusia, sono tipici di Sars-Cov-2.

Le stagioni autunnale e invernale, con il loro clima rigido, portano a trascorrere la maggior parte del tempo in luoghi chiusi e questa abitudine può anche scatenare starnuti e tosse insistenti nei soggetti allergici. In questo periodo non mancano inoltre i virus che colpiscono l’apparato digerente provocando dissenteria, presente in alcuni malati di Covid. Come distinguere dunque l’infezione da coronavirus da quelle provocate dagli altri virus in circolazione? Innanzitutto i sintomi dell’influenza esordiscono più rapidamente, con un periodo di incubazione che va da uno a quattro giorni, a differenza del Covid che ha tempi di incubazione variabili dai due agli undici giorni, fino ad un massimo di quattordici giorni. Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali, quelli causati dai virus diversi da Sars-Cov-2 sono in genere transitori e durano non più di 2-3 giorni.

In caso di febbre, l’unico modo per togliere ogni dubbio è effettuare il tampone rinofaringeo, ma anche in assenza di febbre si raccomanda di stare a casa dal lavoro e da scuola e di consultare il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta per una diagnosi differenziale. Evitare di recarsi al pronto soccorso: i sintomi dell’influenza vanno infatti gestiti da casa e, in molti casi, pure i sintomi del Covid sono governabili a livello domiciliare, a meno che non compaiano severe complicanze respiratorie. Il medico curante, se lo ritiene necessario, può avviare le procedure previste dal ministero della Salute, tamponi compresi.

Per facilitare la diagnosi, permettendo al medico di distinguere tra virus che sono causa di sintomi molto simili, uno strumento efficace è il vaccino antinfluenzale. La campagna vaccinale 2020-21, iniziata in anticipo rispetto agli anni passati, è stata estesa alla popolazione di età compresa tra i 60 e i 64 anni. Hanno diritto a ricevere gratuitamente il vaccino antinfluenzale, oltre agli over 60, le persone al di sotto di questa soglia di età affette da patologie croniche che aumentino il rischio di complicanze da influenza, gli operatori sanitari, gli addetti ai pubblici servizi, le donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino in gravidanza o nel post-partum. Coloro che non rientrino in queste categorie ma che desiderino vaccinarsi a pagamento su base volontaria dovranno attendere che le farmacie territoriali ricevano le dosi, una volta terminata la campagna rivolta alle categorie più a rischio presso i servizi vaccinali delle aziende sanitarie e gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri.

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Il ruolo dei fisioterapisti nella cessazione del fumo

I consigli e il supporto offerti dai professionisti sanitari giocano un ruolo di estrema importanza nel motivare i fumatori di tabacco ad interrompere una consuetudine dannosa per la salute. Sin dagli anni ’90 esistono linee guida cliniche sulla cessazione del fumo che includono il cosiddetto modello delle 5 A: chiedere informazioni sulla situazione del fumatore (Ask), consigliare brevemente di smettere (Advise), stabilire il livello di dipendenza dal tabacco e la motivazione a cessare l’abitudine (Assess), assistere con supporto psicologico e farmacoterapia (Assist), organizzare un follow-up (Arrange).

Interventi intensivi di cessazione del fumo, come il modello citato, sono ampiamente riconosciuti come i metodi migliori per aiutare a sostenere l’astinenza a lungo termine, ma anche brevi consigli da parte di operatori sanitari risultano efficaci per coinvolgere i pazienti nel tentativo di smettere. In un editoriale pubblicato sulla rivista scientifica Journal of physiotherapy, le ricercatrici australiane Nia Luxton e Julie Redfern hanno discusso come modelli semplici di intervento breve costituiti da tre fasi possano essere d’aiuto in particolare per la figura del fisioterapista nell’implementazione degli interventi di cessazione.

I metodi di intervento breve in tre fasi sono numerosi ma simili nel contenuto e sono stati ideati per fornire ai professionisti della salute uno strumento per aiutare i pazienti nella cessazione del fumo. Il tutto senza la necessità di conoscenze approfondite riguardo agli interventi di trattamento della dipendenza da nicotina, vale a dire consulenze psicologiche e terapie farmacologiche. In Australia, le linee guida per smettere di fumare sono state recentemente aggiornate e prevedono il modello AAH (Ask, Advise, Help).

Nel primo step (chiedere), il fisioterapista raccoglie informazioni sull’abitudine al fumo del paziente e la documenta in maniera costante. Nel caso in cui il paziente dichiari di essere un ex fumatore, risulta utile domandargli quando abbia smesso di fumare, in quanto se la cessazione fosse avvenuta negli ultimi sei mesi potrebbe avere bisogno di aiuto per mantenere la volontà di astenersi dal fumo e prevenire una ricaduta. Non è invece necessario chiedere al paziente quanto fumi, poiché è frequente una sottostima legata alla paura di una disapprovazione da parte dell’operatore.

Il secondo passo (consigliare) contempla il consiglio, che deve essere personalizzato e collegato ai vantaggi derivanti dalla cessazione del fumo a seconda delle condizioni di salute del paziente. Per esempio, in caso di Bpco, cancro e patologie cardiovascolari, occorre ricordare il miglioramento della funzionalità polmonare, l’aumento dell’efficacia di radio- e chemioterapia e la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari.

Con il terzo ed ultimo passo (aiutare), il fisioterapista mette il paziente in contatto con il personale specializzato, rinviandolo a servizi telefonici gratuiti, incoraggiando l’adozione di strategie di supporto comportamentale, sostenendo l’uso della farmacoterapia, come la terapia sostitutiva con nicotina. In questa fase è importante parlare anche della funzione delle sigarette elettroniche: nonostante nessuna e-cig sia stata approvata come aiuto terapeutico per smettere di fumare tabacco e vi siano dubbi circa la sicurezza, per alcuni pazienti il passaggio alle sigarette elettroniche ha un razionale, soprattutto per coloro che abbiano ottenuto risultati fallimentari con le terapie farmacologiche tradizionali, ma che siano ancora motivati a smettere.

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Malattie virali invernali, in che modo prevenirle con il benessere quotidiano?

Lo stile di vita ha un ruolo fondamentale nel mantenimento della normale funzionalità del sistema immunitario, messo a dura prova dalle condizioni climatiche avverse tipiche delle stagioni autunnale e invernale. Svolgere regolarmente attività fisica stimola le difese dell’organismo e lo prepara a fronteggiare attacchi virali, causa di influenza e sindromi parainfluenzali. A seconda dell’età, della preparazione atletica e della predisposizione individuale è dunque importante trovare l’allenamento che meglio si confà alle proprie esigenze. Nonostante la chiusura di piscine e palestre, è possibile svolgere attività all’aria aperta: perché non approfittare delle ultime giornate di sole per una corsa mattutina, una camminata veloce nell’orario della pausa pranzo o un po’ di stretching su un prato per decontrarre la muscolatura a fine giornata? Anche in casa si possono seguire sessioni virtuali di allenamento e praticare esercizi a corpo libero, per esempio addominali, flessioni, squat, ma anche corsa sul posto e salto della corda, oppure ginnastiche dolci come yoga e pilates. L’attività costante consente, tra le altre cose, di avere un’elevata qualità del sonno, altro fattore essenziale per le difese immunitarie.

Lo sport, per il suo effetto euforizzante, va evitato nelle ore serali, così come le bevande contenenti caffeina e gli alcolici, responsabili di un sonno di scarsa qualità. Si consiglia di adottare alcuni rituali che predispongano il fisico e la mente all’addormentamento, ad esempio sorseggiare una tisana, immergersi in una vasca d’acqua calda, ascoltare musica rilassante, leggere un buon libro. L’ambiente in cui si riposa deve essere silenzioso e la temperatura compresa tra 16 e 19°C.

Anche una dieta varia ed equilibrata contribuisce a rendere più forte il nostro sistema difensivo. Occorre consumare quotidianamente almeno cinque porzioni di frutta e verdura di stagione, preferire la carne bianca a quella rossa e, in generale, i grassi insaturi di origine vegetale a quelli saturi di origine animale, bere 1,5-2 litri di acqua al giorno. La vitamina C o acido ascorbico facilita il corretto sviluppo dei linfociti T e natural killer, componenti dell’immunità specifica, chiamata anche adattativa o acquisita, vale a dire l’insieme delle risposte attivate per contrastare i microrganismi patogeni. La vitamina C è contenuta nei vegetali, che andrebbero consumati crudi per evitarne l’alterazione durante la cottura. Le vitamine del gruppo B, in particolare la B6 o piridossina e la B12 o cobalamina, migliorano la risposta immunitaria e sono presenti in frattaglie, carne, pesce, uova, latte e derivati, legumi.

La vitamina D si comporta da antagonista dell’interleuchina-6, molecola proinfiammatoria, e secondo alcuni studi potrebbe avere un ruolo nel contrastare la tempesta di citochine, una reazione immunitaria in alcuni casi letale, che si verifica nelle polmoniti interstiziali da Covid-19.

Si trova in olio di fegato di merluzzo, pesce, uova, carne, latte, funghi. Lo zinco stimola soprattutto il funzionamento del timo, organo in cui avviene la maturazione dei linfociti T. Sono ricchi di questo minerale frutti di mare, funghi, legumi, frutta a guscio. Non ultimo, per rafforzare il sistema immunitario è utile abbandonare il fumo di sigaretta, che indebolisce in particolare le difese di gola e bronchi, favorendo le infezioni di stagione.