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Sensibilità al glutine, come distinguerla da celiachia e allergia al grano?

La celiachia, patologia di origine autoimmune che viene gestita con la totale eliminazione dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, può essere diagnosticata attraverso marker sierologici e tramite il riscontro di un appiattimento dei villi duodenali, le estroflessioni digitiformi che aumentano la superficie di assorbimento dell’intestino.

Inoltre la celiachia è spesso associata ad altre malattie autoimmuni, per esempio il diabete giovanile e la tiroidite di Hashimoto. L’allergia al grano è caratterizzata dalle tipiche reazioni delle allergie alimentari, con interessamento anche cutaneo e respiratorio.

Esiste una terza forma di risposta patologica dell’organismo all’introduzione di alimenti contenenti glutine, definita gluten sensitivity o sensibilità al glutine non celiaca. Consumando prodotti a base di frumento e altri cereali contenenti glutine, i soggetti sensibili a questa proteina manifestano malessere, con sintomi molto simili a quelli provocati dal morbo celiaco.

Nella sensibilità al glutine si verifica una vera e propria reazione avversa che però non determina danni visibili alla mucosa intestinale. Non sono riscontrabili la presenza di anticorpi rivolti verso componenti del glutine né meccanismi autoimmunitari. Si giunge dunque alla diagnosi solamente per esclusione, valutando se l’eliminazione e la successiva reintroduzione del glutine provochino cambiamenti nella sintomatologia riferita dal paziente.

Nella malattia celiaca intervengono processi mediati sia dall’immunità innata, presente sin dalla nascita, che dal sistema immunitario adattativo, altamente specifico, con l’attivazione di cellule del sistema immune chiamate linfociti T. Nell’allergia al grano viene attivata la popolazione dei linfociti di tipo B, da cui derivano plasmacellule che producono anticorpi o immunoglobuline di tipo E, normalmente deputate a rispondere a minacce esterne come infezioni virali o batteriche.

Nella gluten sensitivity si verifica un difetto del sistema immunitario innato, per cui la reazione al glutine si manifesta a distanza di poche ore dalla sua ingestione, diversamente dalla celiachia in cui i danni all’organismo si rendono evidenti dopo mesi o anni.

L’iter da compiere in caso di persistenza di disturbi gastroenterici, come nausea, vomito, diarrea a volte alternata a stitichezza, distensione e dolori addominali, flatulenza e meteorismo, passa prima di tutto attraverso il medico di base. Il medico di famiglia eventualmente reindirizzerà il paziente al gastroenterologo per procedere con indagini mirate.

Occorre tenere presente che i sintomi della gluten sensitivity, coì come quelli della celiachia, possono anche essere di natura aspecifica. Tra i sintomi extraintestinali, si ricordano rash cutanei, astenia, sonnolenza, cefalea, confusione mentale, artralgie, anemia, formicolii alle estremità di mani e piedi.

Se l’esito degli esami diagnostici per la celiachia fosse negativo, dopo aver scartato altre patologie come la sindrome del colon irritabile, le malattie infiammatorie intestinali, le varie forme di artrite e disturbi neurologici, lo specialista potrà prescrivere una dieta priva di glutine, che è l’unica terapia possibile ed efficace per arrivare alla remissione della sintomatologia. La dieta andrà seguita da un medico dietologo al fine di evitare pericolose carenze nutrizionali.

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Holter cardiaco 24 ore, i dettagli funzionamento e le potenzialità

L’holter cardiaco è un dispositivo portatile alimentato a batteria che  registra l’attività cardiaca (Ecg) continuamente per 24-48 ore o più a seconda del tipo di monitoraggio utilizzato. Il dispositivo ha le dimensioni di una piccola fotocamera. Ha fili con elettrodi d’argento delle piccole dimensioni che si attaccano alla pelle. L’holter, come gli altri dispositivi portatili che registrano l’ECG mentre svolgi le tue attività quotidiane sono chiamati “elettrocardiogrammi ambulatoriali”, che possono essere dunque svolti al domicilio del paziente.

Proprio grazie a questo strumento i pazienti possono effettuare un monitoraggi periodicoo. Ciò per valutare l’attività cardiaca, sulla base dell’intenzione di un medico, ma anche per valutare il funzionamento e l’efficacia dei farmaci anti-aritmici. In altri casi, il medico può utilizzare un Holter cardiaco per scoprire se il pacemaker funziona correttamente. I risultati di indossare un monitor Holter aiuteranno te e il tuo medico a decidere se hai bisogno di più test o medicinali per il tuo cuore, o se hai bisogno di un pacemaker o di una procedura di cardioversione per ripristinare un ritmo cardiaco regolare.

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Infezioni da vermi e farmaci antielmintici: cosa sapere?

Gli elminti o vermi sono parassiti che possono infettare l’uomo e gli animali causando malattie anche gravi, in particolare nelle aree del mondo con precarie condizioni igienico-sanitarie. La maggior parte degli elminti colonizza l’apparato digerente e il contagio avviene tramite ingestione di acqua o alimenti infetti. Esistono altre modalità di trasmissione, tra cui la penetrazione del verme attraverso lesioni della cute, le punture di insetti, l’immersione in acque infette o il contatto con terreni contaminati.

Nel tratto gastroenterico sono comuni anche in Europa Taenia saginata e Taenia solium, nel linguaggio comune “verme solitario”. Gli esseri umani vanno incontro all’infezione cibandosi di carne bovina o suina poco cotta contenente le larve.

Tra i vermi che vivono in tessuti dell’ospite diversi dal tubo digerente si ricordano gli agenti causali delle schistosomiasi e i nematodi extraintestinali, che comprendono le filarie. Questi parassiti provocano l’ostruzione dei vasi del sistema linfatico con conseguente rigonfiamento a carico soprattutto degli arti inferiori per ristagno della linfa, condizione chiamata elefantiasi.

I meccanismi d’azione dei farmaci antielmintici si basano sulla paralisi del parassita, sul danneggiamento della sua struttura che attiva il sistema immunitario dell’ospite oppure sull’alterazione del metabolismo del verme. Tra i medicinali ad ampio spettro, attivi cioè su diverse tipologie di elminti, vi sono il mebendazolo, l’albendazolo e il tiabendazolo, che interferiscono con i processi metabolici dei patogeni.

Mentre gli effetti collaterali dei primi due farmaci sono piuttosto rari e consistono prevalentemente in disturbi gastrointestinali, quelli del tiabendazolo sono più frequenti. Oltre ai disturbi che interessano l’apparato digerente, questo medicinale può provocare cefalea, vertigini, sonnolenza, febbre ed eruzioni cutanee.

Il praziquantel è il farmaco di scelta per le schistosomiasi e porta alla morte del parassita per paralisi come conseguenza del blocco della contrazione muscolare. Danneggia inoltre la cuticola esterna del verme, permettendone il riconoscimento da parte del sistema immune dell’ospite.

Gli effetti indesiderati non sono frequenti; tra i più comuni si segnalano disturbi gastrointestinali, vertigini, artralgie e mialgie, febbricola, eruzioni cutanee.

Il praziquantel presenta il vantaggio di poter essere somministrato nel corso della gravidanza e durante l’allattamento, ma l’impiego diffuso ha determinato lo sviluppo di resistenza nei suoi confronti e, di conseguenza, il possibile fallimento della terapia.

La piperazina inibisce la trasmissione neuromuscolare del verme che, paralizzato vivo, è espulso dall’ospite tramite i movimenti di peristalsi intestinale. Può causare disturbi gastroenterici, eruzioni cutanee, broncospasmo, vertigini, parestesie, vale a dire alterazioni della sensibilità con formicolii, prurito, percezione di punture di spillo.

La niclosamide è spesso usata in associazione con il praziquantel nelle infestazioni da tenia e danneggia in modo irreversibile la testa del verme, che in questo modo si stacca dalle pareti dell’intestino. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea e vomito.

L’ivermectina, nata come farmaco veterinario, ha successivamente dimostrato la sua efficacia nell’uomo, in primo luogo nelle infezioni da filaria. Il medicinale, ben tollerato, include tra gli effetti avversi mal di testa, vertigini, febbre, eruzioni cutanee, dolori muscolari, articolari e linfonodali.

Tutti i farmaci citati necessitano di prescrizione medica. Per ulteriori informazioni in caso di sospetta infezione da elminti si consiglia di consultare il proprio medico curante o il farmacista.

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Farmaci a pagamento con ricetta, possono essere prescritti elettronicamente

I farmaci con ricetta medica ripetibile e non ripetibile potranno essere prescritti, a partire dal 30 gennaio 2021, con le stesse modalità previste per i farmaci convenzionati Ssn. È stato infatti pubblicato un decreto in Gazzetta ufficiale che consentirà, ai medici di medicina generale o specialisti, di poter inviare le prescrizioni in forma digitale. «Il medico prescrittore – si legge nel decreto – procede alla generazione in formato elettronico delle prescrizioni di farmaci non a carico del Ssn, secondo le medesime modalità di cui al decreto 2 novembre 2011», ciò «riportando almeno i dati relativi al codice fiscale del paziente, la prestazione e la data della prescrizione, nonché le informazioni necessarie per la verifica della ripetibilità e non ripetibilità dell’erogazione dei farmaci prescritti».

Inoltre «la ricetta elettronica di cui al comma 1 è individuata univocamente dal Numero di ricetta bianca elettronico (NRBE), assegnato dal SAC in fase di compilazione della ricetta da parte del medico prescrittore». Le prescrizioni potranno così a loro volta essere inviate alla farmacia e il farmacista di fiducia potrà scaricare digitalmente i farmaci prescritti e consegnarli al paziente. Ciò sia nel caso di ricetta ripetibile, che consente l’erogazione di più farmaci, sia di non ripetibile, che va ritirata dal farmacista.

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Epilessia, condizione neurologica dalle cause molteplici e spesso sconosciute

L’epilessia è una patologia per la quale di frequente non è nota la causa. Può manifestarsi come conseguenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale, come un trauma cranico, neoplasie, infezioni, malattie neurologiche ereditarie. Nei differenti tipi di epilessia si assiste a scariche anomale da parte di alcune popolazioni neuronali che risiedono nella corteccia cerebrale.

Nelle forme più lievi l’attacco epilettico origina solitamente da una singola zona situata in uno dei due emisferi cerebrali, mentre nelle forme più severe sono coinvolte anche aree al di fuori della corteccia.

Nelle epilessie parziali la sintomatologia, che dipende dalla regione cerebrale interessata, può variare da disturbi motori a fenomeni sensitivi come intorpidimento, vegetativi, ad esempio vampate di calore con aumento della sudorazione, e psichici, con confusione e allucinazioni.

Nelle epilessie generalizzate possono verificarsi crisi convulsive. Ci si riferisce a questa condizione con l’espressione di grande male: il soggetto che ne soffre perde coscienza e diversi gruppi muscolari vanno incontro ad una contrazione simultanea.

Nelle forme epilettiche generalizzate non convulsive hanno luogo le cosiddette assenze e si parla di piccolo male, in cui l’individuo manifesta distaccamento dall’ambiente che lo circonda. Questa epilessia è tipica dell’infanzia e con la crescita tende a scomparire o ad evolvere verso forme più gravi.

Generalmente l’attacco convulsivo ha un inizio, una durata di secondi o pochi minuti e una fine. Nello stato epilettico l’attacco non si risolve in maniera spontanea e può avere conseguenze letali, per cui si rende necessario un intervento farmacologico d’urgenza.

I farmaci antiepilettici o anticonvulsivanti, che non curano l’origine della patologia ma sono tutti sintomatici, sono depressori del sistema nervoso centrale utilizzati per prevenire l’insorgenza dell’attacco epilettico o per fare cessare lo stato epilettico. In quest’ultimo caso si interviene direttamente per via endovenosa, mentre in prevenzione i farmaci vengono assunti per bocca.

I barbiturici erano utilizzati soprattutto in passato per prevenire le convulsioni; l’unico principio attivo appartenente a questa classe ancora in commercio è il fenobarbitale. È caratterizzato da una lunga durata d’azione, ma l’uso è accompagnato da un’importante sedazione e dal rischio di interazioni con altri farmaci. Le idantoine, tra cui si ricorda la fenitoina, condividono con i barbiturici l’indicazione terapeutica. I derivati succinimidici, in particolare l’etosuccimide, sono farmaci di elezione nel trattamento del piccolo male.

Per trattare alcune forme convulsive è impiegato il diazepam, una benzodiazepina, per via endovenosa o rettale. Altri farmaci benzodiazepinici utilizzati per controllare tutte le tipologie di epilessia sono clonazepam e clobazam. L’effetto anticonvulsivante della carbamazepina è stato scoperto per caso: inizialmente era assunta per contrastare la nevralgia del trigemino. Largamente impiegato è anche un suo derivato, chiamato oxcarbazepina.

L’acido valproico è di prima scelta nelle assenze. Agisce con diversi meccanismi e per questo trova impiego in molte forme di epilessia. Per i farmaci più recenti, quali levetiracetam, topiramato, lamotrigina, restano da chiarire i meccanismi con cui agiscono.

I farmaci anticonvulsivanti trovano applicazione pure nel trattamento o nella prevenzione di altre patologie neurologiche. Possono essere somministrati dopo interventi di neurochirurgia, nei tumori cerebrali, a seguito di ictus, nelle sindromi bipolari, nel dolore neuropatico, come nel caso di gabapentin e pregabalin.