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Antibiotico-resistenza, un problema grave da non sottovalutare

L’antibiotico-resistenza è il problema che consegue all’uso eccessivo, inappropriato e indiscriminato degli antibiotici, rendendo sempre più difficile la lotta alle infezioni, a causa dello sviluppo, da parte dei batteri, di meccanismi di difesa che portano all’inutilità via via maggiore dei farmaci utilizzati. Inefficacia che si traduce nel dover utilizzare antibiotici sempre più forti, anche per la cura di infezioni che un tempo richiedevano un uso di famaci meno potenti.

Come ogni anno, a novembre si celebra la Giornata europea degli antibiotici, nell’ambito della contestuale “Settimana mondiale sull’uso consapevole degli antibiotici”, evento mondiale con l’obiettivo di diffondere la consapevolezza che un eccessivo uso di antibiotici porta un danno non solo in termini di sviluppo di antibiotico-resistenza ma anche in termini di vite umane.

Basti pensare che a causa del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ogni anno perdono la vita in Europa oltre 30mila persone. Nei prossimi 20 anni, secondo quanto rilevato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), la resistenza agli antibiotici diventerà la prima causa di morte, superando quella dei tumori. L’Italia è al quinto posto in Europa per morti a causa dell’antibiotico-resistenza. Un terzo di queste, circa 10.000, avvengono sul territorio nazionale, non solo a causa di resistenza dovuta alla somministrazione diretta di tali farmaci, ma anche a causa dell’eccessivo quantitativo di antimicrobici utilizzati negli animali per la produzione di carni per uso alimentare.

Cosa fare allora per apportare il proprio contributo all’uso consapevole di antibiotici? La risposta è semplice, quanto disarmante: somministrare tali importanti farmaci solo se prescritti dal medico curante o dal medico specialista. Queste figure professionali sono le uniche a poter stabilire la necessità dell’assunzione di un antibiotico. Molti farmaci contro i batteri, infatti, sono inutili nel caso di infezioni virali o di infiammazioni non sostenute da batteri. Il che riduce, se non annulla, la necessità di somministrare l’antibiotico.

Dal canto loro, anche i farmacisti non possono erogare i medicinali antibiotici senza la necessaria prescrizione del medico. Possono però fornire tutte le informazioni necessarie alla corretta somministrazione di tale importante classe di farmaci. Comprese le nozioni su eventuali interazioni con altri farmaci e con terapie in corso. È vero infatti che oltre al fenomeno dell’antibiotico-resistenza, un’altra complicazione legata all’uso degli antibiotici, come di gran parte dei farmaci, è l’interazione con altri medicinali.

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Lattosio, uno zucchero talvolta difficile da digerire

L’intolleranza al lattosio, cioè l’incapacità di digerire lo zucchero del latte, è dovuta a un deficit di β-galattosidasi o lattasi, l’enzima presente sulla superficie delle cellule intestinali deputato alla sua scissione in glucosio e galattosio, i due zuccheri più semplici che lo costituiscono. Il lattosio indigerito presente nel lume intestinale, oltre a richiamare liquidi, va incontro a fermentazione ad opera della flora microbica con produzione di gas come metano, anidride carbonica e idrogeno e di altre sostanze volatili: ciò determina una sensazione di gonfiore e pesantezza a livello addominale e può provocare dolori crampiformi, diarrea, nausea, cefalea e spossatezza.

Nella prima infanzia si tratta solitamente di un’intolleranza secondaria temporanea, dovuta a infezioni, allergie o stati di malnutrizione che causano lesioni a livello della mucosa dell’intestino, con conseguente riduzione della sintesi di lattasi. Anche la celiachia, ossia l’intolleranza al glutine, portando ad un appiattimento dei villi intestinali e riducendo così la superficie preposta all’assorbimento dei nutrienti, può essere causa di intolleranza al lattosio. Vi sono soggetti che manifestano i sintomi dell’intolleranza al lattosio fin dalla nascita: si parla in questo caso di intolleranza primaria, una condizione non transitoria dovuta a un difetto genetico che fa sì che l’organismo non sia in grado di produrre lattasi. In generale, in età adulta la diminuita sintesi di lattasi si verifica in maniera progressiva e si riscontra prevalentemente in determinate etnie, come negli individui asiatici e africani.

Il breath test o test del respiro, misurando la concentrazione di idrogeno nell’aria espirata dopo un carico di lattosio, consente di diagnosticare l’intolleranza. In caso di esito positivo, si consiglia di limitare il consumo di latte e derivati, eventualmente reintroducendoli in maniera graduale se lo specialista in gastroenterologia lo ritiene opportuno, così da stimolare la sintesi dell’enzima carente. Se i prodotti lattiero-caseari vengono esclusi del tutto dalla dieta può essere utile un’integrazione con calcio.

In commercio si trovano diversi alimenti alternativi al latte e ai latticini. È possibile sostituire formaggi, yogurt, panna e burro con derivati di origine vegetale, per esempio a base di soia, riso, avena. Si possono inoltre consumare alcuni formaggi, come il parmigiano-reggiano, grana padano e pecorino oltre i 36 mesi di stagionatura, il gorgonzola, l’emmenthal. Per i lattanti esistono formule contenenti lattosio idrolizzato, vale a dire già scisso nei due componenti, oppure costituite da zuccheri diversi dal lattosio, per esempio saccarosio, glucosio, destrine. Per i soggetti adulti sono disponibili latti delattosati, preparati enzimatici in gocce da addizionare al latte prima di consumarlo e compresse da masticare prima di introdurre alimenti tra i cui ingredienti figuri il latte.

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Rimedi naturali e farmaci per migliorare il tono dell’umore

La mancanza di progettualità, l’impossibilità di prevedere gli eventi del futuro anche vicino, la paura del contagio, la riduzione della socialità sono condizioni legate all’attuale emergenza sanitaria che, in individui sensibili e predisposti, possono scatenare una depressione latente o aggravare una sindrome depressiva già esistente. La depressione è uno stato psichico caratterizzato da sconforto e abbattimento che rappresenta il più diffuso disturbo dell’umore e che comprende forme lievi, compatibili con lo svolgimento delle normali attività quotidiane, ma anche stati depressivi gravi accompagnati da allucinazioni e deliri.

Il soggetto depresso perde autostima, capacità di reagire, interesse nei confronti del mondo esterno, è triste e spesso ansioso. Talvolta ad apatia e pessimismo si aggiungono sintomi fisici, come disturbi del sonno, inappetenza, difficoltà digestive. La depressione, oltre a presentarsi in momenti difficili della vita, ad esempio in concomitanza con lutti, licenziamenti, divorzi, malattie, può anche essere la conseguenza dell’uso di alcuni farmaci o di squilibri ormonali.

Nelle forme depressive meno severe si può intervenire con rimedi vegetali, come l’iperico, dagli effetti collaterali limitati se confrontati con quelli degli antidepressivi di sintesi. In caso di contemporanee terapie farmacologiche occorre sentire il parere del medico o chiedere consiglio al farmacista per la sua assunzione, in quanto l’iperforina, la sostanza attiva contenuta nelle sommità fiorite della pianta, aumenta il metabolismo di molti medicinali, determinando una riduzione della loro efficacia. Per la depressione accompagnata da insonnia risultano utili melatonina, valeriana, melissa, passiflora, biancospino, luppolo.

Per trattare una depressione più grave esistono numerose classi di farmaci. Gli antidepressivi triciclici, nonostante ad oggi non siano la terapia di scelta dal momento che l’uso può essere seguito da effetti collaterali importanti, sono ancora piuttosto diffusi. Sono antidepressivi triciclici l’amitriptilina, l’imipramina e la clomipramina, utilizzati soprattutto nelle forme di depressione ove siano presenti insonnia e mancanza di appetito. Gli effetti collaterali principali sono sedazione, ipotensione, secchezza delle fauci, stipsi, aritmie. Degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, abbreviati con la sigla Ssri, fanno parte fluoxetina, paroxetina, citalopram, sertralina. Sono gli antidepressivi maggiormente prescritti, impiegati in particolare per il trattamento della depressione di grado moderato. Tra gli effetti indesiderati si segnalano nausea, perdita dell’appetito, insonnia, calo della libido.

Gli inibitori selettivi della noradrenalina includono la reboxetina, quelli non selettivi la venlafaxina e la duloxetina, simili agli antidepressivi triciclici ma con minori effetti collaterali. Trazodone, mirtazapina e bupropione appartengono ad un gruppo eterogeneo di farmaci dall’azione antidepressiva con effetti indesiderati inferiori rispetto ai triciclici. Per le sindromi maniaco-depressive o bipolari sono prescritti gli stabilizzanti dell’umore, principalmente il litio.

Farmaci antiepilettici come carbamazepina, acido valproico e gabapentin, più sicuri del litio, trovano impiego nei soggetti che non rispondono alla terapia di elezione. Se vi sono differenze anche rilevanti per quanto concerne la tossicità, l’efficacia delle varie classi di farmaci sembra simile. I singoli pazienti possono rispondere in maniera differente ad una terapia piuttosto che a un’altra, ma le ragioni di queste diverse reazioni non sono note. Tutti gli antidepressivi richiedono 2-4 settimane di tempo prima che si instauri l’effetto terapeutico e possono essere acquistati esclusivamente dietro presentazione di ricetta medica.

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Fare un bagno di 90 minuti prima di coricarsi può aiutare a dormire meglio

I ricercatori della Cockrell School of Engineering, presso l’Università del Texas, ad Austin, negli Stati Uniti, hanno scoperto che fare un bagno in acqua a circa 40-41 gradi, una o due ore prima di coricarsi, può migliorare significativamente il sonno. Nel dettaglio, gli studiosi hanno scoperto che la tempistica ottimale del bagno per il raffreddamento della temperatura corporea al fine di migliorare la qualità del sonno è di circa 90 minuti prima di andare a letto. Bagni caldi e docce stimolano il sistema termoregolatore del corpo, causando un marcato aumento della circolazione del sangue dal nucleo interno del corpo ai siti periferici delle mani e dei piedi, con conseguente efficace rimozione del calore corporeo e riduzione della temperatura corporea.

Pertanto, se i bagni sono fatti al momento biologico giusto, vale a dire una o due ore prima di coricarsi, aiuteranno il naturale processo circadiano e aumenteranno le possibilità non solo di addormentarsi rapidamente ma anche di sperimentare un sonno di qualità migliore. «Quando abbiamo esaminato tutti gli studi noti – evidenzia Shahab Haghayegh, del dipartimento di ingegneria biomedica e autore principale del documento – abbiamo notato notevoli disparità in termini di approcci e risultati. L’unico modo – prosegue – per determinare con precisione se il sonno può effettivamente essere migliorato era combinare tutti i dati passati e guardarli attraverso una nuova lente».

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Influenza stagionale o Covid: in che modo distinguerli?

Febbre, tosse secca e, talvolta, vomito e diarrea sono sintomi comuni alle infezioni causate sia da Covid-19 che dai virus dell’influenza stagionale. Nell’influenza la febbre di solito supera i 38°C e i sintomi respiratori come tosse, mal di gola, raffreddore sono accompagnati da dolori a muscoli e ossa. Anche negli individui affetti da Covid segni caratteristici della malattia sono l’innalzamento della temperatura corporea oltre i 37.5°C e la tosse secca con difficoltà respiratorie più o meno gravi, mentre la perdita o la riduzione del senso dell’olfatto, in termini medici definiti anosmia e iposmia, così come la perdita o l’alterazione del gusto, chiamati ageusia e disgeusia, sono tipici di Sars-Cov-2.

Le stagioni autunnale e invernale, con il loro clima rigido, portano a trascorrere la maggior parte del tempo in luoghi chiusi e questa abitudine può anche scatenare starnuti e tosse insistenti nei soggetti allergici. In questo periodo non mancano inoltre i virus che colpiscono l’apparato digerente provocando dissenteria, presente in alcuni malati di Covid. Come distinguere dunque l’infezione da coronavirus da quelle provocate dagli altri virus in circolazione? Innanzitutto i sintomi dell’influenza esordiscono più rapidamente, con un periodo di incubazione che va da uno a quattro giorni, a differenza del Covid che ha tempi di incubazione variabili dai due agli undici giorni, fino ad un massimo di quattordici giorni. Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali, quelli causati dai virus diversi da Sars-Cov-2 sono in genere transitori e durano non più di 2-3 giorni.

In caso di febbre, l’unico modo per togliere ogni dubbio è effettuare il tampone rinofaringeo, ma anche in assenza di febbre si raccomanda di stare a casa dal lavoro e da scuola e di consultare il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta per una diagnosi differenziale. Evitare di recarsi al pronto soccorso: i sintomi dell’influenza vanno infatti gestiti da casa e, in molti casi, pure i sintomi del Covid sono governabili a livello domiciliare, a meno che non compaiano severe complicanze respiratorie. Il medico curante, se lo ritiene necessario, può avviare le procedure previste dal ministero della Salute, tamponi compresi.

Per facilitare la diagnosi, permettendo al medico di distinguere tra virus che sono causa di sintomi molto simili, uno strumento efficace è il vaccino antinfluenzale. La campagna vaccinale 2020-21, iniziata in anticipo rispetto agli anni passati, è stata estesa alla popolazione di età compresa tra i 60 e i 64 anni. Hanno diritto a ricevere gratuitamente il vaccino antinfluenzale, oltre agli over 60, le persone al di sotto di questa soglia di età affette da patologie croniche che aumentino il rischio di complicanze da influenza, gli operatori sanitari, gli addetti ai pubblici servizi, le donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino in gravidanza o nel post-partum. Coloro che non rientrino in queste categorie ma che desiderino vaccinarsi a pagamento su base volontaria dovranno attendere che le farmacie territoriali ricevano le dosi, una volta terminata la campagna rivolta alle categorie più a rischio presso i servizi vaccinali delle aziende sanitarie e gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri.