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Spese tracciabili, gli esperti: «Per la detrazione non conta chi ha pagato in famiglia»

«Il pagamento si considera sostenuto dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa, indipendentemente dal familiare che materialmente lo esegue». È quanto si legge in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore, relativo all’obbligo di tracciabilità delle spese.

Secondo quanto evidenziano gli esperti Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta «il fatto che un soggetto paghi o anticipi una spesa per conto altrui – si legge nel testo – attiene ai rapporti interni fra le parti, per cui la detrazione spetta al contribuente a cui è intestata la fattura anche se a pagare materialmente è un terzo. I casi più comuni sono le spese dei figli a carico pagate da un genitore, ma detratte pro quota da entrambi e le spese pagate da un membro della famiglia che “fa la spesa” per tutti».

A fornire i chiarimenti è la stessa Agenzia delle Entrate. Tarabusi e Trombetta precisano che «va comunque verificata la corrispondenza tra la spesa che si vuole detrarre ed il pagamento effettuato da altri. Il contribuente – spiegano gli esperti – che vuole detrarre la spesa produrrà al Caf o al professionista la prova cartacea della transazione/pagamento fatta dal soggetto che ha materialmente pagato: ad esempio la ricevuta bancomat, l’estratto conto, la copia del bollettino postale o del Mav o la copia dei pagamenti PagoPa. In mancanza, il pagamento “tracciabile” può essere documentato con una specifica annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale (scontrino) da parte del soggetto che cede il bene o presta il servizio».

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Uso di insetticidi in gravidanza, studio: «Possibile ittero neonatale»

L’ittero neonatale è una condizione nella quale i neonati appaiono itterici o sembrano avere la pelle e la sclera degli occhi gialla quando la bilirubina nel sangue diventa troppo alta. Quando la bilirubina si accumula nel cervello e non viene trattata, possono verificarsi danni neurotossici nei neonati. La fototerapia è spesso usata per trattare l’iperbilirubinemia neonatale. Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica “Pediatric Research”, portato a termine dal Koshin Unit Center della Shinshu University, in Giappone, ha preso in considerazione i dati di 61.751 donne in gravidanza, su circa 100.000 raccolti dal Japan Environment and Children’s Study. Ciò analizzando l’associazione tra l’uso durante la gravidanza di insetticidi e repellenti per insetti e l’insorgenza di iperbilirubinemia neonatale.

Secondo quanto rivelato dagli studiosi, l’uso frequente di spray insetticida in ambienti chiusi ha determinato un’incidenza 1,21 volte maggiore di iperbilirubinemia neonatale che richiede fototerapia.

D’altra parte, quando veniva usato frequentemente uno spray o un repellente per insetti tipo lozione, l’incidenza era 0,70 volte inferiore. Nonostante questo ritrovamento, nessuna correlazione è stata osservata tra l’iperbilirubinemia neonatale che richiede un trattamento, con riferimento all’uso di repellenti per insetti per l’abbigliamento, spirali per zanzare, repellenti per zanzare elettrici, pesticidi e pesticidi per il giardinaggio. L’esposizione di insetticidi e repellenti per insetti alla fine della gravidanza non è stata valutata in questo studio né sono stati raccolti dati per la concentrazione nel sangue di insetticidi e repellenti per insetti. Inoltre, non è stato esaminato l’effetto di standard di implementazione della fototerapia leggermente diversi per l’iperbilirubinemia neonatale tra le istituzioni mediche.

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Farmaci in gravidanza, quali sono quelli più utilizzati?

Il 30 settembre 2020 l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ente governativo in Italia che si occupa della sicurezza dei medicinali, ha presentato il lavoro “L’uso dei Farmaci in gravidanza”, con l’obiettivo di fare una panoramica sui farmaci più utilizzati durante la gravidanza. Come è noto, numerose donne che si avviano al parto ricorrono a cure mediche per altri problemi di salute oppure per particolari condizioni che insorgono durante i mesi della gravidanza.

Secondo quanto evidenzia il rapporto dell’Aifa «il 73,1% delle donne ha ricevuto almeno una prescrizione durante la gravidanza, il 57,1% nei tre trimestri precedenti la gravidanza e il 59,3% nei tre trimestri successivi al parto». Con riferimento ai medicinali usati, l’Aifa evidenzia nel documento che «i quattro principi attivi maggiormente utilizzati in gravidanza sono l’acido folico (34,6%), il progesterone (19%), il solfato ferroso (18,8%) e l’amoxicillina/acido clavulanico (11,5%); i primi due – puntualizza l’Aifa – con un utilizzo più concentrato nel primo trimestre, che decresce significativamente nel secondo e nel terzo, il solfato ferroso soprattutto nel terzo trimestre e l’amoxicillina/acido clavulanico stabile nel corso della gravidanza».

È utile rilevare che si tratta di farmaci che richiedono una prescrizione del medico curante o specialista, visto il ruolo critico che determinati medicinali possono avere sull’andamento della gravidanza. Ne consegue che, alla luce di quanto evidenziato, è bene ribadire che non è consentito – durante la gravidanza – l’assunzione di farmaci senza che siano prescritti dal medico a cui fare seguire una verifica professionale del farmacista.

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Attività fisica e memoria, lo sport aerobico fa bene alla mente

Quante volte ci è capitato di non ricordare una parola o il nome di una persona che sappiamo di conoscere? Questi piccoli errori, spesso frustranti, possono essere causati da una breve interruzione della capacità del cervello ad accedere ai suoni di una parola. In pratica, non abbiamo dimenticato la parola, e ne conosciamo il significato, tuttavia, la formulazione della stessa spesso ci risulta impossibile. Questi lapsus sono molto frequenti nella vita di tutti i giorni ma diventano più frequenti con l’avanzare dell’età.

Grazie alle evidenze scientifiche già presenti che hanno comprovato che le persone anziane in attività hanno un minor rischio dei vari deficit cognitivi, gli scienziati hanno pensato di approfondire cercando di capire se vi fosse una correlazione tra praticare attività aerobica e ricordare le parole.

Ebbene, i ricercatori dell’Università di Birmingham hanno analizzato 28 volontari di età tra 60 ed 80 anni, in salute e senza segni clinici di problemi cognitivi. La loro capacità aerobica è stata misurata mediante ciclo ergometro. Questo gruppo ed un secondo gruppo di volontari di circa 20 anni sono stati fatti sedere al computer, mostrando loro delle parole ad intermittenza. I giovani volontari avevano migliori capacità di ricordare le parole evidenziate, rispetto al gruppo di persone anziane, ma, tra i componenti del gruppo di anziani è stato evidenziato che coloro che facevano più attività fisica ricordavano meglio le parole mostrate.

Questo studio è solo osservazionale, ovvero, si è limitato ad osservare questo fenomeno. Non si può confermare che vi sia un nesso di casualità tra praticare attività fisica e migliore memoria, tuttavia, è fortemente possibile una correlazione tra le due.

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Gli antibiotici potrebbero ridurre l’efficacia della pillola anticoncezionale

Gli antibiotici, farmaci noti per il ruolo cruciale nel difendere l’organismo da parte degli attacchi dei batteri, potrebbero avere un ruolo negativo nel limitare l’efficacia dei medicinali anticoncezionali.

È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica BMJ Evidence Based Medicine. Analizzando i dati disponibili, i ricercatori hanno dimostrato che l’uso simultaneo di antibiotici e anticoncezionali potrebbe portare alla riduzione dell’efficacia degli anticoncezionali.

Ne consegue che, alla luce di quanto evidenziato, «le donne che utilizzano entrambi i tipi di farmaci contemporaneamente – spiegano i ricercatori – dovrebbero prendere ulteriori precauzioni per evitare una gravidanza involontaria, affermano gli autori britannici dello studio».

Osservando i dati disponibili, senza motivare il rapporto causa-effetto, il team di esperti ha osservato che «rispetto agli altri tipi di farmaci, le gravidanze indesiderate erano sette volte più comuni nelle segnalazioni del cartellino giallo di antibiotici e 13 volte più comuni nelle segnalazioni di farmaci induttori enzimatici, che includevano alcuni antibiotici». Per questo motivo, gli studiosi evidenziano che «medici e pazienti debbano discutere attentamente le nuove prescrizioni e se potrebbero interferire con le pillole anticoncezionali».