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Inquinamento domestico, alcune superfici trattengono gli inquinanti più a lungo

La qualità dell’aria negli ambienti chiusi è un fattore determinante per il benessere delle persone, vista la quantità di tempo trascorsa nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro. Le superfici negli spazi interni, dai mobili alle pareti, interagiscono con le sostanze chimiche sospese nell’aria, influenzandone la concentrazione e la durata della loro presenza. Una ricerca condotta in un ambiente domestico controllato ha fornito evidenze sull’entità del fenomeno, quantificando la capacità delle superfici di assorbire composti organici volatili. L’indagine si è concentrata sulla dinamica di assorbimento e rilascio delle sostanze da parte dei materiali che compongono l’arredamento e le strutture della casa.

Materiali porosi “serbatoi” per le sostanze chimiche

L’esperimento ha coinvolto l’immissione di una miscela di composti organici volatili con diversa volatilità in un’abitazione test non abitata. Le misurazioni in tempo reale delle concentrazioni nell’aria hanno mostrato un decadimento più rapido per le sostanze con una maggiore tendenza a legarsi alle superfici. I dati sono stati analizzati con un modello matematico sul comportamento degli inquinanti. I risultati hanno evidenziato che il volume complessivo delle superfici in grado di assorbire le sostanze è molto più ampio di quanto ipotizzato in precedenza.

Persistenza degli inquinanti dipende dalle proprietà chimiche

Sostanze con una elevata affinità per le superfici tendono a permanere più a lungo nell’ambiente domestico, adsorbendosi su materiali come legno, intonaco e vernici. Ciò riduce la loro concentrazione nell’aria, limitando l’esposizione per inalazione, ma al contempo crea un serbatoio che può rilasciare gradualmente le sostanze nel tempo. Il tempo di permanenza di un inquinante nei serbatoi superficiali è stato calcolato in funzione delle sue proprietà chimiche e del ricambio d’aria dell’ambiente. Per composti con una forte tendenza all’assorbimento, il tempo necessario per ridurre la loro concentrazione sulle superfici può estendersi da alcune ore fino a periodi molto lunghi, rendendo inefficace la sola ventilazione per la loro rimozione.

Fonte: Voc injection into a house reveals large surface reservoir sizes in an indoor environment

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Scoperto un ulteriore legame tra sistema immunitario e ipertensione

Una ricerca condotta dall’Unità di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’Irccs Neuromed di Pozzilli ha identificato un meccanismo attraverso cui il sistema immunitario può contribuire all’ipertensione arteriosa. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha messo in luce il ruolo chiave di un enzima intracellulare, Pi3kγ, nell’attivazione e nella migrazione dei linfociti T Cd8 verso organi come i reni e il sistema vascolare.

Attivazione dell’enzima può portare allo sviluppo di ipertensione

Gli esperimenti condotti hanno dimostrato che l’attivazione continua dell’enzima Pi3kγ può causare l’insorgenza di ipertensione, indipendentemente dalla presenza di fattori di rischio tradizionali. Ciò avviene perché le cellule T Cd8, una volta attivate, si spostano dalla milza verso i tessuti periferici, entrando in contatto diretto con le pareti delle arterie. L’interazione tra sistema immunitario e sistema cardiovascolare si traduce in un aumento della rigidità dei vasi sanguigni e in un’alterazione del controllo della pressione arteriosa.

Infiltrazione dei linfociti nei tessuti

I ricercatori hanno scoperto che l’enzima Pi3kγ conferisce ai linfociti Cd8 la capacità di produrre una molecola infiammatoria che facilita l’infiltrazione delle cellule immunitarie nei tessuti e la formazione di un’interfaccia con le cellule vascolari. Bloccando la molecola infiammatoria, l’effetto ipertensivo scompare, evidenziando il suo ruolo nel processo. L’importanza della scoperta risiede anche nel fatto che lo stesso tipo di attivazione è stato osservato nei linfociti Cd8 presenti nei reni di pazienti ipertesi, suggerendo che tale meccanismo potrebbe avere una rilevanza clinica nell’uomo. I risultati ottenuti aprono nuove prospettive per la protezione dei tessuti bersaglio dell’ipertensione, in particolare i reni, attraverso l’intervento farmacologico sul segnale Pi3kγ o sulla molecola Rantes prodotta dai linfociti.

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Iva al 4% per le riparazioni di protesi acustiche: il parere dell’Agenzia delle entrate

La questione relativa all’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 4% per le riparazioni di protesi acustiche è stata esaminata dall’Agenzia delle entrate che ha fornito risposta nell’interpello n.8 del 2025. Un’associazione di categoria aveva sollevato il quesito, sostenendo che tali interventi dovrebbero beneficiare della riduzione fiscale, in analogia con quanto previsto per la fornitura di protesi e ausili per disabili. Le norme di riferimento, tuttavia, secondo l’Agenzia non includono esplicitamente le riparazioni tra le operazioni soggette all’aliquota agevolata.

Le basi normative e le richieste dell’associazione

Il responso si è concentrato sulla corretta interpretazione del Dpr n. 633 del 1972, che stabilisce l’applicazione dell’Iva agevolata al 4% per la cessione di protesi e ausili destinati a persone con disabilità. L’associazione ha evidenziato come la riparazione di una protesi acustica non costituisca una nuova fornitura, ma un intervento necessario per ripristinare la funzionalità di un dispositivo già in uso. Tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che la normativa vigente non prevede esenzioni o agevolazioni per le prestazioni di riparazione, considerate servizi soggetti all’aliquota ordinaria del 22%.

La posizione definitiva dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia ha chiarito che le disposizioni fiscali attuali non consentono di estendere l’aliquota ridotta alle riparazioni, in quanto queste non rientrano tra le operazioni di “produzione” o “cessione” di beni. Pertanto, rimane confermata l’applicazione dell’Iva al 22%, come stabilito dalla circolare n. 87 del 1987. Tale orientamento è in linea con precedenti interpretazioni, che escludono tassativamente le riparazioni dai benefici fiscali previsti per gli ausili destinati ai disabili. Le informazioni fornite hanno scopo divulgativo e non sostituiscono il parere del medico curante o dello specialista. In caso di dubbi o necessità, è sempre opportuno consultare un professionista sanitario.

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Bonus psicologo 2025: le istruzioni per la domanda

L’Istituto nazionale della previdenza sociale ha reso nota la circolare operativa con le regole per accedere al contributo denominato Bonus psicologo per il 2025. La misura, divenuta strutturale, ha l’obiettivo di fornire supporto per le spese relative a sessioni di psicoterapia. L’iniziativa è riservata a coloro che versano in condizioni di depressione, ansia, stress o fragilità psicologica. La domanda per ottenere il beneficio può essere inoltrata attraverso i canali telematici dell’Ente previdenziale a partire dal 15 settembre e fino al 14 novembre 2025.

Requisiti e importi del contributo

Per la richiesta è necessario essere residenti in Italia e possedere un indicatore Isee ordinario o corrente, valido al momento della domanda, il cui valore non superi la soglia di 50mila euro. L’entità del contributo è stabilita in base alla situazione economica del richiedente. Il beneficio riconosce un importo massimo di 50 euro per ogni seduta effettuata, con un plafond complessivo che varia a seconda della fascia Isee. Per un Isee inferiore a 15mila euro è previsto un contributo totale massimo di 1.500 euro. Per un Isee compreso tra 15mila e 30mila euro l’importo massimo è di 1.000 euro. Per un Isee tra 30mila e 50mila euro il contributo totale non può superare i 500 euro.

Presentazione della domanda

La richiesta deve essere compilata online sul portale dell’Inps, accedendo con le proprie credenziali digitali, oppure tramite il contact center multicanale. I beneficiari che risulteranno idonei avranno a disposizione 270 giorni, a decorrere dalla pubblicazione delle graduatorie, per utilizzare il contributo mediante un codice univoco che verrà assegnato. Una novità introdotta per il 2025 prevede che i beneficiari che non effettueranno almeno una seduta di psicoterapia entro 60 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda decadranno automaticamente dal diritto al beneficio. Il contributo viene erogato direttamente al professionista che ha effettuato la seduta e non al cittadino beneficiario. Si segnala che la procedura di domanda non è disponibile per i residenti nella Provincia autonoma di Trento.

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Fermenti lattici, quando sono utili e come agiscono

L’uso di antibiotici potrebbe portare a disturbi gastrointestinali, come diarrea o gonfiore. Si tratta di effetti dovuti dall’alterazione della flora batterica intestinale, che viene compromessa dall’azione del farmaco. Gli antibiotici, infatti, non distinguono tra batteri nocivi e quelli benefici, riducendo la diversità microbica nell’intestino. Per tale motivo, l’assunzione di fermenti lattici potrebbe essere utile durante o dopo la terapia antibiotica prescritta dal medico o dallo specialista.

Quando i fermenti lattici possono essere utili

Non sempre è necessario assumere fermenti lattici dopo un ciclo di antibiotici. La decisione dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di antibiotico utilizzato, la durata della terapia e le condizioni individuali del paziente. Alcuni studi indicano che i probiotici possono ridurre il rischio di diarrea associata agli antibiotici, ma non tutti i ceppi batterici hanno la stessa efficacia. L’intestino, d’altro canto, è in grado di ripristinare autonomamente il proprio equilibrio nel giro di alcune settimane.

Come scegliere il fermento lattico giusto

Se si decide di assumere fermenti lattici, è importante optare per ceppi batterici specifici, come Lactobacillus rhamnosus o Saccharomyces boulardii, che hanno dimostrato una certa efficacia in studi clinici. In alcuni casi, l’assunzione di probiotici potrebbe non essere raccomandata, ad esempio in pazienti con sistema immunitario compromesso. Dunque, è sempre consigliabile chiedere un parere al farmacista o al medico prima di iniziare qualsiasi integrazione. Le informazioni fornite non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di sintomi persistenti o dubbi, è necessario rivolgersi a un professionista sanitario.