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Pressione alta nei bambini e ambiente, studio evidenza fattori di interazione

L’ipertensione è tra le principali cause delle malattie cardiovascolari e la sua eziologia è complessa e multifattoriale, in quanto è il risultato di interazioni tra genetica, stili di vita e fattori di rischio ambientali. Numerosi studi hanno evidenziato che bambini con pressione arteriosa elevata hanno una maggiore probabilità di diventare ipertesi da adulti. Da queste osservazioni risulta di vitale importanza identificare i fattori ambientali che predispongono allo sviluppo di ipertensione dalla vita fetale in avanti.

Analisi precedenti hanno dimostrato la presenza di valori pressori più elevati nei bambini esposti a inquinamento atmosferico, temperature fredde, mancanza di spazi verdi, rumore associato al traffico stradale.

Una pressione sanguigna più alta è stata inoltre riscontrata nella popolazione pediatrica di età compresa tra i tre e i dodici anni se la madre era stata esposta ad inquinamento dell’aria nel corso della gravidanza.

Nell’ottobre 2020 la rivista Environment International, edita da Elsevier, ha pubblicato lo studio condotto dal team di ricercatori guidato da Charline Warembourg, che si proponeva di valutare in maniera sistematica l’esposizione simultanea a diversi fattori di rischio legati all’ambiente urbano, prendendo in esame un’ampia coorte di bambini in età prescolare.

Tra il 1999 e il 2010 in sei città di Regno Unito, Francia, Spagna e Grecia sono state reclutate donne al primo e secondo trimestre di gravidanza, intercettate in ambulatori medici in cui si recavano per l’esecuzione di esami di routine. Erano previsti follow-up durante la gestazione, alla nascita e nel periodo postnatale. Lo studio ha incluso un totale di 4279 bambini di età media di 4.8 anni, a cui sono state misurate la pressione massima o sistolica e minima o diastolica in diversi momenti alle età di quattro e cinque anni.

È stata valutata l’influenza dell’ambiente cittadino sulla pressione durante la prima infanzia, considerando ciascun fattore di esposizione sia singolarmente che combinato agli altri. Associazioni positive tra ambiente urbano durante la gravidanza e incremento della pressione sanguigna nei bambini sono state osservate principalmente per la diastolica.

Nello specifico, un aumento della pressione diastolica si è registrato quando la madre era esposta all’inquinamento nei primi due trimestri della gravidanza e quando il bambino era esposto a un ambiente con valori elevati di umidità relativa, biossido di azoto e polveri sottili.

Il rumore nelle 24 ore e la temperatura ambientale elevata durante la gravidanza e un’alta densità abitativa durante l’infanzia risultavano associati anche a un aumento della pressione sistolica.

Il rumore del traffico è considerato dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità come un fattore predisponente all’ipertensione in età adulta, probabilmente a causa di una risposta fisiologica allo stress da esso generato, mentre nella popolazione pediatrica sono necessari ulteriori studi.

Una migliore progettazione degli ambienti urbani e la pianificazione dei trasporti sono tra i suggerimenti dei ricercatori per ridurre in futuro gli effetti avversi dell’esposizione nella prima infanzia ai fattori menzionati sopra, che includono il rischio di severi eventi cardiovascolari in età adulta.

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Antibiotico-resistenza, come si presenta un problema diffuso su scala globale?

Come è noto, gli antibiotici sono farmaci di vitale importanza che comprendono differenti classi di molecole. Si distinguono in batteriostatici, in grado di impedire o limitare la riproduzione dei batteri, e battericidi, che hanno la capacità di ucciderli. L’impiego senza controllo di questi medicinali o il loro uso improprio, per esempio nel trattamento di infezioni provocate da virus, su cui non sono attivi, ha provocato nel tempo l’instaurarsi di fenomeni di “resistenza”, ovvero la possibilità che i microorganismi diventino insensibili alla terapia a cui in precedenza rispondevano. «Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – evidenzia il ministero della Salute – ogni anno 700 mila persone nel mondo muoiono a causa di un’infezione dovuta a batteri resistenti agli antibiotici. Di queste, secondo le stime del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) 33 mila si registrano in Europa (UE) e oltre 10 mila riguardano il nostro Paese.

Per prevenire l’antibiotico-resistenza, che rende vane tante terapie essenziali, occorre ricordare innanzitutto che spesso l’organismo possiede la capacità di superare un’infezione provocata da batteri senza la necessità di ricorrere all’utilizzo di farmaci antibatterici. Vi sono stati patologici, come la comune influenza stagionale, che sono causati da virus e pertanto non sono ricettivi nei confronti di questa tipologia di medicinali. È assolutamente da evitare il fai-da-te: la decisione di assumere autonomamente un antibiotico per via sistemica non è mai una buona idea. Ciò che ha funzionato in passato per risolvere sintomi che sembrano analoghi a quelli di cui soffriamo oggi può non essere indicato. Ogni caso è a sé stante e la scelta di un’eventuale terapia antibiotica deve essere effettuata dal medico di volta in volta, dopo una visita accurata e un’attenta analisi della sintomatologia, meglio ancora se suffragata da un antibiogramma. Per individuare la molecola più adatta il medico può infatti avvalersi di questo esame, che consente di valutare la sensibilità ai diversi antibiotici del batterio presente nel materiale biologico prelevato dal paziente, come urine, feci, sangue, muco.

È necessario attenersi scrupolosamente alla posologia affinché la terapia risulti efficace, debellando l’infezione e scongiurando il rischio di ricadute. Rispettare dosi, modi e tempi di assunzione è quindi un’altra norma fondamentale per impedire la comparsa di antibiotico-resistenza. Si ricorda infine che il problema in questione in parte è dovuto alla somministrazione di antibatterici in ambito veterinario come promotori dell’accrescimento degli animali da allevamento. Come conseguenza di questa pratica, vietata negli stati membri dell’Unione europea, alcuni ceppi hanno sviluppato resistenza agli antibiotici somministrati agli animali destinati all’alimentazione umana, divenendo causa di infezioni nell’uomo che non risultano più curabili con gli antibiotici abitualmente prescritti.

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La qualità del sonno predice il rischio di morte nel diabete e nell’ipertensione

Il diabete di tipo 2 e l’ipertensione sono due condizioni di salute molto comuni in tutto il mondo. Se da un lato esistono modi per gestirli, tali condizioni possono tuttavia aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiache e subire un ictus. Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of American Heart Association ha scoperto che il sonno può svolgere un ruolo cruciale per le persone con queste condizioni di salute. L’analisi del team ha rivelato che 512 persone, su un totale di 1654 partecipanti, le quali erano morte entro il 2016, circa due quinti erano deceduti a causa di cause legate a malattie cardiache o ictus, mentre quasi un quarto era deceduto a seguito di una diagnosi di cancro. Ciò che ha attirato l’attenzione degli investigatori è stato il fatto che tra le persone che avevano ipertensione o diabete di tipo 2, il rischio di morte per malattie cardiache o ictus era due volte più alto in coloro che dormivano per meno di 6 ore a notte rispetto a quelli che dormivano per 6 ore o più.

Per gli individui con una di queste due condizioni di salute che dormivano più a lungo, l’aumento del rischio di morte prematura non era significativo. Inoltre, i partecipanti alla cardiopatia e al gruppo di ictus che dormivano per meno di 6 ore a notte avevano quasi tre volte il rischio di morire per cause correlate al cancro. «Il nostro studio – spiega Julio Fernandez Mendoza, autore principale dello studio – suggerisce che il raggiungimento del sonno normale può essere protettivo per alcune persone con queste condizioni e rischi per la salute». Tuttavia, avverte, «sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare se il miglioramento e l’aumento del sonno attraverso terapie mediche o comportamentali possano ridurre il rischio di morte precoce».

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Il 2 aprile è la Giornata mondiale dell’autismo

«Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, in Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. L’Osservatorio Nazionale è un progetto finanziato nel 2016 dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e il ministero della Salute. Questi dati sottolineano la necessità di adottare politiche sanitarie, educative e sociali atte a incrementare i servizi e migliorare l’organizzazione delle risorse a supporto delle famiglie». È quanto si legge sul portale istituzionale del ministero della Salute, che anch’esso ricorda la data del 2 aprile 2021, giornata in cui si ricorda a livello mondiale l’autismo.

«Dopo la legge sull’autismo (L. 18 agosto 2015 n. 134) – evidenzia il dicastero – , nel 2018 sono state aggiornate le Linee di indirizzo per l’autismo nella Conferenza Unificata Stato Regioni, ispirandosi alla Convenzione delle Persone con Disabilità dell’ONU e sono stati avviati progetti tra Regioni e Istituto Superiore di Sanità su inclusione lavorativa, transizione dall’età evolutiva all’età adulta, strutture residenziali e semiresidenziali». In questo senso «l’Istituto – precisa il ministero della Salute sta dando attuazione, su mandato e in collaborazione con il ministero della Salute, al decreto ministeriale del 30 dicembre 2016 che disciplina le modalità di utilizzo del Fondo autismo. Sono state recentemente avviate le attività regionali per l’istituzione di una rete di coordinamento tra pediatri di base, personale che lavora negli asili nido e unità di neuropsichiatria infantile finalizzata ad anticipare la diagnosi e l’intervento, le iniziative di formazione della rete educativa e sanitaria e la messa a punto di un protocollo di riconoscimento/valutazione di atipie comportamentali precoci nella popolazione generale e ad alto rischio».

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Allergie stagionali, come affrontare la sintomatologia che le accompagna?

Le reazioni allergiche sono mediate dal sistema immunitario e rappresentano la conseguenza di una sensibilizzazione verso sostanze chimiche a cui ci si sia precedentemente esposti. Queste sostanze nel soggetto non allergico sono innocue. In caso di allergia, il composto o un suo metabolita definito aptene si coniuga con proteine per formare un antigene, che determina la produzione di anticorpi; la reazione antigene-anticorpo attiva una risposta cellulare con liberazione di mediatori dell’infiammazione.

Le sostanze immunogene sono molteplici: possono trovarsi nell’ambiente, come pollini, pelo e saliva di animali, acari della polvere, muffe, ma comprendono anche alimenti, metalli pesanti, prodotti chimici contenuti in detergenti e cosmetici, farmaci.

La reazione allergica può essere scatenata dall’inalazione dell’allergene, dalla sua ingestione o dall’esposizione cutanea. Nella prima evenienza avremo reazioni allergiche caratterizzate da rinite, infiammazione della congiuntiva, irritazione della gola e, nei casi più gravi, laringospasmo e broncospasmo. Considerata la stagione, prendiamo in esame le allergie causate dai pollini di alcune piante.

Quando si esce di casa, si consiglia di proteggere la zona oculare indossando gli occhiali da sole e, al rientro, di lavarla con acqua fresca. Può apportare sollievo anche il lavaggio delle fosse nasali con soluzione fisiologica. A fine giornata, può essere utile farsi uno shampoo, dal momento che i capelli possono aver raccolto i pollini durante il periodo trascorso all’aria aperta. Per lo stesso motivo suggeriamo di stendere i panni in casa.

Come farmaci preventivi, si utilizzano i cromoni, che occorre assumere almeno 2-4 settimane prima dell’esposizione agli allergeni, proseguendo la terapia per tutta la stagione di fioritura.

Tra i farmaci sintomatici, citiamo gli antistaminici per via orale o contenuti all’interno di spray nasali e colliri. Quelli di ultima generazione consentono spesso un’unica somministrazione giornaliera e hanno il vantaggio di provocare una minore sonnolenza.

Per contrastare rinite, rossore e prurito oculari in commercio si trovano spray e colliri decongestionanti, a base di vasocostrittori.

In caso di reazioni più severe con crisi asmatiche, si usano broncodilatatori e cortisonici, da assumere per via nasale o orale. Questi farmaci vanno impiegati sotto consiglio e prescrizione del medico.

Invitiamo a non allarmarsi in caso di rinorrea e starnuti in questo periodo dell’anno, rischiando di confondere questi sintomi con quelli di Covid-19. Chi soffre da tempo di allergie sa che gli starnuti ripetuti e il naso che cola sono molto frequenti, a differenza di quanto accade nell’infezione da coronavirus. In quest’ultima è presente il più delle volte la febbre, che invece non si presenta nelle manifestazioni allergiche.