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Ictus, studio: «Può essere innescato da infezioni del tratto urinario»

Come è noto, l’ictus è una condizione patologica dovuta ad una perdita della funzionalità del cervello causata da un ridotto o insufficiente apporto di sangue in un’area più o meno estesa dell’organo. Diversi fattori di rischio possono contribuire all’insorgenza di tale condizione, tra cui ipertensione, aterosclerosi, ma anche fumo di sigaretta e consumo di alcool. Tuttavia, un recente studio pubblicato nel giornale Stroke della American Heart Association, ha evidenziato che «diverse infezioni sono state identificate come possibili cause di ictus, tra cui infezioni del tratto urinario che mostrano il legame più forte con l’ictus ischemico».
Per l’ictus ischemico, i ricercatori hanno scoperto che ogni tipo di infezione era associato a una maggiore probabilità di questo tipo di ictus. Il legame più forte è stato osservato con l’infezione del tratto urinario, che ha mostrato più di tre volte l’aumento del rischio di ictus ischemico entro 30 giorni dall’infezione. Per tutti i tipi di infezione, l’entità del rischio di ictus diminuiva con il crescere del periodo di tempo prima dell’ictus ischemico. Tuttavia, a fronte delle evidenze, non è ancora stato chiarito il perché di quanto osservato.
«Il nostro studio – spiegano i ricercatori – dimostra che dobbiamo fare di più per capire perché e come le infezioni sono associate al verificarsi di diversi tipi di ictus, e questo ci aiuterà a determinare cosa possiamo fare per prevenire questi tipi di ictus. Questi risultati suggeriscono che ci potrebbero essere implicazioni per vaccinazione, regimi antibiotici o trattamenti antitrombotici intensivi non solo per prevenire le infezioni ma per prevenire l’ictus in coloro che sono considerati ad alto rischio».

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Smartphone e salute, i pediatri: «Rischio per gli adolescenti»

Si chiamano “nativi digitali”, usano gli smartphone quotidianamente e navigano su Internet almeno una volta al giorno. Sono l’86% degli adolescenti italiani, di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Una relazione molto stretta con le nuove tecnologie, che però non è senza conseguenze. All’aumentare dell’uso degli strumenti digitali, sembra infatti crescere anche il numero di disturbi psicofisici ad essi correlati. L’allarme lanciato dalla Società italiana di pediatria (Sip) è volto a mettere in guardia genitori e pediatri su quello che sta gradualmente diventando un problema sempre più diffuso. «La dipendenza da smartphone è la malattia del nostro secolo», spiega Elena Bozzola, consigliere Sip, intervistata durante il 75emo Congresso dell’omonima società. Per molti giovani le nuove tecnologie finiscono dunque per rappresentare un rifugio confortevole dal quale diventa progressivamente più difficile uscire, e questo a scapito della salute.
Le ore passate chini sullo schermo fanno aumentare i problemi legati alla carenza di sonno così come quelli oculari o della postura. Tuttavia, i disturbi non sono esclusivamente di natura fisica: l’uso smodato degli smartphone è strettamente correlato a problemi psichici. Tra questi, la diminuzione della soglia dell’attenzione.
È in questo quadro clinico che entra in gioco la nuova posizione della Società italiana di pediatria. Nello specifico, vengono definite le soglie di pericolo ed i campanelli d’allarme ai quali prestare attenzione per cogliere in tempo i segnali dell’insorgenza di comportamenti patologici. «Il documento, afferma Nicola Zamperini, giornalista esperto in comunicazione digitale, chiama alla responsabilità due categorie di persone direttamente coinvolte sul tema: i genitori e i pediatri». A questi ultimi viene chiesto di prestare particolare attenzione al fenomeno, inserendo all’interno della visita domande che facciano emergere il rapporto dei pazienti con il mondo digitale al fine di individuare in tempo casi di dipendenza.
Oltre 120mila sono in Italia i giovani che vivono in una sorta di ritiro sociale filtrando la realtà attraverso uno schermo. È quella che viene chiamata la sindrome di Hikikomori, vera e propria malattia che si traduce nell’incapacità di uscire da casa e nell’utilizzo di Internet come unica finestra sul mondo.

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Estate: bene il sole, ma attenzione ad esporsi alle radiazioni

Il 21 giugno è il solstizio d’estate, vale a dire il giorno più lungo dell’anno, nonché l’inizio dell’estate. A parte le calde giornate e le piacevoli e fresche serate, con l’avvio della stagione estiva sono diverse le problematiche a cui l’organismo va incontro. In primis, il fenomeno della disidratazione, da affrontare con una corretta idratazione, una buona varietà di frutta e verdura, e, solo se necessario, il reintegro con soluzioni saline. Un altro aspetto da considerare è l’esposizione al sole. A far riflettere sulla pericolosità dei raggi solari, ma anche sui possibili rimedi, è la Società italiana di tossicologia (Sitox), associazione scientifica dedicata alla tossicologia e promuove iniziative in campo formativo, ricerca e applicazione in campo clinico e regolatorio. Secondo quanto spiega la Sitox, infatti, «esporsi ai raggi solari fa bene all’umore ed è indispensabile alla vita e al corretto metabolismo dell’organismo di bambini e adulti».
«Attenzione però – evidenzia l’associazione – alla quantità e al tempo. Il sole “preso” male non solo scatena i radicali liberi e invecchia la pelle, ma ci espone a malattie molto gravi. Cautela se assumete farmaci: possono interagire con il sole e dare reazioni. E ancora: quale filtro devo usare, a seconda della pelle che ho?». Sono domande a cui la Sitox ha certato di rispondere. In proposito, Sitox evidenzia che i raggi «UV-A sono implicati non solo nei processi di fotoinvecchiamento e fotodermatosi ma anche di fotosensibilizzazione (fotoallergia) nei confronti di alcuni farmaci e di fototossicità». Quanto a quest’ultima, esse «comprende tre diversi eventi fotochimici: fotochemiotossicità (una risposta cellulare abnorme alle radiazioni nello spettro del visibile o UV in presenza o in assenza di una sostanza chimica), fotoallergia (reazione di fotosensibilizzazione con coinvolgimento del sistema immunitario) e fotocancerogenesi (reazione cutanea caratterizzata dall’invecchiamento cutaneo e possibili lesioni pre-maligne e maligne)».
«Le radiazioni UV – spiega Sitox -, specialmente le UV-B sono potenzialmente tossiche per i tessuti, particolarmente per la cute e gli occhi. Ma solo potenzialmente, in quanto con un’esposizione (dose) equilibrata al sole e con le protezioni solari adeguate si possono evitare le modificazioni degenerative responsabili degli effetti sopraccitati». Ne consegue che, alla luce di quanto evidenziato, «l’utilizzo dei prodotti per la protezione solare è estremamente utile in quanto protegge la pelle dai raggi UV assorbendoli, disperdendoli oppure riflettendoli in base ai filtri solari che contengono. I filtri fisici (ZnO, TiO2) riflettono le radiazioni, mentre invece i filtri chimici li assorbono, spegnendo, in modo selettivo, le radiazioni UV-A e UV-B». Il proprio farmacista di fiducia è sempre disponibile ad affrontare queste – ed altre – tematiche in merito alle interazioni tra farmaci e sole.

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L’allattamento al seno aumenta i metaboliti per la crescita del cervello

L’alimentazione come farmaco principale per la prevenzione e risoluzione di problemi ad essa correlati, ma anche come fonte primaria di vita sin dai primi minuti dalla nascita. A fornire ulteriori prove su quest’ultima affermazione è stato un team di ricerca presso il Children’s National, tra i migliori ospedali pediatrici degli Stati Uniti d’America. Nello specifico, è stato dimostrato che i neonati che consumano principalmente latte materno hanno livelli significativamente più alti di metaboliti importanti per la crescita e lo sviluppo del cervello. Nello studio in oggetto, i ricercatori hanno arruolato neonati con peso alla nascita molto basso (meno di 1.500 grammi) e 32 settimane di età gestazionale o più giovani alla nascita quando sono stati ricoverati nell’unità di terapia intensiva neonatale infantile nella prima settimana di vita. Il team ha inoltre raccolto dati dalla materia bianca frontale destra e dal cervelletto, regione del cervello che consente alle persone di mantenere l’equilibrio e una corretta coordinazione muscolare e che supporta le funzioni cognitive di alto livello.
«La nostra precedente ricerca ha stabilito che i neonati pretermine vulnerabili che vengono nutriti nella prima infanzia hanno migliorato la crescita del cervello e gli esiti dello sviluppo neurologico, non è chiaro cosa rende l’allattamento al seno così benefico per i cervelli in via di sviluppo», afferma Catherine Limperopoulos, Ph.D., ricercatore presso il Children’s National. «La spettroscopia di risonanza magnetica protonica, una tecnica di imaging non invasiva che descrive la composizione chimica di specifiche strutture cerebrali, ci consente di misurare i metaboliti essenziali per la crescita e rispondere a questa domanda persistente. Spettri di sostanza bianca cerebrale hanno mostrato livelli significativamente maggiori di inositolo (una molecola simile al glucosio) per i bambini alimentati con latte materno, rispetto ai bambini alimentati con la formula. Gli spettri cerebellari avevano livelli di creatina significativamente maggiori per i bambini allattati al seno rispetto ai bambini alimentati con la formula. E la percentuale di giorni in cui i bambini sono stati allattati al latte materno è stata associata a livelli significativamente più elevati di creatina e colina, un nutriente solubile in acqua».
«I livelli di metaboliti chiave aumentano durante i periodi in cui i cervelli dei bambini sperimentano una crescita esponenziale», afferma Katherine M. Ottolini, autrice principale dello studio. «La creatina facilita il riciclaggio di ATP, la valuta energetica della cellula. Vedere maggiori quantità di questo metabolita denota cambiamenti più rapidi e una maggiore maturazione cellulare. La colina è un marker del turnover della membrana cellulare, quando vengono generate nuove cellule, vediamo aumentare i livelli di colina».

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Esami in vista: come arrivare preparati e contrastare gli imprevisti di salute

Come ogni anno, i mesi di giugno e luglio rappresentano per molti studenti italiani una corsa ad ostacoli per il conseguimento dei relativi esami. Come in uno sport, tuttavia, ciò che conta è il processo di preparazione non solo sugli argomenti oggetto di esame ma anche fisica. In altre parole, è bene arrivare il giorno degli esami preparati, non solo con una buona preparazione teorica ma anche combattendo le problematiche tipiche di chi è soggetto a dei tour estenuanti di studio. Per far leva su queste tematiche e mantenere alta l’attenzione sulla fase preparatoria in vista e durante gli esami, Assosalute, ovvero l’Associazione nazionale farmaci di automedicazione che riunisce le aziende italiane e internazionali che producono e commercializzano in Italia farmaci di automedicazione, «ha evidenziato una serie di consigli utili per affrontare i disturbi più comuni e, se necessario, ricorrendo anche all’impiego consapevole e responsabile dei farmaci di automedicazione, riconoscibili grazie alla presenza del bollino rosso che sorride sulla confezione».
Il primo è il mal di testa, definito da Assosalute come «uno dei sintomi più diffusi nei periodi di studio», che, tra le cause più comuni, vede «stress, spossatezza, disturbi del sonno e stanchezza degli occhi». Secondo quanto spiega l’associazione, «è importante, per evitare il dolore, staccare di tanto in tanto, distraendosi con attività all’aria aperta, cercando di fare delle pause non solo dai libri ma anche dai device elettronici. Inoltre, fondamentale anche durante le ore di studio è bere. La disidratazione può, infatti, favorire – complice anche la stanchezza – la comparsa di mal di testa».
Anche i disturbi gastro-intestinali possono essere «la valvola di sfogo di ansia e tensioni». Per questo motivo «è fondamentale mangiare cibi sani e leggeri – attenzione in questo caso a snack e cibi molto calorici, che possono favorire il bruciore allo stomaco. In caso di diarrea, è bene bere molta acqua e adottare una dieta povera di fibre».
Venendo ai disturbi del sonno «è risaputo che le notti prima degli esami sono spesso insonni e passate sui libri». Tuttavia, evidenzia Assosalute, «è buona abitudine per facilitare lo studio e aiutare la memoria, studiare di giorno e dormire nelle ore notturne, cercando di coricarsi sempre alla stessa ora». Oltre ad evitare «l’assunzione di cibi stimolanti come il cacao e di bevande ad alto contenuto di caffeina, attenzione anche ai rumori, così come all’uso di computer o smartphone prima di mettersi al letto».
Chiudono la classifica dei problemi più frequenti l’occhio secco e il mal di schiena. Per il primo «il consiglio principale in questi casi è quello di ‘ammiccare’ spesso, cioè aprire e chiudere gli occhi per lubrificarli, un’azione che, specialmente davanti ai PC, si riduce di un terzo rispetto al normale». Per il mal di schiena, invece, «è importante fare alcuni esercizi da seduti (p. es. movimenti tacco-punta) e alzarsi ogni 45-60 minuti, per ridare fiato alle articolazioni e ai muscoli che circondano la colonna vertebrale, facendo dei rapidi movimenti di stretching per il collo, la schiena e gli arti». Ad agevolare il tutto, Assosalute suggerisce di fare una passeggiata a passo svelto ed ossigenarsi evitando le ore calde della giornata.