Una vita salutare, durante il periodo di transizione verso la menopausa, potrebbe compensare l’accelerazione dell’aterosclerosi, ovvero la perdita di elasticità delle arterie, ed il fisiologico restringimento delle arterie che si assiste con l’avanzare dell’età. E’ questo in sintesi il risultato di una ricerca pubblicata nel Journal of the American Heart Association.
Le donne partecipanti a questo studio sono state analizzate utilizzando un metodo durato 10 anni di osservazione, basato su dei punteggi assegnati. Ogni donna è stata sottoposta annualmente ad esami medici e questionari sullo stato di salute fisica, abitudini alimentari ed eventuale uso di tabacco. In più, le partecipanti hanno ricevuto un’ecografia coronarica, indagine non invasiva che fornisce immagini dell’interno delle arterie che conducono al cuore.
Ebbene, le partecipati con un più basso punteggio, ovvero coloro che avevano uno stile di vita più salutare, se paragonate con coloro con punteggio più alto, avevano significativamente arterie più ampie, meno ispessimento arterioso e minor accumulo di placca grassa. Il fattore di rischio maggiormente associato con arterie in cattiva condizione era il fumo di tabacco.
«La mezza età è una finestra cruciale per le donne che portano a cuore il loro benessere cardiovascolare e preparano il corso per un sano invecchiamento. I cambi metabolici che spesso si presentano durante la menopausa, tra cui l’innalzamento dei livelli di colesterolo e della pressione arteriosa, possono influenzare significativamente il rischio di attacchi di cuore e il deterioramento cognitivo più tardi nella vita», spiega Ana Baylin, professoressa di scienze della salute nutrizionale ed epidemiologia presso l’università del Michigan. «La buona notizia – conclude Baylin – è che le donne della mezza età possono impossessarsi del loro benessere nelle proprie mani e apportare cambiamenti salutari allo stile di vita, come per esempio evitare il fumo, mangiare meglio e fare più attività fisica per ridurre il rischio cardiovascolare».
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Il servizio informativo per i pazienti del centro “L’Incontro” a Teano (CE).
Erano il lontano anno 2000, i social non esistevano e per dirsi qualcosa bisognava farsi un colpo di telefono o incontrarsi di persona. Tempi che cambiano, tecnologia che innova e stravolge, ma anche conseguenze inaspettate a seguito del largo uso che si fa dei dispositivi. Esiti che spesso mettono a repentaglio il nostro stato di salute, che si tratti di quella fisica, ma soprattutto di quella mentale. E’ il caso dei risultati di uno studio pubblicato su una rivista statunitense, il Journal of Social and Clinical Psychology, che ha documentato con esattezza la correlazione tra uso smodato dei social ed impatto su solitudine e depressione.
La ricerca, condotta dall’università della Pennsylvania, ha individuato una relazione causale tra il tempo trascorso online sui social ed un calo del benessere. I ricercatori hanno messo sotto esame 143 studenti universitari, suddivisi in due gruppi, e monitorato il tempo trascorso sui social. In seguito, agli stessi partecipanti è stato presentato un questionario con domande su umore e benessere. Un primo gruppo, rispetto un secondo, doveva ridurre per tre settimane l’uso dei social a soli 10 minuti per ognuna delle tre principali piattaforme. Mentre, nel secondo gruppo, i partecipanti avrebbero potuto usare liberamente i social.
Ebbene, secondo quanto scoperto, «usare i social media meno del solito ha comportato una diminuzione significativa di depressione e solitudine. Questi effetti sono particolarmente pronunciati per le persone che erano più depresse quando sono entrate nello studio», spiega la psicologa Melissa G. Hunt, autrice della ricerca, secondo quanto riportato da Ansa. «Può sembrare strano – spiega Hunt – che usare meno i social faccia sentire meno soli, ma alcune pubblicazioni in materia evidenziano che c’è un forte confronto sociale: quando si guarda la vita delle altre persone, in particolare su Instagram, è facile concludere che la vita di tutti gli altri è più bella o migliore della propria».
Lavoro, fattori climatici, età e sedentarietà sono i principali colpevoli del mal di schiena e dei tanti fastidi dell’apparato muscolo-scheletrico. Ad essi si aggiungono i chili di troppo, i pesi da portare, ma anche le pulizie di casa o le scarpe scomode. Tutti questi contribuiscono a far emergere qualche fastidio articolare o muscolare. E’ in sintesi quanto rilevato da una recente indagine condotta da Assosalute, l’Associazione nazionale farmaci di automedicazione, con l’obiettivo di evidenziare come gli italiani gestiscono i cosiddetti “disturbi posturali”.
Tra questi, il mal di schiena, che secondo quanto emerso dallo studio, affligge il 50,9% degli intervistati, e che spesso è il primo sintomo di problemi non meglio precisati, che si manifestano come la punta di un iceberg. «Di solito i primi sintomi di uno squilibrio posturale non sono dolorosi o allarmanti – commenta Roberto Pozzoni, medico specialista in Ortopedia e Traumatologia – Non ci sono delle tempistiche predefinite per stabilire il momento in cui la situazione si aggraverà: mesi o anni, dipende dal protrarsi della condizione di squilibrio posturale e dall’età del soggetto. Nonostante siano numerosi i disturbi conseguenza di difetti posturali non sempre è così immediata l’identificazione della causa per quanto esistono campanelli d’allarme che devono portare al controllo del medico, come, ad esempio, l’asimmetria del movimento, o vizi torsionali accompagnati da riduzione del movimento articolare».
Come prevenire allora questi disturbi? Innanzitutto, è necessario imparare a «guardarsi e dare ascolto al proprio corpo», inoltre, «agire sulla modifica delle proprie abitudini di vita: il 60,8% degli italiani ritiene che basterebbe osservare un corretto stile di vita e fare maggiormente attività fisica per evitare di incorrere in frequenti ricadute». «Osservare l’allineamento del corpo, o quanto un vestito calzi diversamente sul proprio corpo – nota Pozzoni – può aiutare a capire che potenzialmente esiste un vizio posturale. In età adulta scoliosi trascurate possono essere causa di importanti disturbi funzionali e alterazioni anatomiche derivanti da vizi posturali possono essere causa di intervento chirurgico. Osservarsi nella quotidianità – prosegue Pozzoni – praticare esercizio fisico, seguire norme comportamentali “simmetriche” cambiando spesso la posizione durante l’attività lavorativa ed eseguire semplici esercizi di stretching possono prevenire i disturbi da postura sbagliata».
I bambini che sono in sovrappeso o obesi hanno un rischio maggiore di sviluppare asma. E’ questo il risultato della ricerca “Being Overweight or Obese and the Development of Asthma”, pubblicata sulla rivista scientifica American Academy of Pediatrics. Lo studio ha riguardato l’analisi dei dati di 507.496 bambini seguiti in media per quattro anni, che non avevano asma prima che lo studio cominciasse. I ricercatori hanno suddiviso gli adolescenti in tre gruppi, rispettivamente “sovrappeso”, “obesi” e di “peso normale”. Lo studio ha anche tenuto conto di età, razza, allergie al cibo, medicazioni effettuate e altri fattori.
Ebbene, dopo l’analisi dei dati, i ricercatori hanno stabilito che più del 17% dei bambini classificati come “sovrappeso”, confrontati a coloro di “peso normale”, avevano avuto, nell’arco dei quattro anni di osservazione, una diagnosi di asma o erano in trattamento contro l’asma. Inoltre, con riferimento ai bambini classificati come “obesi”, hanno stimato che dal 23 al 27% dei casi di asma era attribuibile all’obesità.
Jason Lang, professore associato all’Università Duke (Duke University), una delle università più famose e più prestigiose degli Stati Uniti, ha chiarito che «l’asma è la malattia cronica più comune dell’infanzia, motivo per cui i bambini perdono giorni di scuola e la principale causa di ospedalizzazione», tuttavia, spiega il docente, «non ci sono molti fattori di rischio evitabili e questo studio suggerisce che l’obesità potrebbe essere una di questi». Per questo motivo, conclude Lang, «è davvero importante mantenere i bambini a un peso sano».
Con l’obiettivo di dare visibilità alla richieste di moratoria già in essere, ma anche per lanciare un appello ai parlamentari, la testata giornalistica Terra Nuova è scesa in campo per ribadire con forza la necessità di applicare il principio di precauzione, a pochi mesi dal lancio ufficiale del 5G, tecnologia che consentirà di connettere smartphone, tablet e tutti i dispositivi, ad una velocità che vedrà incrementare drasticamente il numero di campi elettromagnetici. Ciò alla luce delle recenti evidenze che mettono in correlazione l’incremento di determinate patologie con la maggiore esposizione ad onde elettromagnetiche. Terra Nuova si è fatta promotrice di una campagna di crowdfunding allo scopo di poter acquistare pagine di giornale e spazi sui mass media, al fine di sensibilizzare la popolazione, ma anche i politici, a tale problematica.
«Gentile onorevole/senatore – si legge nella lettera predisposta da Terra Nuova, da inviare ai parlamentari – dal 1° gennaio 2019 saranno disponibili le nuove radiofrequenze per la tecnologia wireless di quinta generazione, il cosiddetto 5G.
Scienziati, medici e ricercatori hanno già lanciato moniti e appelli per contenere questa avanzata, poiché mancano valutazioni preliminari del possibile rischio per la salute della popolazione. Si prevedono wi-fi dallo spazio attraverso droni in orbita e l’installazione di milioni di nuove mini-antenne a microonde millimetriche, anche sui lampioni della luce, che andranno a sommarsi agli oltre ventimila wi-fi pubblici e alle decine di migliaia di antenne per telefonia mobile 2G, 3G e 4G.
Ciò comporterà un’esposizione massiccia della popolazione all’inquinamento elettromagnetico e si preannuncia un innalzamento delle soglie limite per i valori di irradiazione».
La lettera sottolinea che «nel 2011 la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato i campi elettromagnetici delle radiofrequenze come possibili cancerogeni per l’uomo». Ciò in aggiunta alla diffusione, il 1 novembre 2018, dal National Toxicology Program, del «rapporto finale di uno studio su cavie animali». In tale occasione, spiega la lettera, «è emersa una chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore». Il rapporto aggiunge che esistono anche «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali». Non solo. «Nel marzo 2018 – aggiunge -, inoltre, sono stati diffusi i primi risultati dello studio condotto in Italia dall’Istituto Ramazzini di Bologna (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni), che ha considerato esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program, riscontrando gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m».
La lettera spiega che «gli studiosi hanno individuato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio dell’NTP: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata. In aumento è anche il numero di persone colpite da elettrosensibilità, malattia ambientale altamente invalidante!». Ad oggi, prosegue, «sono quasi duecento gli scienziati indipendenti che, guidati dal professor Lennart Hardell, hanno sottoscritto l’appello per una moratoria del 5G. Un altro appello internazionale ha già raccolto le adesioni di ricercatori, cittadini e organizzazioni di 96 paesi(5) e mette a disposizione una bibliografia ricchissima, che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog». Anche in Italia, la lettera di Terra Nuova, riferisce di «una petizione ha già raccolto migliaia di firme e l’associazione ISDE Medici per l’Ambiente ha chiesto al Governo “un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari e una morato- ria per l’esecuzione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario”».
La lettera prosegue quindi con un appello al Governo: «Fermi l’avanzata del 5G, in piena applicazione del principio di precauzione, finché non si potranno escludere danni a carico della popolazione, non innalzi i valori limite previsti dalla legge per l’esposizione all’inquinamento elettromagnetico, promuova uno studio epidemiologico a livello nazionale sui campi elettromagnetici». Indirizzando ai politici un appello chiaro, ovvero, «fare pressione sul governo e sul Parlamento attraverso mozioni, ordini del giorno e interrogazioni per chiarire la portata dei rischi per la popolazione e per proporre alla discussione parlamentare la documentazione scientifica esistente, la cui portata impone l’adozione del principio di precauzione, rilasciare dichiarazioni ai media mainstream che sottolineino una sua ferma presa di posizione sulla necessità di una moratoria per il 5G», ed infine, «opporsi all’innalzamento per legge delle soglie limite in Volt/m di esposizione per la popolazione».