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Il cioccolato fondente? Anti-infiammatorio e antistress

Buone notizie per i golosi e per gli amanti del cioccolato fondente, i ricercatori della Loma Linda University hanno confermato che mangiarne una discreta quantità ad altra concentrazione di cacao (almeno del 70%), può avere riscontri positivi sui livelli di stress e dell’umore, sulla memoria e sulle infiammazioni.
Lo studio, presentato all’Experimental Biology di San Diego prende in considerazione il cioccolato con un minimo del 70% di cacao e 30% di zucchero di canna biologico.
Ebbene, dopo anni di osservazione, i ricercatori hanno confermato che maggiore è la concentrazione di cacao utilizzato, maggiore è l’impatto su attività cognitive, memoria, umore e sistema immunitario.
Gli effetti sopra citati vanno ad aggiungersi alle già note proprietà del cacao, anti-ossidanti ed anti infiammatorie, attività prevalentemente dovute all’azione dei flavonoidi del cacao. Il consumo di cacao sembrerebbe ancora una volta quindi premiato, a causa dell’azione sui geni nella percezione sensoriale, sviluppando un’iper-plasticità cerebrale, migliorando quindi l’elaborazione cognitiva, l’apprendimento e la memoria.

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Pollini e riniti allergiche, i consigli per ridurre i sintomi delle allergie

Per i soggetti allergici alla fioritura delle piante e fiori inizia il periodo del cosiddetto “raffreddore da fieno”, costituito da tanti starnuti e rinite allergica.
L’Associazione Nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica, anche quest’anno ha pubblicato un vademecum su come affrontare l’arrivo della primavera e tenere a bada i sintomi fastidiosi legati all’insorgere delle riniti allergiche da pollini.
Grazie al consiglio del farmacista di fiducia e del medico di famiglia è possibile ricorrere in aiuto al controllo dei sintomi allergici più comuni mediante i farmaci senza obbligo di prescrizione, come antistaminici, antiallergici, decongestionanti, vasocostrittori e corticosteroidi.
E’ possibile tuttavia fare prevenzione? E’ inutile dire che il primo atteggiamento importante, anche se non libera dalla morsa dell’allergia, è quello di limitare l’esposizione a carichi allergenici impattanti. Fatto questo, Assosalute consiglia delle semplici regole per gestire al meglio la sintomatologia e minimizzare l’impatto sulla vita quotidiana. Vediamo quali.
Durante l’impollinazione, evitare di praticare attività sportive in prossimità di aree verdi e ricordare che le concentrazioni dei pollini sono maggiori nelle ore centrali, nelle giornate secche, ventose e calde.
Tenere i finestrini chiusi dell’auto in modo da non far penetrare i pollini nell’abitacolo.
Indossare occhiali scuri all’aperto: la luce del sole infatti potrebbe aumentare il fastidio associato ai sintomi oculari.
Non uscire subito dopo un temporale: l’acqua rompe i granuli pollinici in frammenti più piccoli che raggiungono facilmente le vie aeree.
Non fumare: il fumo irrita ulteriormente le mucose di naso e occhi.
Respirare attraverso il naso che ha la capacità di filtrare l’aria in entrata, oppure, indossare una maschera antipolvere effettuando spesso lavaggi nasali.
Cambiare l’aria di casa la mattina presto o la sera tardi, quando la concentrazione pollinica è più bassa, non nelle ore centrali della giornata.
Fare la doccia e lavare i capelli quotidianamente: i granuli pollinici possono restare intrappolati tra i capelli e la notte possono depositarsi sul cuscino ed essere inalati.
Cambiare le scarpe quando si rientra a casa e riporle all’aperto o in un armadio, in modo da non trasportare dentro i pollini accumulati e le particelle allergizzanti.
Limitare l’utilizzo dell’aspirapolvere che può sollevare le particelle allergizzanti.
Lavare spesso il pavimento e cambiare le federe dei cuscini con una maggiore frequenza.
Infine è sempre bene osservare una corretta conservazione dei farmaci, evitare forti sbalzi di temperatura ed non tenerli mai in un posto umido, sempre lontani dalla portata dei bambini.

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Ambiente e salute, sistema immunitario influenzato da fattori esterni

Il deterioramento delle difese immunitarie potrebbe alla lunga dipendere da fattori ambientali, più che i fattori genetici, come dieta, attività fisica, inquinanti e microbi. Questa in sostanza è la conclusione emersa da un recente studio portato a termine dall’Università di Stanford e pubblicato sulla rivista scientifica Cell.
Grazie ad una sofisticata operazione di “etichettatura” resa possibile dall’implementazione di una tecnica innovativa chiamata “citometria di massa”, che consente di “taggare” le cellule con una sorta di codice a barre al fine di identificarle, gli autori dello studio hanno analizzato le proteine di milioni di cellule del sistema immunitario. Come comunicato all’ANSA dal direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano, per completare lo studio sono state utilizzate anche tecnologie legate all’intelligenza artificiale, resesi necessarie a causa della grande quantità di cellule immunitarie presenti nel sistema immunitario.
Ebbene, nel corso dello studio i ricercatori si sono resi conto che le cellule immunitarie mutavano con l’avanzare dell’età degli individui e ciò che è emerso è che i processi infiammatori presenti nel nostro organismo sono fortemente influenzati dalle variazioni dovute all’ambiente, tra cui appunto durata e qualità della vita, con riferimento non tanto ai fattori genetici, quanto a elementi fondamentali come dieta, attività fisica, agenti inquinanti e microbi.

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Caffeina in gravidanza, possibile causa di sovrappeso nell’infanzia

Consumare caffeina durante la gravidanza potrebbe incrementare il rischio di obesità durante l’infanzia. E’ quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica BMJ curato da ricercatori norvegesi, che ha coinvolto più di 50.000 coppie madre-bambino. Le madri hanno riferito agli studiosi il quantitativo di caffeina assunta quotidianamente a 22 settimane di gravidanza, successivamente i ricercatori hanno seguito i figli durante gli otto anni dalla nascita.
Ebbene, dopo aver corretto eventuali variabili esterne, gli scienziati hanno scoperto che, se confrontate alle madri che avevano somministrato meno 50 milligrammi di caffeina al giorno, i figli di coloro che ne hanno assunto dai 50 ai 199 milligrammi avevano solo leggermente la possibilità di essere sovrappeso all’età compresa tra i 3 e gli 8 anni. Invece, i figli delle madri che avevano somministrato dai 200 ai 299 milligrammi al giorno, erano considerati sovrappeso all’età di 5 anni, infine, i figli delle delle madri che avevano somministrato più di 300 mg di caffeina al giorno – in pratica circa 5 caffè espressi al giorno – erano in sovrappeso all’età di 8 anni.
Lo studio in questione è osservazionale, vale a dire che ci si è limitati solo ad osservare il fenomeno in questione, e non sono state tratte conclusioni riguardo le cause del perché di questo sovrappeso. In ogni caso, come ha riferito la direttrice dello studio, “le donne farebbero bene a seguire le raccomandazioni e ridurre quanto più possibile l’apporto di caffeina durante la gravidanza. Infondo, la caffeina non è una sostanza necessaria”.

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Diabete, stile di vita “attivo” aiuta a proteggersi

“Camminare, Correre, Muoversi per una città in salute” è questo il titolo del convegno tenutosi a Roma in aprile 2018 in coincidenza della Giornata mondiale dell’attività fisica. L’obiettivo è stato quello di ribadire i benefici dell’attività fisica. E’ proprio l’OMS a ribadire che una discreta attività fisica è di importanza cruciale per tutti gli adulti, indipendentemente da genere, etnia o stato socio-economico, con particolare attenzione a coloro che sono affetti da patologie non trasmissibili come ipertensione arteriosa, diabete o disabilità.
Ebbene, proprio nei pazienti diabetici di tipo 2, insulino-dipendenti, è stato visto che una componente chiave è la tendenza alla sedentarietà, attitudine che dovrebbe essere quanto prima affrontata anche nel piano terapeutico di trattamento, con l’attività fisica. Attività fisica svolta principalmente in zona aerobica e di resistenza, con il fine di garantire il miglioramento del controllo glicemico e della sensibilità periferica dell’insulina, contribuendo alla prevenzione e al rallentamento dello sviluppo delle complicanze micro e macroangiopatiche e alla riduzione del rischio cardiovascolare, con l’obiettivo più nobile di arrivare a ridurre i dosaggi parziali o totali della terapia farmacologica.
Le raccomandazioni dell’American College of Sports Medicine (Acsm) e della American Diabetes Association (Ada) sono basate su attività fisica aerobica di intensità moderata, per una durata di almeno 2,5 ore a settimana di esercizio. Schema che va inquadrato nell’ottica di più ampio respiro di una revisione completa dello stile di vita.
Ha efficacia limitata quindi intervenire farmacologicamente e poi praticare uno stile d vita sendentario, fatto di eccessi. Anche in termini di prevenzione del diabete, si potrebbe beneficiare dell’attività fisica laddove svolta con regolarità.
Per informare correttamente sulle buone pratiche, l’Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici ha predisposto un vademecum dal titolo “Diabete: LIBERI di vincerlo. Alleniamoci a farlo!” scaricabile qui in PDF. In tutti i casi prima di intervenire sul cambiamento delle abitudini è necessario confrontarsi con il proprio medico specialista di riferimento.