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Cambio di stagione, i rimedi per prevenire i malesseri autunnali

Sono noti a tutti i problemi di salute tipici del passaggio dalla stagione calda a quella fredda, eppure ogni anno si arriva spesso impreparati. Questo accade per varie ragioni, ma nell’ultimo decennio, un grosso contributo all’insorgere improvviso dei disturbi stagionali è dato da un cambio sempre più improvviso di clima e di temperature, al punto da non lasciare il tempo nemmeno di riorganizzare l’abbigliamento. Così, oltre che per la debolezza generata dal ritorno alle attività quotidiane dopo le vacanze estive e dal cambio di stagione, talvolta ci si ammala anche per una giornata di freddo imprevista nella quale siamo ancora vestiti con abiti leggeri. In questi casi, se le difese immunitarie non sono abbastanza alte, arrivano i primi raffreddori, le prime febbri, i mal di gola e la tosse. Questi malanni, per lo più caratterizzati da sintomi respiratori, tendono anche a diffondersi per contagio. È quindi probabile che la vicinanza di persone raffreddate ad altre sane possa contagiare queste ultime, per cui le malattie si diffondono facilmente.

Prevenire i mali di stagione.

Le malattie della stagione fredda possono essere provocate da varie cause. A volte si tratta solo di un’irritazione delle mucose, altre volte invece il disturbo è scatenato da un virus o un batterio. In tutti i casi, comunque, per tenere alte le difese naturali è sempre fondamentale iniziare dalla dieta, con abbondanti porzioni di frutta e verdure stagionali per non incorrere in carenze vitaminiche o di sali minerali. Chi è più soggetto ad ammalarsi e si trova ogni anno vittima di influenze e altri disturbi, può anche valutare di assumere integratori specifici per rafforzare le difese immunitarie o ricorrere per tempo ai vaccini antinfluenzali presso il proprio medico di base o il farmacista di fiducia. Un segno di basse difese immunitarie è spesso anche la formazione di herpes labiale, tipico di momenti della vita di forte stress.

Come intervenire se i malanni arrivano.

Ai primi sintomi di mali stagionali è bene correre ai ripari, chiedendo consiglio al farmacista per una prima valutazione, in caso si possa intervenire con farmaci da banco. Questi vanno sempre utilizzati in modo consapevole e responsabile, per cui il parere di un professionista della salute è fondamentale, sia per prevenire le influenze sia per curare i disturbi più lievi evitando di peggiorare la situazione. Diversi tipi di rimedi sono infatti disponibili per l’automedicazione, dagli antinfiammatori non steroidei ai decongestionanti nasali e la scelta deve essere accurata. Se poi i disturbi non passano è possibile che dipendano da infezioni batteriche o virali per cui è necessario contattare il medico curante.

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Dolori reumatici, combatterli con dieta mirata e farmaci adeguati

Il termine reumatismo è un termine generico che indica numerose patologie, che hanno in comune il fatto di essere tutte concentrate nell’apparato locomotore. Interessano quindi ossa, articolazioni e parti molli. Come spiega la Lega svizzera contro il reumatismo, una prima classificazione delle varie forme di questa patologia è la sua causa, che può essere di tipo infiammatorio o non infiammatorio. «Il reumatismo infiammatorio – spiega la Lega – include tutte le forme di artrite, tutte le forme di spondiloartrite (affezioni infiammatorie della colonna vertebrale e delle articolazioni) e le collagenosi (affezioni del tessuto connettivo come la sclerodermia, la sindrome di Sjögren e il lupus eritematoso sistemico). Il reumatismo non infiammatorio include invece tutte le artrosi (affezioni degenerative delle articolazioni), le artropatie da cristalli (come la gotta e la pseudogotta), il grande gruppo delle affezioni reumatiche delle parti molli nonché le patologie ossee (come l’osteoporosi). Questa categoria comprende anche il mal di schiena cronico, se esso non costituisce un sintomo di un’affezione infiammatoria come il morbo di Bechterew».

La dieta contro i reumatismi infiammatori.

Per prevenire e alleviare i reumatismi di natura infiammatoria, gli esperti suggeriscono di cominciare dalla dieta. «Numerosi studi – spiegano gli specialisti della Lega svizzera contro il reumatismo – dimostrano che le infiammazioni croniche possono essere influenzate favorevolmente dalla dieta. Tutte le persone affette da reumatismo dovrebbero quindi non solo ricevere una diagnosi e dei medicamenti, ma anche alcune raccomandazioni alimentari». Si è riscontrato, per esempio, che diversi soggetti affetti da reumatismo hanno carenze nutrizionali, in particolare di omega3, vitamina D, calcio, magnesio, zinco. Viene quindi suggerito di introdurre nel regime alimentare alimenti ricchi di questi nutrienti, riducendo invece l’assunzione di acidi grassi polinsaturi omega6 e di acidi grassi saturi e trans. È anche auspicabile tenere sotto controllo il peso attraverso una regolare attività fisica.

Individuare le cause e trattarle.

Non sempre quando si prova dolore si interpella un medico. Spesso si tende ad aspettare per vedere se il disturbo passa da solo. Gli esperti però esortano ad approfondire il problema. «L’origine del dolore deve essere chiarita – sostengono gli specialisti della Lega svizzera contro il reumatismo -. È possibile rilevare un’infiammazione tramite analisi del sangue, deficit meccanici e disfunzioni medianti esami clinici o diagnostici per immagini. Nel dolore acuto, le cause sono di solito identificabili nei tessuti. Nel caso di disturbi insidiosi (subacuti) e cronici, i risultati degli esami fisici corrispondono meno spesso al dolore percepito soggettivamente». Una volta stabilita la causa è possibile sia necessaria una terapia farmacologica, da stabilire sotto controllo medico e adeguata regolarmente. Quanto ai farmaci più generalmente prescritti, la Lega svizzera contro il reumatismo, spiega che «si fa una distinzione tra antidolorifici che contengono narcotici come la morfina (analgesici oppioidi) e altri ad azione più blanda senza oppiacei (analgesici non oppioidi). Anche gli psicofarmaci (antidepressivi e neurolettici) svolgono un ruolo importante nella terapia del dolore. La loro prescrizione, tuttavia, non implica in alcun modo il sospetto di una malattia mentale».

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Broccoli e cavoli: alleati naturali contro ictus ed emboli

Un recente studio dell’Heart Research Institute in collaborazione con l’Università di Sydney in Australia evidenzia come i broccoli e i cavoli contengano sostanze chimiche utili a sciogliere gli emboli, cioè quei corpi estranei (coaguli di sangue anomali, grumi di grasso o di liquido amniotico, bolle d’aria, cristalli di colesterolo, ecc.) in grado di ostruire una vena o un’arteria e quindi di bloccarne il regolare flusso sanguigno. Ottima notizia per i pazienti con ictus, anche perché le caratteristiche chimiche di queste verdure migliorano l’efficacia dei farmaci fluidificanti.

Che cos’è un ictus e come si cura.

L’ictus si manifesta come un improvviso deficit neurologico localizzato della durata superiore alle 24 ore o dall’esito irreparabile (a differenza di un’ischemia cerebrale, i cui sintomi si rivelano in meno di 24 ore). L’ictus rappresenta la seconda causa di morte a livello globale e la terza nei Paesi avanzati (lo precedono malattie cardiovascolari e tumori). È altresì la prima causa di disabilità negli anziani e la seconda causa di demenza. Considerato incurabile fino a pochi anni fa, oggi i pazienti colpiti da ictus possono essere ricoverati in unità di terapia subintensiva specializzate che, insieme alla terapia trombolitica endovenosa e ad altri trattamenti, hanno mutato favorevolmente le prognosi per ictus. Tuttavia, con l’allungamento della vita media, l’ictus tende a manifestarsi sempre più spesso nei Paesi industrializzati, con oltre 8 nuovi casi ogni 1.000 abitanti over 65.

Benefici di broccoli e cavoli contro l’ictus.

Il responsabile del progetto di ricerca australiano, il Dott. Xuyu Liu dell’Università di Sydney, afferma che una dieta arricchita in particolar modo di broccoli e cavolini di Bruxelles può raddoppiare le probabilità di sbloccare le arterie da eventuali emboli, evitando così, almeno potenzialmente, l’insorgere di un ictus. I primi test pre-clinici dimostrano che i benefici apportati dall’assunzione di queste verdure potrebbero essere ampliati individuando le molecole che riducono il rischio di infarto e andando a potenziare l’efficacia dei farmaci fluidificanti attualmente in uso. I ricercatori hanno infatti rilevato una sostanza naturale presente nei broccoli, l’isothiocyanato, più efficace dei farmaci TPA (Attivatore Tissutale del Plasminogeno).

Obiettivi della ricerca scientifica: terapie e farmaci anti-emboli.

“L’obiettivo a lungo termine” afferma Liu “è quello di sviluppare nuove terapie che possano agire sulla formazione di emboli a livello molecolare”. L’ictus si verifica quando il flusso sanguigno diretto al cervello viene interrotto e le cellule non ricevono il giusto apporto di ossigeno e nutrimenti. Nella seconda fase del progetto i medicinali saranno oggetto di sperimentazione umana con l’obiettivo di produrre un farmaco da assumere per via orale e che associ le molecole più efficaci per il trattamento antitrombotico.

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Sauna dopo esercizio fisico per proteggere il cuore

Una sauna post ginnastica, jogging, palestra o qualsiasi altra attività fisica non soltanto aiuta a rilassarsi ma difende il cuore più dell’esercizio fisico stesso. A dimostrarlo è uno studio finlandese dell’università di Jyväskylä, pubblicato sull’American Journal of Physiology. I ricercatori hanno testato un campione di 47 persone, suddivise in due gruppi. Il primo gruppo faceva 50 minuti di esercizio fisico – di cui 20 minuti di esercizi di resistenza e 30 minuti di esercizi aerobici – per tre volte alla settimana. Il secondo gruppo seguiva lo stesso programma di attività fisica, con l’aggiunta di una successiva sessione di sauna di 15 minuti.

I benefici cardiorespiratori della sauna.

Dopo due mesi il team di ricercatori ha scoperto che l’inserimento di una seduta di sauna dopo aver praticato esercizio fisico incrementa i benefici cardiorespiratori apportati dal solo movimento e contribuisce a ridurre ulteriormente pressione arteriosa e livelli di colesterolo. Earric Lee, primo firmatario dello studio, afferma che “i risultati dello studio supportano l’uso regolare della sauna in aggiunta all’attività fisica e si mostrano promettenti soprattutto per coloro con minore capacità di esercizio fisico”.

Altri benefici della sauna.

Una sauna stimola il rilassamento fisico e mentale, favorisce il sonno notturno, riduce ansia e stress. Negli sportivi accelera il recupero muscolare e lo smaltimento dell’acido lattico. Lo sforzo muscolare, infatti, produce delle scorie a livello organico di cui si percepisce la presenza ogni volta che proviamo dolore muscolare dopo un allenamento o una qualsiasi attività fisica. In questi casi, fare una sauna aiuta a eliminare tali scorie, migliorando la circolazione e calmando il sistema nervoso centrale. Per di più, il calore della sauna distende muscoli e articolazioni, consentendone una rapida ripresa.

Sauna: quando non fa bene.

La pratica della sauna non apporta benefici a tutti, indistintamente. Chi fa una sauna dovrebbe godere innanzitutto di una buona salute generale: la perdita di liquidi e di sali minerali durante una seduta di sauna, per esempio, in alcune persone potrebbe produrre scompensi (anche gravi) all’organismo. Il calore della sauna ha effetti sulla vasodilatazione, quindi non è consigliata a chi soffre di pressione alta/bassa, di disturbi cardiaci o circolatori. Va certamente evitata in caso di epilessia, infezioni cutanee, febbre, infiammazioni locali o generali, varici, gravidanza, ciclo mestruale, età dello sviluppo.

La sauna fa dimagrire?.

Spesso si sente dire che la sauna o il bagno turco aiutino a dimagrire. Va detto invece che dopo aver fatto una sauna si avverte molta sete e, bevendo, si azzera l’effetto di smaltimento dei liquidi dovuto alla forte traspirazione. Dunque la sauna non agisce sulla perdita di peso ma semmai sul ricambio dei liquidi corporei e sul metabolismo cellulare.

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I cibi più sani fanno bene anche al pianeta

Gli alimenti più sani per la nostra nutrizione quotidiana lo sono anche per il benessere e la salvaguardia del pianeta. A dimostrarlo uno studio condotto su oltre 57 mila prodotti alimentari venduti in Irlanda e nel Regno Unito. Pubblicato l’8 agosto scorso sugli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti e ripreso da Nature, è tra i primi a stimare l’impatto di prodotti costituiti da più ingredienti e non solo da un singolo alimento. “Questi dati possono aiutare il consumatore a fare delle scelte più consapevoli in termini di capacità nutrizionali degli alimenti e loro sostenibilità”, ha commentato il coautore della ricerca Michael Clark, Università di Oxford.

L’industria alimentare e il peso nelle dinamiche del cambiamento climatico.

Una ricerca del 2020 ha rilevato che, anche se le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili cessassero immediatamente, la produzione alimentare globale potrebbe annullare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Per produrre carni rosse, ad esempio, si immettono nell’atmosfera molti più gas serra che per altri alimenti. Nel 2021 un’indagine del governo britannico ha rilevato che oltre la metà dei cittadini del Regno Unito desidera fare scelte alimentari più sostenibili. Tuttavia molti prodotti alimentari contengono svariati ingredienti e quindi può essere difficile capire l’impatto ambientale di un prodotto multi-ingrediente rispetto ad un altro.

Un algoritmo per stimare le quantità.

“Abbiamo informazioni sull’impatto ambientale di materie prime come grano e soia. Ma se stai entrando nel tuo negozio di alimentari locale, non stai solo acquistando grano”, afferma Clark. Il ricercatore e il suo team hanno così elaborato un algoritmo per stimare la quantità di ciascun ingrediente presente in migliaia di prodotti venduti nelle principali catene di supermercati del Regno Unito. Gli studiosi hanno quindi assegnato ai prodotti alimentari un punteggio di impatto ambientale su base 100 (di cui 100 è il peggiore), combinando gli impatti degli ingredienti in 100 grammi di ciascun prodotto. Hanno preso in considerazione diversi fattori, tra cui le emissioni di gas serra e l’uso del suolo.

Cibi e impatto ambientale.

Dati alla mano, i cibi preparati con carne di agnello e manzo, come le torte di carne già pronte, molto diffuse nei paesi anglofoni, hanno l’impatto ambientale più pesante. Gli alimenti dall’impatto più basso tendevano ad essere per lo più vegetali/privi di carni, per esempio cibi a base di pane, frutta, verdura, cereali, bevande. Facendo un confronto incrociato fra effetti negativi sull’ambientale e valori nutrizionali degli alimenti, i ricercatori hanno evidenziato che i cibi più sani erano anche i più sostenibili, ad eccezione delle noci e dei frutti di mare, dal buon punteggio nutrizionale ma dall’alto impatto ambientale. Semplificandoli e rendendoli accessibili a tutti, questi sistemi di classificazione alimentare possono aiutare il consumatore a fare scelte più consapevoli sia per la propria salute sia per quella del pianeta.