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Statine per abbassare il colesterolo, studio: «Funzionano meglio con Dieta Mediterranea»

Un recente studio made in Italy ha scoperto che le statine funzionano meglio nei pazienti che seguono la Ddieta Mediterranea.

Una dieta basata principalmente sui fondamenti di quella Mediterranea, migliora l’effetto delle statine nei pazienti che hanno avuto un attacco di cuore o un ictus. E’ questo in sintesi il risultato dello studio Moli-sani, basato sull’osservazione di circa 1.000 adulti, pubblicato sulla rivista scientifica «International Journal of Cardiology». Come noto, la Dieta Mediterranea è ricca in frutta, verdura, legumi, cereali, olio di olivo, vino usato con moderazione, pesce e basso consumo di carne e di latte e derivati. Mentre, le statine pravastatina, atorvastatina, cerivastatina, fluvastatina, sono farmaci ampiamente usati per ridurre la colesterolemia totale e LDL.
«Abbiamo scoperto – spiega Marialaura Bonaccio, epimediologa presso il dipartimeto di Epidemiloogia e prevezione e prima autrice dello studio – che statine e Dieta Mediterranea insieme lavorano meglio, se prese singolarmente, riducendo il rischio di mortalità cardiovascolare. Probabilmente, la Dieta Mediterranea ha facilitato l’effetto benefico delle statine, che nel nostro studio di vita reale venivano generalmente utilizzate a basse dosi».
I ricercatori hanno analizzato quindi i potenziali meccanismi nascosti di questa interazione positiva, tra farmaci e abitudine alimentari.
«La combinazione favorevole tra statine e Dieta Mediterranea – spiega Licia Iacoviello, responsabile del Laboratorio di Epidemiologia molecolare e nutrizionale dello stesso dipartimento, e professore di igiene presso l’università di Insubria – sembrerebbe favorire, più che i livelli di colesterolo, la riduzione dell’infiammazione subclinica, condizione che predispone ad un rischio maggiore di malattia e di mortalità. Questa scoperta è di particolare interesse soprattutto alla luce della nostra osservazione che un alto livello di infiammazione subclinica ha raddoppiato il rischio di mortalità in pazienti che avevano avuto già un infarto o ictus».
«I nostri dati – ha spiegato Giovanni de Gaetano, direttore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione – suggeriscono che dovremmo focalizzare maggiormente la nostra attenzione alle possibili interazioni tra cibo e farmaci, aspetto largamente trascurato nella ricerca epidemiologica. Naturalmente, saranno necessari studi clinici controllati per chiarire tali risultati». Tuttavia, spiega il ricercatore, «se i nostri dati saranno confermati, nuove possibilità terapeutiche potrebbero essere progettate per coloro che hanno già avuto un evento cardiovascolare, consentendo una migliore modulazione dell’intervento farmacologico in relazione alle abitudini di vita. Questo è un nuovo aspetto della medicina personalizzata».

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