Categorie
Notizie

Infarto del miocardio: cause e prevenzione primaria e secondaria

L’infarto miocardico può essere prevenuto attraverso un corretto stile di vita e trattato con farmaci che fluidifichino il sangue, riducano il lavoro cardiaco e abbassino i livelli ematici di colesterolo.

La trombosi delle arterie coronarie, i vasi che trasportano il sangue ricco di ossigeno e sostanze nutritive al tessuto cardiaco, provoca l’ischemia dei tessuti a valle, con inadeguato apporto ematico e conseguente ipossia, assenza di nutrienti e mancata rimozione dei prodotti di scarto e dell’anidride carbonica.

La porzione di muscolo cardiaco irrorata dall’arteria in cui si è verificata l’interruzione del flusso sanguigno subisce quindi un danno, che può essere reversibile, con lenta atrofia tissutale ed eventuale neoangiogenesi, che è il processo di formazione di nuovi vasellini, oppure irreversibile.

In quest’ultimo caso l’ossigeno non è sufficiente a soddisfare le esigenze metaboliche delle cellule che costituiscono il miocardio. Si assiste alla necrosi del tessuto interessato, ossia alla morte cellulare con rottura della membrana e fuoriuscita di enzimi tipici delle cellule muscolari cardiache, per esempio creatina fosfochinasi e lattato deidrogenasi. L’incremento dei loro livelli ematici risulta diagnostico e si parla di infarto miocardico.

Tra i sintomi caratteristici si citano dolore nella parte centrale del petto che può irradiarsi a spalla e braccio sinistri, aumento del battito cardiaco, dispnea, nausea, vomito, ipersudorazione, perdita di coscienza. Talvolta l’attacco ischemico acuto è asintomatico.

Conseguenze di un infarto del miocardio possono essere le aritmie, vale a dire disturbi del normale ritmo cardiaco, di cui alcune, come la fibrillazione ventricolare, sono potenzialmente letali. Tra le complicanze si ricordano anche l’insufficienza cardiaca, condizione in cui il tessuto sano non è più in grado di pompare sangue alla periferia, la lacerazione del tessuto cardiaco, spesso fatale, e disfunzioni valvolari.

Una delle principali cause dell’infarto è il processo di aterosclerosi a livello delle coronarie, caratterizzato dalla presenza di placche di colesterolo nelle arterie che portano il sangue al cuore con loro rottura e successiva formazione di un trombo che ostacola il flusso di sangue.

Poiché su alcuni fattori di rischio, tra cui il sesso, l’età e la predisposizione familiare, non è possibile intervenire, per prevenire un infarto occorre agire sui fattori modificabili, limitando l’introduzione di alimenti ricchi di acidi grassi saturi e di colesterolo e il consumo di alcol, praticando una regolare attività fisica, evitando gli stress psicofisici, abolendo il fumo di sigaretta, tenendo sotto controllo la pressione arteriosa, trattando il diabete con farmaci che consentano di mantenere livelli ottimali di glicemia.

Se il flusso sanguigno viene ripristinato rapidamente, il danno al cuore può essere limitato. Quando il paziente infartuato giunge in ospedale, si procede immediatamente all’angioplastica dell’arteria occlusa.

Farmaci antiaggreganti piastrinici quali acido salicilico e clopidogrel, che rendono il sangue più fluido, vengono utilizzati sia per la riapertura delle arterie che per scongiurarne l’ostruzione nella prevenzione secondaria.

β-bloccanti e Ace-inibitori sono impiegati per diminuire il lavoro del cuore e dunque il suo metabolismo. La nitroglicerina, usata nella terapia dell’angina pectoris, trova indicazione come vasodilatatore, per migliorare il flusso sanguigno. Nel caso in cui il dolore sia molto intenso, al paziente vengono somministrati oppioidi. I farmaci ipocolesterolemizzanti possono prevenire un secondo episodio, abbassando i livelli di colesterolo nel sangue e riducendo in questo modo uno dei principali fattori di rischio.

© Riproduzione riservata