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L’insufficienza cardiaca e i farmaci per trattarla

Lo scompenso cardiaco è una condizione patologica in cui il muscolo cardiaco genera una minore forza contrattile. La terapia farmacologica si avvale di molecole che agiscono con meccanismi diversi.

Lo scompenso cardiaco congestizio o insufficienza cardiaca è una patologia di carattere cronico dovuta alla scarsa capacità del cuore di pompare sangue in maniera adeguata e sufficiente per rispondere alle esigenze metaboliche dell’organismo. La compromissione della capacità contrattile del miocardio, il tessuto muscolare che costituisce le pareti del cuore, può avere diverse cause, tra cui malattie a carico delle valvole presenti a livello cardiaco e ipertensione.

Si assiste quindi a una diminuzione della gittata cardiaca, cioè del volume di sangue espulso in un minuto dai ventricoli, le due cavità inferiori che compongono il cuore insieme agli atri, le cavità superiori. Ne risulta una riduzione del flusso ematico in organi di importanza vitale come reni e polmoni. Il sangue si trova così a ristagnare nelle strutture periferiche con formazione di edemi, aggravati dalla ritenzione di sodio e acqua dovuta alla riduzione della perfusione renale.

Si verifica un ristagno di sangue anche nelle cavità del cuore stesso, con aumento delle sue dimensioni. Come meccanismo riflesso in risposta alla diminuzione della forza di contrazione si osserva un aumento della frequenza cardiaca, che corrisponde al numero di battiti al minuto.

I farmaci di prima scelta nel trattamento dello scompenso cardiaco sono gli Ace-inibitori che riducono pre- e post-carico, termini che indicano rispettivamente la forza necessaria per l’allungamento delle cellule muscolari cardiache e le resistenze che si oppongono allo svuotamento ventricolare. In questo modo il cuore è sottoposto ad un minore affaticamento, con diminuzione del fenomeno di rimodellamento.

Gli Ace-inibitori possono essere associati a diuretici, vasodilatatori, beta-bloccanti e farmaci detti inotropi positivi, che agiscono aumentando la forza di contrazione del miocardio. Tra questi ultimi, si ricordano i glicosidi cardioattivi, indicati nei pazienti refrattari ad Ace-inibitori e diuretici o affetti anche da fibrillazione atriale. Si tratta di medicinali poco maneggevoli, in quanto sono sufficienti piccole variazioni in termini di dosaggio per avere la comparsa di effetti indesiderati, in particolare disturbi del ritmo.

I derivati della digitale possono provocare pure effetti tossici extracardiaci che interessano il sistema nervoso centrale, per esempio cefalea, astenia, confusione mentale, il tratto gastrointestinale, con sintomi come nausea, vomito e diarrea, e l’apparato visivo, con visione annebbiata o colorata. Possono inoltre dare luogo a pericolose interazioni se assunti in contemporanea con altri farmaci.

I glicosidi digitalici, come la digossina, non hanno un effetto bradicardizzante diretto, ma la riduzione della frequenza cardiaca è una conseguenza dell’aumento della forza di contrazione. Anche la diminuzione del consumo di ossigeno da parte del cuore è dovuta al calo della frequenza e della tensione della parete ottenuto grazie all’impiego dei glicosidi digitalici.

Tra gli altri farmaci per il trattamento del cuore scompensato si citano infine gli inibitori delle fosfodiesterasi di tipo III, quali milrinone e amrinone, scarsamente impiegati, la dobutamina e il levosimendan, utilizzati in caso di insufficienza acuta.

Tutti i farmaci elencati necessitano di prescrizione medica ed è sempre consigliato un controllo periodico della terapia con lo specialista in cardiologia.

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