Categorie
Notizie

Angina pectoris: le tre forme principali e le terapie per trattarle

L’angina pectoris è una condizione causata dal restringimento temporaneo di un’arteria coronarica, che provoca un’ischemia transitoria. Per ciascuna delle tre forme di angina esiste una strategia terapeutica specifica.

L’angina pectoris è una sindrome dolorosa legata a uno squilibrio momentaneo tra le necessità metaboliche del muscolo cardiaco e l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive. La sensazione dolorifica, che interessa soprattutto il petto e può irradiarsi a braccia, spalle e collo, si verifica dunque quando l’ossigeno che giunge al miocardio è insufficiente a coprirne il fabbisogno, causando un’ischemia transitoria.

Alla base dell’angina vi è la formazione di placche ateromatose, costituite da un nucleo lipidico avvolto da un cappuccio fibroso, che si depositano nelle arterie che portano sangue al cuore, dette coronarie.

Il processo prende perciò il nome di aterosclerosi coronarica. Il dolore è provocato da sforzi fisici, stress, freddo ed emozioni intense.

Trattandosi di una forma di cardiopatia ischemica reversibile, non si assiste ad un danno anatomico permanente, come accade invece nell’infarto del miocardio.

Da un punto di vista clinico, l’angina viene suddivisa in tre forme principali. Nell’angina stabile il dolore è scatenato da uno sforzo, quindi da un incremento del lavoro cardiaco. Il restringimento dei vasi coronarici da parte degli ateromi provoca questo tipo di angina.

Nell’angina instabile il dolore può presentarsi anche a seguito di attività fisica ridotta o a riposo ed è determinato dalla rottura di una placca con distacco di un trombo che ostruisce parzialmente uno dei vasi che irrorano il tessuto muscolare cardiaco. Il dolore nell’angina variante si può manifestare in condizioni di riposo a seguito di uno spasmo delle coronarie, indipendentemente dal processo aterosclerotico.

L’unico meccanismo compensatorio in caso di aumentato fabbisogno di ossigeno è rappresentato da un proporzionale aumento del flusso coronarico, che si ottiene tramite vasodilatazione. Su queste osservazioni si fondano le attuali strategie farmacologiche.

Per trattare l’angina stabile si utilizzano nitrati organici, in particolare nitroglicerina e isosorbide mononitrato e dinitrato. Questi principi attivi sono potenti vasodilatatori che, come effetti collaterali, possono provocare ipotensione marcata con tachicardia riflessa. Nell’angina stabile trovano impiego pure i β-bloccanti e i calcio-antagonisti. Tra questi ultimi, si ricordano il verapamil, il diltiazem e le diidropiridine, che comprendono nifedipina, amlodipina, felodipina, lercanidipina e nicardipina. Di norma ai farmaci citati viene unita la somministrazione di una statina per il controllo della malattia ateromatosa e di un antiaggregante piastrinico, come l’acido acetilsalicilico, utile nella profilassi antitrombotica.

Dal momento che l’angina instabile è associata ad un aumentato rischio di infarto miocardico, la terapia farmacologica ha l’obiettivo di prevenire tale eventualità. A questo scopo vengono impiegati l’acido acetilsalicilico e, in alcuni casi, l’eparina. Nell’angina variante sono usati vasodilatatori coronarici, prevalentemente nitrati e calcio-antagonisti.

© Riproduzione riservata