Categorie
Notizie

Una settimana senza Social Network: migliorano benessere, ansia e depressione

Lo dimostra uno studio condotto dall’Università di Bath e appena pubblicato sulla rivista accademica Cyberpsychology, Behavior and Social Networking. L’esperimento ha coinvolto un gruppo di 154 persone fra i 18 e i 72 anni. Ad alcuni di loro è stato chiesto di sospendere la propria attività sui Social Network per sette giorni. Agli altri, il cosiddetto gruppo di controllo, di continuarla normalmente come ogni giorno. Fra coloro i quali hanno sospeso la propria presenza sui Social c’è chi ha “risparmiato” fino a 8-9 ore a settimana. Tempo utile da dedicare a se stessi anziché a Facebook, Twitter, TikTok, Instagram. Dopo una settimana di “digiuno” dai Social Network, i ricercatori hanno riscontrato differenze sostanziali nei punteggi assegnati ai partecipanti intorno ai livelli di benessere, depressione e ansia dei partecipanti: tutti decisamente migliorati.

Studi precedenti confermano quanto evidenziato dai ricercatori dell’Università di Bath guidati dal prof. Jeffrey Lambert. Ad esempio, una ricerca trasversale compiuta su 1.787 adulti statunitensi, fra i 19 e i 32 anni di età, ha esaminato l’uso quotidiano dichiarato dei Social Network. Coloro che li utilizzavano di più erano anche più soggetti a stati depressivi. In altre parole, alti livelli di utilizzo dei Social Media prefigurano una diminuzione del benessere quotidiano. In alcuni casi, l’utilizzo eccessivo dei canali Social può generare problemi di salute mentale, specie tra i più giovani. Uno studio effettuato su 12.866 giovani fra i 13 e i 16 anni nel Regno Unito ha rilevato che l’uso compulsivo (più volte al giorno) dei Social Network nella fascia di età fra i 13 e i 14 anni preludeva criticità nei livelli di salute mentale due anni dopo.

L’indagine pubblicata sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking affronta anche diverse lacune della letteratura scientifica su questa materia, esplorando il modo in cui i vari Social Network possono impattare su differenti aspetti della salute mentale. In altri termini, piattaforme diverse portano a risultati psicologici differenziati in base alle peculiari caratteristiche del singolo canale utilizzato. Ad esempio, questo studio mostra come la diminuzione del tempo trascorso su Twitter e TikTok può mediare l’effetto che l’astensione ha sulla riduzione dei sintomi della depressione. Il solo uso di TikTok, invece, media solamente la riduzione dell’ansia.

Fra i punti di forza di questa ricerca emerge senza dubbio l’indagine randomizzata, la quale ha permesso di evidenziare un rapporto di causa-effetto tra uso dei Social Network, loro sospensione temporanea e miglioramento delle condizioni psicofisiche dei soggetti analizzati. Altro punto a suo favore è l’analisi di più piattaforme Social anziché di una sola, come era stato fatto negli studi precedenti sullo stesso argomento. Invece fra i punti di debolezza riconosciuti dai ricercatori vi è la scelta del campione da sottoporre all’esperimento: chi ha aderito al progetto lo ha fatto perché seriamente motivato, dunque i risultati potrebbero aver risentito di questa forte motivazione.

D’altro canto, alcuni partecipanti hanno inizialmente aderito all’esperimento per poi abbandonarlo in corso d’opera. Inoltre un periodo di sospensione delle attività sui Social Network potrebbe non bastare a determinare gli effetti a lungo termine preconizzati. Infine, le conseguenze della pandemia di COVID-19 potrebbero aver influenzato i risultati (per esempio, l’uso dei Social Media durante la pandemia potrebbe non essere lo stesso che si fa in un periodo non pandemico). Infine, i partecipanti erano soprattutto giovani donne bianche con un’istruzione superiore: questo dato potrebbe avere avuto un impatto specifico sulla generalizzazione dei risultati finali, estesi ad una popolazione più ampia.

Categorie
Notizie

Aumentano nel mondo i casi di morbillo in età infantile

Queste le cifre: da gennaio a febbraio 2022 i contagi registrati sono stati quasi 17.338; 9.665 nei primi due mesi del 2021. Così si rischia il diffondersi di malattie prevenibili con il vaccino, avvertono le due organizzazioni internazionali impegnate in campagne vaccinali in tutto il pianeta. I periodi di lockdown legati alla pandemia da COVID-19, le disuguaglianze nell’accesso ai vaccini e la dispersione delle risorse destinate all’immunizzazione di massa stanno privando troppi bambini del vaccino anti-morbillo e altre malattie coperte da vaccini. Negli ultimi mesi il pericolo che scoppino focolai di morbillo è gravemente aumentato poiché si sono allentate le misure restrittive, come il distanziamento sociale, previste per contenere la diffusione del COVID-19. A ciò si aggiungono le crisi e i conflitti internazionali in Ucraina, Etiopia, Somalia, Afghanistan con la conseguente interruzione delle vaccinazioni, la mancanza di acqua potabile e di servizi igienici essenziali, il sovraffollamento. Tutte condizioni che favoriscono la diffusione di malattie virali altrimenti prevenibili.

Il virus del morbillo, molto contagioso e con effetti anche letali sull’organismo, indebolisce fortemente il sistema immunitario, rendendo il bambino più esposto ad altre infezioni virali come la polmonite. “Il morbillo è più di una malattia pericolosa e potenzialmente mortale. È anche una prima indicazione che esistono lacune nella nostra copertura vaccinale globale, lacune che i bambini vulnerabili non possono permettersi”, ha affermato Catherine Russell, Direttore Esecutivo dell’UNICEF. “È incoraggiante che le persone in molte comunità inizino a sentirsi sufficientemente protette dal COVID-19 per tornare ad attività più sociali. Ma farlo in luoghi in cui i bambini non ricevono la vaccinazione di base crea la tempesta perfetta per la diffusione di una malattia come il morbillo”.

Nel 2020, 23 milioni di bambini non hanno ricevuto i vaccini di base per l’infanzia, il numero più alto dal 2009. Ad aprile di quest’anno i focolai di morbillo segnalati all’OMS sono stati 21, la maggior parte dei quali in Africa e nell’area del Mediterraneo orientale. Probabilmente sono molti di più, dato che la pandemia ha interrotto i sistemi di sorveglianza di molte altre malattie a livello globale. La causa principale della propagazione del morbillo in queste regioni è l’insufficiente copertura vaccinale.

“La pandemia di COVID-19 ha interrotto i servizi di immunizzazione, i sistemi sanitari sono stati sovraccaricati e ora stiamo assistendo a una recrudescenza di malattie mortali, incluso il morbillo. Per molte altre malattie, l’impatto di queste interruzioni dei servizi di immunizzazione si farà sentire per i decenni a venire”, ha affermato il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Ora è il momento di rimettere in sesto l’immunizzazione essenziale e lanciare campagne di recupero in modo che tutti possano avere accesso a questi vaccini salvavita”.

Categorie
Notizie

Sognare durante e dopo il lockdown: analogie e differenze

Diversi studi scientifici dimostrano come la pandemia da COVID-19 abbia profondamente inciso sia sul nostro rapporto con il sonno sia sui nostri sogni notturni, in termini di frequenza, contenuti e capacità di ricordarli. In uno studio da poco pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health è stata studiata l’attività onirica durante e dopo il lockdown da COVID-19 nel corso del 2020.

Hanno partecipato alla sperimentazione 108 persone, nelle quali sono stati esaminati la qualità del sonno, le abitudini giornaliere, i livelli di ansia e depressione durante e dopo il lockdown. I risultati di questo studio mostrano che la scarsa qualità del riposo notturno, stati d’ansia e atteggiamenti depressivi riscontrati nel corso del primo lockdown sono rimasti invariati anche nel periodo post-lockdown. In questa seconda fase, caratterizzata da una riduzione delle misure restrittive, sono diminuiti il periodo di latenza del sonno, i comportamenti notturni correlati a disturbi da stress post-traumatico, il tempo dedicato ai media digitali.

Ancora, dopo la fase di lockdown totale, l’attività onirica dei soggetti analizzati diminuisce, così come l’intensità emotiva legata ai sogni, la loro vividezza, la lunghezza e la loro originalità o eccentricità. L’emozione più diffusa nei sogni dei partecipanti, rimasta invariata durante e dopo il lockdown, è la paura. Ciò che cambia tra una fase e l’altra (lockdown/post-lockdown) è invece la frequenza dei sogni in qualche misura collegati al blocco fisico-sociale da lockdown. Il superamento delle chiusure e dei confinamenti domiciliari e sociali ha impattato fortemente sui nostri sogni notturni, a questo punto progressivamente affrancati da emozioni e contenuti pertinenti il periodo di isolamento appena vissuto.

Inoltre, rimangono stabili nell’attività onirica durante e post lockdown anche la bassa qualità del sonno e gli stati emotivi negativi (ansia, depressione,…). Probabilmente perché permangono, e si trascinano oltre la fase di lockdown, numerosi effetti avversi della pandemia, evidentemente incancellabili nonostante l’evaporare delle restrizioni sociali. Il fatto che l’isolamento emergenziale abbia influenzato i sogni notturni può essere interpretato nell’ottica dell’ipotesi della continuità, secondo la quale esiste un continuum tra esperienze/emozioni diurne e attività onirica notturna. In altri termini, in base a questa teoria, i sogni non fanno altro che riverberare inquietudini, preoccupazioni, eccitazioni e pensieri che il sognatore vive nel periodo di veglia.

Categorie
Notizie

Ipertensione: prevenirla, controllarla e curarla

L’ipertensione è una condizione che si verifica quando si raggiunge o si supera un valore di 140 mmHg per la pressione massima (o sistolica) e/o uguale o superiore a 90 mmHg per quella minima (o diastolica). Come spiegano gli esperti dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, se i parametri pressori restano particolarmente elevati è possibile andare incontro a danni dei vasi sanguigni e di vari organi. «Questa patologia – affermano gli specialisti – è la causa principale di numerose e gravi malattie cardiache, cerebrali e renali come l’insufficienza cardiaca, l’infarto miocardico, l’ictus cerebrale e l’insufficienza renale. È importante ricordare che ormai numerosi studi, prospettici controllati e randomizzati, che hanno valutato l’efficacia di diversi farmaci ipotensivi, hanno dimostrato che la riduzione dei valori pressori elevati è in grado di ridurre in modo significativo tutte le principali complicanze dell’ipertensione». È dunque essenziale monitorare la pressione sanguigna periodicamente e seguire le indicazioni mediche in caso di ipertensione accertata.

Prevenire con uno stile di vita sano.

Alcuni comportamenti e varie abitudini scorrette possono influenzare la pressione sanguigna e portare a rialzi pressori che si potrebbero prevenire. L’ipertensione insorge più frequentemente in età avanzata, ma oggi si riscontra un aumento della patologia anche tra soggetti giovani, proprio a causa di uno stile di vita che favorisce l’alterazione pressoria. Sempre secondo gli esperti dell’Istituto Mario Negri, «è possibile prevenire o almeno differire nel tempo, la comparsa dell’ipertensione adottando stili di vita corretti. In questo modo si può limitare la necessità di una terapia farmacologica. Tra le principali indicazioni, è raccomandato smettere di fumare, limitare il consumo di alcol e seguire una dieta sana ed equilibrata, riducendo l’uso del sale. È invece opportuno aumentare il consumo di frutta e verdura fresca, di noci e semi oleosi, di pesce e di latticini a basso contenuto in grassi, utilizzare olio di oliva come condimento, ridurre il consumo di carni rosse e anche l’apporto calorico in generale». Nella prevenzione e cura dell’ipertensione gioca poi un ruolo chiave l’attività fisica, da praticare in modo regolare, almeno 30 minuti per 5-7 volte alla settimana».

Monitorare e curare la pressione.

La pressione alta è spesso asintomatica, il che impedisce alle persone di percepirla. Solo quando la pressione è molto alta si potrebbero verificare cefalea, capogiri, palpitazioni, affaticamento, perdita di sangue dal naso, disturbi della vista. È quindi fondamentale misurarla in modo periodico, sia per coloro che non hanno mai avuto valori anomali sia per chi è iperteso e sta seguendo una terapia. La misurazione più accurata resta quella di medici e farmacisti, ma è utile anche aggiungere l’autocontrollo da casa, utilizzando gli appositi apparecchi a uso domestico. La terapia per la cura dell’ipertensione deve essere prescritta dal medico, che ne adeguerà i dosaggi e le modalità di assunzione. Utili consigli si possono chiedere anche al farmacista, che sarà in grado di rispondere a dubbi e perplessità sui farmaci prescritti, aiutando il paziente a seguire correttamente la terapia.

Categorie
Notizie

Lsd: un nuovo antidepressivo?

Allucinazioni, percezione alterata della realtà, derealizzazione, sensazione di fluttuare nello spazio come un astronauta, improvvisi scoppi di ris Questi sono solo alcuni degli effetti provocati da quel particolare tipo di sostanza, naturale o sintetica, chiamata “psichedelica”. Tradotta dall’inglese psychedelic «rivelatore della psiche», questa parola è stata coniata dallo psichiatra canadese Humphry Osmond nel 1957 e deriva dal greco ψυχή «anima, psiche» e δηλόω «manifestare».

Le sostanze psichedeliche, come l’allucinogeno Lsd (dietilamide dell’acido lisergico), ampliano le possibilità del percepibile e della coscienza, tali per cui si evade dalla realtà per entrare in altre, immaginarie ma assunte come reali. Le sostanze psichedeliche hanno potenti effetti sulla mente umana e il loro potenziale può essere incanalato nel trattamento di alcune condizioni psichiatriche, secondo recenti studi condotti all’UChicago Medicine.

I ricercatori dell’Università canadese hanno dimostrato che l’Lsd aumenta il rilascio di serotonina nel cervello, agendo su determinati recettori a livello neurologico. Diffusi in tutta l’area cerebrale, tali recettori, una volta inondati di serotonina per effetto dell’Lsd, inducono alle alterazioni percettive per cui sono celebri le sostanze psichedeliche. Queste sollecitazioni cerebrali creano nuove connessioni tra cellule, importanti cambiamenti nella coscienza percepita, nuovi modi di visualizzare la realtà e di elaborare pensieri ed emozioni.

Gli effetti degli psichedelici potrebbero rivelarsi utili nella cura della depressione qualora le terapie standard si rivelino inefficaci. Una delle ricerche condotte dall’UChicago Medicine suggerisce che microdosi di Lsd possano risultare vantaggiose per curare la depressione: miglioramento dell’umore, dell’elaborazione emotiva e di alcuni aspetti cognitivi, come la memoria di lavoro, una riduzione delle emozioni negative, ecc.

Negli ultimi anni anche l’industria farmaceutica si è attivata per sfruttare le proprietà farmacologiche delle sostanze psichedeliche in funzione antidepressiva. L’obiettivo rimane quello di ridurre al minimo gli effetti tossici e intrusivi (come le allucinazioni) e aumentare quelli positivi, anche in un percorso di psicoterapia. Le sostanze psichedeliche rappresentano così un approccio innovativo nel trattamento di alcune condizioni di salute mentale. La ricerca condotta in questi anni aiuterà a comprendere sempre di più gli effetti degli psichedelici per utilizzarli al meglio in terapia.