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Cacao, buono per il cuore e antiossidante

Il cacao è un alimento che contiene alcuni sali minerali come ferro, calcio e fosforo e varie vitamine, come la A e le B1, B2 e B3. In 100 grammi di cacao si trovano inoltre 5 g di acqua, 20 g di proteine, 25 g di lipidi, 11 g di carboidrati e 10 g di amido. Si tratta quindi di un alimento ricco di nutrienti, che troviamo utilizzato in numerose preparazioni. Oltre a queste sostanze, però, il cacao ne contiene altre che portano all’organismo diversi benefici al sistema cardiovascolare e al sistema nervoso. Si tratta inoltre di un alimento antiossidante, che contribuisce a rallentare la degenerazione cellulare. Non ultimo, la sua capacità di stimolare la produzione di endorfine, genera un senso di benessere e buon umore. Tra le controindicazioni, troviamo invece l’elevato contenuto calorico, che impone un consumo moderato e il contenuto di sostanze eccitanti, tra cui la caffeina, per cui se ne sconsiglia il consumo in caso di tachicardia o agitazione.

Flavonoidi benefici per l’organismo.

Secondo gli esperti dell’Istituto di ricerca Humanitas, molti dei benefici attribuibili al cacao derivano dalle proprietà dei flavonoidi. «Il cacao contiene molti flavonoidi, sostanze benefiche che agiscono positivamente sul sistema cardiovascolare, per la loro capacità di modificare alcuni processi patologici coinvolti nello sviluppo delle malattie cardiovascolari. Sarebbero infatti in grado di inibire il processo di formazione delle placche aterosclerotiche, di ridurre la tendenza delle piastrine a raggrupparsi e formare coaguli di sangue, di ridurre le infiammazioni a carico delle pareti dei vasi sanguigni, di regolarne il tono e di ridurre i livelli della pressione sanguigna. I flavonoidi rendono poi il cacao un potente alimento antiossidante in grado di difendere l’organismo dall’età che avanza e dai danni alla salute legati alla degenerazione cellulare. I flavonoidi infatti contrastano l’attività nociva dei radicali liberi nelle cellule, limitando così i danni che possono provocare». Tra gli altri noti benefici del consumo di cacao, c’è la sua capacità di stimolare il rilascio di endorfine, che hanno un effetto rilassante e rasserenante, il che vale al cacao e al cioccolato la sua fama di “cibo del buon umore”.

Le controindicazioni da considerare.

Accanto ai benefici sopra indicati, il cacao presenta anche alcune controindicazioni al consumo. La prima è il suo elevato contenuto calorico, che lo rendono molto energetico e ottimo in caso si pratichi un’intensa attività sportiva e si debbano affrontare altre attività particolarmente faticose, ma ne fanno un alimento da moderare nella dieta quotidiana. In secondo luogo, occorre considerare il potere eccitante e stimolante del cacao, che contiene caffeina e teobromina, due sostanze neurostimolanti, sconsigliate in caso di tachicardia o prima di riposare perché possono indurre agitazione. «Particolare attenzione – aggiungono infine gli esperti dell’Humanitas – deve essere prestata al consumo di cacao dai soggetti allergici, dal momento che questo alimento stimola il rilascio di istamina».

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Pelle e freddo: d’inverno idratarsi per combattere secchezza e irritazioni

L’inverno è facilmente portatore di problemi alla pelle. Mani e viso, spesso scoperti, sono infatti esposti a temperature rigide, umidità e vento. Questa condizione mette l’epidermide a dura prova per diversi motivi. Il primo è la fisiologica vasocostrizione che riduce l’ossigenazione dei tessuti, rendendoli più deboli. Il rallentamento del ricambio cellulare si unisce a una riduzione della produzione di sebo e a un assottigliamento dello strato idrolipidico che protegge la pelle dalle aggressioni esterne. Un’ epidermide più sottile non solo è più soggetta a “rompersi” creando fessure e taglietti ma si irrita molto facilmente, rischiando anche di far penetrare sporco, polvere, smog e microorganismi negli strati più profondi della pelle. Non ultimo, il passaggio da ambienti esterni a quelli interni, e viceversa, sottopone l’epidermide a sbalzi termici che creano arrossamenti e ulteriori irritazioni. Il primo utile accorgimento per arginare questi problemi è quello di usare sciarpe e guanti per ridurre l’impatto con il freddo. È poi fondamentale scegliere prodotti specifici per proteggere la pelle di mani e viso e le labbra.

Più cure per la pelle nella stagione fredda.

Ripristinare lo strato idrolipidico della pelle è un indispensabile accorgimento da usare nella routine quotidiana di cura del viso e delle mani. Nel caso del viso è sempre importante scegliere prodotti idratanti e nutrienti, possibilmente anche associati a protezioni Uva e Uvb per i giorni di sole. Se la pelle risulta molto screpolata o arrossata, si può optare per l’uso di oli o burri, che hanno un maggior potere nutriente. Per le mani è sempre opportuno scegliere creme specifiche, in genere più corpose e grasse delle normali creme idratanti e utili per mantenere elastico e protetto lo strato superficiale della pelle che si screpola molto facilmente. Esistono inoltre persone soggette a dermatite da freddo, che presentano irritazioni estese e fastidiose da curare con prodotti dermatologici specifici, volti ad alleviare prurito e bruciore, a riparare i danni del freddo e a ripristinare la salute dell’epidermide.

Attenzione anche alle labbra.

Vento e gelo sono spesso causa di arrossamenti e screpolature anche per le labbra, per le quali servono cure particolari. È infatti importante usare ogni giorno balsami appositamente formulati in modo da proteggere le labbra sia dal freddo che dal sole, specie per chi va in alta montagna. Questi prodotti vanno applicati anche più volte al giorno, quando si avverte un senso di secchezza per evitare spiacevoli tagli da freddo sulla bocca. Infine, per affrontare il freddo con una marcia in più, è bene prestare attenzione anche alla dieta, arricchendo l’alimentazione con vitamine e sali minerali e bevendo abbondante acqua. L’apporto dei principali nutrienti e micronutrienti rafforza l’organismo e migliora le difese immunitarie, rendono più veloce anche la riparazione della pelle danneggiata.

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Insonnia, combatterla con una corretta igiene del sonno

L’insonnia è un disturbo del sonno frequente e, per molte persone, anche cronico. Si tratta di un problema che porta spiacevoli conseguenze sia durante la notte sia nel corso della giornata. Chi dorme poco e male, infatti, il giorno successivo avvertirà probabilmente affaticamento e nervosismo a causa del riposo insoddisfacente. Secondo l’Associazione italiana medicina del sonno (Aims), è possibile migliorare la situazione apportando alcuni cambiamenti nel proprio stile di vita e nell’ambiente in cui si dorme, fattori che hanno un impatto rilevante sulla qualità del sonno. «È noto che il sonno è influenzato dal nostro stile di vita e da vari fattori ambientali» sostengono gli esperti dell’Aims. Si parla di igiene del sonno, ovvero «serie di comportamenti che fisiologicamente favoriscono un buon sonno notturno». Queste teorie sono avvalorate da evidenze scientifiche che gli studiosi stanno monitorando da anni, contribuendo ad accrescere le conoscenze nel campo della medicina del sonno, un ramo scientifico nato per studiare e curare i disturbi del sonno.

Modificare l’ambiente per conciliare il riposo.

Ambiente e abitudini personali concorrono in egual misura a modificare la qualità del sonno notturno. È quindi raccomandato, anzitutto, adeguare la stanza da letto perché il riposo venga conciliato e non disturbato o addirittura ostacolato. Questo significa provvedere a creare le condizioni di buio e ventilazione ottimali, regolando nel miglior modo la temperatura e, come consigliano gli esperti, lasciare solo arredi relativi al sonno, escludendo oggetti, come scrivanie, computer, televisori e quant’altro possa invece stimolare la veglia. «Fattori quali la luce, il rumore o sensazioni fisiche fastidiose (fino al dolore) – spiegano gli specialisti dell’Aims – costituiscono stimoli che a livello del sistema nervoso centrale attivano i meccanismi della veglia, rendendo difficile l’innesco o il mantenimento del sonno. Una buona igiene dell’ambiente di sonno, favorirà il relax in senso fisico e psicologico attraverso l’attenuazione degli stimoli fisici risveglianti e l’allontanamento dagli oggetti simbolo dell’attività di veglia, come scrivanie, computer».

Raccomandazioni dietetiche.

Anche l’alimentazione ha effetti sul sonno, sia a causa di alcune tipologie di alimenti sia in conseguenza della quantità e tipologia di cibo ingerito prima di coricarsi. Come sottolineano gli esperti, «la caffeina e le sostanze analoghe esercitano a livello dei centri nervosi un’attività eccitante e dunque risvegliante. L’alcol è al contrario un sedativo, ma la sua azione è molto rapida. Dopo aver velocemente favorito il sonno, viene eliminato rapidamente dall’organismo e il sistema nervoso centrale entra (come accade nelle “sindromi di astinenza”) in uno stato di relativa “ipereccitabilità” con conseguente facilitazione dei sistemi della veglia e quindi risvegli nel corso del sonno notturno. Il fumo di sigaretta o pipa comportano assunzione di nicotina, sostanza con effetti eccitanti sul sistema nervoso centrale. Il fumo, inoltre, ha effetti irritanti e congestionanti sulle vie respiratorie e può quindi favorire la comparsa di disturbi durante il sonno stesso. La dieta a base di zuccheri (amidi del riso e della pasta; fruttosio, saccarosio), invece, favorisce l’innesco e il mantenimento del sono facilitando l’assorbimento di un aminoacido, il triptofano, che entra nella sintesi della serotonina, sostanza che ha un ruolo importante nella regolazione del sonno. Al contrario un pasto proteico tende a rendere più difficile l’assorbimento di questo aminoacido».

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Caffè, benefici solo se consumato con moderazione

Il consumo di caffè è da anni al centro del dibattito scientifico, dal quale sono emersi pro e contro più volte smentiti e rivisti. Dopo tante teorie e contro-teorie diffuse negli anni, oggi gli esperti ritengono che i benefici e i rischi di questa bevanda dipendono essenzialmente dalla quantità consumata giornalmente. Una ricerca pubblicata sul New England Journal of medicine ha fissato nell’ordine delle quattro-cinque tazzine quotidiane la massima dose da cui si traggono benefici senza incorrere nei rischi derivanti dall’abuso di caffeina e altre sostanze presenti nel caffè. Un parametro da considerarsi valido, però, solo per soggetti sani. «Ricco di antiossidanti – sostengono gli esperti della Fondazione Veronesi – oltre che in grado di stimolare il sistema nervoso centrale, il caffè può essere consumato nella quantità di quattro-cinque tazzine al giorno. In tal modo, infatti, difficilmente si supererà un apporto di 400 milligrammi di caffeina, ritenuto sicuro per gli adulti sani sulla base delle evidenze disponibili».

Quando è meglio ridurre il consumo di caffè.

Le prime condizioni che richiedono una riduzione drastica dell’assunzione di caffeina sono la gravidanza e l’allattamento, perché è bene non far pervenire tale sostanza al nascituro o al neonato.

Occorre poi limitare il consumo di caffè se si stanno assumendo alcune categorie di farmaci, come spiegano gli specialisti della Fondazione Veronesi: «In coloro che assumono una serie di farmaci, come broncodilatatori, antibiotici chinolonici, antidepressivi e antipertensivi, la caffeina rischia di rimanere in circolo per un tempo superiore e di interferire con il metabolismo di alcune di queste molecole. Ragion per cui, se in terapia, può essere indicato un consumo leggermente inferiore di caffè e di tutti gli alimenti contenenti caffeina». Va poi ricordato che la caffeina ha effetti sul sistema nervoso centrale, stimolando l’attenzione da un lato ma interferendo con il riposo dall’altro. È quindi sempre opportuno non eccedere con il consumo di caffè nelle ore serali o quando si ha bisogno di riposare.

Smentiti gli effetti dannosi sul cuore.

Quanto ai tanto temuti effetti sul cuore, secondo studi specifici degli epidemiologi e dei nutrizionisti delle scuole di salute pubblica delle università di Singapore e di Harvard, ripresi dalla Fondazione Veronesi, «nel breve termine la caffeina può far aumentare i livelli della pressione sanguigna. Mantenendo i consumi regolari, però, nel tempo l’organismo sviluppa una forma di tolleranza che pone i consumatori più assidui al riparo dal rischio di sviluppare l’ipertensione a causa del caffè. A smorzare l’effetto sulla pressione sanguigna, anche tra coloro che partono già ipertesi, potrebbe essere l’acido clorogenico contenuto nella bevanda. Ragion per cui non ci sono evidenze per caldeggiare il divieto di bere caffè se si tende ad avere la pressione alta. Il consumo di caffè non sembra infine aumentare il rischio di ammalarsi di fibrillazione atriale, di sviluppare una malattia delle coronarie o un ictus cerebrale».

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Sovrappeso e obesità, in che modo affrontare la problematica?

Quando le calorie introdotte con la dieta superano il fabbisogno energetico, si verifica un eccessivo accumulo di grasso corporeo. Oltre all’alimentazione scorretta, le cause di sovrappeso e obesità includono fattori genetici e associati allo stile di vita, come la sedentarietà e l’uso di alcuni farmaci. L’eccesso di adipe è uno dei principali problemi di salute pubblica e non è circoscritto alle popolazioni dei paesi occidentali, ai soggetti in età adulta e alle classi socio-economiche più elevate. L’incremento dell’obesità infantile determinerà negli anni a venire un forte aumento delle patologie croniche, con alti costi diretti associati alle diagnosi e alle terapie e significativi costi sociali legati alla mancata produttività per assenteismo dal posto di lavoro, pensioni di disabilità e morte prematura.

Tra le malattie che accompagnano l’obesità si ricordano in primis quelle cardiovascolari, ma nel paziente obeso si osservano frequentemente anche patologie respiratorie, diabete, osteoartriti e tumori, soprattutto a carico dell’apparato digerente. Tra i parametri clinici utilizzati per valutare se un individuo sia sottopeso, normopeso, sovrappeso oppure obeso, vi è l’indice di massa corporea o BMI, dall’inglese body mass index, calcolato come il rapporto tra la massa corporea espressa in chilogrammi e il quadrato dell’altezza misurata in metri. Con un BMI compreso tra 25 e 29,9 kg/m2 si parla di sovrappeso, tra 30 e 34,9 di obesità moderata e tra 35 e 39,9 di obesità severa, mentre se viene superato il valore di 39,9 l’obesità è definita grave. Poiché questo indice non consente di distinguere tra grasso e massa magra, si utilizzano anche altre metodiche per stimare la percentuale di massa grassa, come la plicometria che, misurando quattro pliche cutanee, permette di valutare il grasso dell’organismo; la bioimpedenziometria, attraverso la quale, basandosi sulla diversa conducibilità elettrica dei tessuti corporei, si ottiene una stima di massa grassa, massa muscolare e quantità di acqua; la densitometria, un esame radiologico che rende possibile la misurazione della composizione corporea.

Per contrastare sovrappeso e obesità è necessario innanzitutto abbinare un’adeguata attività fisica a una corretta alimentazione, volta a ridurre il peso corporeo. Occorre che la dieta venga seguita da un medico dietologo o comunque esperto in malattie del metabolismo. Nei casi più severi si può ricorrere alla terapia farmacologica: la sibutramina agisce a livello del sistema nervoso centrale sopprimendo l’appetito, mentre l’orlistat ha un’azione sul tratto gastroenterico, prevenendo l’assorbimento dei lipidi. Gli interventi chirurgici, come bypass e bendaggio gastrico, sono riservati a casi estremi con patologie concomitanti. I preparati specifici per diete ipocaloriche possono aiutare da un punto di vista psicologico, rendendo il regime alimentare meno restrittivo. Oltre ai sostituti del pasto, si citano gli integratori che aumentano il consumo energetico, contenenti arancio amaro, guaranà, tè verde, e ad effetto saziante, a base di gomma guar, glucomannano, psillio, chitosano. Quest’ultimo limita anche l’assorbimento dei grassi. Vi sono poi supplementi dietetici che incrementano l’ossidazione lipidica, con carnitina e garcinia cambogia, e quelli che portano ad un aumentato metabolismo dei carboidrati, che tra i componenti riportano cromo e ginseng.