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Dermatiti da contatto: cause, segni caratteristici, terapie

L’espressione “dermatite da contatto” si riferisce a un’infiammazione della cute causata dall’esposizione a sostanze irritanti o ad allergeni, cioè sostanze che nella maggior parte degli individui non provocano alcuna risposta patologica ma che in soggetti sensibili possono scatenare reazioni allergiche. I sintomi principali sono prurito, irritazione, bruciore, formazione di vescicole.

Nella maggioranza dei casi la dermatite da contatto è di tipo irritativo, senza attivazione del sistema immunitario, ed è determinata da sostanze chimiche fortemente acide o basiche, solventi, farmaci, prodotti cosmetici e per l’igiene della casa, metalli pesanti come nichel, cobalto, cromo, essudati di piante, saliva di animali da compagnia. Chiunque può essere colpito da questo tipo di dermatite se la sostanza irritante è concentrata e il tempo di contatto prolungato.

A differenza della dermatite irritativa da contatto o Dic, nella dermatite allergica da contatto (Dac) si verifica in un primo momento la sensibilizzazione ad un determinato antigene, ossia una sostanza estranea all’organismo che induce la formazione di anticorpi, e durante un’esposizione successiva si manifesta la reazione allergica vera e propria.

Nella Dic la sintomatologia dolorosa prevale sul prurito e le manifestazioni cutanee vanno dagli eritemi transitori ad ulcerazioni importanti che richiedono parecchie settimane per guarire. La Dac è invece caratterizzata da prurito intenso, che compare insieme alle eruzioni cutanee dopo un periodo variabile dalle 12 alle 48 ore dal contatto con l’allergene, con coinvolgimento del sistema immunitario.

Uno strumento utile per la diagnosi di Dac è il patch test, solitamente praticato dallo specialista in allergologia o in dermatologia. Questo esame prevede l’applicazione di piccole celle contenenti gli allergeni più comuni, mantenute a contatto con la cute dell’avambraccio o del dorso tramite un cerotto. La pelle viene controllata dopo 48 e 96 ore e la diagnosi è confermata dalla presenza di dermatite in corrispondenza di una delle sostanze testate. Una volta individuato l’agente allergizzante occorre evitare del tutto il contatto con gli oggetti che possano contenerlo, utilizzando guanti protettivi nell’eventualità in cui non si possa fare a meno di maneggiarli, per esempio per motivi professionali.

Per la completa remissione dei sintomi possono essere necessarie fino a tre settimane, periodo nel corso del quale il medico può consigliare l’impiego di farmaci antistaminici topici o per via sistemica per alleviare il prurito. Infatti questo sintomo, oltre ad essere fastidioso per chi lo sperimenta, induce il paziente a grattare l’area interessata e a provocare lesioni che possono predisporre al rischio di infezioni.

Per attenuare il rossore dovuto alla reazione infiammatoria, il curante può prescrivere cortisonici locali o da assumere per via orale.

Oltre alla terapia farmacologica, il paziente può applicare sulla cute del ghiaccio avvolto in un panno di cotone, che svolge un’azione anestetica e dona sollievo, e mantenere la zona ben idratata per mezzo di creme altamente nutrienti e paste barriera. Nel caso in cui si utilizzino per la prima volta dei cosmetici, quali le tinte per capelli, si suggerisce di effettuare sempre un auto-test per valutare la tollerabilità nei loro confronti, mettendone una piccola quantità a livello della piega del gomito e rinunciando ad impiegarli se la sede di applicazione dovesse arrossarsi o rigonfiarsi.

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Salute e bellezza dei piedi: come dire basta a duroni, calli, occhi di pernice

È iniziata la primavera che, con le giornate di sole, porta con sé la voglia di procedere al cambio di guardaroba, facendo largo a vestiti leggeri e scarpe aperte. Mancano ancora alcuni mesi prima del passaggio ai sandali, ma non è troppo presto per iniziare a prendersi cura dei piedi, spesso trascurati durante i mesi freddi.

I duroni sono ispessimenti a carico della parte più superficiale della cute, detta strato corneo, che si formano nelle zone del piede maggiormente sottoposte a sfregamento. Sono dovuti in particolare al contatto continuo con calzature troppo strette o troppo larghe o dai tacchi molto alti.

I calli sono porzioni di pelle ispessita e dura, di dimensioni più piccole rispetto ai duroni. Anch’essi si presentano sulle zone sottoposte ad attrito, per l’impiego di calzature scomode o l’abitudine di camminare a piedi scalzi. I piedi dei soggetti diabetici meritano di particolari attenzioni, in quanto l’alterata sensibilità alle estremità può portare a non accorgersi della presenza di calli che, oltre a predisporre alla formazione di vesciche e all’insorgenza di eventuali infezioni, possono essere causa di ulcere, da trattare il prima possibile per evitare il rischio di cancrena.

L’occhio di pernice o, in termini tecnici, tiloma si manifesta soprattutto tra le dita dei piedi e, sebbene in genere sia più piccolo, può avere un aspetto del tutto simile a quello del callo, ma da questo differisce per la sua estensione negli strati più profondi del derma. Di frequente arreca dolore, che talvolta può essere causa di posture errate assunte a scopo antalgico. In caso di infezione è necessaria l’applicazione di prodotti topici a base di antibiotici.

Per definire gli ispessimenti della cute sopra citati si usa il termine di ipercheratosi. Per trattare le aree più soggette a sviluppare queste problematiche può essere utile impiegare la pietra pomice o effettuare uno scrub dopo avere ammorbidito la pelle con un pediluvio caldo in cui siano stati disciolti appositi sali da bagno.

In alternativa, si possono applicare prodotti esfolianti a base di agenti cheratolitici, come acido glicolico, acido lattico, urea, in grado di ammorbidire gli strati dell’epidermide più induriti. Al termine di questi trattamenti occorre utilizzare creme nutrienti che contenengano urea, burro di karité, glicerina, pantenolo, allantoina, vitamina E, da massaggiare fino ad assorbimento insistendo soprattutto su talloni e pianta del piede.

Se calli, duroni e tilomi provocassero fastidio o addirittura dolore alla pressione, si consiglia di proteggere l’area con specifici cerottini o cuscinetti in gel. Il farmacista potrà inoltre suggerire l’uso di formulazioni contenenti acido salicilico, che comprendono soluzioni, gel, unguenti, dischetti impregnati.

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Osteoporosi: quali sono le cause e le terapie possibili?

Lo scheletro subisce un rimodellamento continuo, non solo durante l’età della crescita e dello sviluppo, ma anche nell’adulto e nell’anziano: una porzione dell’osso è soggetta a riassorbimento e una nuova parte viene depositata. Con l’avanzare degli anni, i processi distruttivi risultano predominanti, con deterioramento strutturale e riduzione della densità, portando a una condizione definita osteoporosi.

Il rimodellamento osseo vede il coinvolgimento di due tipologie di cellule: gli osteoblasti, che secernono componenti che andranno a formare la nuova matrice dell’osso, e gli osteoclasti, responsabili della sua degradazione. Il processo è influenzato anche dalla presenza o dal deficit di minerali, in particolar modo del calcio, e dal rilascio di determinati ormoni, tra cui le molecole appartenenti alla famiglia della vitamina D.

Non ultimi, rivestono un ruolo di rilievo fattori legati allo stile di vita, soprattutto alimentazione, attività fisica e assunzione di farmaci. A questo proposito, si ricorda che trattamenti prolungati con corticosteroidi antagonizzano l’azione degli osteoblasti e stimolano quella degli osteoclasti, predisponendo all’osteoporosi. Lo stesso effetto si manifesta come esito di malattie in cui aumenta la concentrazione di glucocorticoidi, ormoni steroidei sintetizzati dalle ghiandole surrenali.

La perdita di massa ossea inizia già dai 35 anni sia per il maschio che per la femmina, ma in quest’ultima si osserva un incremento della velocità del fenomeno nel corso della menopausa. Ciò è da attribuire a una più intensa attività degli osteoclasti, dovuta alla diminuzione dei livelli di estrogeni, che contrastano l’azione dell’ormone paratiroideo, il quale mobilizza il calcio dalle ossa e favorisce il riassorbimento osseo. Nella terza età invece si assiste in ambo i sessi alla riduzione del numero di osteoblasti.

La vitamina D è considerata un preormone, infatti nell’organismo va incontro ad una serie di trasformazioni metaboliche che la convertono in molecole biologicamente attive. Queste sono responsabili del mantenimento della corretta concentrazione di calcio nel sangue, aumentandone l’assorbimento a livello intestinale, mobilizzandolo dalle ossa e riducendone l’escrezione da parte del rene. Le forme di vitamina D importanti per l’organismo umano sono l’ergocalciferolo o vitamina D2, che si ottiene dalla dieta attraverso l’introduzione di alimenti vegetali quali funghi e cacao, e il colecalciferolo o vitamina D3, presente in pesce, uova, latte, ma soprattutto sintetizzato nella cute a seguito dell’esposizione ai raggi solari.

Poiché la riduzione della massa ossea determina una maggiore fragilità delle ossa e, di conseguenza, la possibilità di andare incontro a fratture anche a seguito di traumi lievi, in molti casi è necessario ricorrere alla terapia farmacologica. La prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi si basano sulla somministrazione di principi attivi che impediscano il riassorbimento, come bifosfonati e raloxifene, e che stimolino la formazione di nuovo osso, per esempio il teriparatide.

Alcuni composti di ultima generazione, primo tra tutti il ranelato di stronzio, agiscono su entrambi i fronti.

Nell’osteoporosi postmenopausale può essere utile fare ricorso alla terapia ormonale sostituiva, che controbilancia il calo fisiologico degli estrogeni. La vitamina D è utilizzata in tutti i casi di carenza, valutata attraverso la rilevazione dei suoi livelli ematici. I sali di calcio possono essere assunti in associazione ad altri farmaci per prevenire l’osteoporosi.

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Fisioterapia, guida Aifi sulla riabilitazione del pavimento pelvico

L’ Associazione italiana di fisioterapia (Aifi) ha realizzato la guida “Pavimento pelvico: fisioterapia e riabilitazione”, a cura degli esperti del Gruppo di interesse specialistico (Gis) pavimento pelvico della Regione Puglia. Si tratta di un compendio utile a cittadini, fisioterapisti e medici, nel quale vengono descritte la struttura, le funzioni, le problematiche e le terapie di questa parte anatomica. «Il pavimento pelvico – spiegano gli esperti Gis-Aifi – è l’insieme di tessuto muscolare e connettivale che coincide con la zona genitourinaria-anale e partecipa alle funzioni urinarie, defecatorie, sessuali, riproduttive, biomeccaniche, statiche e pelviche. La riabilitazione del pavimento pelvico è quel settore della medicina riabilitativa indirizzato alla valutazione e al trattamento delle disfunzioni dell’area pelvi-perineale di natura urologica, ginecologica, andrologica, colon-proctologica e algologica correlabili ad alterata funzionalità del pavimento pelvico».

Problematiche che possono interessare il pavimento pelvico.

Come spiega la guida, sono diverse le disfunzioni e le problematiche che possono affliggere il pavimento pelvico nell’uomo, nella donna e nei bambini in età pediatrica. Si va dal dolore cronico o persistente, percepito e definito a livello della pelvi per almeno sei mesi, all’ inabilità di una persona di avere una risposta sessuale; dall’ incontinenza con perdita involontaria di urina attraverso l’uretra, all’ incontinenza fecale. Nella donna, inoltre, si possono presentare disturbi specifici in gravidanza, durante o a seguito del parto o semplicemente con l’invecchiamento e il sopraggiungere della menopausa, tutte situazioni che possono compromettere l’integrità del pavimento pelvico, con ripercussioni sul suo funzionamento. Varie problematiche possono poi insorgere negli atleti che praticano sport intensi, come il sollevamento pesi, l’atletica, il salto o la ginnastica, attività potenzialmente in grado di compromettere la funzionalità del pavimento pelvico se vengono praticati in forma professionale o con troppa assiduità. In età pediatrica, infine, il problema dell’incontinenza urinaria diurna o notturna colpisce il 20% della popolazione infantile.

Come interviene lo specialista?.

Tutti i disturbi sopra descritti vanno a interferire a vario livello sul benessere e la salute degli individui, che non sempre sono informati sulle varie possibilità riabilitative. Per questo, l’Aifi spiega i diversi step attraverso cui i fisioterapisti possono diagnosticare le problematiche sopra descritte, attraverso una corretta anamnesi, una valutazione funzionale, l’esame obiettivo, l’esecuzione di test cartacei, il biofeedback o la rehabilitation ultrasound imaging (Rusi), un’ecografia usata per esaminare e valutare la morfologia e la funzionalità del muscolo e dei tessuti molli correlati, durante l’esercizio e le attività fisiche. Una volta diagnosticato il disturbo, potrà essere stabilito l’esercizio terapeutico in grado di migliorare o risolvere il problema. Per maggiori informazioni: gispavimentopelvico@aifi.net.

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Tessera sanitaria, il vademecum per i pazienti su uso e casi speciali

L’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione dei cittadini un vademecum dedicato all’uso e alla gestione della tessera sanitaria. Si tratta di un documento che sta acquisendo crescente importanza perché consente la fruizione di un numero sempre maggiore di servizi e non solo in ambito sanitario. Se dotata di microchip, infatti, funziona come Carta nazionale dei servizi (Cns), permettendo l’accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni. Proprio per via delle varie evoluzioni di questo strumento, l’Agenzia ha ritenuto opportuno fornire ai cittadini un compendio su tutte le sue funzioni ma anche su come comportarsi in casi eccezionali, quali lo smarrimento, il rinnovo, l’uso all’estero e quant’altro. Date poi le nuove esigenze dettate dalla pandemia, l’Agenzia delle Entrate ha definito questa guida «un piccolo gesto di attenzione verso tutti i cittadini, per garantire un accesso semplice e veloce alle prestazioni sanitarie».

Usi della tessera sanitaria.

Come è noto, la tessera sanitaria è il documento personale che viene rilasciato a tutti i cittadini che hanno diritto alle prestazioni fornite dal Servizio sanitario nazionale. Viene attribuita dal Comune a ogni nuovo nato, dopo la dichiarazione di nascita effettuata dai genitori. Si utilizza per la scelta del medico di base, per l’acquisto dei farmaci, per prenotare ed eseguire prestazioni specialistiche e diagnostiche. Ma è anche il documento ufficiale che riporta il codice fiscale del cittadino. Sul retro della carta, invece, sono stampati i riferimenti della Tessera europea assistenza malattia (Team), con la quale si ha diritto all’assistenza sanitaria nell’Unione Europea, in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera, secondo le normative vigenti nei singoli paesi. La tessera ha validità di sei anni dalla sua emissione e, una volta scaduta, ne viene recapitata una nuova al domicilio del cittadino. Per gli stranieri con permesso di soggiorno, invece, la durata coincide con la scadenza di quest’ultimo.

Come risolvere problemi e casi speciali.

La guida passa in rassegna alcune situazioni particolare, per le quali i cittadini potrebbero non sapere come comportarsi. Se la tessera contiene errori, per esempio, è possibile segnalarlo a qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, presentando un documento d’identità in corso di validità. Se fosse scaduta ma si è in possesso di prescrizione con ricetta rossa o ricetta elettronica nazionale, le prestazioni sanitarie sono comunque garantite. In caso di smarrimento, furto o deterioramento, è possibile chiedere un duplicato: nei primi due casi (furto o smarrimento) è necessario presentare denuncia alle autorità competenti. Per avere un duplicato, invece, si può inoltrare richiesta all’Agenzia delle Entrate (attraverso il sito, inviando e-mail o Pec o presentandosi fisicamente presso gli uffici dell’ente), oppure facendo domanda presso la Asl di competenza o attraverso il portale “Sistema Tessera Sanitaria” (https://sistemats1.sanita.finanze.it/portale/it/web/guest/tessera-sanitaria-cittadini). Ognuna di queste operazioni e altre informazioni sono riportate sul vademecum.