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Dolori muscolari, conoscere le cause per prevenirli

Il dolore muscolare, o mialgia, può manifestarsi in vari modi e per diverse cause. Prevenirlo significa conoscere le situazioni che lo scatenano e comprendere come reagisce il proprio fisico. A seconda della causa, il dolore può manifestarsi in modo diffuso o localizzato, in modo acuto o silente, con crampi o intorpidimento. «Il dolore muscolare sopraggiunge in seguito a diverse cause, come lesioni, traumi, esercizio fisico intenso, lavori usuranti – sostengono gli esperti dell’Istituto clinico Humanitas -. Corrisponde a una manifestazione dolorosa localizzata o diffusa che coinvolge i muscoli. La causa principale è quasi sempre uno sforzo eccessivo oppure troppo prolungato, insieme a stress e posture sbagliate che favoriscono l’affaticamento muscolare e il dolore soprattutto al collo, alle spalle e alla schiena».

Postura e allenamento scorretti prime cause di dolore.

Una delle cause più frequenti di dolore muscolare improvviso è il sollevamento di un peso da terra con una postura scorretta. «La posizione migliore per la schiena quando si devono sollevare pesi da terra – spiega la dottoressa Lara Castagnetti, osteopata e specialista in Medicina fisica e riabilitativa di Humanitas – è il semi squat, cioè una posizione che, tenendo il peso da sollevare tra le gambe e le ginocchia e piegando leggermente le gambe (semi-squat), permette di flettere la schiena e il busto in avanti e sollevare il peso senza troppi sforzi per la schiena. È sempre raccomandabile però mantenere il peso da sollevare il più possibile vicino al corpo». Non di rado anche un allenamento eseguito male può provocare dolori muscolari, per cui è sempre bene essere seguiti, almeno all’inizio dell’attività, da un allenatore o da un esperto, che possa indicare la postura corretta, il livello di intensità e la durata dello sforzo consoni a chi si allena in base all’età, al peso corporeo, al tipo di disciplina e alla preparazione atletica della persona. Inoltre, per non rischiare di trascorrere doloranti le ore e i giorni che seguono la pratica fisica è sempre fondamentale anticipare l’attività con un adeguato riscaldamento per preparare i muscoli allo sforzo e concluderla con lo stretching per prevenire e alleviare le contratture.

Stress e computer, cause dei dolori nella vita moderna.

Non sono poche le persone che, pur conducendo una vita quasi totalmente sedentaria, lamentano spesso muscoli doloranti. In questi casi il dolore non deriva da sforzi fisici, ma dalla postura scorretta, specie per coloro che passano molte ore seduti alla scrivania, o dallo stress accumulato che tende a provocare un irrigidimento dei muscoli del collo e delle spalle. In questi casi la prevenzione sta nel cercare di usare sedie ergonomiche, posizionare il computer a un’altezza corretta e, quando possibile, alzarsi per qualche minuto, camminando e muovendo un po’ le braccia in modo da allentare la tensione. Per diminuire lo stress quotidiano, poi, inserire una moderata attività fisica e qualche svago tra le proprie abitudini restano i rimedi migliori per stemperare le tensioni, spesso causa di irrigidimento muscolare involontario.

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Vitamina D, elemento prezioso per l’efficienza del sistema immunitario

I benefici legati alla vitamina D sono molto noti per quanto riguarda la sua funzione di fissare il calcio nelle ossa, prevenendo il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani. Meno conosciuto, ma non meno importante, è invece il ruolo prezioso che questa vitamina svolge per la salute del sistema immunitario. Il tema è stato oggetto di una ricerca condotta dall’Università di Copenaghen e pubblicata sulla rivista Nature Immunology, nella quale viene evidenziato che le cellule T, che intervengono attivamente nel difendere l’organismo dalle infezioni, sono efficienti solo se il sangue contiene un adeguato quantitativo di vitamina D. I contenuti dello studio sono riportati nel sito dell’Associazione italiana donatori di organi, che riferisce quanto dichiarato da Carsten Geisler, professore dell’Università di Copenaghen. «Quando una cellula T è esposta a un agente patogeno esterno – ha spiegato il professore – essa attiva un dispositivo di segnalazione o ‘antenna’, noto come recettore della vitamina D, con cui cerca di individuare tale vitamina. Ciò significa – ha continuato – che le cellule T hanno bisogno della vitamina D, altrimenti la loro attivazione cesserà. Se le cellule T non riescono a trovare abbastanza vitamina D nel sangue, non inizieranno nemmeno a mobilitarsi».

Carenze di vitamina D portano a diverse patologie.

La vitamina D è importante per mantenersi in salute perché interviene in diversi processi che controllano gli stati infiammatori e mantengono efficiente il sistema immunitario. «Nella sua forma attivata – spiegano gli esperti della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro – la vitamina D agisce in realtà come un ormone che regola vari organi e sistemi ed è importante nel controllo dell’infiammazione e del sistema immunitario. Una sua carenza è stata associata a diversi tipi di malattie, dal diabete all’infarto, dall’Alzheimer all’asma o alla sclerosi multipla. Recenti studi, inoltre, hanno evidenziato che, sebbene la vitamina D non sembri ridurre in modo significativo il rischio di insorgenza dei tumori, adeguati livelli di questa vitamina nel sangue possono migliorare le possibilità di sopravvivenza in chi si ammala di cancro. L’effetto più importante sarebbe quindi non tanto sull’incidenza dei tumori, ma sulla loro progressione».

Il sole è la fonte primaria di vitamina D.

Solo una minima parte del fabbisogno di vitamina D può essere soddisfatta dall’alimentazione, in quanto non sono molti i cibi che la contengono. Questi si limitano ai pesci grassi, al tuorlo d’uovo e al fegato. Esistono poi certi alimenti arricchiti industrialmente di vitamina D. Per raggiungere i livelli ottimali di questo prezioso elemento, è fondamentale esporre la pelle al sole perché i raggi Uvb generano la vitamina D nella cute, da cui passa poi al sangue. «Qui – afferma l’Airc – una proteina specifica la trasporta fino al fegato e al rene, dove viene attivata. Della vitamina D si conoscono le proprietà antinfiammatorie e l’azione sul sistema immunitario, ma si sa anche che molti organi e tessuti umani presentano recettori di questa vitamina. Gli scienziati ritengono che svolga un ruolo importante non solo per la salute delle ossa, ma anche per il benessere complessivo dell’organismo, e stanno indagando l’ampio spettro delle sue funzioni». Trascorrere del tempo all’aria aperta è, secondo gli scienziati, già sufficiente per garantire all’organismo scorte di vitamina D adeguate alle sue funzioni. Eventuali integrazioni sono raccomandate dai medici per lo più a neonati e anziani, proprio perché meno inclini a uscire di casa spesso.

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Cervicalgia: rimedi diversi a seconda della causa  

Il termine cervicalgia indica un dolore localizzato nel tratto cervicale della colonna vertebrale. Talvolta può estendersi al braccio e in questo caso si parla di cervicobracalgia. È un disturbo molto diffuso che interessa l’apparato muscoloscheletrico e che può presentarsi in forma acuta o cronica. La cervicalgia di natura muscolare è quella più frequente, solitamente è di tipo acuto ed è provocata da una postura scorretta assunta durante la giornata o il riposo notturno oppure dal cosiddetto colpo di frusta, che è la conseguenza di una flesso-estensione improvvisa dei muscoli del collo. Quest’ultimo è un sistema estremamente mobile ed esile, che deve sostenere il peso del capo. Alla base della sensazione di dolore vi è lo stress meccanico a cui sono sottoposte le varie strutture anatomiche che lo compongono, tra cui si ricordano le vertebre, le quali proteggono il midollo spinale e sono messe in connessione dai dischi intervertebrali, le articolazioni, i legamenti, i muscoli e le radici nervose.

Gli stress prolungati possono essere causa di stati emotivi che portano ad assumere atteggiamenti posturali errati, con contratture muscolari che si manifestano soprattutto a carico della muscolatura di collo e spalla. Tra le cause di cervicalgia diverse da quelle di origine posturale che determinano uno stato di tensione a livello di diversi gruppi muscolari, si ricordano la malocclusione dentale, la sedentarietà, certi disturbi visivi e la pratica non corretta di attività fisica. In tutti questi casi, l’entità del dolore è variabile, così come la durata, e quello che nel linguaggio comune viene chiamato torcicollo va a rappresentare un vero e proprio ostacolo ai movimenti naturali del collo stesso, con impedimenti alla rotazione e al piegamento della testa.

Al dolore possono essere associate sensazioni di varia natura, come schiocchi, percezione della presenza di sabbia tra una vertebra e l’altra, indolenzimento di spalle e schiena, maggiore affaticabilità e difficoltà a mantenere la stessa posizione a lungo. Nel caso del colpo di frusta l’intensità del dolore, che è di tipo trafittivo, è maggiore che nella cervicalgia posturale. Il dolore al rachide cervicale può essere anche causa di cefalee muscolo-tensive dovute alla rigidità locale e scatenare vertigini. Tra i sintomi neurologici, avvertiti nei casi più gravi, spesso vengono riferiti intorpidimento, formicolii, debolezza del braccio e della mano, parestesie, cioè alterate percezioni degli stimoli sensitivi.

Lo stiramento delle strutture muscolo-legamentose e tendinee del collo può anche risolversi spontaneamente nel giro di pochi giorni, senza la necessità di avvalersi di farmacoterapie. La terapia del caldo e del freddo può accelerare la guarigione: in particolare, impacchi con la borsa del ghiaccio e l’applicazione di pomate contenenti canfora e mentolo contribuiscono a ridurre lo stato infiammatorio, mentre massaggi con creme o gel a base di sostanze revulsive come la capsaicina o l’impiego di cerotti autoriscaldanti aiutano a rilassare la muscolatura. Utili anche le preparazioni ad uso topico formulate con arnica, artiglio del diavolo, boswellia.

Se le contratture e il dolore assumessero caratteristiche di cronicità, il medico potrà prescrivere farmaci antinfiammatori, analgesici e miorilassanti, sia per uso sistemico che locale. In certe circostanze può rivelarsi necessario il ricorso al fisioterapista, che indicherà l’esecuzione di esercizi mirati per il collo.

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Alimentazione, i danni di una dieta ipercalorica

Un’alimentazione ipercalorica è un’alimentazione in cui l’apporto energetico dei cibi assunti è troppo elevato rispetto al fabbisogno dell’organismo. Il consumo sporadico di alimenti molto calorici, salvo controindicazioni individuali, non è di per sé nocivo se la dieta quotidiana è equilibrata. I problemi insorgono se le calorie in eccesso sono ingerite costantemente e non, come dovrebbe essere, in momenti straordinari come in un giorno di festa. Troppe calorie, se non smaltite con l’attività fisica, determino diverse problematiche per la salute, di cui l’aumento del peso è solo la più visibile, ma non certo l’unica. Prima di entrare nello specifico delle caratteristiche dei singoli nutrienti, vale la pena sottolineare che, come spiega l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), «quantità eccessive di grasso corporeo costituiscono un pericolo per la salute, soprattutto per il rischio di insorgenza di alcune malattie (come cardiopatia coronarica, diabete, ipertensione e alcuni tipi di cancro), di insufficienza respiratoria (apnee notturne) e delle conseguenze “meccaniche” provocate dal sovraccarico sulle articolazioni (colonna vertebrale, ginocchia, anche, ecc)».

Grassi, buoni solo se in piccole quantità.

Benchè i grassi abbiano tutti lo stesso apporto calorico, ovvero circa 9 calorie per grammo, le loro qualità intrinseche variano. «Gli acidi grassi saturi – afferma l’Inran – tendono a far alzare il livello di colesterolo nel sangue e per questo è bene consumare moderatamente i cibi che ne sono più ricchi, come i prodotti lattiero-caseari, le carni grasse e i loro derivati e certi oli vegetali, come l’olio di palma e l’olio di cocco. Gli acidi grassi insaturi, invece, non fanno alzare il livello di colesterolo nel sangue e sono contenuti per lo più negli oli vegetali (di semi e di oliva), in noci e nocciole, nelle olive e nel pesce. Gli acidi grassi trans, infine, tendono a far aumentare il colesterolo, sono presenti nei prodotti ricavati dagli animali ruminanti (sia le carni sia latte), ma possono anche formarsi durante alcuni trattamenti industriali dei grassi vegetali e trovarsi negli alimenti trasformati che li contengono. Quando il colesterolo raggiunge valori elevati aumenta il rischio che si verifichino danni di tipo aterosclerotico a carico di importanti arterie e organi vitali, tali da facilitare la comparsa di gravi malattie. Per prevenire questi possibili danni e proteggere la nostra salute è fondamentale, quindi, controllare la quantità e la qualità dei grassi consumati e le calorie totali della dieta».

Moderazione anche con carboidrati e zuccheri semplici.

Anche gli zuccheri semplici e i carboidrati innalzano il valore calorico dei cibi che quanto più ne contengono tanto più saranno ipercalorici. Anche alimenti privi di grassi, quindi, possono avere tante calorie e vanno a loro volta moderati nella dieta quotidiana. I rischi derivanti dall’assunzione eccessiva di zuccheri, soprattutto quelli semplici, sono legati alla curva glicemica che provocano nel sangue. «Il consumo di zuccheri, specialmente se assunti da soli – precisa l’Inran – provoca in tempi brevi un rapido innalzamento della glicemia che tende poi a ritornare al valore iniziale entro un periodo più o meno lungo. È questo “rialzo glicemico” il meccanismo che compensa la sensazione di stanchezza fisica e mentale e il senso di fame che si avvertono lontano dai pasti o in tutte quelle situazioni in cui si ha una ipoglicemia o “calo degli zuccheri”». Questo processo porta a mangiare di più e più spesso del dovuto. L’eccesso di zuccheri non smaltiti, inoltre, si trasforma in riserve di grasso, accumulandosi pertanto ai grassi già ingeriti.

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Antibiotico-resistenza, quali comportamenti responsabili per arginarla?

Un uso diffuso e frequente degli antibiotici, oggi impiegati anche in agricoltura e negli allevamenti, conduce, nel lungo periodo, alla capacità dei batteri di resistere all’azione di questa categoria di farmaci. Un processo che può rendere molti antibiotici inefficaci, riducendo così le opzioni terapeutiche per la cura di diverse infezioni. «Negli ultimi anni – si legge nel portale Epicentro dell’Istituto superiore di sanità – il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è aumentato notevolmente e ha reso necessaria una valutazione dell’impatto in sanità pubblica, specifica per patogeno, per antibiotico e per area geografica. Il problema della resistenza agli antibiotici è complesso poiché riconosce diverse cause, tra cui l’aumentato uso di questi farmaci (incluso l’utilizzo non appropriato) sia in medicina umana che veterinaria, l’uso degli antibiotici in zootecnia e in agricoltura, la diffusione delle infezioni ospedaliere causate da microrganismi antibiotico-resistenti (e il limitato controllo di queste infezioni), una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuto a un aumento dei viaggi internazionali e dei flussi migratori».

Le conseguenze della resistenza agli antibiotici.

Secondo quanto riporta l’Istituto superiore di sanità, «l’uso continuo degli antibiotici aumenta la pressione selettiva favorendo l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti. Inoltre, la comparsa di patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici riduce ulteriormente la possibilità di un trattamento efficace». Di fronte all’impossibilità di trovare farmaci in grado di guarire completamente un’infezione, si possono verificare una serie di conseguenze gravi, che vanno dall’aumento delle patologie, al prolungamento della malattia, alla maggior possibilità di sviluppare complicanze fino alla diffusione di epidemie e al decesso dei pazienti. I rischi sono quindi tali da aver mobilitato sistemi sanitari e istituzioni di tutto il mondo a una sorveglianza speciale dei casi di antibiotico resistenza.

Cosa fare per ridurre il fenomeno.

Il ministero della Salute ha pubblicato alcune indicazioni su come i cittadini possono comportarsi per contribuire ad arginare l’antibiotico-resistenza. La prima regola da seguire è quella di non assumere antibiotici se non su indicazione e prescrizione medica. «Gli antibiotici – spiega il Ministero – sono medicinali efficaci esclusivamente per contrastare le malattie causate da batteri. Non sono utili, invece, per curare infezioni virali, come ad esempio il raffreddore o l’influenza. Possono essere assunti solo dopo valutazione da parte di un medico. Una volta acquistato il farmaco, è indispensabile seguire scrupolosamente le indicazioni del medico su dosaggio, tempistica e durata della terapia. Infatti, ogni antibiotico è specifico per curare solo determinate malattie batteriche. Gli antibiotici sono un bene prezioso che si sta esaurendo nel tempo. Affinché la loro efficacia possa rimanere inalterata in futuro è necessario che tutti contribuiscano attraverso un uso corretto e responsabile». Un’altra raccomandazione importante riguarda la gestione delle dosi di antibiotico non utilizzate. Queste non vanno mai assunte di propria iniziativa, ma sempre dopo aver consultato il medico e, una volta scadute, vanno smaltite negli appositi raccoglitori e mai disperse nell’ambiente.