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Stanchezza cronica: possibili cause e rimedi

Ognuno di noi nella vita ha sperimentato periodi di stanchezza più o meno intensa: si pensi alla fatica legata al lavoro, sia fisico che mentale, e allo studio, alla spossatezza conseguente ad uno sforzo importante, come accade nello sport, o che si presenta ai cambi di stagione, durante la convalescenza a seguito di una malattia infettiva o di un intervento chirurgico, in gravidanza e menopausa.

Lo stress può determinare una forte stanchezza, fisica e cognitiva, e può interessare non soltanto i soggetti attivi dal punto di vista lavorativo ma anche bambini e anziani. Solitamente è sufficiente concedersi le giuste ore di sonno, prestare attenzione all’alimentazione, praticare movimento con regolarità e dedicare una parte della giornata ad attività rilassanti per recuperare in breve tempo le forze necessarie ad affrontare gli impegni quotidiani.

Per fronteggiare i momenti in cui ci si senta particolarmente privi di energie può essere utile ricorrere all’impiego di preparati a base di estratti di ginseng, ginkgo biloba, eleuterococco o ginseng siberiano, dall’azione tonica-energizzante e dalle proprietà adattogene, in grado cioè di rendere l’organismo più resistente ai fattori stressogeni. Anche la pappa reale, con il suo pool di molecole attive, rappresenta un ottimo ricostituente.

Al di là della debolezza momentanea, esistono numerose condizioni che possono provocare forme di stanchezza cronica che non trovano soluzione nel riposo, con notevoli implicazioni negative sulla qualità della vita.

L’astenia costituisce un sintomo aspecifico comune a diverse patologie, tra cui si ricordano malattie endocrine come il diabete e l’ipotiroidismo, anemie, morbo celiaco, infezioni croniche, per esempio Aids ed epatiti virali, carenze nutrizionali, patologie a carico del sistema nervoso e dell’apparato locomotore, disturbi psichiatrici e, non ultimi, processi tumorali.

Anche l’impiego di determinati farmaci può essere causa di sedazione e stanchezza profonda. Il dolore cronico, direttamente e indirettamente, ostacolando un adeguato riposo notturno, è uno dei principali fattori che determinano una maggiore affaticabilità. Altre due condizioni fortemente debilitanti sono la sindrome da stanchezza cronica e la sindrome delle gambe senza riposo, caratterizzata da un’ampia sintomatologia che colpisce gli arti inferiori nel corso della notte, con sonno scarsamente ristoratore e conseguente stanchezza al risveglio.

La prostrazione da cancro è sovente indicata con il termine inglese fatigue e si manifesta nella maggior parte degli individui sottoposti a cicli di radio- e chemioterapia, proseguendo anche per parecchi anni dopo il termine delle cure. Purtroppo ad oggi non sono molti gli strumenti che la scienza offre per attenuare la stanchezza legata al cancro.

Per i malati oncologici, già provati emotivamente, sono consigliati la pratica di esercizio fisico moderato ma costante, discipline come yoga, pilates, tai chi e qi gong e tecniche di rilassamento e meditazione, in quanto la sedentarietà non fa altro che aumentare la percezione della stanchezza, in un circolo vizioso che può essere interrotto anche grazie a un eventuale aiuto psicologico. Si ricorda che l’attività fisica stimola la secrezione dei cosiddetti ormoni della felicità, cioè serotonina e dopamina. Ove il medico ne ravvisi la necessità, vi può essere l’indicazione ad un supporto psichiatrico.

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Contusioni: cosa sono, come si curano

Non capita solamente alle persone dedite alla pratica di attività sportiva di subire dei traumi fisici. Certamente i cosiddetti sportivi della domenica sono maggiormente soggetti ai dolori di natura traumatica, poiché possono andare incontro a cadute provocate da distrazione, scarso allenamento, sforzi troppo intensi, movimenti scorretti. Ma occorre prestare attenzione anche durante lo svolgimento delle attività quotidiane più banali per scongiurare il rischio di infortuni: gli incidenti domestici in cui si inciampa o si colpiscono spigoli o superfici sporgenti sono tutt’altro che rari.

Le contusioni sono provocate dall’urto di oggetti duri contro parti del corpo più o meno estese. Ciò che si verifica in questo frangente è uno stravaso di sangue con accumulo di liquidi sotto la cute. La zona interessata risulta dolente, si rigonfia e assume il colore bluastro tipico di quello che nel linguaggio comune è chiamato livido, in termini tecnici ematoma.

Mentre nelle ferite la pelle viene lesionata, nelle contusioni la rottura di vasi ematici e linfatici causa un’emorragia sottocutanea. La fuoriuscita di proteine dal circolo sanguigno e linfatico richiama acqua e si forma il caratteristico gonfiore, spesso accompagnato anche da una reazione infiammatoria, con rigidità e difficoltà nel movimento della regione colpita.

Il livido, non sempre visibile, emerge in genere a poche ore di distanza dall’evento traumatico e la sua estensione dipende dall’entità, dalla profondità e dalla tipologia dei tessuti coinvolti. Nella maggior parte dei casi l’ematoma si riassorbe spontaneamente.

Talvolta possono verificarsi danni ai tessuti sottostanti. Questo avviene quando il ristagno di liquidi, anziché riassorbirsi in maniera spontanea, complica il naturale processo di guarigione e si espande, causando infezioni o cicatrizzazioni anomale. Si parla quindi di processi fibrotici e di calcificazioni. In quest’ultimo caso si osserva la formazione di un deposito di sali simile a una struttura ossea, che provoca dolore intenso e può essere invalidante.

Quando si subisce un trauma, occorre prima di tutto limitare il danno tramite l’applicazione di ghiaccio, che ha effetto antalgico, attenua lo spasmo muscolare riflesso e determina una vasocostrizione locale che limita il flusso ematico, facilitando il riassorbimento degli essudati nel distretto trattato.

Per accelerare la guarigione sono consigliati il riposo e l’astensione momentanea dalle attività fisiche. Se il trauma interessa un’articolazione si può ricorrere al bendaggio per mantenere immobilizzata la parte, che andrebbe tenuta sollevata per favorire il riassorbimento dei liquidi accumulati. In caso di ematomi particolarmente estesi o profondi, il medico può prescrivere l’utilizzo di eparina per prevenire la formazione di coaguli.

Per ematomi più circoscritti sono efficaci i prodotti a base di arnica, escina, bromelina, in forma di pomate da massaggiare sulla zona o di preparati da assumere per bocca. Se il dolore è molto intenso può essere utile la somministrazione di antinfiammatori e antidolorifici per via sistemica.

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Eutirox: prevista una nuova formulazione da maggio 2021

La levotiroxina è il principio attivo alla base della specialità medicinale commercializzata con il nome di Eutirox, farmaco somministrato per via orale nel trattamento dell’ipotiroidismo. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha pubblicato sul proprio sito una nota informativa in merito all’approvazione e commercializzazione, a partire dal prossimo maggio, di una nuova formulazione del medicinale per tutti i dosaggi. Nella nuova formulazione, che non contiene il lattosio come eccipiente, la molecola attiva risulta maggiormente stabile. «Il passaggio dalla vecchia formulazione di Eutirox alla nuova prevede un’attenzione particolare», si legge nella nota, «in quanto […] anche la sola modifica degli eccipienti potrebbe determinare squilibri tiroidei con conseguente necessità di valutazione clinica e di laboratorio».

Queste avvertenze sono d’obbligo per un medicinale caratterizzato da indice o rapporto terapeutico ristretto: ciò significa che dose efficace e tossica differiscono di poco e pertanto il farmaco risulta scarsamente maneggevole. Da qui, l’esigenza di un regime terapeutico su misura per il singolo paziente.

Le modifiche non riguarderanno solamente la composizione degli eccipienti, ma anche la grafica delle nuove confezioni. I cambiamenti saranno a carico del confezionamento esterno e del blister, dove verrà riportata la scritta “Composizione in eccipienti modificata”. Sulla scatola comparirà il numero di supporto telefonico insieme al sito web e al Qr code, tramite i quali si potranno consultare il foglio illustrativo e il foglio informativo del medicinale. Pure l’aspetto delle compresse sarà diverso: al posto dell’incisione a forma di croce presente attualmente su uno dei due lati, nelle nuove compresse si troverà una linea di incisione su ambo i lati.

Nonostante la molecola attiva sia la medesima, le differenze nei componenti inerti utilizzati per la formulazione possono influenzarne l’assorbimento nei soggetti sensibili. Occorre terminare eventuali confezioni della vecchia formulazione, che coesisterà sul mercato con la nuova per un periodo non superiore ai tre mesi, senza tornare all’assunzione della vecchia formulazione una volta assunta la nuova. Bisogna ricordarsi inoltre di procurarsi una scorta adeguata della stessa formulazione se si decide di intraprendere viaggi.

Le modalità di assunzione del farmaco sono immutate. È fondamentale rivolgersi al medico se si notassero squilibri della tiroide, i cui sintomi sono però poco specifici e variabili da persona a persona. In caso di ipotiroidismo i segni più comuni sono astenia e costipazione, mentre nell’ipertiroidismo sono frequenti ipersudorazione, aumento della frequenza cardiaca, palpitazioni e agitazione.

Oltre alla nota rivolta agli operatori sanitari, l’Aifa ha approntato un documento informativo destinato ai pazienti in cura con Eutirox. Entrambi sono consultabili alla pagina istituzionale www.aifa.gov.it. In particolare, nella nota l’azienda produttrice Merck Serono esorta medici e farmacisti rispettivamente al monitoraggio dei pazienti che passano alla nuova formulazione e all’informazione circa le modifiche che verranno apportate. Queste raccomandazioni sono essenziali soprattutto per gli individui più vulnerabili, come i soggetti affetti da carcinoma tiroideo o interessati da patologie cardiovascolari, donne in gravidanza, bambini e anziani.

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Labirintite: a risentirne è soprattutto l’equilibrio

Il labirinto è una struttura dell’orecchio interno responsabile del mantenimento dell’equilibrio. Quando questa porzione anatomica va incontro ad infiammazione si parla di labirintite, condizione che causa una temporanea perdita dell’udito, acufeni o tinnito, vale a dire la percezione di fischi o ronzii nelle orecchie, e soprattutto vertigini e problemi posturali, che a loro volta possono provocare nausea e vomito.

La labirintite acuta si presenta come episodio isolato, mentre la forma cronica tende a recidivare; entrambe le tipologie di infiammazione possono avere origine virale o, di rado, batterica e il più delle volte sono conseguenza di infezioni a carico delle alte vie aeree. Se la causa è un’infezione, il paziente potrà accusare febbre e malessere generale, oltre a dolore a livello dell’orecchio colpito.

Accanto ai segni fisici, chi soffre di labirintite ricorrente può sperimentare sintomi psicologici come ansia, depressione e attacchi di panico, accompagnati da manifestazioni somatiche quali tachicardia e tachipnea, che indicano rispettivamente un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, dispnea, ossia difficoltà a respirare, e tremori.

La diagnosi spetta allo specialista in otorinolaringoiatria, che sottoporrà il paziente ad un esame nel corso del quale verranno indotte le vertigini e all’esame audiometrico, utile per quantificare un’eventuale perdita dell’udito. Valuterà poi se il disturbo interessi tutte e due le orecchie e indicherà ulteriori esami diagnostico-strumentali, per esempio risonanza magnetica e tomografia assiale computerizzata, per escludere patologie più serie che determinino sintomi simili, tra cui lesioni neurologiche e processi di natura tumorale. Il medico inoltre potrà prescrivere un esame colturale per stabilire la natura dell’agente eziologico e, sulla base del risultato, scegliere la farmacoterapia adeguata.

Il trattamento consiste nella somministrazione di farmaci antivirali o antibatterici, a seconda del microrganismo che ha causato la malattia, farmaci antinfiammatori non steroidei o corticosteroidi per attenuare infiammazione e dolore, medicinali che agiscano sui sintomi più invalidanti, ad esempio antiemetici per la riduzione del vomito e antivertiginosi per contrastare le vertigini. Se agli episodi di labirintite fossero legati disturbi d’ansia e dell’umore, il medico consiglierà ansiolitici appartenenti alla classe delle benzodiazepine e antidepressivi che facciano parte degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.

Per la gestione della sintomatologia si possono adottare alcuni accorgimenti. Si consiglia di evitare il passaggio improvviso dalla posizione seduta o sdraiata a quella eretta e i movimenti bruschi, di riposare lo sguardo nel corso degli attacchi di vertigini, sospendendo le attività che costringano ad osservare lo schermo del telefono o del pc o la pagina di un libro, di accostare la macchina nel caso in cui l’attacco vertiginoso si manifesti durante la guida.

Il capo andrebbe mantenuto il più possibile immobile e le luci troppo intense andrebbero spente, in quanto possono essere fonte di ulteriore fastidio. Esistono infine esercizi specifici per migliorare l’equilibrio ed alleviare le vertigini, che il fisioterapista insegnerà al paziente che soffra di labirintite cronica in modo che possa svolgerli in autonomia.

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Sindrome del colon irritabile, come convivere con questa condizione

Il termine colite o sindrome dell’intestino irritabile si riferisce a una serie di disturbi a carico del colon, l’ultimo tratto dell’intestino. La sintomatologia che accompagna questa condizione è molto varia e comprende dolore, gonfiore e crampi addominali, alvo alterno con presenza di muco nelle feci, flatulenza, dispepsia, ossia difficoltà a digerire.

I sintomi, comuni alle patologie infiammatorie intestinali, a differenza di queste non sono accompagnati da alterazioni anatomiche a livello della mucosa del colon. L’insieme dei sintomi che caratterizzano la sindrome del colon irritabile può affliggere per anni la persona che ne soffre, che spesso accusa anche segni di ansia o depressione.

Lo stress e alcuni cibi possono peggiorare il quadro o scatenare la sintomatologia, in particolare gli alimenti irritanti come spezie, cioccolato, tè, caffè, bevande alcoliche, ma anche frutta e verdura, legumi, crucifere, per esempio broccoli e cavoli, latte e derivati e zuccheri e cereali raffinati. Un ruolo chiave sembra essere svolto dagli ormoni femminili, dal momento che le donne rappresentano i soggetti maggiormente colpiti.

Il consumo di fibre prebiotiche stimola lo sviluppo dei probiotici, i batteri “buoni” che popolano l’intestino, che possono essere integrati mediante supplementi dietetici appositamente formulati, mentre andrebbe limitato l’apporto di fibre insolubili. L’assunzione di preparati contenenti enzimi digestivi come amilasi, proteasi, lipasi, lattasi facilita i processi digestivi e contrasta le fermentazioni, causa dello sviluppo di gas che provocano tensione addominale. Pure gli integratori a base di carbone attivo ed estratti di finocchio, carvi, coriandolo, menta riducono il meteorismo. Gli oli essenziali ottenuti dall’angelica e dal tiglio hanno azione sedativa e antispastica.

Frazionare la quantità di cibo ingerita in piccoli pasti frequenti, masticando lungamente, è una buona abitudine, insieme all’introduzione quotidiana di almeno due litri di acqua, che contribuisce a rendere le feci più morbide facilitando l’evacuazione in caso di stipsi e reidratata l’organismo dopo gli episodi di diarrea.

Lo svolgimento di una regolare attività fisica, anche leggera, mantiene la giusta mobilità intestinale, favorita anche da pratiche di rilassamento come la meditazione o da discipline quali lo yoga e il pilates.

Attualmente non sono disponibili test diagnostici e le cause della sindrome del colon irritabile non sono ancora state chiarite. Per questo motivo l’unica terapia possibile è sintomatica. Si può ricorrere all’utilizzo di farmaci antidiarroici come la loperamide o la diosmectite in caso di frequente emissione di feci liquide; fibra di psillio per la regolarità della funzione intestinale; spasmolitici attivi sulla mucosa dell’apparato digerente, per esempio scopolamina N-butilbromuro, otilonio bromuro, trimebutina, papaverina, belladonna, eventualmente in combinazione con benzodiazepine, farmaci ansiolitici utili nel caso in cui alla base delle manifestazioni spasmodiche vi sia una forte componente emotiva.

Anche se il paziente non manifesta disturbi di tipo depressivo, può essere d’aiuto il ricorso ad alcune classi di farmaci antidepressivi a basse dosi, soprattutto per trattare il dolore cronico.