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Le principali malattie esantematiche: varicella, rosolia, scarlattina, morbillo

Le malattie esantematiche hanno un’origine infettiva, sono contraddistinte da eruzioni cutanee e si manifestano tipicamente durante l’età pediatrica, nonostante sia possibile contrarle anche da adulti.

Comprendono varicella, rosolia, scarlattina e morbillo, che verranno analizzati di seguito, oltre a quinta malattia, sesta malattia, coxsackiosi.

La varicella è causata da un herpesvirus che può provocare anche il cosiddetto fuoco di sant’Antonio. Caratteristiche della malattia sono vescicole cutanee contenenti un siero di colore giallo, pruriginose, che dopo qualche giorno dalla comparsa evolvono in croste. Vi è un periodo di incubazione che va dalle due alle tre settimane dal contatto. Il primo giorno può comparire febbre, che tende a salire in un secondo momento. Per tenere sotto controllo la temperatura corporea è utile la somministrazione di paracetamolo, mentre per contrastare il prurito si possono impiegare antistaminici, associando eventualmente talco mentolato e pasta all’acqua per un maggiore sollievo. La varicella è molto contagiosa e si trasmette tramite droplets, le piccole gocce di saliva emesse parlando, tossendo o starnutendo, oppure per contatto con il liquido contenuto nelle vescicole.

Anche il rubivirus che causa la rosolia si trasmette attraverso le goccioline di saliva. Segni tipici sono le macule rosse che il primo giorno ricoprono tutto il corpo, per poi schiarirsi nei giorni successivi, e l’ingrossamento dei linfonodi localizzati nel collo e dietro le orecchie. Il periodo di incubazione è di due-tre settimane e la comparsa dei sintomi caratteristici può essere accompagnata da febbre e mal di gola; nell’adulto possono manifestarsi dolori alle articolazioni. Il vaccino contro la rosolia, non obbligatorio, è consigliato soprattutto alle bambine; infatti se la malattia viene contratta nelle prime settimane della gravidanza può essere causa di aborti spontanei e malformazioni fetali. L’infezione si risolve spontaneamente e, anche se non è disponibile una terapia specifica, la febbre può essere controllata con il paracetamolo.

La scarlattina è provocata dallo streptococco beta-emolitico di gruppo A; dal momento che esistono diversi ceppi del batterio, è possibile ammalarsi più volte. Il periodo di incubazione varia dai due ai cinque giorni e i sintomi includono mal di gola, febbre, cefalea e, in un secondo momento, comparsa di piccole macchie rosse sulla cute delle regioni caldo-umide, come inguine, ascelle, retro delle orecchie, dorso e lati del torace, che nei giorni successivi possono diffondersi al resto del corpo e del viso, ad eccezione della zona che circonda la bocca. Nella fase tardiva della malattia la lingua si arrossa e la gola risulta infiammata. Per avere conferma della diagnosi è necessario effettuare un tampone faringeo. Il contagio avviene attraverso la saliva o il contato con oggetti contaminati e la terapia si basa sulla somministrazione di antibiotici.

Il morbillo è causato da un morbillivirus e si trasmette per via aerea.

Il periodo di incubazione è di dieci-dodici giorni. Nei primi tre giorni il soggetto infettato presenta congiuntivite, raffreddore, tosse secca e febbre alta; successivamente la cute si ricopre di macchioline rosso-brune. Non esistono medicinali specifici per il morbillo; possono comunque essere d’aiuto farmaci sintomatici che attenuino febbre e malessere generale. Di solito l’infezione si risolve in maniera spontanea. Possibili complicanze sono otite, broncopolmonite, polmonite, encefalite.

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Piante adattogene: dalla natura, un aiuto contro lo stress

Indipendentemente dalle abitudini di vita, dallo scorso marzo ci ritroviamo tutti, chi più chi meno, ad affrontare un momento storico fortemente stressante. Le droghe definite adattogene possono dare una mano all’organismo per meglio contrastare i fattori di stress, sostenendo fisico e psiche nel fronteggiare carichi di lavoro straordinari. Le piante adattogene aumentano in maniera aspecifica la resistenza con un effetto duraturo, a differenza di altre sostanze di origine naturale contenute per esempio in caffè, tè, guaranà, cacao, che stimolano il sistema nervoso centrale migliorando le performance nell’arco di alcuni minuti ma con un’azione limitata nel tempo.

La droga adattogena più conosciuta ed utilizzata è il ginseng, ma pure l’eleuterococco trova largo impiego e i suoi estratti rientrano spesso tra gli ingredienti funzionali di integratori e rimedi erboristici volti a ridurre l’astenia. Il ginseng, originario della Cina e coltivato anche nel sud-est asiatico, in Giappone e negli Stati Uniti, è utilizzato da più di 2000 anni dalla medicina cinese. Il nome scientifico del genere a cui appartiene, panax, deriva dal greco e significa panacea, a suggerire come questa pianta sia tradizionalmente considerata il “rimedio di tutti i mali”; il nome della specie, ginseng, origina invece dalla lingua cinese e si può tradurre come “pianta uomo”, per la forma che assume la radice.

Il ginseng migliora le prestazioni cognitive rivelandosi utile nei periodi di studio intenso o per coloro che svolgono lavori intellettuali; aumenta la tolleranza allo stress anche fisico e può essere utilizzato con successo dagli individui affetti da stanchezza cronica; ha un’azione antidepressiva e immunostimolante. Può essere d’aiuto per gli sportivi poiché, oltre ad aumentare la resistenza alla fatica, promuove il metabolismo dei carboidrati e diminuisce la produzione di acido lattico nel tessuto muscolare sotto sforzo.

Ad alte dosi e per lunghi periodi di trattamento il ginseng può però provocare irritabilità, disturbi del sonno, tremori agli arti. Da evitare l’impiego nelle donne in gravidanza a causa del potenziale effetto teratogeno, cioè della capacità di indurre malformazioni embrionali. È sconsigliato anche nei pazienti ipertesi, nell’età pediatrica e durante l’allattamento per la caratteristica di incrementare la sintesi di ormoni steroidei; per lo stesso motivo la somministrazione andrebbe interrotta in caso di terapie con cortisonici o estrogeni. Non va assunto in contemporanea con antidepressivi triciclici, di cui ridurrebbe l’effetto, digossina, di cui aumenterebbe i livelli ematici, warfarin, di cui potenzierebbe l’azione anticoagulante, e farmaci per il diabete, di cui incrementerebbe l’effetto.

L’eleuterococco, chiamato anche ginseng siberiano, cresce in Russia orientale, Cina, Corea, Giappone. Condivide con il ginseng le proprietà toniche, stimolanti ed ipoglicemizzanti. L’effetto immunostimolante può essere sfruttato per la prevenzione delle infezioni respiratorie e per ridurre i tempi di recupero in caso di malattia. Come il ginseng, può essere causa di un sonno disturbato, nervosismo, tremori, tachicardia, ossia aumento della frequenza cardiaca, e tachipnea, aumento della frequenza respiratoria. Può aumentare i livelli sierici della digossina, ma non sono note altre interazioni farmacologiche. L’eleuterococco è sconsigliato durante la gestazione e l’allattamento.

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Benzodiazepine, tra effetti collaterali e abuso. Cosa c’è da sapere

Le benzodiazepine rappresentano la classe principale e maggiormente prescritta di farmaci ansiolitici ed ipnoinducenti. Oltre ad essere impiegate per trattare gli stati ansiosi e diminuire il tempo necessario per l’addormentamento, sono anche usate per ridurre il tono muscolare, nell’esecuzione di esami diagnostici invasivi e nella medicazione preanestetica, come anticonvulsivanti. Si tratta quindi di medicinali il cui utilizzo è estremamente diffuso, acquistabili dietro presentazione di ricetta medica ripetibile fino a tre volte nell’arco dei trenta giorni di validità a partire dalla data di redazione. La particolare prescrizione è dovuta al fatto che questi medicinali sono tutt’altro che privi di effetti collaterali e non è infrequente il loro abuso.

Le benzodiazepine possono determinare una condizione di sedazione eccessiva, in particolare quelle a più lunga durata d’azione assunte come ipnotici, provocando il cosiddetto hangover diurno, con sensazione di ottundimento anche a distanza di ore dal risveglio. Le benzodiazepine a breve durata d’azione assunte come ipnotici possono invece causare insonnia da rebound come effetto della dipendenza sviluppata nei loro confronti.

Alla sospensione del trattamento si verifica un’intensificazione non solo dei disturbi del sonno, ma anche dello stato d’ansia e dell’irritabilità, accompagnati talvolta da tremori e vertigini. La crisi di astinenza si instaura tanto più velocemente quanto più rapida è l’azione e l’eliminazione del farmaco, motivi per cui la sospensione della terapia deve avvenire in maniera graduale. Le benzodiazepine provocano anche tolleranza, si assiste cioè a una progressiva riduzione dell’efficacia come risposta di adattamento dell’organismo alla terapia cronica, tale per cui sia necessario un aumento della dose per produrre lo stesso effetto.

Altri effetti indesiderati comuni sono uno stato confusionale, la riduzione delle performance psicomotorie, disorientamento. Si può osservare un peggioramento dell’attenzione, dell’apprendimento, delle capacità mnestiche. Dosi elevate provocano sonno profondo, ipotensione, ipotermia, disartria, ossia difficoltà nell’articolazione delle parole.

In caso di sovradosaggio e assunzione contemporanea di altri depressori del sistema nervoso centrale, come l’alcol, le benzodiazepine possono indure una severa depressione respiratoria. Nel paziente anziano anche alle dosi terapeutiche si possono manifestare vertigini, atassia, cioè mancanza di coordinazione dei movimenti muscolari volontari, allucinazioni.

Come alternativa alle benzodiazepine, nell’ansia lieve si può ricorrere a rimedi naturali, per esempio integratori a base di melissa, biancospino, passiflora, tiglio, lavanda. Per l’insonnia transitoria, il medico può prescrivere un ipnotico per alcuni giorni. Nell’insonnia cronica, di durata superiore a quattro settimane, è preferibile intervenire con un antidepressivo. In ogni caso, per prevenire l’instaurarsi di una dipendenza è meglio utilizzare i farmaci ipnoinducenti per il minor tempo possibile, alla minor dose.

È essenziale che l’ipnotico rispetti il ciclo fisiologico del sonno, caratterizzato dall’alternanza di fasi Rem, con rapidi movimenti degli occhi e intensa attività onirica, e sonno profondo, indispensabile per l’effetto ristoratore. Le benzodiazepine facilitano l’addormentamento, ma accorciano la durata di entrambe le fasi, anche se la quantità totale di sonno non risulta ridotta. Se l’insonnia è passeggera, si possono assumere sedativi naturali a base di melatonina, valeriana, luppolo, camomilla. Per l’insonnia cronica, su parere del medico si può assumere lo zolpidem, che non altera la struttura del sonno né causa alterazioni psicomotorie e per il quale non sono descritte tolleranza e dipendenza.

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Mal d’orecchio, un disturbo di stagione

L’orecchio, suddiviso nelle porzioni esterna, media e interna, è l’organo preposto al senso dell’udito e al mantenimento dell’equilibrio, grazie al sistema vestibolare situato nella parte più interna. Nella stagione autunnale gli sbalzi di temperatura e il vento possono provocare infiammazioni dell’orecchio a vari livelli, accompagnate da dolore anche piuttosto intenso.

L’otite esterna è un’infiammazione della cute dell’orecchio esterno, con o senza coinvolgimento della membrana timpanica, e in genere è causata dall’infezione di un follicolo pilifero. La dermatite può interessare anche aree più estese del condotto uditivo esterno; comunque la formazione di un semplice foruncolo è in grado di determinare un dolore importante, percepibile al solo sfioramento del padiglione auricolare, in quanto la cute dell’orecchio è ampiamente innervata, e il gonfiore può essere causa di sordità temporanea. Le infezioni che provocano l’otite esterna sono di solito di origine batterica, ma non sono rare le infezioni fungine e virali. Possono essere la conseguenza di bagni in acque poco pulite, motivo per cui si consiglia di utilizzare sempre tappi in silicone o di cera se si frequentano le piscine, o di un’eccessiva pulizia delle orecchie.

Il cerume ha infatti la funzione di proteggere l’orecchio dalle infezioni, anche grazie al pH leggermente acido: per questo è controindicato il lavaggio con sapone, che normalmente ha pH alcalino.

Andrebbe evitato l’uso dei cotton fioc, poiché possono spingere il cerume in profondità e provocare microlesioni della pelle che facilitano la proliferazione microbica. Dato che la desquamazione della cute è un fattore predisponente all’ingresso dei germi, i soggetti affetti da patologie dermatologiche come la dermatite seborroica o la psoriasi risultano più facilmente soggetti alle otiti. In generale, per l’igiene è meglio impiegare soluzioni isotoniche in fialette o spray oppure gocce oleose che sciolgano il cerume, che fuoriuscirà dall’orecchio senza la necessità di eliminarlo con i bastoncini cotonati. Sarà compito dello specialista in otorinolaringoiatria rimuovere eventuali tappi di cerume tramite una cannula collegata ad un sistema di aspirazione.

Il termine miringite indica l’infiammazione del timpano, la membrana che costituisce la parete esterna dell’orecchio medio. L’otite media colpisce in prevalenza in età pediatrica e spesso è una complicanza del raffreddore. Mantenere il naso pulito attraverso lavaggi con acqua fisiologica o soluzioni ipertoniche può aiutare a prevenire questo disturbo frequente nel bambino. L’otite interna coinvolge l’orecchio interno ed è accompagnata da violente vertigini e acufeni, cioè disturbi uditivi percepiti come fischi, ronzii, pulsazioni. Può essere causata da infezioni batteriche o virali, come nel caso della parotite, più nota come “orecchioni”.

Per attenuare il dolore e trattare l’infezione si possono utilizzare gocce auricolari a base di anestetici locali, come la lidocaina e la procaina, analgesici, come il fenazone, antibiotici, per esempio la neomicina e la polimixina b, e cortisonici, quali il fluocinolone e il betametasone. L’impiego di antibatterici e cortisonici va riservato alle infezioni per le quali si abbia la certezza della natura batterica; in caso di infezioni fungine si andrebbe soltanto a peggiorare il quadro.

Per limitare il dolore è possibile assumere paracetamolo o ibuprofene per bocca. Nei casi più gravi, l’otorinolaringoiatra potrà prescrivere una terapia antibiotica, antimicotica ed eventualmente cortisonica per via sistemica.

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Primo dicembre: giornata mondiale contro l’Aids

La giornata mondiale contro l’Aids, istituita nel 1988, ricorre il primo dicembre e, come si legge sulla pagina dell’Onu Italia www.onuitalia.it/1-dicembre-giornata-mondiale-contro-laids [1], rappresenta «un’importante occasione per promuovere prevenzione e assistenza, combattere i pregiudizi e sollecitare i governi e la società civile affinché vengano destinate risorse appropriate per la cura e le campagne di informazione».

Il virus dell’immunodeficienza umana o Hiv colpisce il sistema immunitario dell’uomo rendendo l’organismo maggiormente suscettibile ad infezioni e tumori. Come riportato su EpiCentro, il portale di epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità, al link https://www.epicentro.iss.it/aids/, «l’Hiv è un virus a Rna che appartiene a una particolare famiglia virale, quella dei retrovirus, dotata di un meccanismo replicativo assolutamente unico. Grazie a uno specifico enzima, la trascrittasi inversa, i retrovirus sono in grado di trasformare il proprio patrimonio genetico a Rna in un doppio filamento di Dna. Questo va ad inserirsi nel Dna della cellula infettata (detta “cellula ospite” o “cellula bersaglio”) e da lì dirige la produzione di nuove particelle virali».

La fuoriuscita dei virioni, ossia delle particelle virali mature, provoca la morte della cellula. Con la progressione dell’infezione, le difese immunitarie dell’ospite si riducono e, dopo una fase asintomatica che può protrarsi anche per parecchi anni, si manifestano i sintomi della malattia. Si parla a questo punto di sindrome da immunodeficienza acquisita o Aids conclamato, caratterizzato da infezioni ricorrenti e neoplasie che hanno il potenziale di colpire qualsiasi organo e sono responsabili del decesso.

L’Hiv si trasmette per contatto diretto tra i fluidi corporei della persona infetta e quelli di un soggetto suscettibile, quindi attraverso rapporti sessuali non protetti, vale a dire senza l’utilizzo del preservativo, sangue, per esempio attraverso lo scambio di siringhe infette o punture accidentali con inoculo di sangue infetto, e per via materno-fetale, durante la gravidanza, al momento del parto o con l’allattamento. È fondamentale che gli operatori sanitari adottino misure precauzionali per proteggersi dal contagio, utilizzando sempre guanti e occhiali nei casi in cui vi possa essere un contatto con il sangue di un paziente.

Nella maggior parte dei paesi, il rischio di infezione a seguito di trasfusioni o trapianti è ridotto in quanto vengono effettuati test che escludono la presenza del virus nel tessuto del donatore. Si ricorda che l’Hiv non si trasmette attraverso la saliva, ad esempio tramite baci o la condivisione di alimenti e posate, né attraverso l’uso comune dei servizi igienici, punture di insetto o morsi di animali domestici.

Patologie indicative di Aids sono candidosi polmonari ed esofagee, polmoniti ricorrenti, toxoplasmosi cerebrale, infezioni opportunistiche, che si presentano cioè in soggetti immunocompromessi, come quelle provocate da herpesvirus, linfomi, carcinomi della cervice uterina, tubercolosi polmonare e la cosiddetta wasting syndrome, uno stato di deperimento grave tipico della fase terminale della malattia.

La terapia antiretrovirale contro l’Hiv protegge dallo sviluppo dell’Aids ed è tanto più efficace quanto più è precoce la somministrazione del trattamento. La corretta assunzione della terapia durante la gestazione consente inoltre di prevenire la trasmissione verticale, cioè dalla madre al figlio.