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Immunostimolanti naturali: echinacea, uncaria, astragalo

L’autunno ci porta a trascorrere gran parte del tempo in luoghi chiusi e riscaldati, per poi costringerci ad affrontare un clima rigido non appena ci troviamo all’aria aperta. Il cambio di stagione coi suoi sbalzi termici sottopone l’organismo ad un notevole stress, esponendolo al potenziale attacco di microrganismi patogeni, come virus e batteri, responsabili di raffreddori, laringiti, tracheiti, bronchiti, tosse secca e/o grassa. Oltre alla corretta alimentazione e ad un’attività fisica regolare, è possibile aiutare il sistema immunitario nel coadiuvare la prevenzione e fronteggiare le insidie tramite rimedi fitoterapici usati da tempo immemore.

L’echinacea rappresenta la droga immunostimolante più diffusa. Il genere comprende nove specie diverse: si tratta di piante erbacee perenni originarie dell’America settentrionale, di cui si utilizza la radice e talvolta anche le parti aeree. Il pool di sostanze contenute è in grado di sostenere le fisiologiche difese dell’organismo e trattare le infezioni delle vie aeree superiori. Oltre all’effetto di stimolazione del sistema immunitario, l’echinacea è anche dotata di una blanda azione antibatterica e antivirale diretta. Può essere impiegata durante la gravidanza e l’allattamento e nel bambino. Nonostante la maneggevolezza e la sicurezza dei supplementi a base di echinacea, non andrebbe utilizzata per periodi superiori a due mesi consecutivi. Si suggerisce quindi di alternare cicli di trattamento a periodi di sospensione, mentre l’uso è sconsigliato nei soggetti affetti da patologie autoimmuni o in terapia con immunosoppressori. Alcuni composti contenuti nella pianta possono inoltre interferire con il metabolismo di diversi farmaci, potenziandone gli effetti tossici a carico del fegato.

L’uncaria, nota anche come “unghia di gatto”, è un arbusto rampicante tipico dell’Amazzonia contenente sostanze che favoriscono la funzionalità del sistema immunitario. Si utilizzano la radice, più ricca di principi attivi, e la corteccia. All’azione immunostimolante va sommato l’effetto analgesico, che la rende una pianta particolarmente adatta per il trattamento delle infezioni respiratorie. Non va impiegata durante la gestazione in quanto potrebbe determinare contrazioni della muscolatura uterina e, a causa dell’azione antiaggregante piastrinica di cui è dotata, è da evitare l’associazione con farmaci antiaggreganti e anticoagulanti, poiché aumenterebbe il rischio di pericolosi sanguinamenti. A dosi elevate può provocare diarrea. L’astragalo è una pianta erbacea perenne diffusa nella Cina settentrionale. Si utilizza la radice, in cui si trovano abbondanti polisaccaridi che nell’uomo stimolano il naturale sistema di difesa. L’astragalo viene spesso associato ad echinacea e uncaria all’interno di preparati erboristici e integratori alimentari, per un’azione sinergica. Poiché gli studi a disposizione sulle sostanze in esso contenute sono scarsi, se ne sconsiglia l’uso nella donna gravida e che allatta al seno e in età pediatrica.

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Ricetta ripetibile e non ripetibile: quali differenze tra le due tipologie di prescrizione?

Dal punto di vista normativo, esistono differenze per la classificazione dei medicinali, relative alla categoria terapeutica, alla prescrivibilità nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (i farmaci cosiddetti mutuabili, che rientrano nella fascia A, e quelli a carico del paziente, appartenenti alla fascia C) e il regime di dispensazione. Aspetto che verrà ha a che fare con la richiesta o meno della ricetta. I medicinali sono soggetti a prescrizione quando possono costituire un pericolo per la salute anche alle normali condizioni di utilizzo se assunti senza controllo medico, quando contengono sostanze la cui attività o le cui reazioni avverse richiedano ulteriori indagini e quando sono iniettabili.

La ricetta rappresenta dunque l’autorizzazione necessaria al farmacista per la consegna di uno o più medicinali al paziente e deve essere rilasciata da un professionista a sua volta autorizzato a prescrivere: il medico di medicina generale o specialista, pediatra di libera scelta, odontoiatra, medico veterinario. Se si prendono in esame i farmaci la cui spesa è a carico del cittadino, le tipologie di ricetta sono due: ripetibile (Rr) e non ripetibile (Rnr). In tutte le prescrizioni, valide sull’intero territorio nazionale, devono essere indicati la data di redazione e la firma del medico e, nel caso in cui non venga utilizzata carta intestata, deve essere apposto un timbro recante i dati identificativi del prescrittore. Se il farmaco è presente in commercio a dosaggi differenti, la prescrizione deve essere completa dell’informazione riguardante il dosaggio prescelto dal medico.

La Ricetta ripetibile è valida sei mesi dalla data di compilazione e può essere erogato un massimo di dieci pezzi per ricetta, ad esclusione di alcune sostanze stupefacenti e psicotrope, come le benzodiazepine, per le quali la validità della ricetta è ridotta a trenta giorni, per un massimo di tre utilizzi. In entrambi i casi, l’indicazione da parte del medico di un numero di confezioni superiore all’unità esclude la ripetibilità della ricetta. Se l’intera quantità di prodotto prescritto non fosse disponibile o se il paziente facesse richiesta di un numero di confezioni inferiore, è possibile frazionare la consegna. Il farmacista deve apporre sulla ricetta il timbro della farmacia con la data e indicare il prezzo e il numero di confezioni consegnate, restituendo la ricetta al cliente in modo che possa completare l’acquisto anche presso un’altra farmacia.

Sono soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta quei medicinali che, con l’uso protratto, possono provocare stati tossici o comunque causare rischi elevati per la salute. Mentre i medicinali soggetti a Ricetta ripetibile devono recare sulla confezione la dicitura “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica”, i farmaci soggetti a Ricetta non ripetibile devono riportare la frase “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta”. Le Ricette non ripetibili sono valide trenta giorni e devono essere ritirate dal farmacista al momento dell’erogazione del farmaco prescritto. Il medico deve indicare nome e cognome del paziente che, in casi che esigano la riservatezza del trattamento, possono essere sostituiti dal codice fiscale o dalle sole iniziali.

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Studio: «Il caffè meglio se bevuto dopo colazione»

Bere un caffè per tirarsi su, dopo una notte passata insonne, può avere un effetto negativo sul controllo dello zucchero nel sangue se è bevuto prima di colazione. È  il risultato di uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition. I ricercatori del Center for Nutrition, Exercise & Metabolism presso l’Università di Bath (Regno Unito) hanno esaminato l’effetto del sonno interrotto e del caffè mattutino su una gamma di diversi marcatori metabolici. Secondo quanto evidenziato al termine della ricerca, gli scienziati dimostrano che mentre una notte con poco sonno ha un impatto limitato sul nostro metabolismo, bere caffè come modo per svegliarsi può avere un effetto negativo sul controllo della glicemia (zucchero).

I risultati dello studio evidenziano che il caffè consumato prima della colazione ha notevolmente aumentato la risposta del glucosio nel sangue alla colazione di circa il 50%. Sebbene le indagini a livello di popolazione indichino che il caffè può essere collegato a una buona salute, ricerche precedenti hanno precedentemente dimostrato che la caffeina ha il potenziale per causare resistenza all’insulina. Questo nuovo studio rivela quindi che il comune rimedio di bere il caffè dopo una brutta notte di sonno può risolvere il problema della sonnolenza ma potrebbe crearne un altro limitando la capacità del tuo corpo di tollerare lo zucchero della colazione.

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Pillola dei 5 giorni dopo, senza ricetta anche per le minorenni

A partire da domenica 11 ottobre 2020 il farmaco Ellaone, a base del principio attivo ulipristal, conosciuto come “pillola dei 5 giorni dopo”, nel dosaggio da 30 milligrammi, è disponibile in farmacia senza ricetta anche per le pazienti con età inferiore di 18 anni. A farlo sapere è l’Agenzia italiana del farmaco, ente governativo che si occupa della sicurezza dei farmaci in Italia, la quale rende noto inoltre che al momento dell’acquisto il farmacista deve consegnare all’acquirente anche materiale informativo relativo alla sicurezza del farmaco in oggetto.

L’Aifa sottolinea poi che «la contraccezione d’emergenza è destinata esclusivamente ad un uso occasionale e non deve in alcun caso essere considerata una contraccezione regolare». Inoltre «i farmaci per la contraccezione d’emergenza non devono essere assunti dopo qualsiasi rapporto sessuale non protetto». In aggiunta a ciò, «questi farmaci – evidenzia l’Aifa – contengono un solo tipo di ormone a una dose più elevata rispetto alla normale pillola anticoncezionale; pertanto, l’uso frequente della contraccezione d’emergenza di tipo farmacologico può causare reazioni avverse importanti per la donna».

Un’ulteriore aspetto della determina dell’Agenzia puntualizza che «è bene ricordare che l’uso di farmaci per la contraccezione d’emergenza NON protegge da infezioni sessualmente trasmissibili». In merito ad eventuali dubbi o consigli sull’uso del farmaco, l’Aifa invita a contattare il proprio medico curante o il farmacista di fiducia: entrambi potranno fornire informazioni valide e aggiornate relative all’uso in sicurezza di questo ed altri principi attivi.

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Spese tracciabili, gli esperti: «Per la detrazione non conta chi ha pagato in famiglia»

«Il pagamento si considera sostenuto dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa, indipendentemente dal familiare che materialmente lo esegue». È quanto si legge in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore, relativo all’obbligo di tracciabilità delle spese.

Secondo quanto evidenziano gli esperti Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta «il fatto che un soggetto paghi o anticipi una spesa per conto altrui – si legge nel testo – attiene ai rapporti interni fra le parti, per cui la detrazione spetta al contribuente a cui è intestata la fattura anche se a pagare materialmente è un terzo. I casi più comuni sono le spese dei figli a carico pagate da un genitore, ma detratte pro quota da entrambi e le spese pagate da un membro della famiglia che “fa la spesa” per tutti».

A fornire i chiarimenti è la stessa Agenzia delle Entrate. Tarabusi e Trombetta precisano che «va comunque verificata la corrispondenza tra la spesa che si vuole detrarre ed il pagamento effettuato da altri. Il contribuente – spiegano gli esperti – che vuole detrarre la spesa produrrà al Caf o al professionista la prova cartacea della transazione/pagamento fatta dal soggetto che ha materialmente pagato: ad esempio la ricevuta bancomat, l’estratto conto, la copia del bollettino postale o del Mav o la copia dei pagamenti PagoPa. In mancanza, il pagamento “tracciabile” può essere documentato con una specifica annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale (scontrino) da parte del soggetto che cede il bene o presta il servizio».