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Studio cinese: «I bevitori di tè sono più longevi»

Bere il tè almeno tre volte alla settimana è legato a una vita più lunga e più sana. È questo il risultato di uno studio  pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology, rivista edita dalla Società europea di cardiologia (Sec). L’analisi ha incluso 100.902 partecipanti al progetto China-Par2 senza storia di infarto, ictus o cancro. I partecipanti sono stati classificati in due gruppi: bevitori di tè abituali (tre o più volte a settimana) e bevitori di tè mai o non abituali (meno di tre volte a settimana) e seguiti per una mediana di 7,3 anni.

Ebbene, i ricercatori hanno evidenziato che il consumo abituale di tè era associato ad anni di vita più sani e ad una maggiore aspettativa di vita. In una ulteriore analisi per tipo di tè, bere il tè verde è stato associato a rischi inferiori di circa il 25% per malattie cardiache e ictus, ictus e ictus fatali e morte per tutte le cause. Tuttavia, non sono state osservate associazioni significative per il tè nero.

«Il consumo abituale di tè è associato a minori rischi di malattie cardiovascolari e morte per tutte le cause», ha affermato il primo autore dello studio, Xinyan Wang, dell’Accademia cinese delle scienze mediche di Pechino, in Cina. «Gli effetti benefici sulla salute sono i più efficaci per il tè verde e per i bevitori abituali di tè a lungo termine». Nonostante i risultati, i ricercatori hanno ritenuto della necessità di ulteriori studi in materia.

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Creme ad alto dosaggio di estradiolo, le limitazioni dell’Ema

«Il Comitato per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac) dell’Ema ha confermato la raccomandazione di limitare l’uso di creme ad alto dosaggio, contenenti 100 microgrammi di estradiolo per grammo (0,01%), ad un unico ciclo di trattamento della durata massima di 4 settimane». È quanto rende noto l’Agenzia italiana del farmaco, in una circolare pubblicata venerdì 17 gennaio 2020. Nel dettaglio, «il Prac – si legge – ha revisionato i dati disponibili sulla sicurezza e sull’efficacia delle creme contenenti un alto dosaggio di estradiolo usate per trattare i sintomi dell’atrofia vaginale in donne che hanno superato la menopausa. I dati su queste creme mostrano che nelle donne in post menopausa che usano tali creme, i livelli di estradiolo nel sangue si sono rilevati più alti dei livelli normali per il periodo post menopausale». Per questo motivo, «ha concluso che l’assorbimento di estradiolo nel sangue solleva preoccupazione e potrebbe comportare effetti indesiderati simili a quelli osservati con la terapia ormonale sostitutiva (Tos)».

È utile sottolineare che in Italia non sono autorizzate creme contenenti estradiolo indicate per l’uso nell’atrofia vaginale in donne in post menopausa. Tuttavia, secondo quanto riferito dall’Ema, «esse sono commercializzate in Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia con le denominazioni Linoladiol, Linoladiol N, Linoladiol Estradiol, Estradiol Wolff and Montadiol».

Nella stessa occasione l’Ema ha divulgato una serie di informazioni utili ai pazienti: «Le creme ad alto dosaggio di estradiolo (100 microgrammi/grammo), applicate all’interno della vagina, devono essere usate per un unico ciclo di trattamento della durata massima di 4 settimane. L’uso limitato è stato stabilito poiché l’ormone estradiolo presente in queste creme può essere assorbito a livello del sangue e aumentare il rischio di effetti indesiderati». Inoltre «non utilizzi creme ad alto dosaggio di estradiolo se lei sta già assumendo la terapia ormonale sostitutiva (TOS)», ed infine «se ha domande sul trattamento, ne discuta con il suo medico o con il suo farmacista».

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Coronavirus, quali sono le fonti valide per informarsi?

La situazione di emergenza sanitaria legata alla diffusione dell’epidemia di coronavirus ha determinato la nascita di sentimenti di preoccupazione tra la popolazione, accompagnati dal conseguente bisogno di reperire informazioni per far fronte ai disagi che le restrizioni disposte dagli ultimi decreti comportano. Per questo motivo, giornali, telegiornali e siti web dedicano la loro attenzione quasi esclusivamente all’emergenza che stiamo vivendo.

In parallelo all’avanzata del coronavirus si diffondono spesso notizie prive di fondamento scientifico e di dubbia provenienza, catalogate come ‘fake news’. Queste hanno contribuito a creare un clima di confusione generale. È utile osservare che la circolazione di notizie provenienti da fonti non verificate potrebbe generare un allarmismo in aggiunta alle sensazioni di impotenza, spaesamento, angoscia, ansia. Per orientarsi in uno scenario di continuo cambiamento, è bene dunque fare riferimento a comunicazioni provenienti da fonti accreditate e riconosciute.

I siti istituzionali prevedono spazi dedicati alla popolazione che è libera di esaminare contenuti facilmente comprensibili e aventi per oggetto notizie dell’ultima ora, ai fini di acquisire una maggiore conoscenza degli eventi. Quali sono le fonti originarie su cui poter fare affidamento?Tra i siti in lingua inglese, è utile consultare quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), più in particolare e dell’area europea, al link https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019 e http://www.euro.who.int/en/health-topics/health-emergencies/coronavirus-covid-19. Comunicazioni rilevanti vengono pubblicate anche dallo European center for disease control (Ecdc), agenzia dell’Unione europea in materia di diffusione e controllo delle malattie, reperibili al portale https://www.ecdc.europa.eu/en/novel-coronavirus-china.

Quanto alle fonti in italiano, diversi sono i punti dove potersi mantenere correttamente informati. Tra questi, i siti del ministero della Salute e della Protezione civile, consultabili rispettivamente ai link http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/rischio-sanitario/emergenze/coronavirus, insieme al portale EpiCentro dell’Istituto superiore di sanità (ISS), al link https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/.

In ultimo, tenendo conto dell’autonomia delle singole regioni in materia di assistenza sanitaria, è utile considerare la sezione dedicata alla sanità presente sul sito della Regione di residenza o in cui si ha il domicilio, che si compone come segue: https://www.regione.nomedellaregione.it. Un ulteriore supporto di non poco conto, soprattutto su tematiche legate alla salute, può essere fornito dal proprio medico curante o dal farmacista di fiducia: entrambi potranno supportare il cittadino mediante l’apporto di notizie affidabili e quanto più aggiornate.

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L’inquinamento atmosferico è uno dei rischi per la salute più pericolosi del mondo

L’aria inquinata è un pericolo per la salute pubblica che non può essere eluso. È noto che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico aumenta i rischi di malattie cardiovascolari e respiratorie. Gli scienziati del Max Planck Institute for Chemistry e del University Medical Center Mainz hanno calcolato in un nuovo studio che l’aspettativa globale e pubblica della perdita di vita causata dall’inquinamento atmosferico è superiore a molti altri fattori di rischio come fumo, malattie infettive o violenza.

L’inquinamento atmosferico ha causato 8,8 milioni di morti premature in tutto il mondo nel 2015. Ciò corrisponde a una riduzione media dell’aspettativa di vita pro capite di 2,9 anni. In confronto, il fumo di tabacco riduce l’aspettativa di vita in media di 2,2 anni (7,2 milioni di morti), l’HIV / AIDS di 0,7 anni (1 milione di morti), le malattie parassitarie e trasmesse da vettori come la malaria – di 0,6 anni (600.000 morti) .

«L’inquinamento atmosferico – sostengono i ricercatori – supera la malaria come causa di morte prematura di un fattore 19; supera la violenza di un fattore di 17 e l’HIV / AIDS di un fattore di 9. Dato l’enorme impatto sulla salute pubblica e sulla popolazione mondiale, si potrebbe dire che i nostri risultati indicano una pandemia di inquinamento atmosferico».

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Ulipristal acetato, autorità raccomandano interruzione assunzione

«Il Comitato per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza dell’EMA (Prac) ha raccomandato alle pazienti di interrompere l’assunzione di ulipristal acetato 5 mg (Esmya e medicinali equivalenti) per i fibromi uterini mentre la revisione di sicurezza è in corso». È quanto rende noto l’Agenzia italiana del farmaco in un comunicato diramato lo scorso 17 marzo 2020. La stessa agenzia sottolinea che «nessuna nuova paziente deve iniziare il trattamento con tali medicinali che saranno temporaneamente sospesi nell’Unione Europea durante la revisione».

È utile evidenziare che lo stesso Ulipristal acetato è utilizzato anche per la contraccezione di emergenza, per la quale le agenzie sottolineano che «non vi è alcuna preoccupazione sul danno epatico con questi medicinali».

Infine, l’Agenzia europea per i medicinali rende noto che «se sta assumendo ulipristal acetato per fibroma uterino, contatti il suo medico curante per un consiglio sulle alternative terapeutiche». In aggiunta a ciò, «consulti il suo medico o il farmacista se ha dei quesiti o dubbi sul suo trattamento» oppure «contatti il suo medico immediatamente se si manifestano sintomi di danno epatico come stanchezza, perdita di appetito, dolore addominale, ingiallimento della pelle, oscuramento delle urine, nausea e vomito».