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Estate alle porte, zanzare già pronte: prevenzione e trattamento delle loro punture

Sono arrivati i primi caldi e, con questi, le prime zanzare. I fastidiosi insetti ci accompagneranno per tutti i mesi estivi; fortunatamente disponiamo di diversi rimedi per prevenire e trattare le loro punture. La dietiltoluamide, molecola che negli ingredienti degli spray repellenti troviamo indicata come DEET, è la sostanza più potente per allontanare le zanzare. L’odore della DEET, spruzzata direttamente sulla cute o sugli indumenti, è sgradito non soltanto alle zanzare, ma anche a zecche, pulci e tafani. A seconda della concentrazione del principio attivo e del tipo di zanzara da cui ci si vuole difendere, l’applicazione va rinnovata ogni 4-9 ore. Indipendentemente dalla percentuale di DEET, meglio evitarne l’uso nella prima infanzia, dal momento che viene assorbita per via cutanea. I prodotti con una concentrazione superiore al 50% non sono idonei all’uso nei soggetti di età inferiore ai 17 anni. Per prevenire le punture nei bambini al di sopra dei 2 anni, meglio scegliere prodotti a base di icaridina, molecola efficace scarsamente assorbita attraverso la pelle. Si raccomanda di non trattare con questi prodotti le mani dei più piccoli, per scongiurare il rischio che, portandole alla bocca, possano ingerire le sostanze in essi contenute.

Se si preferiscono i rimedi naturali, in farmacia è possibile trovare lozioni spray, salviette, stick, gel, bracciali contenenti sostanze dall’azione protettiva nei confronti degli antipatici insetti. Avendo un’efficacia nettamente inferiore alle molecole di sintesi, l’applicazione andrà ripetuta con una maggiore frequenza. Tra gli estratti più efficaci ricordiamo quelli dell’eucalipto citrato, ma altrettanto diffusi sono gli oli essenziali di citronella, concentrati anche all’interno di candele, e di geranio, lavanda, timo. Questi prodotti non garantiscono una protezione sufficiente dalle zanzare che popolano le aree tropicali; meglio riservarne l’uso alle nostre latitudini.

Le zanzariere montate sulle finestre costituiscono in ogni caso una prima barriera difensiva. Se in casa sono presenti neonati, si suggerisce di proteggere culla e carrozzina con veli di tulle a maglie strette. A livello domestico si può far uso di fornelli elettrici riscaldanti apposite piastrine che emettono l’insetticida. Occorre avere l’accortezza di arieggiare i locali per evitare che in ambienti ristretti si abbia un accumulo del prodotto. Le piastrine possono essere impiegate anche in spazi aperti. All’esterno si può inoltre fare uso di spirali e bastoncini che, una volta accesi, rilasciano fumi nocivi per le zanzare.

Se, nonostante le precauzioni messe in atto, qualche zanzara fosse sfuggita al nostro controllo, prurito, bruciore, gonfiore e arrossamento conseguenti alla puntura si possono alleviare con cosmetici in forma di stick, roll on, gel dall’azione lenitiva. L’ammoniaca, tradizionalmente impiegata per attenuare il prurito, dopo il sollievo immediato può provocare irritazione, soprattutto a carico delle pelli più delicate. Anche l’alcol dona conforto, ma non va utilizzato sulla cute sensibile e, come per l’ammoniaca, ne è sconsigliato l’uso nei bambini. L’aloe vera ha potere calmante; canfora e mentolo un effetto rinfrescante. Trattenendosi dall’impulso di grattarsi, per ottenere un’azione anestetica naturale si può bagnare la parte interessata con acqua fredda o tamponarla con un cubetto di ghiaccio avvolto in un panno di cotone.

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Farmaci e integratori: un’accoppiata non sempre vincente

A molti sarà capitato di acquistare integratori alimentari per trattare una specifica problematica, migliorare lo stato di salute o cercare di mantenerlo. Non tutti sanno che l’assunzione contemporanea di supplementi dietetici e farmaci può alterare l’effetto di questi ultimi. Il problema cresce se il paziente ha patologie croniche e i farmaci sono molteplici. Prima di iniziare un ciclo di integrazione sarebbe buona cosa chiedere il parere del medico o del farmacista: entrambi sapranno consigliare il rimedio più adatto tenendo conto di vari fattori, tra cui età, sesso, stile di vita e – aspetto da non trascurare – eventuali terapie in atto.

La direttiva europea 2002/46/CE definisce gli integratori come prodotti alimentari. Occorre prestare attenzione non soltanto a ciò che introduciamo come supplemento, ma anche ai cibi che portiamo in tavola. Il succo di pompelmo che beviamo a colazione, per esempio, causa un incremento dell’effetto di farmaci appartenenti a tantissime classi diverse. Per questo motivo, in via precauzionale è bene fare a meno di consumare questo agrume quando si assumono medicinali. Altro alimento da cui, in certi casi, è ragionevole stare alla larga è la liquirizia che, alzando la pressione arteriosa, rischia di vanificare gli effetti dei farmaci antipertensivi. Inoltre, se si fa uso di cortisonici ne riduce gli effetti e determina un aumento dell’escrezione di potassio per via renale, provocando astenia e predisponendo al rischio di aritmie cardiache. L’alcol, che per il nostro organismo non è un alimento ma una sostanza tossica, interferisce con numerosi farmaci e ne potenzia gli effetti negativi. Dunque, evitare di consumarlo sempre e comunque, ma soprattutto se si assumono farmaci che esplicano la loro azione a livello del sistema nervoso.

Tra gli antidepressivi naturali uno dei più utilizzati è l’iperico o erba di San Giovanni. Mai assumerlo insieme ai contraccettivi ormonali, in quanto ne riduce l’efficacia, esponendo al rischio di gravidanze indesiderate. Questa pianta officinale riduce gli effetti terapeutici di tanti altri farmaci, dal momento che induce l’attività degli enzimi deputati al loro metabolismo. Se si vuole scegliere un rimedio fitoterapico che agisca sul tono dell’umore, meglio optare per gli estratti di rhodiola rosea, griffonia, biancospino. Il panax ginseng, come evoca il nome, nella medicina tradizionale cinese è considerato una sorta di panacea. Questo “rimedio universale” viene impiegato soprattutto come adattogeno, termine che si riferisce a una sostanza in grado di stimolare il sistema immunitario e, più in generale, le capacità di resistenza del corpo umano a fattori stressanti fisici e mentali. Proprietà analoghe si riscontrano nel ginkgo biloba. Bisogna astenersi dai rimedi che contengono derivati di queste due piante se è in corso una terapia antiaggregante o anticoagulante, poiché potrebbero causare pericolosi fenomeni emorragici.

Per quanto concerne i sali minerali, gli integratori contenenti potassio vanno evitati da coloro che sono in terapia con alcune classi di antipertensivi, dato che potrebbero portare ad un accumulo di potassio con affaticamento muscolare, crampi addominali, diarrea e, nei casi più gravi, aritmie. No alla somministrazione contemporanea di antibiotici appartenenti alle classi delle tetracicline e dei fluorochinoloni con integratori in cui, tra gli ingredienti, figuri il calcio. Vietata anche l’associazione con latte e succhi di frutta addizionati di questo minerale.

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Computer, sole, vento: possibili cause dell’occhio secco

In questo periodo molte persone si ritrovano a lavorare in modalità di smart working, trascorrendo parecchie ore davanti allo schermo di un pc. Se in ufficio risulta più facile distogliere lo sguardo dal monitor e rilassare gli occhi, perché si viene interrotti da una telefonata, ci si alza dalla scrivania per confrontarsi con un collega, si abbandona la propria postazione per fare una fotocopia, a casa si rischia di dimenticare di concedersi una benefica pausa per riposare la vista. Si finisce per arrivare a sera con irritazioni, arrossamenti, bruciori, pruriti oculari, accompagnati magari da una fastidiosa sensazione di corpo estraneo nell’occhio e lacrimazione eccessiva o, al contrario, scarsa. Sono tutti sintomi di secchezza oculare. Il disagio non è causato esclusivamente dall’esposizione prolungata ai videoterminali, ma anche da fattori climatici e ambientali quali sole, vento, inquinamento, polveri, aria condizionata d’estate e riscaldamento nella stagione invernale, così come dall’uso protratto nel tempo di lenti a contatto e dall’impiego di alcuni farmaci. Esistono inoltre condizioni patologiche in cui la qualità e la quantità delle lacrime sono scarse, come nella sindrome di Sjögren o sindrome sicca.

Nel caso dell’uso frequente di schermi video, è buona regola distogliere spesso lo sguardo per osservare oggetti lontani, così da ridurre l’affaticamento, ammiccare per far sì che la superficie dell’occhio venga costantemente lubrificata dal liquido lacrimale e concedersi pause di quindici minuti indicativamente ogni due ore. Anche l’illuminazione ha la sua importanza: la sorgente luminosa dovrebbe essere naturale, non creare riverbero sullo schermo, provenire da sinistra se si è destrorsi e da destra per i mancini ed essere posizionata sopra il computer anziché frontalmente, onde evitare abbagliamenti. Lo schermo va inclinato in maniera tale da minimizzare i riflessi, la luminosità e il contrasto vanno regolati a seconda della luce presente nel luogo di lavoro e la distanza degli occhi dal monitor deve essere di almeno 50 centimetri, meglio ancora 70.

Se il problema è un fattore meteorologico, come l’esposizione alla luce solare e a correnti d’aria, si consiglia di proteggere la zona oculare con occhiali da sole. In tutti i casi, possono essere d’aiuto colliri dall’azione lubrificante e lenitiva, acquistabili senza obbligo di ricetta medica, su consiglio del farmacista. La maggior parte dei prodotti formulati per alleviare la xerosi oculare contiene acido ialuronico, ipromellosa, acetilcisteina, paraffina ed estratti di camomilla, eufrasia, calendula, amamelide. Se privi di conservanti, possono essere utilizzati anche dai portatori di lenti a contatto. Sono disponibili in flaconcini usa e getta o in flaconi multidose, che però devono essere eliminati, se il contenuto non è stato interamente utilizzato, di solito dopo 30 giorni dalla data di prima apertura. Questo perché l’area di applicazione è molto delicata e le preparazioni per uso oftalmico devono essere sterili. I gel e gli unguenti sono caratterizzati da una consistenza più densa che conferisce una maggiore permanenza del preparato sulla cornea e possono essere applicati alla sera prima di coricarsi. Se si fa impiego di colliri medicati, meglio attendere almeno un quarto d’ora tra la loro instillazione nel sacco congiuntivale e quella del collirio idratante.

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Colesterolemia sotto controllo, l’apparato cardiovascolare ringrazia

Nei paesi industrializzati le dislipidemie, cioè alterazioni dei livelli ematici di lipidi, rappresentano uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di patologie cardiovascolari. I lipidi implicati sono colesterolo e trigliceridi, trasportati nel torrente circolatorio da specifiche proteine, con cui formano complessi di grosse dimensioni definiti lipoproteine. Nello specifico, il colesterolo è trasferito dai tessuti al fegato tramite lipoproteine ad alta densità (HDL). Quando si trova combinato in questa forma, si sente spesso parlare di “colesterolo buono”. Le lipoproteine a bassa densità (LDL) sono invece deputate al trasporto del colesterolo dal fegato ai tessuti e, nel linguaggio comune, il colesterolo legato a queste proteine viene indicato come “colesterolo cattivo”. L’ipercolesterolemia può essere ereditaria, e in questo caso non è strettamente correlata alle abitudini alimentari, o non ereditaria, dipendente da fattori esterni come l’eccessiva introduzione di lipidi con la dieta o l’impiego di alcuni farmaci, così come dalle complicanze di certe malattie. Nelle farmacie che offrono il servizio è possibile misurare i livelli plasmatici di colesterolo attraverso una semplice, rapida e indolore procedura di autoanalisi. I livelli di colesterolo totale devono essere inferiori a 200 mg/dl, quelli del colesterolo LDL inferiori a 100 mg/dl e HDL superiori a 60 mg/dl.

L’incremento della concentrazione del colesterolo totale è direttamente implicato nello sviluppo dell’aterosclerosi. A livello dell’epitelio di rivestimento dei vasi sanguigni di grande e medio calibro, il deposito di colesterolo, insieme ad altri lipidi e sostanze di diversa natura, porta alla formazione della placca ateromatosa. Ciò determina una riduzione del diametro dei vasi con calo dell’afflusso di sangue ai tessuti irrorati. Si può arrivare a un distacco della placca con occlusione parziale o totale del vaso, che può provocare infarto del miocardio, ictus, aneurismi.

Il calo di peso e l’attività fisica incrementano il colesterolo HDL. Si consiglia quindi di approfittare della clemenza del clima per inserire in agenda una bella passeggiata quotidiana. La dieta deve prevedere una riduzione non solo dei cibi contenenti colesterolo, ma anche degli acidi grassi saturi. Vanno privilegiati gli acidi grassi monoinsaturi, presenti ad esempio nell’olio di oliva, e polinsaturi, in particolare ω-3. La più importante fonte di ω-3 di origine animale è l’olio ricavato dal fegato di alcuni pesci, come il merluzzo, che si può trovare in commercio concentrato all’interno di pratiche capsule molli, mentre la principale sorgente vegetale di questi acidi grassi è l’olio di semi di lino. Via libera anche a cereali integrali, legumi, frutta, verdura e pesce. Carni magre, uova e latte vanno consumati con moderazione; burro, lardo, strutto e margarina andrebbero banditi dalla tavola.

Per tenere sotto controllo il colesterolo, oltre alla dieta si possono impiegare integratori contenenti fitosteroli, che si ricavano dagli oli vegetali, proteine della soia e monacolina K. Quest’ultima è una statina naturale ed è disponibile in farmacia nei prodotti a base di riso rosso fermentato. Se l’alimentazione e l’uso di supplementi dietetici non fossero sufficienti ad ottenere un’apprezzabile riduzione dei livelli di colesterolo nel sangue, potrebbe essere necessaria una terapia farmacologica, su prescrizione medica.

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Micosi alle unghie, quando le unghie sono affette da un fungo

Le micosi delle unghie o onicomicosi sono infezioni provocate da miceti che interessano una o più unghie, solitamente delle dita dei piedi a causa delle condizioni di maggiore umidità presenti in quest’area. Spesso l’infezione si scatena in un momento di debolezza del sistema immunitario ed è favorita da un ambiente caldo e umido, come quello degli spogliatoi delle palestre, delle piscine o delle saune. Anche calzature strette che impediscono la traspirazione e una sudorazione eccessiva sono fattori facilitanti.

I miceti penetrano nello spazio tra il letto ungueale e l’unghia e il sintomo più evidente è un cambiamento di colore dell’unghia, che tende al giallo-marrone e risulta non più trasparente ma opaca. La superficie appare frastagliata e l’unghia è ispessita, ma al contempo più fragile. Se non curata, si può arrivare al distacco dell’unghia. Non si parla quindi di un problema puramente estetico, ma di un’infezione che, in caso di perdita dell’unghia, può diventare assai dolorosa.

Per prevenire l’onicomicosi si suggerisce l’utilizzo di calze di cotone e l’esecuzione di un’attenta manicure e pedicure. Se si soffre di ipersudorazione, può essere d’aiuto l’uso di polveri assorbenti che mantengano asciutto l’ambiente all’interno delle scarpe, eventualmente abbinando spray specifici per i piedi. Dopo l’igiene si raccomanda di asciugare la zona con cura e di lavarsi le mani dopo aver toccato un’unghia infetta. Per evitare reinfezioni, meglio sostituire le scarpe con un nuovo paio e, se la stagione lo consente, alternare alle scarpe chiuse quelle aperte.

Per trattare l’unghia colpita, il farmacista saprà consigliare il prodotto più adatto. Sono diversi i farmaci da banco utili a risolvere l’onicomicosi. Si tratta di antimicotici ad azione topica, disponibili in forma di smalto o pomata. Occorre essere pazienti e non interrompere la terapia per almeno 3-4 mesi. La completa guarigione si osserverà non prima di 6-9 mesi, ma può richiedere fino ad un anno, che corrisponde al tempo fisiologico di crescita dell’unghia sana.

In aggiunta a ciò, è bene sottolineare che prima di applicare il prodotto, per facilitarne la penetrazione, lo spessore dell’unghia va ridotto con lime in cartone monouso. Se questi trattamenti non fossero sufficienti a debellare l’infezione è bene rivolgersi al medico curante o allo specialista in dermatologia che potrà valutare caso per caso e suggerire la soluzione ottimale.