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Stili di vita, studio Iss: «4 italiani su 10 sedentari e sovrappeso»

«Scarsa attività fisica, mangiano poca frutta e verdura e 4 su 10 sono in lotta con la bilancia, soprattutto andando avanti con l’età». È in sintesi il risultato di uno studio portato a termine dall’Istituto superiore di sanità, analizzando i dati tratti dai Sistemi di sorveglianza Passi e Passi d’Argento 2016-2019. Ciò con l’obiettivo di monitorare e prevenire i fattori di rischio per la salute.

Più nel dettaglio, i ricercatori evidenziano che «per quanto riguarda la fascia di età 18-69 anni – evidenzia il ministero della Salute -, il 40% è in eccesso di peso, di questi 3 sono in sovrappeso e uno obeso. Appena uno su 10 consuma la quantità di frutta e verdura raccomandata dalle linee guida per una corretta alimentazione, ovvero 5 porzioni al giorno. La sedentarietà è più frequente all’avanzare dell’età, fra le donne e fra le persone con uno status socioeconomico più svantaggiato o con basso livello di istruzione».

Quanto alla distribuzione geografica, «in alcune Regioni meridionali  – sottolineano i ricercatori – la quota di sedentari supera abbondantemente il 50% della popolazione (Basilicata e Campania). Quanto all’alcol, tra gli adulti uno su 6 ne fa un consumo a rischio. Ancora alto, inoltre, il numero di fumatori: un italiano su 4, tra 18 e 69 anni, non rinuncia alle sigarette. Percentuale che scende andando avanti con l’età e si riduce al 10% tra gli over 65».

Secondo quanto rilevato, infine, circa la metà degli anziani «fanno leggera attività fisica, come passeggiate o giardinaggio». Mentre «l’11% degli intervistati ha però problemi nella deambulazione e fra questi poco più di 1 persona su 10 pratica ginnastica riabilitativa, soprattutto fra gli anziani ‘giovani’, le persone più agiate o residenti al Nord. Anche fra le persone ultra 65enni è basso il consumo medio di frutta e verdura: il 43% ha dichiarato di consumarne solo 1-2 porzioni al dì. Spesso collegati, i problemi di masticazione interessano una quota non trascurabile, pari al 13%, degli intervistati. I dati indicano poi che la maggior parte degli anziani (58%) è in eccesso peso: il 44% in sovrappeso e il 14% obeso. Superati i 75 anni il problema si riduce e aumenta invece quello della perdita di peso involontaria (8%), che predispone a fragilità delle ossa».

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La vaccinazione, strumento fondamentale di prevenzione delle infezioni

Il tema dei vaccini è molto attuale e sentito, sia per la risonanza mediatica avuta dal movimento no-vax, sia per la speranza riposta nella possibilità di una misura preventiva contro il coronavirus. La parola è sulla bocca di tutti, ma quanti sanno veramente cosa si intenda per vaccinoprofilassi? Si tratta di una modalità di prevenzione delle malattie da infezione. Conferisce resistenza nei confronti di singoli agenti infettivi e si attua somministrando un vaccino, un preparato biologico che stimola in modo specifico il sistema immunitario, conferendo una difesa protratta nel tempo verso una determinata malattia infettiva. L’immunità data dai vaccini è simile a quella sviluppata a seguito di un’infezione naturale e inizia ad essere efficiente dopo un periodo di circa tre settimane. La durata della protezione varia a seconda del tipo di vaccino. Riducendo il numero di individui recettivi a una data infezione, vengono rimosse le condizioni che consentono la diffusione della malattia nella popolazione. Quando si parla di immunità di gregge ci si riferisce alla protezione della collettività derivante dalla ridotta circolazione dell’infezione nella popolazione vaccinata. Infatti, l’immunità di alcuni individui protegge dall’infezione anche i non immuni.

Esistono tre tipologie di vaccini. Quelli in grado di replicarsi contengono virus o batteri che conservano la capacità di moltiplicarsi, stimolando le difese immunitarie senza provocare la malattia. I vaccini non in grado di replicarsi comprendono a loro volta i vaccini inattivati, costituiti da microrganismi che hanno perso l’infettività e la capacità di riprodursi, i vaccini a componenti, formati da elementi microbici, e le anatossine o tossoidi, che perdono tossicità a seguito di trattamenti chimico-fisici, pur mantenendo la capacità di attivare il sistema immunitario. Infine, si citano i vaccini innovativi, per esempio a base di frammenti proteici di sintesi dal potere immunogeno.

Se il vaccino è in grado di replicarsi, dopo il primo inoculo il microrganismo si riproduce rapidamente, inducendo la sintesi di una grande quantità di anticorpi. Questi vaccini hanno lo svantaggio di non poter essere somministrati ai soggetti immunodepressi, a differenza dei vaccini non in grado di replicarsi. Nel caso in cui questi ultimi vengano inoculati, il microrganismo non può riprodursi e, dopo il primo inoculo, la risposta anticorpale è modesta. Per assicurare la produzione di una quantità sufficiente di anticorpi sono quindi necessarie ulteriori somministrazioni.

Un vaccino è costituito da uno o più antigeni immunizzanti: si avranno quindi vaccini monovalenti oppure polivalenti. Nella formulazione sono in genere presenti un liquido di sospensione, conservanti, stabilizzanti, antibiotici e adiuvanti, vale a dire sostanze in grado di aumentare la risposta immune nei confronti dell’antigene. Un vaccino può essere somministrato per via muscolare, sottocutanea, intradermica, percutanea, orale e intranasale. Le reazioni indesiderate comprendono gonfiore, dolore, irritazione nella sede di iniezione, febbre transitoria, reazioni allergiche e neurologiche, fortunatamente piuttosto rare. Vi possono essere controindicazioni temporanee alle vaccinazioni, come la presenza di malattie acute febbrili o altre malattie giudicate clinicamente rilevanti. Alcune controindicazioni, temporanee o permanenti, sono legate a condizioni di immunodepressione, congenita oppure secondaria a patologie o a terapie farmacologiche, a un eventuale stato di gravidanza o a un’allergia a componenti del vaccino.

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Broncopneumopatia cronica ostruttiva, una patologia respiratoria conseguenza del tabagismo

La broncopneumopatia cronica ostruttiva o Bpco è una condizione clinica caratterizzata da una limitazione al flusso aereo respiratorio non reversibile, a differenza della patologia asmatica che, se adeguatamente trattata, nel tempo può regredire. Nella Bpco la riduzione della capacità respiratoria è progressiva e associata ad un’anomala risposta infiammatoria dei polmoni all’inalazione di gas nocivi, come il fumo di sigaretta. Il quadro è caratterizzato da bronchite cronica, stato in cui si ha la presenza di tosse ed espettorato per almeno tre mesi all’anno per due anni consecutivi. Conseguenza della Bpco è l’enfisema polmonare, con distruzione del tessuto alveolare, sostituito da spazi d’aria che si uniscono tra di loro rendendo il tessuto non più funzionale. Una delle complicanze più tardive della malattia è l’ipertensione polmonare, che porta a sintomi di insufficienza cardiaca. Le esacerbazioni possono essere complicate da insufficienza respiratoria, per la quale sono richieste l’ospedalizzazione e cure intensive. La tracheotomia e la ventilazione artificiale prolungano la sopravvivenza del paziente, ma giunti a queste gravi condizioni la qualità di vita è fortemente compromessa.

L’asma è una patologia respiratoria scatenata da allergeni, mentre le cause principali della Bpco sono alcuni componenti del fumo e inquinanti atmosferici. I soggetti più colpiti sono quindi fumatori, ex fumatori e fumatori passivi. Sia nell’asma che nella Bpco si verifica un’infiammazione delle vie aeree, ma nella Bpco si assiste ad un rimodellamento bronchiale, oltre alla già citata perdita dei supporti alveolari. Se l’asma insorge generalmente in età giovanile, i pazienti con Bpco hanno in genere un’età superiore ai 40 anni. La dispnea, cioè la difficoltà respiratoria, si osserva nell’asma a seguito dell’esposizione alle sostanze allergizzanti; nella Bpco le crisi dispnoiche sono provocate da uno sforzo fisico. La tosse, che si manifesta nel soggetto asmatico soprattutto di notte ed è stizzosa, nella Bpco è mattutina e produttiva.

L’infiammazione delle vie aeree gioca un ruolo determinante nell’asma; nella Bpco ha invece un’importanza secondaria: la degenerazione del tessuto alveolare è così estesa che i farmaci antinfiammatori, come i corticosteroidi per via inalatoria impiegati con successo nel paziente asmatico, non risultano più di tanto efficaci. Nella Bpco di lieve entità sono utili i broncodilatatori, che contrastano il broncospasmo. La Bpco moderata trae a volte vantaggio dalla co-somministrazione di cortisonici inalatori. Nelle forme severe può essere indicato anche l’uso di antibiotici per trattare eventuali infezioni batteriche a carico del sistema respiratorio, a cui il soggetto affetto dalla patologia in questione è predisposto, e può rendersi necessario ricorrere all’ossigenoterapia. In ogni caso, smettere di fumare rallenta la progressione della malattia. Sono consigliate le vaccinazioni contro l’influenza stagionale e lo pneumococco, dal momento che le sovrainfezioni con questi microrganismi sono potenzialmente letali nel paziente affetto da Bpco.

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Benessere intestinale, in che modo riequilibrare questa importante funzione?

Cambiamenti dietetici o climatici, terapie antibiotiche, tossinfezioni alimentari sono tra le principali cause di disbiosi, cioè dell’alterazione del microbiota o flora intestinale, l’insieme dei batteri non patogeni che popolano l’intestino. In caso di squilibrio, indipendentemente dal fattore scatenante, può essere utile una supplementazione con probiotici, termine di origine greca che significa “a favore della vita”. Per essere efficaci, è necessario che negli integratori alimentari che li contengono i microrganismi siano presenti in elevata quantità, siano vivi e possano raggiungere l’intestino senza risentire del pH altamente acido dello stomaco e dell’azione degli enzimi digestivi del tratto gastro-enterico. I ceppi introdotti con un ciclo di integrazione devono essere sicuri, quindi appartenere alla popolazione di microrganismi che vivono nell’intestino: i più comuni probiotici sono lattobacilli, bifidobatteri e cocci Gram positivi. Devono inoltre sopravvivere per tutto il periodo di validità dell’alimento dichiarato dal produttore sulla confezione.

I microrganismi probiotici aderiscono all’epitelio dell’intestino formando una barriera difensiva contro i patogeni, competendo con questi per l’impiego dei nutrienti e impedendone la proliferazione, e stimolano il sistema immunitario dell’ospite. Svolgendo un’azione regolatrice, sono adatti sia in caso di sindromi diarroiche che di stitichezza. Possono ridurre i dolori addominali nei soggetti affetti da colon irritabile, spesso caratterizzato da alvo alterno, aiutano a prevenire e trattare le infezioni del tratto genito-urinario e alcuni ceppi sono in grado di diminuire la concentrazione di colesterolo plasmatico. Oltre ad essere contenuti in integratori specifici, i probiotici si trovano addizionati a prodotti lattiero-caseari.

Anche i prebiotici contribuiscono a migliorare l’ambiente intestinale. Si ritrovano in supplementi dietetici e sono capaci di resistere alla degradazione enzimatica, giungendo inalterati nell’intestino. Qui stimolano la crescita e l’attività di uno o più ceppi batterici normalmente presenti. I prebiotici sono i componenti della fibra alimentare che non vengono digeriti e non vanno incontro a fermentazione. Si ricorda l’inulina, di solito ottenuta dalla radice di cicoria per l’utilizzo nell’industria, che si trova in cipolla, aglio, porro, carciofo, banana. I frutto-oligosaccaridi o Fos si ottengono industrialmente per sintesi enzimatica dal saccarosio per azione del fungo Aspergillus niger oppure per idrolisi, una reazione di rottura della molecola con l’intervento dell’acqua, a partire dall’inulina. Fos e inulina aumentano peso e volume fecali, determinano un incremento della frequenza di evacuazione, facilitano l’assorbimento dei minerali, stimolano la proliferazione dei batteri “buoni” appartenenti al genere Bifidus e riducono i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue. Sono probiotici anche lattulosio e lattitolo, due zuccheri che, attraversando immutati l’intestino tenue, svolgono il loro effetto sul colon. Richiamano acqua in questa sede favorendo l’ammorbidimento della massa fecale, rendendo in questo modo più facile l’evacuazione, e sostengono lo sviluppo della flora batterica fermentativa a svantaggio di quella putrefattiva, ripristinando le condizioni ottimali per il corretto funzionamento dell’intestino. Il β-glucano, abbondante nell’avena, è un polisaccaride che rappresenta un buon substrato per lattobacilli e bifidobatteri. In aggiunta agli integratori, esistono in commercio alimenti addizionati di prebiotici, per esempio latte e succhi di frutta. I cosiddetti simbiotici, concentrati in alcuni tipi di integratori, latte e yogurt, sono formulati in modo da contenere sia un microrganismo probiotico che una componente prebiotica.

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Infezioni sessualmente trasmissibili, conoscerle per prevenirle

Le malattie a trasmissione sessuale sono così chiamate perché il contagio avviene durante i rapporti sessuali non protetti per contatto tra i fluidi organici infetti, come liquido seminale, secrezioni vaginali, sangue fuoriuscito da piccole ferite, e le mucose genitali, anali e orali. L’utilizzo del preservativo è il metodo di prevenzione più efficace. Per informazioni e assistenza, oltre al medico di medicina generale ci si può rivolgere agli specialisti in ginecologia e urologia e a dermatologi esperti in malattie veneree.

Tra le malattie sessualmente trasmissibili di origine virale, si ricorda l’AIDS o sindrome da immunodeficienza acquisita, provocato dall’HIV o virus dell’immunodeficienza umana. I soggetti sieropositivi possono essere asintomatici per lunghi periodi, durante i quali possono trasmettere l’infezione al partner: da qui la rilevanza dei rapporti protetti. I virus dell’epatite A, B e C sono causa di infezioni epatiche. L’HAV si trova nelle feci e, sebbene la trasmissione avvenga soprattutto per via alimentare, si può contrarre anche nel corso di rapporti oro-anali. L’HBV, oltre che col sangue, si trasmette per via sessuale, mentre questo tipo di trasmissione risulta più raro nel caso dell’HCV. La famiglia del Papilloma virus umano, HPV, comprende più di 120 tipologie virali diverse e una quarantina sono in grado di provocare infezioni delle mucose genitali, anali e orofaringee. I tipi 6 e 11 determinano i condilomi acuminati, neoformazioni verrucose estremamente contagiose. I tipi 16 e 17 hanno la capacità di indurre alterazioni cellulari che possono evolvere in tumori. L’herpes genitale ha origine da Herpes simplex di tipo 2. Nella donna porta alla formazione di lesioni specialmente a livello di grandi e piccole labbra, vagina e collo dell’utero; nell’uomo le lesioni sono localizzate in particolare su glande e prepuzio e possono essere interessate pure le zone anale e perianale. L’herpes genitale viene trattato con farmaci antivirali, ma la malattia tende a recidivare.

L’agente eziologico della gonorrea è Neisseria gonorrhoeae, un batterio che infetta le basse vie urinarie nell’uomo, le vie urinarie e genitali nella donna e il retto in ambo i sessi. L’infezione genera dolore alla minzione, perdite bianco-giallastre dal pene, dalla vagina o dall’ano, prurito e sanguinamenti anali. Nella femmina l’infezione è spesso asintomatica, ma può essere motivo di gravi infiammazioni uterine e tubariche, con conseguente sterilità. La sifilide, così come la gonorrea, si tratta con antibiotici. L’agente causale è Treponema pallidum, un batterio che si trasmette tramite le secrezioni infette provenienti dalle lesioni tipiche della malattia, localizzate su genitali, ano e cavo orale. Negli stadi avanzati si possono presentare eruzioni cutanee e danni a carico di apparato cardiovascolare, sistema nervoso centrale, ossa, fegato, polmoni. La Chlamydia trachomatis è responsabile di uretriti nell’uomo e infezioni alla cervice uterina nella donna, la quale nella maggior parte dei casi è asintomatica. La sintomatologia è simile a quella della gonorrea e, se non trattata, può portare a prostatite e salpingite, cioè infiammazione delle tube. Nei casi più severi nel sesso femminile si può arrivare a infiammazione pelvica e sterilità. A seguito di rapporti orali o anali l’infezione può coinvolgere faringe e retto. La terapia consiste nella somministrazione di farmaci antibatterici.