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Fumo e malattie cardiovascolari: un legame sempre più chiaro

Il fumo è considerato la principale causa di mortalità a livello globale. Non solo: è anche il maggior responsabile di gran parte delle patologie del sistema respiratorio e cardiovascolare, le quali costringono molte persone all’ospedalizzazione o a trattamenti farmaceutici continuativi. Non si tratta di un luogo comune. Secondo il «45 and Up Study», recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Bmc Medicine, le sigarette sono infatti le dirette responsabili delle più diffuse malattie cardiovascolari e dei decessi ad esse legati. In Australia, luogo in cui è stata effettuata la ricerca, oltre un terzo delle morti per malattie cardiovascolari e un quarto delle ospedalizzazioni acute legate a coronaropatie nella popolazione di età inferiore ai 65 anni è attribuibile al fumo. Lo studio, condotto su oltre 180.000 australiani di età maggiore di 45 anni, è iniziato nel 2006 e ha raccolto fino al 2015 in maniera continuativa informazioni relative alla storia clinica dei partecipanti allo studio. Si è così ottenuta una grande quantità di dati che ha permesso non solo di analizzare a fondo la correlazione tra disturbi cardiovascolari e fumo, ma anche di approfondire il legame diretto tra quest’ultimo e 36 particolari sottotipi di patologie cardiache.
I risultati parlano chiaro: rispetto ai non fumatori, chi fuma regolarmente ha almeno il doppio del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, tra cui ischemia cardiaca, aritmie cardiache, malattie cerebrovascolari, arteriopatia periferica e insufficienza cardiaca. I fumatori, inoltre, vedono aumentare di oltre cinque volte il pericolo di sviluppare una malattia arteriosa periferica rispetto a chi non ha mai acceso una sigaretta. Ma se da un lato è vero che il rischio cresce all’aumentare del numero di sigarette fumate al giorno, dall’altro anche i cosiddetti «fumatori leggeri», coloro cioè che consumano dalle 4 alle 6 sigarette al giorno, devono stare molto attenti. Lo studio rivela che anche una simile quantità, apparentemente bassa, mette seriamente a repentaglio la salute, di fatto raddoppiando il rischio di morte per patologie cardiovascolari.
La buona notizia è che chi abbandona il fumo abbassa drasticamente il pericolo di incorrere in questo genere di patologie. In particolare, stando ai dati della ricerca, chi smette definitivamente di fumare in un’età compresa tra i 35 e i 44 anni riduce del 90% il rischio di patologie cardiache attribuibili al fumo, prime tra tutte ictus e infarto del miocardio.

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Saponi antibatterici, studio: «Potrebbero provocare osteoporosi»

L’osteoporosi è una condizione attraverso cui, a causa di diversi fattori, lo scheletro va incontro ad una perdita di massa ossea. I soggetti che presentano osteoporosi hanno una predisposizione maggiore allo sviluppo di fratture patologiche. Tra le cause che la provocano vengono annoverati fattori nutrizionali, ma anche relativi a processi metabolici o a patologie. Tuttavia, secondo quanto riportato da uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, un ulteriore fattore potrebbe aggiungersi alle cause sinora conosciute. Nello specifico, gli scienziati hanno rilevato che «le donne esposte al triclosan, una sostanza chimica che si trova spesso nei saponi e nei disinfettanti per le mani, potrebbero avere maggiori probabilità di sviluppare l’osteoporosi rispetto alle donne che non hanno questa esposizione, suggerisce un nuovo studio».
Tale molecola è stata ampiamente utilizzata per anni come agente antimicrobico nei prodotti di consumo e di cura personale, tra cui saponi, disinfettanti per le mani, dentifricio e collutorio. Mentre l’effetto esatto della sostanza chimica sulla salute umana non è chiaro, alcune ricerche precedenti suggeriscono che il triclosan può interferire con la tiroide e gli ormoni riproduttivi.
È stato anche dimostrato che il triclosan ha un impatto sulla salute delle ossa negli animali, ma meno si sa sul potenziale che questa sostanza chimica possa contribuire a indebolire le ossa fragili nelle persone. Nello specifico, lo studio dimostra che è verosimilmente possibile che l’esposizione al triclosan possa innescare cambiamenti nella produzione di ormoni tiroidei e estrogeni che interrompano il normale sviluppo scheletrico e il mantenimento di ossa sane con l’età delle donne. «Anche se sono necessarie ulteriori ricerche per dimostrare se il triclosan causa direttamente l’osteoporosi, ha ancora senso evitare di usare prodotti che contengono la sostanza chimica», ha detto Luz Claudio, ricercatore di medicina ambientale e salute pubblica presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai a New York.

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Estate 2019: quali farmaci portare in vacanza?

Tempo d’estate, aria di vacanza. Con l’arrivo della stagione estiva molti italiani sceglieranno di passare le proprie vacanze al mare o in montagna. Luoghi che, per quanto possano essere sicuri e coperti dall’efficiente nonché capillare servizio farmaceutico italiano, possono mettere i viaggiatori di fronte a situazioni di urgenza soprattutto per quanto attiene i piccoli disturbi transitori tipici di quando si trascorre molto tempo fuori casa. Quali sono dunque i rimedi che non possono proprio mancare nel proprio bagaglio da portare al seguito? A fornire una panoramica è l’azienda Angelini, gruppo italiano che realizza e commercializza farmaci in Italia e nel mondo. Secondo quanto evidenziato sulle pagine del gruppo, «coloro che seguono una terapia medica cronica devono portare un’adeguata scorta di medicinali (ad es. antidiabetici, antipertensivi, antiepilettici, antianginosi, anticoncezionali ecc.) che copra in eccesso il periodo di tempo in cui si troveranno lontani da casa». Ciò in particolar modo se si va verso l’estero, dove potrebbe essere difficile trovare i medesimi principi attivi con gli stessi dosaggi.
Quanto ai farmaci di uso comune da portare con se, reperibili grazie all’intervento del farmacista di fiducia, «la scelta dei prodotti da “mettere in valigia” – spiega Angelini – dipende dalle caratteristiche del viaggio, dalla destinazione, dalla durata e dal tipo di alloggio. In linea di massima è consigliabile portare in viaggio, oltre ai farmaci abituali, anche alcuni prodotti che teniamo abitualmente nell’armadietto di casa». Tra questi un «antipiretico (contro la febbre), un analgesico (contro il dolore) un antidiarroico, un antibiotico a largo spettro d’azione un antinfiammatorio, un farmaco contro la chinetosi (mal d’auto, mal di mare, mal d’aria), un collirio, un prodotto repellente contro le zanzare ed altri insetti, una crema antiscottature, un Kit da pronto soccorso con cerotti, disinfettante, qualche siringa sterile e l’occorrente per una pronta medicazione un termometro, una pomata contro ematomi e distorsioni, se si è programmato una vacanza in montagna è prudente premunirsi del siero antivipera». Parte di questi prodotti sono reperibili in farmacia senza l’intervento del medico, per altri, invece, è necessario rivolgersi al medico curante.

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Adenuric (febuxostat), le autorità: «Aumento del rischio di morte cardiovascolare e mortalità»

Come è noto, Febuxosat è un principio attivo il cui meccanismo riduce la formazione di acido urico. È autorizzato in Italia con il farmaco Adenuric, nel dosaggio da 80 mg e 120 mg, per il trattamento dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (compresa l’anamnesi, o la presenza, di tofi e/o di artrite gottosa) e per la prevenzione e il trattamento dell’iperuricemia in pazienti adulti sottoposti a chemioterapia per neoplasie ematologiche maligne con un rischio da intermedio ad alto di sindrome da lisi tumorale (Tls). L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in accordo con la ditta produttrice del farmaco Menarini International Operations Luxembourg S.A., e l’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) hanno reso noto che «in uno studio clinico di fase IV (lo studio CARES) condotto su pazienti affetti da gotta con un’anamnesi di malattia cardiovascolare (CV) importante, è stato osservato un rischio significativamente maggiore di mortalità per qualsiasi causa e di morte per cause cardiovascolari nei pazienti trattati con febuxostat rispetto ai pazienti trattati con allopurinolo». In aggiunta a ciò, «il trattamento con febuxostat nei pazienti con malattia CV importante preesistente (ad esempio infarto miocardico, ictus o angina instabile) deve essere evitato, tranne quando non siano disponibili altre opzioni terapeutiche adeguate».

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Sigarette elettroniche, studio: «Danneggiano le cellule staminali del cervello»

Negli ultimi anni la rapida diffusione delle sigarette elettroniche ha reso possibile una via alternativa al fumo di tabacco per coloro intenzionati a ridurre o eliminare il problema del tabagismo. Tuttavia, sebbene sia ancora controverso l’effettivo beneficio di tali dispositivi nella disassuefazione dal fumo, un recente studio portato a termine da un gruppo di ricerca dell’Università della California, Riverside, ha scoperto che le sigarette elettroniche, spesso mirate ai giovani e alle donne in gravidanza, producono una risposta allo stress nelle cellule staminali neurali, che sono cellule critiche nel cervello.
Come è noto, le cellule staminali diventano cellule specializzate con funzioni più specifiche, come cellule cerebrali, cellule del sangue o ossa. Esse sono molto più sensibili allo stress rispetto alle cellule specializzate e forniscono un modello per studiare l’esposizione a sostanze tossiche, come il fumo di sigaretta. Ebbene, proprio in merito alle sigarette elettroniche, utilizzando cellule staminali neurali del topo coltivate, i ricercatori dell’UC Riverside hanno identificato il meccanismo alla base della tossicità delle cellule staminali indotta da EC come “iperfusione mitocondriale indotta dallo stress” o SIMH. «Gli alti livelli di nicotina nelle EC  – evidenziano – portano ad un’inondazione di nicotina di speciali recettori nella membrana delle cellule staminali neurali”, ha detto Zahedi. «La nicotina si lega a questi recettori, causandone l’apertura, mentre il calcio e gli altri ioni iniziano a entrare nella cellula e alla fine si verifica un sovraccarico di calcio».