I genitori che sperano di allevare adolescenti con un’immagine positiva del corpo, da oggi possono trovare strumenti utili in cucina ogni mattina. Uno studio dell’Università del Missouri ha evidenziato che, i ragazzi che consumano regolarmente la colazione insieme ai genitori, potrebbe promuovere un’immagine positiva del corpo di bambini e adolescenti. I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 12.000 studenti in più di 300 scuole in tutti i 50 stati e Washington D.C., esaminando le informazioni relative ai comportamenti alimentari, inclusa la frequenza di fare colazione e mangiare pasti con un genitore.
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che mangiare la prima colazione durante la settimana più frequentemente era associato all’immagine positiva del corpo. Poco più della metà del campione ha riferito di fare colazione cinque giorni a settimana; tuttavia, quasi il 17% ha riferito di non aver mai fatto colazione. Oltre il 30% ha riferito di aver fatto colazione a meno di cinque volte a settimana. I ricercatori hanno anche scoperto che i ragazzi avevano maggiori probabilità di fare colazione rispetto alle ragazze. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che i bambini avevano molte più probabilità di avere un’immagine positiva del corpo se facevano regolarmente colazione con un genitore.
«Sappiamo che lo sviluppo di comportamenti salutari nell’adolescenza come fare colazione ogni giorno e consumare pasti in famiglia può avere effetti a lungo termine nell’età adulta», ha spiegato Virginia Ramseyer Winter, assistente professore alla School of Social Work e direttore del MU Center for Body Ricerca e politica dell’immagine. «Quando si tratta di aspetto fisico, i bambini e gli adolescenti sono sottoposti a una forte pressione dai social media e dalla cultura pop: avere un rapporto sano con il cibo facendo colazione e trascorrendo del tempo con la famiglia può avere un impatto significativo sul benessere».
Autore: L'Incontro
Il servizio informativo per i pazienti del Centro "L'Incontro" a Teano (CE).
«Ciò che prima si pensava potesse essere alla base del cancro, cioè le alterazioni genetiche intrinseche all’organismo, sono responsabili soltanto del 20 per cento più o meno dei tumori il resto l’ottanta per cento dell’organismo. Prime fra tutti, le alterazioni ambientali e gli stili di vita». È quanto spiega Agostino Di Ciuala, presidente del comitato scientifico dell’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde), intervenuto a margine del convengo “Tumori: L’uomo e il suo ambiente. Quale prevenzione?”, svolto sabato 30 marzo 2019 a Bari presso l’Istituto tumori di Bari, che ha visto la partecipazione dei medici Gaetano Rivezzi e Maria Grazia Serra. L’evento divulgativo è nato con l’obiettivo di diffondere una cultura legata alla correlazione tra salute e ambiente in cui si vive, compresa l’esposizione agli agenti contaminanti. «Dobbiamo anche allontanarci dal vecchio concetto della relazione tra patologia e un singolo inquinante – spiega Di Ciuala -, per esempio il pesticida o il particolato: sono tutti inquinanti che agiscono insieme sugli stessi effettori e con meccanismi fisiopatologici comuni». Con riferimento alla qualità dei prodotti alimentari e alla filiera di produzione, gli esperti spiegano che «quello che arriva a noi deve essere controllato. il pomodoro che noi mangiamo se viene prodotto qui, posso controllarlo meglio, se arriva qua devo poter essere che sia stato controllato da altri per me».
Bere bevande zuccherate, soprattutto con l’avanzare della stagione calda, al fine di trovare un pò di ristoro, è una cosa che capita con una certa frequenza. Invece, dissetarsi quotidianamente con bibite e bevande sportive, in sostituzione dell’acqua, potrebbe portare a conseguenze sulla salute, magari anche gravi. È stato questo l’obiettivo dello studio “Long-term consumption of sugar-sweetened and artificially sweetened beverages and risk of mortality in us adults”, pubblicato sulla rivista scientifica Circulation: Journal of the American Heart Association. I ricercatori hanno accertato che l’uso smisurato di bevande zuccherate era associato ad un aumento del rischio di morte per malattie cardiovascolari e, in misura minore, per patologie oncologiche. Anche la sostituzione di una bevanda zuccherina al giorno, con una bevanda zuccherata artificialmente, era associata a un rischio leggermente inferiore di morire, ma bere quattro o più bevande zuccherate artificialmente al giorno era associato a un più alto rischio di morte tra le donne. Gli studiosi hanno sottolineato che questo ultimo risultato non è considerato forte, come l’associazione tra bevande zuccherate e un potenziale legame con un aumentato rischio di morte, pertanto deve essere confermato con ulteriori ricerche.
«L’acqua potabile al posto delle bevande zuccherate è una scelta salutare che potrebbe contribuire alla longevità», ha spiegato Vasanti Malik, Sc.D., autore principale dello studio e ricercatore presso il Dipartimento di Nutrizione dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health a Boston, Massachusetts. «Le bibite dietetiche possono essere usate per aiutare i consumatori abituali di bevande zuccherine a ridurre il loro consumo, tuttavia l’acqua è la scelta migliore e più salutare».
Per la prima volta, i ricercatori hanno dimostrato che una combinazione di sostanze perfluorurate nella madre inibisce significativamente la crescita del bambino. Come noto, i fluorocarburi sono sostanze chimiche impiegate per la costruzione di numerosi oggetti di uso comune nella vita di tutti i giorni. Ad esempio, per tenere i piedi dei bambini asciutti in stivali impermeabili, oppure evitare che la carne si attacchi alla padella, oppure per facilitare la pulizia del tappeto. Tuttavia, tali prodotti chimici ambientali, hanno una vasta gamma di effetti dannosi, con il più recente risultato di ridurre la crescita nei feti.
È quanto riportato in un recente studio portato a termine dai ricercatori dell’Università di Aarhus, in Danimarca. Nello specifico, gli studiosi hanno esaminato l’effetto cocktail delle sostanze chimiche, portando a risultati che sono sia significativi che allarmanti. In sostanza, spiegano i ricercatori, «le sostanze perfluorurate possono imitare l’ormone estrogeno e possono quindi interrompere i processi ormonali naturali del corpo, incluso lo sviluppo del feto». Nel corso dello studio i ricercatori hanno evidenziato che «la complessa miscela di sostanze perfluorurate nella madre danneggia la crescita e la lunghezza del feto». Fino ad ora, infatti, i ricercatori avevano studiato solo l’impatto delle singole sostanze sul feto, ma non del mix di sostanze, e questi risultati non erano del tutto chiari. Ne consegue che, per limitare gli effetti sul corpo umano, è necessario informarsi preventivamente della presenza di queste sostanze al momento dell’acquisto di oggetti di uso comune, anche al fine di avere un ambiente domestico poco contaminato.
«Negli ultimi 20 anni sono aumentate le concentrazioni di farmaci nell’acqua potabile di tutto il mondo». È quanto rilevato in uno studio portato a termine un gruppo di studiosi della Radboud University a Nijmegen, in Olanda. In sostanza, i livelli dell’antibiotico ciprofloxacina ha raggiunto il punto di essere potenzialmente causa di effetti dannosi sull’ambiente. In questa direzione, la ricerca svolta è la prima ad esaminare il rischio di due particolari farmaci presenti nelle fonti di acqua dolce a livello globale.
Nello specifico, sono state analizzate le concentrazioni di carbamazepina, un farmaco anti-epilettico, e ciprofoxacina, un antibiotico molto usato per il trattamento di varie patologie. Ebbene, le concentrazioni trovate nelle fonti di acqua sono state da 10 a 20 volte più alte, rispetto al 1995. Ciò a causa dell’incremento dell’utilizzo di tali molecole. «La concentrazione dell’antibiotico ciprofloxacina – spiegano i ricercatori – può essere dannosa per i batteri presenti nell’acqua», in aggiunta a ciò, «tali batteri svolgono un ruolo importante nei vari cicli alimentari». Inoltre, «gli antibiotici hanno anche un impatto negativo sull’efficacia delle colonie batteriche utilizzate nel trattamento delle acque reflue».
L’antibiotico-resistenza è stata inserita nell’agenza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e nell’Assemblea generale delle Nazioni unite. «Solitamente – spiegano i ricercatori – l’antibiotico-resistenza è considerata un problema nel settore sanitario, poiché i batteri resistenti possono essere diffusi all’interno degli ospedali o attraverso il bestiame», tuttavia, evidenziano, «c’è poca consapevolezza del ruolo dell’ambiente in questo problema, anche se diventa sempre più chiaro che l’ambiente funziona come una fonte di resistenza per vari patogeni».